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Santi si nasce?

Era il 20 febbraio 1894: un giorno come tanti, un’alba come tante, una tecla dal trenofamiglia contadina come tante, in quel piccolo centro agricolo in provincia di Cuneo.

E lì, a Castagnito d’Alba, esattamente 120 anni fa, nasce Teresa Merlo, una bambina esattamente come tante. Si racconta che la nonna, guardandola nella culla, disse alla giovane mamma: «Questa bambina, farà cose grandi», ma di quelle cose grandi, di quelle sue opere straordinarie, di quella sua delicatezza e profondità d’animo, quella culla non fu realmente testimone.
Spesso pensiamo che i santi si riconoscano da segni straordinari, da aneddoti misteriosi riletti col senno del poi… e invece la loro storia è semplice e naturale, come quella di ogni Tecla camminaessere umano su questa terra.
I santi non si riconoscono nella culla, ma dalla vita. Non operano prodigi, ma sono prodigiosi nella loro voglia di costruire il bene e nella determinazione di attuarlo.

Questo è quello che oggi sentiamo di voler raccontare di Teresa Merlo, la bambina come tante, nata 120 anni fa e mai morta, mai dimenticata, ma sempre viva.
Oggi la storia la ricorda come suor Tecla Merlo, maestra di delicatezza e di passione per il Vangelo, luce luminosa per la sua bontà. E noi, oggi, la ricordiamo come madre instancabile e attenta, capace di ascoltare ogni silenzio e di riempire il timore con l’amore.

La vita può essere infinita nel suo valore, può generare novità insperate, può far sorgere l’impossibile: questo, oggi, il dono che lei fa a noi… a tutti noi!

piedi per il Vangelo

post scritto per www.tuttoperilvangelo.com

Vi proponiamo di dedicare alcuni istanti al video, realizzato in ricordo di sr. Tecla Merlo: Donne nuove sui passi di Tecla

Per conoscere meglio Maestra Tecla Merlo:

“Il mio nome è Tecla”

di Maria Luisa Di Blasi

Paoline Editoriale libri, Milano 2008

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ALTRI TESTIMONI DI FEDE SULLA PAGINA —> TESTIMONI IERI E OGGI

IL TALENTO DELL’EDUCATORE – CATECHISTI PARROCCHIALI – Febbraio 2014

Catechisti Feb14

IL TALENTO DELL’EDUCATORE

di Emilio Salvatore

Il padrone della parabola, che dona i talenti prima della sua assenza, mette in atto una sorta di fiducia piena nei servi. Consegnando a ciascuno, «nella misura delle sue possibilità», una somma ingente di danaro, costituisce il servo come persona responsabile ossia capace di corrispondere alla fiducia del proprio Signore.educatore
Tutti i padri della Chiesa hanno visto in questa figura, assente fisicamente nella sua comunità, l’immagine del Signore Risorto.

Il Signore, anche se non è più fisicamente presente, ha distribuito alla Chiesa i suoi doni. È importante riflettere sulla natura di questi doni.
• Ogni dono crea un legame tra il donatore e il destinatario; suscita un processo di rivelazione di ognuno a se stesso, disvelando possibilità inedite. Il dono è sempre educativo in quanto dice qualcosa di chi lo dona, ma soprattutto investe chi lo riceve di una serie di input: cosa mi rivela del mio Signore? Cosa farò di questo dono?
• I doni del Signore non sono soltanto quelli di natura per cui la parabola, nel corso della storia dell’interpretazione, è servita molto anche sul piano psicologico a provocare un processo di crescita personale, ma soprattutto i doni dati al singolo per il servizio della comunità.
educatore_1• È attraverso il servizio che i servi della parabola sono chiamati al successo. Tutto questo è la regola della comunità cristiana. Oggi, spesso, proprio facendo leva sulle capacità personali, il talento diventa una sorta di requisito per il successo sulla base di istanze meramente esteriori: la bellezza (per le veline); l’abilità fisica (per gli atleti); le risorse imprenditoriali (per i manager).
• Una visione dei talenti, basata solamente sull’elemento naturale, risulta connotata da una sorta di fatalistica predisposizione, per alcuni, o a una forza di slancio prometeico, per altri.
I talenti della parabola, al contrario, sono doni diversificati, che sembrano inglobare capacità naturali e anche doni di grazia, di indole spirituale.

Il ritorno del padrone, che sembra essere collegato con la venuta del Signore, alla fine dei tempi, comporta un giudizio. Nel giudizio è implicata sempre «un’immagine» di colui che esprime il giudizio (Chi è? Quale autorità ha per giudicare?): molto severa nella parabola; e anche «un’immagine» di coloro che sono «giudicati» (Cosa hanno fatto per meritare tale giudizio?). I primi si rivelano buoni e saggi, il terzo pigro e infedele.
• Il giudizio non dipende soltanto da un’adesione a standard esteriori, ma è conseguenza dell’agire e, quindi, del cammino educativo di ciascuno dei servi.lavoro-educatori
– I primi due sono usciti dalla logica autoreferenziale, mettendosi in gioco, facendo fruttificare i talenti.
– Il terzo è restato nella paura per se stesso e per la propria vita, chiudendosi in una sorta di legittima difesa dalle eventuali sanzioni del padrone.
• Il coraggio dei primi due, con il giudizio positivo, è direttamente proporzionato alla sintonia con il proprio Signore. Il vero premio consiste, come dice bene il testo, in una partecipazione alla gioia di lui.
• Il rendiconto, il giudizio, oggi così poco avvertito anche nelle nostre comunità, appare una sorta di realtà, o troppo lontana e, quindi, da snobbare, oppure troppo forte e di cui avere paura.
• È, invece, il continuo richiamo ad essere fedeli al dono ricevuto.
La logica della minimum tax per Gesù non serve, non aiuta a crescere né noi stessi, né la comunità ecclesiale sulle orme del Vangelo.

