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IL SOLE CHE SORGE – La gioia che rinasce – Itinerari musicali di catechesi/2_GIOIA

Per le premesse clikka qui 🙂

LA SECONDA TAPPA DEL PERCORSO: 2° frutto? LA GIOIA!
[Di volta in volta, trascriviamo nel post solo qualche riga ;-), perché troverete l’articolo completo, da scaricare e stampare, in fondo alla pagina]

Gioia! E niente dovrebbe essere più facile da rintracciare, o almeno così saremmo portati a credere! E invece no, non tra le canzoni. Voi a cosa abbinereste la gioia? Molti tra i cantautori la legano a istanti d’amore rubato, a rapporti immediati ma intensi, a un ritrovarsi l’uno tra le braccia dell’altro per una relazione che, forse, non andrà oltre la semplice notte. Ho cercato, ascoltato e sinceramente credevo si potesse trovare di più. E in fondo c’è poco di che stupirsi. I nostri stessi ragazzi la gioia la associano spesso al successo, alle griffé, alle varie forme di gratificazione affettiva e spesso sessuale… un po’ come i loro cari beniamini della musica insegnano. Ma noi vogliamo puntare più in alto, a valori che spingano la loro vita oltre il loro naso, o oltre il loro ombelico.    Continua a leggere IL SOLE CHE SORGE – La gioia che rinasce – Itinerari musicali di catechesi/2_GIOIA

COMUNICATORI DI VITA E AMORE – CATECHISTI PARROCCHIALI – Novembre 2014

Copertina catechisti parrocchiali novembre 2014

UN DONO CHE DIVENTA VITA

di Anna Teresa Borrelli

spigaViene il tempo di fare scelte sempre più importanti: a scuola, in famiglia, nel lavoro, per tutta la vita… nascono nuovi impegni di fedeltà e giustizia.
Con le parole e le opere siamo chiamati a far conoscere ad altri il messaggio di Gesù.
Come luce che illumina diffondiamo intorno a noi bontà e amore.

Gli OBIETTIVI di questo incontro sono:
• vivere il battesimo nella quotidianità;
• imparare, giorno dopo giorno, a fare scelte belle, buone e vere secondo il Vangelo;
• annunciare con le parole e le opere la bellezza di essere discepoli alla sequela del Maestro.

I ragazzi continuano il percorso, nella consapevolezza di essere figli di Dio, amati e pensati da sempre. Cercano di comprendere che il dono del battesimo ricevuto non può essere tenuto per sé, ma è da attuare nella vita.
In gruppo si confrontano fra loro su come oggi, nella quotidianità, possono scoprire il Signore presente, essere suoi testimoni autentici e annunciatori instancabili del Vangelo.
Il brano del Vangelo (Mt 13,33-35) aiuta i ragazzi a riflettere sulla bellezza di essere amici di Gesù e, in virtù del battesimo, lievito nella massa.   FERMENTARE Continua a leggere COMUNICATORI DI VITA E AMORE – CATECHISTI PARROCCHIALI – Novembre 2014

RIPARTIRE AMANDO – Itinerari musicali di catechesi/1_AMORE

Qualche premessa: 

Carissimi catechisti, ripartiamo! 

E quest’anno lo facciamo con i frutti dello Spirito! Di tappa in tappa, di incontro in incontro, attraverso nove incontri, da ottobre a maggio, la musica batterà il tempo della nostra catechesi, dei nostri incontri con i ragazzi, delle nostre riflessioni.

I destinatari dei post sono i catechisti, i parroci, gli insegnanti, gli educatori, insegnanti di religione…
I destinatari degli incontri da realizzare: cresimandi, adolescenti e giovani.

L’itinerario ci permetterà di entrare nel dinamismo vivo e irrefrenabile dello Spirito santo, instancabile vita di Dio che lavorando in noi, ci tocca, ci trasforma e produce frutti straordinari. Riusciremo a farli scoprire ai nostri ragazzi? Riusciremo a far esplodere la vita dello Spirito nella quotidianità dei nostri ragazzi?

