LA SECONDA TAPPA DEL PERCORSO: 2° frutto? LA GIOIA! [Di volta in volta, trascriviamo nel post solo qualche riga ;-), perché troverete l’articolo completo, da scaricare e stampare, in fondo alla pagina]
Gioia! E niente dovrebbe essere più facile da rintracciare, o almeno così saremmo portati a credere! E invece no, non tra le canzoni. Voi a cosa abbinereste la gioia? Molti tra i cantautori la legano a istanti d’amore rubato, a rapporti immediati ma intensi, a un ritrovarsi l’uno tra le braccia dell’altro per una relazione che, forse, non andrà oltre la semplice notte. Ho cercato, ascoltato e sinceramente credevo si potesse trovare di più. E in fondo c’è poco di che stupirsi. I nostri stessi ragazzi la gioia la associano spesso al successo, alle griffé, alle varie forme di gratificazione affettiva e spesso sessuale… un po’ come i loro cari beniamini della musica insegnano. Ma noi vogliamo puntare più in alto, a valori che spingano la loro vita oltre il loro naso, o oltre il loro ombelico. Continua a leggere IL SOLE CHE SORGE – La gioia che rinasce – Itinerari musicali di catechesi/2_GIOIA→
Secondo le statistiche realizzate nei Paesi occidentali, la malattia del secolo è la depressione. Le ricerche dicono che l’8,5% dei pazienti, che si rivolgono al medico di famiglia, soffre di depressione. • In Europa la depressione colpisce il 14% della popolazione. • In Italia ne soffrono il 17% e, ogni anno, si verificano 250 casi in più ogni 10 mila abitanti. Significativo, a questo proposito, l’aumento dell’uso di farmaci antidepressivi nel nostro Paese: più di 30 milioni di confezioni all’anno. • Degli adolescenti italiani soffre di depressione il 27,5% fra i 15 e i 17 anni, mentre a livello mondiale ne soffre il 13% della stessa fascia di età. • Con l’attuale crisi economica i dati sono sempre più allarmanti. I disoccupati nel mondo hanno superato quota 200 milioni e tra questi i suicidi sono cresciuti del 37%, mentre il rischio povertà sta riguardando più di 15 milioni di italiani. Nell’ultimo anno la richiesta di aiuto alla Caritas e nei Servizi pubblici è aumentata del 15-20%. C’è chi protesta e si chiude in casa o, peggio ancora, c’è chi tenta di sanare i conti tramite il gioco o l’alcol.
E allora viene da chiederci: siamo tristi e senza speranza perché ci stiamo impoverendo, o siamo sempre più poveri perché non abbiamo più speranza? • La speranza pare sia la grande malata del nostro tempo. Si è passati da una fiducia smisurata a una diffidenza altrettanto estrema nei confronti del futuro. Eppure senza «il principio speranza», che è il lievito della realtà, non c’è avvenire. • L’essere umano vive di tante piccole speranze umane, ma ha bisogno di una speranza che vada oltre; solo la Speranza con la «S» maiuscola dà fondamento e orizzonte a tutte le altre. Questa grande Speranza può essere solo Dio. Ecco perché la speranza è sempre collegata alla fede, anzi spesso nella Bibbia i due termini sono intercambiabili. • Se mette Dio a fondamento della vita, la persona trova la giusta collocazione nel mondo: dalla fede è esaltata la sua unicità e irripetibilità, la sua libera responsabilità di custode e coltivatore del creato, insieme però con la sua finitezza e limitatezza. Egli non è né frutto del caso, né «un dio». • Papa Francesco, la domenica delle Palme, ha invitato a non essere mai uomini e donne tristi, a non lasciarsi prendere dallo scoraggiamento. La gioia cristiana, infatti, nasce non dal possedere tante cose, ma «dall’aver incontrato una Persona, Gesù, che è in mezzo a noi; con lui non siamo mai soli, anche nei momenti difficili; lui ci accompagna e ci carica sulle sue spalle: qui sta la nostra gioia, la speranza che dobbiamo portare in questo nostro mondo. E, per favore, non lasciatevi rubare la speranza, quella che ci dà Gesù».
Mentre il clima atmosferico della terra si va sempre più riscaldando, quello dei rapporti fra le persone si va paurosamente raffreddando. • Il ritorno della cortesia, dell’ascolto, di un sorriso, di un consiglio sarebbe come un’esplosione di primavera. In questo tempo di solitudine e di arroganza si avverte la nostalgia di cose «buone». È significativo che in Italia si celebri il mese della gentilezza e la campagna Salva il saluto. Qualcuno ha scritto che «la vera e provocatoria trasgressione sarebbe, oggi, il ricupero della normalità, del buon gusto, della misura». • Madre Teresa raccomandava: «Fate che chiunque venga a voi se ne vada sentendosi meglio e più felice. Tutti devono vedere la bontà nel vostro viso, nei vostri occhi, nel vostro sorriso. La gioia traspare dagli occhi, si manifesta quando parliamo e camminiamo. Non può essere racchiusa dentro di noi. Trabocca. La gioia è molto contagiosa».
Questi e molti altri suggerimenti per la catechesi dei ragazzi nel numero di Aprile 2014di Ragazzi e Dintorni.
La Beatitudine che ci accompagnerà in questo ultimo scorcio di tempo pasquale, verso la Pentecoste e oltre, è la beatitudine dei puri di cuore: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” Mt 5,8. Due saranno i compagni di viaggio: Giovanni, il discepolo amato, e Tommaso... che non definisco perché preferisco proporvi in una nuova prospettiva.
Chi sono coloro che possono vedere Dio? Oggi Gesù, a noi, riproporrebbe questa beatitudine? Perchè qualcuno dice di vedere Dio e altri non lo vedono, pur desiderandolo? La beatitudine dei puri di cuore sembra dare una soluzione per uno dei desideri e delle domande che abita, da sempre, ogni cuore umano: vedere Dio…
Ma si può?
E’ importante che il tuo cammino sia scandito da questi due passaggi. Ascoltare il video potrebbe non bastare. Sottolinea quei passaggi della catechesi per te importanti trasformandoli in esercizi concreti da vivere personalmente perché la fede diventi vita vissuta. Vivere poi un momento di preghiera è la tua possibilità più preziosa e feconda per incontrare Dio e metterti in suo ascolto.
Il percorso può essere vissuto personalmente o condiviso con amici, familiari o in parrocchia.
Ricorda che per una migliore proiezione, puoi scaricare il video sul tuo pc.
I tuoi strumenti di viaggio:
la Bibbia per seguire direttamente il testo, ampliandone il contesto
un quaderno per appuntare quei passaggi che ogni step ti chiede di vivere e che può diventare un’importante memoria del tuo percorso con Dio.
La fede diventi una risposta di vita piena e felice.
Buon cammino!
Video – catechesi
Maria donna dello Spirito Preghiera conclusiva
Maria, donna dello Spirito, in te l’amore di Dio ha trovato casa, nella tua docilità ha fatto germogliare la vita e nel tuo Sì incondizionato ha dischiuso per noi il mistero di Dio.
Entra con noi, madre del Signore, nel mistero dell’amore totale che si è fatto dono. Cammina con noi, madre dell’umanità lungo le vie della felicità che il Vangelo ci propone. Fermati con noi, sorella nel credere, quando le nostre paure ci rallentano e spingici oltre ogni umano limite quando la voce del Signore ci chiama a percorre nuove e inaudite vie di dono.
Madre in cui lo Spirito ha trovato casa: prega con noi. Madre in cui lo Spirito ha generato l’impossibile: prega su di noi. Madre in cui lo Spirito ha fatto nuova ogni cosa: prega per noi.
Invocando Maria, ognuno senta di essere in comunione ecclesiale, con tutti i fratelli e sorelle che in ogni parte del mondo, lodano e danno gloria al Padre, in Gesù Cristo nostro Signore. Lo Spirito inondi la nostra vita di Dio!
Felicità e Vangelo
sono un connubio esplosivo e rivoluzionario
che ancora in molti preferiscono tenere disinnescato.
L’unico vero pericolo nell’innescarlo è di essere travolti
da radiazioni di amore e solidarietà universale,
che riconoscono nell’altro,
null’altro se non riflessi intensi del volto di Dio.
Potrai trovare aggiornamenti in tempo reale e condividi i link sulle pagine di amici e conoscenti che a tuo parere potrebbero essere interessati dall’annuncio di gioia con cui il Vangelo ci raggiunge.
Inoltre se hai meno di 30 anni ti proponiamo il gruppo facebook:
Se desideri vivere momenti di preghiera ti consigliamo il libro:Attirerò tutti a me – Adorazioni eucaristiche per ogni tempo dell’anno. Autore: Suor Mariangela Tassielli – Ed. Paoline
«Vi lascio la pace, vi do la mia pace.