Non ci resta che camminare, insieme e scoprirlo!

LA PRIMA TAPPA DEL PERCORSO: 1° frutto? L’AMORE!
[Di volta in volta, trascriviamo nel post solo qualche riga ;-), perché troverete l’articolo completo, da scaricare e stampare, in fondo alla pagina]

Il frutto dei frutti, prodotti dall’azione dello Spirito in noi, è l’amore. Ma per andare oltre lo scontato o il sottinteso, provate a chiedere ai ragazzi di rispondere a questa domanda: “Amare vuol dire…?”.  […]

Vi propongo di ascoltare con i ragazzi due canzoni: Tutto l’amore che ho di Jovanotti, e L’amore va oltre di Gatto Panceri.amore

Quindi, invitateli a vivere una dinamica, ponendo loro due domande:
– la PRIMA: “senza l’amore che cosa siamo?”.
Dal testo di Jovanotti, far emergere quelle immagini-simbolo che potrebbero essere di risposta a questa domanda: grande vuoto, cavaliere pazzo, prigioniero dentro un carcere infinito…

– la SECONDA: “se la vita fosse una corsa a ostacoli, l’amore che cosa dovrebbe fare?”. Aiutate i ragazzi a non fermarsi al semplice titolo: “Cosa significa andare oltre? Concretamente cosa succede? L’amore cosa riesce a superare?”.
Spingete poi la provocazione oltre: “Forse davanti a Dio, anche noi potremmo essere un po’ Marino con la sua carrozzella, anche noi potremmo non riuscire a camminare sulle sue vie e allora? Che cosa fa Dio? Se lui è amore che cosa succede?”. [Continua scaricando il pdf]

Suor Mariangela Tassielli, fsp

Scarica l’intero articolo:
—>>>Ripartire amando – Amore <<<—

L’intero itinerario è tratto dalla rivista Catechisti Parrocchiali, itinerario annuale settembre-maggio, I frutti dello Spirito. Estratto per la rubrica Itinerari musicali di Catechesi su http://www.cantalavita.com.

ARCHIVIO “I FRUTTI DELLO SPIRITO”

  • 1° incontro – Ripartire amando – Amore
  • 2° incontro – Il sole che sorge, la gioia che rinasce – Gioia
  • 3° incontro – Noi: in guerra o in pace? – Pace
  • 4° incontro – I confini dell’amore – Magnanimità
  • 5° incontro – Metti in circolo l’amore – Benevolenza
  • 6° incontro Tutto passa, cogli l’attimo! – Fedeltà
  • 7° incontro – Venite e imparate da me, dice Gesù – Mitezza
  • 8° incontro – Né troppo, né troppo poco! – Domino di 
  • 9° incontro – Come una creazione nuova – La fonte è lo Spirito!

Per richiedere l’annata 2011 completa, con tutto l’itinerario, scrivere a: abb.riviste@paoline.it

Annata 2014-15 le beatitudini

RAGAZZI & DINTORNI – Settembre/Ottobre 2014 – Felici voi

Dossier Settembre copertina

FELICE NATALE, SCROOGE!

di Cecilia Salizzoni

Vale la pena di iniziare con un classico, per intraprendere il percorso sulle Beatitudini: un classico dei classici come il Canto di Natale di Dickens (A Christmas Carol, 1842), che è stato portato sullo schermo cinematografico molte volte. La versione più recente è della Disney che, nel 2009, ne ha affidato la realizzazione a Robert Zemeckis, una garanzia sul piano tematico-letterario e sul fronte dello spettacolo. Il regista ha rispettato la lettera del racconto e ha scelto la tecnica della motion-capture, già utilizzata con successo in Polar Express (2004). Unendo la ripresa in live action (con attori veri) e il disegno animato in 3D, ottiene un’immagine fantastica e realistica insieme, antica come la più classica illustrazione del libro pubblicato a metà Ottocento, e contemporanea, moderna e vertiginosa.
Un ossimoro, a ben vedere. Adatto a introdurre la prima delle Beatitudini – «felici i poveri» – che suona anch’essa contraddittoria. Lo era ieri, tanto più oggi in un contesto materialista e consumista, percepito da tutti, e in particolare dai ragazzi, come naturale e scontato.

CANTO DI NATALE

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SIAMO IL CAMPO DELLA FEDE – CATECHISTI PARROCCHIALI – Settembre/Ottobre 2014

catechisti parrocchiali Settembre 2014

SIAMO IL CAMPO DELLA FEDE

di Fabrizio Carletti – Mirella Spedito

Tutti i giorni Gesù semina. Quando accogliamo la parola di Dio, siamo «il campo del la fede»! seminare«Per favore, lasciate che Cristo e la sua Parola entrino nella vostra vita, lasciate entrare la semente del la parola di Dio, lasciate che germogli, che cresca. Dio fa tutto, ma voi lasciatelo agire…» (Papa Francesco). Nella vita di un cristiano ci sono insidie, ostacoli, che impediscono di accogliere il seme della Parola.
Il segno proposto ci aiuterà a meditare sulla nostra condizione di cristiani e ad allenarci, per accogliere la Parola che genera vita.

SEMINATORI DOMESTICI
Con cartoncini, o una scatola di cartone, realizziamo un campo pronto per la semina.

Un campo come quello descritto nella parabola: un misto di terreno buono, rovi, sassi, stradine per il passaggio. Ripercorreremo la parabola del seminatore, come un percorso di bonifica interiore che ci conduca ad essere «campo della fede».    Continua a leggere SIAMO IL CAMPO DELLA FEDE – CATECHISTI PARROCCHIALI – Settembre/Ottobre 2014

ACCOLTI PER ACCOGLIERE – CATECHISTI PARROCCHIALI – Maggio 2014

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ACCOLTI PER ACCOGLIERE

di Renato De Zan

Il tema dell’accoglienza potrebbe essere rintracciato in tutta la Bibbia anche lì dove il verbo accogliere (in ebraimondoco laqàch, qabàtz, oppure in greco dèchomai, apodèchomai, pro-dèchomai, spesso anche lambàno) o il nome non sono presenti. Emblematico è il caso dell’accoglienza del figlio prodigo da parte del padre. Non c’è il verbo accogliere, ma la descrizione dell’accoglienza, che il padre riserva al figlio che ritorna, è commovente. In questa scheda, per una semplice questione di brevità, si prenderanno in considerazione quelle pericopi che hanno, in modo esplicito, il verbo dell’accoglienza. In questo modo siamo in grado di conoscere gli aspetti fondamentali della tematica dell’accoglienza.    Continua a leggere ACCOLTI PER ACCOGLIERE – CATECHISTI PARROCCHIALI – Maggio 2014

PREGARE, NON DIRE PREGHIERE – DOSSIER RAGAZZI & DINTORNI – Maggio 2014

Dossier_Maggio 2014

PREGARE, NON DIRE PREGHIERE

di Tonino Lasconi

È possibile educare i ragazzi a «pregare Dio per i vivi e per i defunti», a praticare quest’opera di misericordia che non ha riferimenti concreti necessari per attirare i loro interessi e la loro attenzione? Non solo è possibile, ma necessario, perché la preghiera è ciò che prepara la mente, il cuore, la volontà preghieraa ospitare gli altri dentro la nostra vita, per aprirla alla misericordia verso tutti: vivi e defunti.
Per riuscirci è necessario far comprendere ai ragazzi che la preghiera non è recitare formule, per chiedere a Dio di fare ciò che tocca a noi, ma è luce, che apre i nostri occhi sulla vita, e forza per viverla secondo la sua Parola.
Esortare i ragazzi a vivere la carità, senza educarli a sentirsi figli di Dio e tutti fratelli e sorelle in Gesù, può creare gente che, tutt’al più, dice preghiere per cercare di convincere Dio ad aiutarla a realizzare i propri progetti, non a lasciare la propria terra (se stessi) e andare su quella che egli ci indica: i fratelli e le sorelle.preghiera2
Invece di fare discorsi complicati, lasciamoci, ora, ispirare da una preghiera «tipo», tratta dal mio libro, Amico Dio, scritto per educare a pregare.