Non come la dà il mondo, io la do a voi»
Dal Vangelo di Giovanni (Gv 14, 23-29) VI DOMENICA DI PASQUA – Anno C
Come possiamo accorgerci della gloria del Maestro Gesù in noi? Come riconoscerla negli eventi non sempre edificanti della storia? Come nell’esperienza della Chiesa? Gesù durante l’ultima cena afferma di voler salvare Giuda e Pietro. La salvezza manifesta la gloria di Dio, il desiderio immenso che egli ha di riempire il cuore di ogni uomo! Oggi, concretamente, il Signore ci indica tre atteggiamenti per manifestare la vita del Risorto nella nostra vita. In questo rinnovato tempo di Chiesa, in questo dolente tempo di crisi economica e politica, tempo rissoso e acido, disperante e sconfortato abbiamo urgente bisogno di tornare ad essere discepoli e a lasciare che sia il vangelo a giudicare gli eventi.
DIMORARE
Gesù ci chiede di osservare la sua Parola, di realizzarla, di incarnarla nelle nostre scelte. Se la fede resta evento da tirare fuori un’ora a settimana o nei momenti di difficoltà non facciamo esperienza dell’essere abitati dal Padre e dal Figlio. Gesù lo dice esplicitamente: abitare la Parola, frequentarla, conoscerla, pregarla, meditarla sortisce l’effetto di una inabitazione divina. Niente apparizioni, per carità! Ma la consapevolezza crescente di essere orientati verso Dio, l’esperienza di avvertire la sua presenza è possibile. La fede allora non si riduce ad una scelta intellettuale, ad uno sforzo della volontà ma alla dimensione perenne in cui abitiamo. Dimorare: restare, non fuggire, non scostarsi. Dimorare: abitare, conoscere, capire, frequentare. A questo siamo chiamati per sperimentare la gloria. Conosciamo e meditiamo la Parola che ci permette di accedere a Dio.
RICORDARE Non capiamo tutto, e ci mancherebbe, nemmeno la Chiesa possiede Dio interamente, ma da lui è posseduta. Gesù ha detto e dato tutto, la Rivelazione è conclusa, non necessitiamo di veggenti che ci spieghino come fare. Ma non abbiamo ancora capito. O ci siamo dimenticati. Lo Spirito ci viene in soccorso e ci illumina. Illumina la Chiesanella comprensione delle parole del Maestro. Illumina la nostra coscienza e ci permette di capire cosa c’entri la fede con la nostra vita e le nostre scelte quotidiane. Ricorda quando ci scordiamo come quando, nel recente passato, i cristiani si erano “dimenticati” della radicalità del Vangelo rispetto alla non violenza dissertando sulla guerra “giusta” (e a volte, purtroppo, benedetta e giustificata). Invocare lo Spirito prima di ogni scelta, prima della preghiera, prima delle celebrazione dell’eucarestia ci permette di avvicinarci al Vangelo con la freschezza che merita, con lo stupore di chi vi trova sempre delle novità.
PACIFICATI
Per sperimentare la gloria dobbiamo fare la pace in noi stessi. Il confine del male e del bene è nel nostro cuore, il nemico è dentro di noi, non fuori, e la prima autentica pacificazione deve avvenire nel nostro intimo con noi stessi e la nostra violenza e la nostra rabbia, la parte oscura che i discepoli chiamano peccato.
I cristiani, spesso, quando parlano di pace… pensano al cimitero! Una scorretta e parziale visione di fede, là dove il cristianesimo è fiacca e svogliata appartenenza parla di pace il primo novembre, pensando ai nostri defunti che riposano “in pace” (e che devono fare, ballare la samba?). La pace, secondo la parola di Gesù, è il primo dono che egli fa, risorto, apparendo agli impauriti discepoli.Un cuore pacificato è un cuore saldo, irremovibile, che ha colto il suo posto nel mondo, che non si spaventa nelle avversità, non si dispera nel dolore, non si scoraggia nella fatica. La scoperta di Dio, nella propria vita, l’incontro gioioso con lui, la percezione della sua bellezza, la conversione al Signore Gesù riconosciuto come Dio, suscita nel cuore delle persone una gioia profonda, sconosciuta, diversa da ogni altra gioia. È la gioia del sapersi conosciuti, amati, preziosi.