Un esempio di preghiera da far vivere ai ragazzi potrebbe essere questa:
Questa mattina, Gesù, non ho detto la preghiera. Ero troppo impegnato a ripassare la lezione: dovevo essere interrogato. L’interrogazione è andata bene. Ma poi tutto è andato storto.
In classe con noi c’è una ragazza debole: non è sveglia, agile, spigliata come noi, e fa gesti strani con il viso e con le mani.
Approfittando del fatto che la prof. ci aveva lasciati momentaneamente soli, un compagno ha cominciato a prenderla in giro, a dirle: «Mongoloide!», a tirarle i capelli, a ripeterle i suoi gesti davanti la faccia.
Io volevo ipregontervenire, ma ho avuto paura: quel compagno è un bullo e mena le mani.
Gli altri si sono comportati come me, anche quando altri due ragazzi e una ragazza si sono uniti agli scherzi crudeli del prepotente, nonostante la poveretta fosse scoppiata a piangere, finché non hanno sentito arrivare la prof.
Quando le ha chiesto: «Perché piangi?», lei ha continuato a piangere senza dire niente. E quando ci ha chiesto: «Perché piange?», noi zitti. Io zitto. Gesù, questa mattina non ho detto la preghiera. Ti prego adesso, mentre torno a casa, per chiederti perdono. Per me e per i miei amici. Con molti di loro ci troviamo la domenica a Messa, ma a cosa ci serve se, poi, non abbiamo il coraggio di difendere un’amica debole e indifesa?
Perdonami, Gesù! Perdonaci, Gesù!

Questi e molti altri suggerimenti per la catechesi dei ragazzi nel numero di Maggio 2014 di Ragazzi e Dintorni. 

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IL RAPPORTO CON LE FAMIGLIE. Qualcosa è cambiato? – CATECHISTI PARROCCHIALI – Maggio 2014

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IL RAPPORTO CON LE FAMIGLIE. Qualcosa è cambiato?

di Franca Feliziani Kannheiser

Siamo ormai al termine dell’anno catechistico e in procinto di fare un bilancio sul rapporto che abbiamo costruito con le famiglie dei bambini con i quali abbiamo condiviso il cammino di catechesi.
È bene chiedersi:
percorso• Rispetto all’inizio dell’anno, c’è una maggior cono scenza delle situazioni familiari dei nostri ragazzi?
• Abbiamo potuto incontrare personalmente alcuni genitori? In quali occasioni?
• È stato possibile realizzare incontri comunitari? Momenti di preghiera?
• Ho l’impressione che ci sia un rapporto più cordiale e collaborativo almeno con alcuni di loro?
• Come è cambiato il mio modo di pensare la famiglia? È aumentata la fiducia nelle risorse che essa può mettere in campo nell’educazione dei figli?
Forse a qualche catechista questa ultima domanda può sembrare fuori luogo, eppure una risposta affermativa ad essa è un importante indicatore che qualcosa nel rapporto «catechista – genitori» sta cambiando, perché uno degli elementi del sistema di comunicazione (catechista) sta modificando il suo atteggiamento e, in questo modo, mette in movimento gli altri elementi del sistema (genitori, bambino). È, infatti, una legge fondamentale della comunicazione che il cambiamento di uno dei protagonisti influisca su quello degli altri.

Avremmo raggiunto un obiettivo veramente importante se insieme, catechisti e genitori, cominciassimo a percepirci come alleati nello stesso compito educativo, coinvolti nella stessa passione per il bene del bambino, nel rispetto dei diversi ruoli.
L’alleanza richiede diverse condizioni come, ad esempio, la condivisione degli obiettivi, un atteggiamento di rispetto nei confronti del lavoro, l’uno dell’altro, la possibilità di scambiarsi impressioni e idee e il fare esperienze insieme.accoglienza
In questo contesto è tempo anche di verificare quanti e quali incontri con la presenza dei genitori è stato possibile realizzare, qual è stata la frequenza e la qualità della partecipazione delle famiglie.
Anche se i risultati ci sembrano inferiori alle aspettative, dobbiamo saper vedere, però, anche i piccoli segnali di cambiamento e rallegrarcene: anche una sola coppia di genitori in più è da festeggiare! In caso di risultati deludenti diventa naturale pensare: «I genitori non sono interessati, né preparati; tempo perso cercare di coinvolgerli».
È un pensiero comprensibile che, però, non possiamo permetterci: la comunità parrocchia le non può fare a meno del coinvolgimento delle famiglie. Si tratta, allora, di valutare attentamente i dettagli di ogni incontro: come sono stati fatti gli inviti, la scelta di orari, temi, relatori… ed essere pronti a pensare nuove strade.

Ciò che distingue in modo sensibile i percorsi di catechesi da altri percorsi educativi scolastici ed extrascolastici è il riferimento costante a una realtà trascendente, più precisamente a quel Dio che Gesù ci ha insegnato a chiamare Padre e che è fonte di ogni paternità famigliae maternità umane. Come sottolinea decisamente il Documento Base, diventare cristiani significa incontrare una persona: Gesù Cristo e, attraverso lui, il Dio relazione, amore, Trinità.
Questo orizzonte di significato determina la funzione e della famiglia e della comunità parrocchiale, coinvolte nel cammino di fede dei bambini: è una funzione di accompagnamento e di affidamento in mani più forti e amorevoli delle proprie, è una funzione di testimonianza. Per svolgere questo compito genitori e catechisti devono trovare nutrimento nella pre ghiera, nel rapporto personale con Dio.

Molti genitori fanno fatica a percorrere la via della preghiera, e alcuni hanno perso (altri, forse, non hanno mai trovato) l’abitudine a pregare insieme. Per tutti il catechismo dei figli può trasformarsi in occasione per imparare a pregare sia personalmente sia comunitariamente.
Per questo motivo i momenti di preghiera, con bambini e famiglie, devono essere particolarmente curati dai catechisti, nella quantità e nella qualità.

Questi e molti altri suggerimenti, nel numero di Maggio 2014 di Catechisti Parrocchiali. 

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PORTATORE DI BUONE NOTIZIE – DOSSIER RAGAZZI & DINTORNI – Aprile 2014

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PORTATORE DI BUONE NOTIZIE

di Cecilia Salizzoni

Monsieur Lazhar«Afflitti», come i bambini di una scuola elementare del Quebec la cui maestra – Martine, una maestra amata – si è impiccata in classe durante la ricreazione.
Profondamente afflitti, come Simon e Alice che l’hanno trovata e sono bloccati nel dolore dalla violenza di un gesto che scarica su loro la disperazione dell’adulto e li colpevolizza. In particolare colpevolizza Simon («Sapeva che portavo io il latte su, il giovedì. Sapeva che l’avrei vista così!»); Simon, che aveva reagito a un gesto di affetto della maestra, denunciandolo come molestia, ora si rode dentro.
Afflitti, perché Simon e Alice erano amici, e ora sono divisi, in quanto anche Alice è convinta che sia colpa di Simon. Sembra non esserci nessuno fra gli adulti in grado di aiutarli a uscire dal blocco gelato della sofferenza.
Sembrerebbe anzi che lo sforzo principale di genitori e insegnanti sia quello di non entrare in contatto con i bambini – fisicamente, psicologicamente, educativamente – e di non permettere a nessuno questo contatto. Per rispettarne la libertà, in teoria; per non fare loro violenza, per evitare ambiguità e sospetti. In realtà lasciandoli soli di fronte a ciò che essi non sono in grado di gestire.