DONO DI CRISTO
Ecco, questa è la pace: sapersi nel cuore di una volontà benefica e salvifica, scoprirsi dentro il mistero nascosto del mondo. Credere in questo, adesione alla fede quasi sempre tormentata e sofferta, non immediata e leggera, dona la pace del cuore. Io sono amato, tu sei amato. Insieme a Dio possiamo cambiare il mondo.
Questa pace è pace profonda, pace salda, pace irremovibile, ben diversa dalla pace del mondo, pace che viene venduta come assenza di guerra o, peggio guerra che viene ritenuta necessaria per imporre la pace. Pace del sapersi amati che permette di affrontare con serenità anche le paure. Paura del futuro, della malattia, del lavoro precario, del non sapersi amati, paura. La pace del cuore, dono e conquista, fiamma da alimentare continuamente alla fiamma del risorto, aiuta ad affrontare la paura con fiducia, a non avere il cuore turbato. Alla fine di questi splendidi giorni di Pasqua, invochiamo il Consolatore, donato dal Padre, per affrontare la nostra quotidianità con la certezza della presenza del Signore, giorno dopo giorno, passo dopo passo.
SCELTE
La prima comunità affronta un dilemma grave: occorre essere ebrei per diventare cristiani? Giacomo e la comunità di Gerusalemme spingono in questa direzione, Paolo e Barnaba, al contrario affermano che Gesù è venuto per ogni uomo, e lo dimostra il fatto di vedere la Parola convertire il cuore dei pagani. Lo scontro è duro, ma leale: a Gerusalemme gli apostoli discutono rudemente e, alla fine, danno ragione a Paolo. Questo è lo stile dell’essere Chiesa, decidere insieme nel rispetto dei propri ministeri e carismi, ascoltando il suggerimento dello Spirito. Questo è lo stile delle nostre comunità che prendono a cuore i problemi e cercano le soluzioni non a partire dall’emozione o dalle proprie opinioni, ma alla continua ricerca della volontà del Maestro.
(PAOLO CURTAZ)
Pace sia, pace a voi da COME FUOCO VIVO
Gen Verde – Gen Rosso (1998)
«..che vi amiate gli uni gli altri.
Come io ho amato voi»
Dal Vangelo di Giovanni (Gv 13, 31-33.34-35) V DOMENICA DI PASQUA – Anno C
Gesù ha appena detto ai suoi che uno di loro sta per consegnarlo. È turbato, il Maestro. Ora che l’ora sta per compiersi sente nel suo cuore tutta la fatica del gesto immenso che sta per fare. Gli apostoli si guardano l’un l’altro, pensano che il traditore sia di fronte a loro. In realtà il traditore è dentro ciascuno di loro. Dentro ciascuno di noi. Giovanni l’evangelista, il padrone di casa, reclina il capo sul cuore di Gesù e gli chiede: «Chi è, Signore?». Gesù intinge il pane e lo offre a Giuda che lo mangia e si irrigidisce. Dare il pane è il più bel segno di accoglienza nel popolo di Israele. Giuda lo interpreta come un’offesa. Come succede quando un nostro gesto carico di affetto viene drammaticamente preso per il verso contrario. Gesù sta svelando a Giuda che è lui il discepolo più amato. Vorrebbe stringerlo al proprio petto perché senta la misura dell’amore. Giuda è scosso, esce nella tenebra. La tenebra che ora lo invade. Ma con sé, nel suo cuore, porta il pane, l’Eucarestia. Gesù si è appena consegnato alla tenebra. Ma la luce spezzerà il buio più fitto.
LA GLORIFICAZIONE
E Gesù insiste, esagera: ora sono stato glorificato, dice. Ora che Giuda sta andando a tradirlo, ora che il suo cuore è tenebroso e ostile, Dio potrà manifestare quanto lo ama. Nel tradimento di Giuda vediamo la misura dell’amore di Gesù. Giuda si è perso, ma il Signore non è venuto proprio a salvare chi era perduto?La perdizione non è, appunto, il luogo teologico della salvezza? Non veniamo salvati proprio perché, prima, ci siamo smarriti? Con Giuda Gesù potrà dimostrare qual è la misura dell’amore di Dio: l’assenza di misura. Ogni uomo che prende coscienza di sé si pone la domanda: sono perduto o salvato? Gesù risponde: sei perduto e sei salvato. Gli apostoli non capiscono, come non hanno capito il gesto della lavanda dei piedi. Pietro, poco dopo, dirà che egli è disposto a dare la vita per Gesù. Pietro, ormai, si prende per Dio. Gesù gli ricorderà che è lui a dare la vita per i suoi discepoli. Un gallo urlerà ricordando a Pietro il suo limite. Non per Dio deve morire, ma con lui. Tutto ciò che può fare il discepolo è imitare il Maestro, non sostituirlo.