Inizia così Monsieur Lazhar, il film del canadese Philippe Falardeau, tratto dall’opera teatrale di Evelyne de la Chenelière, che racconta l’arrivo in classe di Bachir Lazhar, esule algerino in attesclassea di asilo politico, ingaggiato come supplente da una preside desiderosa di lasciarsi alle spalle la tragedia al più presto e senza spese aggiuntive. Tutto ciò che la scuola può permettersi è ridipingere le pareti della classe e spedire ogni tanto la psicologa a parlare con i ragazzini. Come se questo potesse cancellare il persistere della memoria e l’orrore che l’accompagna…
Può sembrare un film inadatto ai ragazzi, rivolto esclusivamente agli adulti che mette sotto accusa. In vece il modo in cui Bachir entra in questo dolore e lo accompagna, e il modo in cui il regista racconta il percorso di guarigione, permette anche ai ragazzi, non solo di seguirlo, ma di trarne beneficio.

Bachir vuol dire «portatore di buone notizie», lo dice presentandosi agli allievi il nuovo assunto. La buona notizia che porta, passa per le parole di quella lingua che lui, francofono, ama profondamente: le parole che permetteranno infine a Simon, ad Alice e ai compagni di classe di formulare il proprio dolore e di liberarsi.
foto-profesor-lazharMa, prima ancora, passa attraverso la presenza fisica di questo insegnante disponibile a stare a fianco di quel dolore, ad accoglierlo e a condividerlo, tutto il tempo che serve: lui, che pure è segnato da un lutto tragico e ingiusto (la guerra civile, in Algeria, gli ha ucciso moglie e figli, e il Canada ora non sembra disposto a riconoscerlo); lui, che pure ha bisogno di guarire.
Stare accanto, senza la pretesa di trovare un senso, o una ragione, o una giustificazione al gesto della maestra, mettendo la propria esperienza e maturità a servizio dei piccoli, perché possano ritrovare la strada interrotta e riprenderla con fiducia.
Perché, per utilizzare la metafora di cui si serve Bachir quando sarà costretto ad accommiatarsi dagli allievi (verrà fuori, infatti, che lui non è un insegnante), «la crisalide possa diventare farfalla e prendere il volo ad ali spiegate nel cielo azzurro e senza nuvole, ebbra di zucchero e di libertà».
Ciò che ai suoi figli non è stato concesso, lui lo permetterà ai giovani allievi. E anche il suo cuore «distrutto dalle fiamme e consumato dal lutto», in questa restituzione alla vita, ritrova vita. La sophie-monsieur-lazhardanza a cui si lascia andare inaspettatamente, e che libera per un attimo il suo corpo dalla rigidezza della postura, annuncia il ritorno alla vita; l’abbraccio finale, contro le regole della scuola, ad Alice che soffre per la sua partenza, lo suggella.