Tutti dicono, intorno a noi, che la gloria consiste nel successo e nell’applauso. Gesù, nel momento più fallimentare della sua vita afferma di essere al vertice della sua glorificazione. La gloria è poter dimostrare il proprio amore. Poco importa se diventeremo premi Nobel o grandi personaggi, splendidi genitori o grandi santi. Importa quanto avremo amato, o desiderato amare. Ecco la vera gloria, quella che il mondo non conosce. E che nessuno ci può togliere. E se, invece di passare la vita ad elemosinare un applauso iniziassimo a voler amare?
AMATEVI
Tra Giuda e Pietro gli altri evangelisti pongono l’ultima Cena. Giovanni salta il racconto della cena per sostituirlo con la lavanda: la liturgia è falsa se non diventa servizio al fratello debole. Giovanni osa di più: tra i due tradimenti e le due salvezze (Giuda è salvato dal male, Pietro dal finto bene) inserisce l’unico comandamento dell’amore. Gesù chiede di amarci (amare me, amare te) dell’amore con cui egli ci ha amato. Del suo amore, col suo amore. Non con l’amore di simpatia, di scelta, di sforzo, di virtù. Con l’amore che, provenendo da Cristo, può riempire il nostro cuore per poi defluire verso il cuore degli altri.
Io, Paolo, non riesco ad amare le persone antipatiche, né quelle che mi fanno del male. Solo l’amore che viene da Dio, un amore teologico, mi permette di poter amare al di sopra dei sentimenti e delle emozioni. La Chiesa non è il club dei bravi ragazzi, delle facili consolazioni, di quelli che hanno Gesù come hobby: la Chiesa è la compagnia di coloro che sono stati incontrati ed amati da Cristo. Perciò diventano capaci di amare come splendidamente ci ricorda il papa venuto dai confini del mondo. Ma dal cuore del cuore.
IDENTITA’ Dall’amore dobbiamo essere conosciuti. Non dalle devozioni, non dalle preghiere, non dai segni esteriori, non dall’organizzazione caritative, ma dall’amore. L’amore è ciò che maggiormente deve stare a cuore nella Chiesa. Che sia vero, che sia libero, che diventi evidente. Un amore in equilibrio tra emozione e scelta, tra enfasi e volontà, che diventi concreto e fattivo, tollerante e paziente, autentico e accessibile, che sappia manifestarsi nel momento della prova e del tradimento. Celebrando oggi l’Eucarestia, memoria del Risorto, cerchiamo anzitutto di amare di più e meglio, perché chi ci vede si accorga che in mezzo a noi dimora il Cristo. Per glorificare anche noi il Padre.
(PAOLO CURTAZ)
PreghieradaCANTERO’ FELICITA’ Pino Fanelli – Audiovisivi San Paolo 1989
La Beatitudine che ci accompagnerà in questo tempo pasquale è la beatitudine della misericordia: “Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia” Mt 5,7. Amoree felicità si toccano e si provocano reciprocamente nel dono. Può esistere felicità senza amore? E può l’amore, anche quando chiede rinunce e scelte, non generare una felicità piena? La misericordia ci porta nel cuore stesso di Dio, ci permette di scoprire il suo nome, la sua più vera identità, il suo raggiungerci in ogni situazione di vita.
Ma oggi cosa significa vivere nello stile della misericordia?
E’ importante che il tuo cammino sia scandito da questi due passaggi. Ascoltare il video potrebbe non bastare. Sottolinea quei passaggi della catechesi per te importanti trasformandoli in esercizi concretida vivere personalmente perché la fede diventi vita vissuta. Vivere poi un momento di preghiera è la tua possibilità più preziosa e feconda per incontrare Dio e metterti in suo ascolto.
Il percorso può essere vissuto personalmente o condiviso con amici, familiari o in parrocchia.
Ricorda che per una migliore proiezione, puoi scaricare il video sul tuo pc.
I tuoi strumenti di viaggio:
la Bibbia per seguire direttamente il testo, ampliandone il contesto
un quaderno per appuntare quei passaggi che ogni step ti chiede di vivere e che può diventare un’importante memoria del tuo percorso con Dio.
Il tempo pasquale diventi per tutti noi un tempo in cui donare misericordia.
Buon cammino!
Video – catechesi
Maria donna della Risurrezione Preghiera conclusiva
Maria, donna della Risurrezione hai accolto il Cristo Signore nel tuo grembo, lo hai accompagnato lungo le vie dell’annuncio, lo hai sostenuto nella sofferenza della croce, sei ridiventata grembo di quel corpo crocifisso e hai visto, nella notte della fede, risorgere l’amore.
Insegnaci la forza e la determinazione della speranza, non permettere ai nostri piedi di sostare increduli davanti al sepolcro, ma aiuta gli occhi nel nostro cuore a guardare oltre il vuoto di bende senza corpo, a sentire interiormente la voce di colui che, risorto, dice: “Non temere, io sono con te”.
Cammina con noi, donna della Risurrezione e insegnaci a gioire del poco e del semplice; insegnaci a seminare la speranza
e a non calpestare i suoi germogli; donaci il coraggio dell’amore che è tenerezza,
perdono, stima, dono gratuito della propria vita.
Maria, rendici uomini e donne di Risurrezione, per diffondere nel nostro mondo
il profumo della vita nuova,
che è Cristo Salvatore. Amen
Invocando Maria, ognuno senta di essere in comunione ecclesiale, con tutti i fratelli e sorelle che in ogni parte del mondo, lodano e danno gloria al Padre, in Gesù Cristo nostro Signore. Lo Spirito inondi la nostra vita di Dio!
Felicità e Vangelo
sono un connubio esplosivo e rivoluzionario
che ancora in molti preferiscono tenere disinnescato.
L’unico vero pericolo nell’innescarlo è di essere essere travolti
da radiazioni di amore e solidarietà universale,
che riconoscono nell’altro,
null’altro se non riflessi intensi del volto di Dio.
Potrai trovare aggiornamenti in tempo reale e condividi i link sulle pagine di amici e conoscenti che a tuo parere potrebbero essere interessati dall’annuncio di gioia con cui il Vangelo ci raggiunge.
Inoltre se hai meno di 30 anni ti proponiamo il gruppo facebook:
Se desideri vivere momenti di preghiera ti consigliamo il libro:Attirerò tutti a me – Adorazioni eucaristiche per ogni tempo dell’anno. Autore: Suor Mariangela Tassielli – Ed. Paoline
Dal Vangelo di Luca (Lc 1, 39-45) IV DOMENICA DI AVVENTO – Anno C
Pochi giorni, poche ore e celebreremo l’inaudito di Dio… anche se… non è Dio a dover nascere, ma noi. A noi, in questo tempo che ci è dato, in questa vita più o meno soddisfacente, il compito di lasciar nascere Dio nei nostri cuori. E ogni Natale è evento strepitoso, straordinario, unico. Oggi dobbiamo rinascere. In questa crisi che mozza il fiato, in questo declino che stiamo vivendo, in questa paura del futuro che ci rendere tutti peggiori. Siamo chiamati a guardare oltre, in alto, in altro, dentro. Dio viene. Si fa spazio in mezzo al letame e sceglie di nascere nell’aria acre di una piccola stalla.
MARIA La piccola Maria sente il grembo crescere, in quella poesia e magia che solo le donne, somiglianti a Dio, possono vivere. Il Verbo cresce dentro di lei e con la Parola fatta carne crescono anche i tentennamenti. Maria sale da Elisabetta: forse lei saprà darle una risposta definitiva, forse lei saprà dirle che sì, è tutto vero. E accade. Elisabetta si asciuga le mani nel grembiule e riconosce la piccola Maria (ormai si è fatta donna). Le si avvicina sorridendo e scuotendo la testa. Come hai fatto a credere?, le dice. Solo un’adolescente poteva avere il coraggio di credere. Solo chi osa può fare miracoli. Ce ne ricordassimo, in questo momento cupo, in questo anno in cui riscoprire la fede. Fede che fa danzare.
DANZE
Elisabetta sa. Allora è tutto vero, non è stato un abbaglio, non un colpo di sole. Davvero porta in grembo l’incontenibile. Maria, ancora scossa da quanto le è successo, comincia a ballare con la sua divertita parente e a fare i complimenti a Dio che salva lei e noi. Nelle loro parole avvertiamo la tensione, lo stupore, l’inaudito che si realizza.