Un testo, che affronta con delicatezza e discrezione il tema del dolore e della morte, richiede anche al catechista un accompagnamento analogo a quello che Bachir Lazhar attua nei confronti dei suoi scolari, perché i ragazzi possano non solo sentire l’afflizione dei giovani protagonisti, ma affrontarla e superarla insieme con loro, cogliendo i momenti salienti che caratterizzano il passaggio dal blocco del dolore al movimento della vita.
Che cosa chiude Simon in un atteggiamento scontroso e irascibile? Quando e in che modo riesce a venire allprofesor-lazhara luce la ragione?
Che cosa prova Alice nei confronti di Martine e di Simon? Che cosa rimprovera loro? Di cosa soffre a livello personale?
Che cosa affliggeva la vita della maestra? In che modo ha risposto al dolore?
Che cosa affligge Bachir e come reagisce lui all’afflizione?
Che cosa gli permette di ridonare serenità ai suoi allievi?
Cosa c’entra con tale storia la favola della crisalide e della farfalla che chiude il racconto?
Quali scene e immagini, in particolare, suggeriscono nel film il superamento del dolore e la ripresa della vita?
Anche Bachir Lazhar è un taumaturgo, uno che risana; che cosa si potrebbe dire che abbia in comune con Gesù?
«Beati gli afflitti perché saranno consolati», è la buona notizia di Gesù. In che modo si compie questa promessa e per opera di chi: è un premio futuro, opera esclusiva di Dio, in un’altra vita successiva alla presente?
Oppure è operante già ora, e ciascuno di noi può collaborare a questa consolazione?

Questi e molti altri suggerimenti per la catechesi dei ragazzi nel numero di Aprile 2014 di Ragazzi e Dintorni. 

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IL PANE DELL’AMORE FRATERNO – CATECHISTI PARROCCHIALI – Aprile 2014

Copertina_Aprile

IL PANE DELL’AMORE FRATERNO

di Fabrizio Carletti – Mirella Spedito

Il pane è un simbolo biblico molto importante. Già nel mondo ebraico era il padrone di casa a spezzarlo dopo una preghiera e a distribuirlo ai commensali. Lo stesso fa Gesù, dandopane spezzato però nell’Ultima Cena un nuovo significato.
Gesù, infatti, non distribuisce solo pane, ma dona se stesso. Lo spezzare il pane, anche nel pasto quotidiano, ha un doppio significato: è un gesto di condivisione e di unione.
«In virtù del pane condiviso la comunità a tavola diventa una: tutti mangiano dello stesso pane. La condivisione è un gesto di comunanza, di donazione, che rende partecipi della famiglia anche gli ospiti» (Benedetto XVI).
È mangiando dello stesso pane che diveniamo compagni=cumpanis. Questo legame è fondato su Gesù che «ha vinto il mondo e la sua permanente conflittualità, avendolo “pacificato con il sangue della sua croce” (Col 1,20)».
accoglienza
UN PORTAPANE PASQUALE
Per celebrare il valore della fraternità e dell’amicizia con Dio e fra noi, membri della comunità, attraverso il simbolo del pane, proponiamo la realizzazione di un semplice portapane domestico.
Questo simbolo da tenere nell’aula di catechesi, e nelle case di bambini e ragazzi, sarà strumento per richiamare il valore della comunione fraterna, fondata sull’amore di Dio che, in Gesù, si è donato e si dona per noi. Come ci esorta Papa Francesco in Evangelii gaudium: «Non lasciamoci rubare l’ideale dell’amore fraterno!»

fraternitàMateriale: un foglio di cartoncino A4, forbici den tellate (facoltative), matita, matite colorate, nastrino o cordoncino m 2, punteruolo per bucare il cartoncino negli angoli e far passare il nastrino o il cordoncino.

Al lavoro
1. Fotocopiate su cartoncino il disegno di Gesù Risorto;
2. colorate il disegno con le matite colorate;
3. rifinite, se volete, i bordi del cartoncino con le forbici dentellate;
4. ripiegate all’interno, per circa 4 cm, i bordi del cartoncino;
5. unite gli angoli all’altezza dei ripieghi;
6. forate con un punteruolo (o con altro che può servire al caso) a non meno di 1 cm dal bordo superiore;
7. fate passare attraverso i fori il nastrino o il cordoncino (dopo averlo diviso in 4 parti) e annodatelo, formando un fiocchetto.
Il cestino è pronto per contenere il pane.

Questi e molti altri suggerimenti, nel numero di Aprile 2014 di Catechisti Parrocchiali. 

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