È vero, allora: Dio ha scelto di venire, Dio si rende presente, Dio – il Dio d’Israele – è qui. Non sono solo stanche promesse ascoltate dalla bocca del vecchio rabbino di Nazareth che sospirava seguendo con il dito la pergamena consunta del rotolo di Isaia. È vero, è tutto vero, Dio viene, infine. E le due donne cantano e danzano e piangono nell’assolato cortile di casa della vecchia Elisabetta. Lo splendido pancione col bimbo che scalcia è la presenza del profeta che indica il Messia. E tutto accade, accade come il più inatteso e improbabile dei sogni che si realizza, come se la storia e la vita e l’universo danzassero nel vedere queste donne cantare l’assoluta follia di Dio. E questo scatena la gioia, contagia, stupisce…
ECCO DIO Ecco, questa sì che è una buona notizia: puoi essere felice anche se povero e sfortunato, puoi realizzare la tua vita anche se abiti in un paese arido e senza poesia, puoi essere ricolmo più di un re perché ascolti la Parola che Dio ti vuole dare. Dio viene per colmare il tuo cuore: questa è una buona notizia. Buon Dio! Se vi dicessi: hai una vita riuscita, un lavoro che ti realizza e che ti da vagonate di soldi, una casa da sogno, una splendida moglie, figli educati e sensibili, il salone di casa con l’albero e le luci e il clima di festa giusto perciò sii felice, cosa direi di straordinario? Che buona notizia è? Viene un Dio che dona gioia alle persone già felici? L’inaudito è proprio il contrario: la felicità è altrove, è la salvezza di un Dio che ti ama talmente da consegnarsi come un neonato, è una felicità accessibile anche al povero, anzi forse più ancora al povero perché più disposto, più accogliente.
DIVERSO La buona notizia è che Dio è accessibile, è semplice, è diverso. Diverso dalle nostre paure, diverso dai fantasmi che ci perseguitano. Diverso. E Maria e Elisabetta ora lo sanno e cantano, dicono, raccontano. Raccontano dell’opera di Dio, la leggono scolpita nella storia degli uomini, la rintracciano nelle pieghe della fedeltà di un popolo di salvati – Israele – cui dobbiamo moltissimo. La loro gioia dilaga perché ora vedono chiaro, luminoso, evidente, il pensiero di Dio disegnarsi nella loro piccola storia, usarle, coinvolgerle. La gioia è la dimensione essenziale del Natale. La gioia di sentirsi ed essere veramente salvati da Dio. Siamo veramente nel cuore e nel desiderio di Dio! Animo, amici, arrivano buone notizie.
(PAOLO CURTAZ)
Ascolta o scarica il canto: Il Signore della gioia tratto da Il Dio della gioia di Daniele Ricci
«Fratelli, siate sempre lieti nel Signore,
ve lo ripeto: siate lieti!»
Dalla lettera di San Paolo Apostolo ai Filippési (Fil 4, 4-7) III DOMENICA DI AVVENTO (GAUDETE) – Anno C
Siamo tutti cercatori di felicità. La nostra vita si consuma dietro l’affannosa ricerca della gioia e possiamo leggere le nostre vite proprio dal desiderio che portiamo in noi stessi di dimorare nella gioia. Tutti, bene o male, cerchiamo la felicità ma non sappiamo bene a chi dare retta. Anche la Bibbia ha qualcosa da dirci: nella Scrittura si usano più di venticinque termini per descrivere la felicità! E questo per smentire chi pensa che la religione sia un’esperienza mesta e dolorante… (e per invitare i cattolici che vivono la fede come crocifissione a convertirsi!). E in questa terza domenica di avvento, in attesa del Signore, è proprio la gioia ad essere la protagonista della liturgia.Sofonia esulta perché davanti alla disastrosa indifferenza di Israele il Signore, invece di scatenare la sua legittima ira, promette una nuova alleanza. Paolo invita i Filippesi a gioire per la presenza del Signore che continuamente viene a visitarci là dove siamo. Ma è il Battista, protagonista del tempo di avvento, a osare di più.
COSA DOBBIAMO FARE? La gente che da Gerusalemme è scesa nei pressi di Gerico per vedere Giovanni il Battezzatore, profeta ardente di passione, resta turbata, scossa. E se avesse ragione lui? Se, sul serio, la vita non fosse quel caos inestricabile che ci dona più fatica che gioia? È esigente Giovanni, duro come solo i profeti sanno essere. Qualcuno, timidamente si avvicina al profeta e chiede: Che cosa dobbiamo fare?. Che cosa dobbiamo fare? è anche la domanda che sorge nel nostro cuore quando ci guardiamo dentro, quando lasciamo che il silenzio evidenzi e smascheri la nostra sete di felicità e di bene, quando una tragedia ci ridesta alla durezza e alla verità della vita, quando vogliamo prepararci ad un Natale che non resti solleticamento emotivo ma diventi conversione e luce e pace. Giovanni risponde con consigli spiccioli, all’apparenza banali, ben diversi dai proclami che ci aspetteremmo, dalle scelte radicali che dovrebbe proferire: condividete, non rubate, non siate violenti… Tutto qui? Restiamo stupiti, un po’ delusi. Al popolo (credente e devoto!) Giovanni chiede di condividere, di non lasciare che la fede resti solo preghiera o vaga appartenenza, ma di farla vibrare nella vita questa fede, di lasciare che contagi le nostre vite e le nostre scelte concrete, per non rendere schizofrenica la nostra religiosità. Ai pubblicani, appaltatori delle tasse e ladri, chiede di essere onesti, di non esigere troppo nascondendosi dietro ad un dito. Come quando, noi professionisti, esigiamo per la nostra competenza troppo denaro appellandoci alle tariffe e scordando il difficile momento che le gente sta vivendo. Ai soldati, abituati alla violenza, Giovanni chiede mitigazione e giustizia, di non spadroneggiare.
GIUSTO Giovanni ha ragione: dalle cose piccole nasce l’accoglienza. Perché forse anche a voi, come a me, succede di immaginarmi capace di improbabili eroismi: partirò in Africa volontario – e intanto non vedo la mia dirimpettaia anziana sola – andrò una settimana in monastero nel silenzio – e intanto non trovo neppure cinque minuti di preghiera al giorno – dedicherò del tempo alla riflessione – e non ho neppure il coraggio di depennare qualche riunione dall’agenda al collasso… Giovanni ha ragione, fai bene ciò che sei chiamato a fare, fallo con gioia, fallo con semplicità e diventa profezia, strada pronta per accogliere il Messia. Era normale per i pubblicani rubare, normale per i soldati essere prepotenti, normale per la gente accumulare quel poco che guadagnava. Giovanni mostra una storia “altra”: sii onesto, non essere prepotente, condividi. Diventa eroico, anche oggi, essere integerrimi nell’onestà sul lavoro, profetico essere persone miti in un mondo di squali, sconcertante porre gesti di gratuità. Dio si fa piccolo. Nei piccoli atteggiamenti ne rintracciamo la scia luminosa.
SARA’ LUI? La gente è turbata: Giovanni è un uomo buono, mostra loro una strada semplice, dà loro retta… che sia lui il Messia? Ed ecco la notizia: arriva uno più forte che battezzerà in Spirito Santo e fuoco.Arriva il Cristo, è lui la risposta a cosa dovete fare, è lui colui che brucia dentro, che dà forza. Giovanni ancora non lo conosce eppure il suo cuore pulsa di gioia. Gesù è fuoco, non pia devozione, non bella abitudine, non saggezza da seguire. Fuoco, fuoco, fuoco che brucia, che inquieta, che scalda, che illumina, che turba nel profondo, che scardina, che riempie. Giovanni già ne assapora la presenza, già ne coglie la statura immensa, inattesa, sconcertante. Eppure lui, il più grande tra i nati da donna, verrà ucciso per il ballo sensuale di un’adolescente, ucciso da un re fantoccio suddito dei propri desideri e del giudizio della gente. Ma è felice, comunque, sin d’ora.
GIOIA Giovanni ha già il cuore colmo di gioia anche se ancora aspetta, anche se ancora non vede. Ma già gioisce. L’annuncio che vi faccio, la “buona novella” in mezzo a tante orribili notizie che ci raggiungono è proprio questa: Dio ti ama e te lo dimostra in Gesù Cristo. Accogliere Gesù è avere il cuore pieno di gioia. La fede cristiana è anzitutto gioia.Non gioia semplice, sciocca, ingenua. Mediteremo a lungo, fra qualche mese, di come la gioia cristiana sia una tristezza superata, di come sia una gioia conquistata a caro prezzo…
Ma, oggi, lasciamoci ancora scuotere dalle parole di Paolo scritte in un momenti difficile del suo ministero: rallegratevi nel Signore sempre! Non è una splendida notizia?
(PAOLO CURTAZ)
Ascolta o scarica il canto: Rallegriamoci tratto da Gloria all’Emmanuele