Ogni educatore è, da una parte, una persona che ha ricevuto personalmente tanti doni. Nella misura in cui egli è grato per essi, riesce a infondere gratitudine nei soggetti a lui affidati; nella misura Animatoriin cui li mette in circolazione intorno a sé, diventa talent-scout, ossia persona capace di suscitare valorizzazione e riconsegna dei talenti agli altri.
Nella Chiesa, in passato, erano tante le persone dotate di questa coscienza, oggi sono sempre di meno, non perché non abbiano questi doni dal Signore, ma perché la pigrizia invade anche gli educatori, rendendoli spesso incapaci di dare di più, di offrirsi con amore.

DOMANDIAMOCI…
• La nostra visione della famiglia e della Chiesa è improntata al conseguimento di un successo effimero e di apparenza, oppure di quello vero?
• Ci attiviamo per corrispondere ai doni che il Signore ci ha fatto, riconsegnandoli nel vissuto a parenti, amici, fratelli, sorelle, agli uomini e alle donne che incontriamo sul nostro cammino.

Questi e molti altri suggerimenti, nel numero di Febbraio 2014 di Catechisti Parrocchiali. 

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Buona domenica! – VI del Tempo Ordinario

OLYMPUS DIGITAL CAMERADavanti agli uomini stanno
la vita e la morte…

Dal libro del Siràcide (Sir 15,17)
VI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO – Anno A

Se non lasciamo che la pagina delle Beatitudini ci illumini, dia sapore alla nostra vita, ci faccia diventare come una città sul monte a cosa serve dirsi cristiani? E ancora per qualche settimana Gesù insiste su questa sua rivoluzione interiore. Non è un anarchico che abolisce le norme, o un pacioccone che dice “liberi tutti” come vorrebbero alcuni adolescenti cresciuti che confondono l’amore con i propri appetiti e piegano Dio alle proprie teorie. Non vuole gettare alle ortiche la Torah, ma riportarla alla sua origine, al suo cuore. Perché la parola stessa impropriamente tradotta come Legge, in realtà deriva dalla radice iaràh, che descrive il volo della freccia. La Torah, quindi, è stata data da Dio come indicazione per la felicità dell’uomo. E la norma diventa la veste dell’amore, la forma dell’impegno, la struttura che sorregge e rende credibile l’emozione. bersaglio cvE Gesù, con le Beatitudini, è venuto a completare quella indicazione. Guai a chi si permette di cambiare anche solo una virgola di quelle indicazioni, guai a trasgredire anche un solo precetto del discorso della montagna, anche solo minimo. Significa diventare minimo davanti a Dio. Solo che, siamo, sinceri, nemmeno ci ricordiamo quali siano le beatitudini. Ahia.

MEMENTO
Gesù, tanto per non essere frainteso, affronta sei questioni specifiche, sei interpretazioni della Legge che, dal suo punto di vista, sono state ampiamente tradite. Quattro le affrontiamo oggi, due la prossima domenica. Accusato di non voler rispettare le prescrizioni, Gesù ribalta le accuse mostrando come sono proprio i suoi avversari a non volerci avere nulla a che fare. E allora rilegge la Scrittura e la riporta all’origine. Prende le leggi fatte dagli uomini per tentare (ingenui!) di proteggere la Legge di Dio e le smonta. Quel ma io vi dico, perentorio, folle, inconcepibile perché pronunciato da un falegname fattosi profeta, ci dicono Continua a leggere Buona domenica! – VI del Tempo Ordinario

IL GESTO CHE FA LA DIFFERENZA – DOSSIER RAGAZZI & DINTORNI – Febbraio 2014

Dossier Feb14

IL GESTO CHE FA LA DIFFERENZA

di Cecilia Salizzoni

Leo ha 16 anni, frequenta il terzo liceo, senza profitto perché la sua testa, piena di ricci spettinati, è da tutt’altra parte. Non riesce a staccarsi dai capelli rossi di Beatrice, stesso liceo un biancaanno più grande, e dal pensiero di come fare a conoscerla.
Quando finalmente questo accade, è una batosta, perché Beatrice è ammalata. Gravemente. Fa chemioterapia, i capelli che hanno preso tanto Leo, sono una parrucca e lei è quasi rassegnata a lasciare una vita che avrebbe voluto esplorare, divorare, vivere.
Un colpo basso di estrema violenza. Se Leo non trovava il coraggio per rivolgerle la parola prima, in condizioni normali, ora che l’ha vista in ospedale, ora che sa come stanno le cose, ora che i colori brillanti e pulsanti della vita – quelli che lui ama appassionatamente – sembrano sbianchire di colpo, come il sangue di Beatrice, deve trovare il coraggio per non scappare.

Lo aiuta il prof. di lettere che insegna ai ragazzi a coltivare un sogno e, quando la vita lo manda in pezzi, li invita a non desistere, ad affrontarla, anche nella sua durezza. A prenderla a pugni, magari, ma a non mollare, perché il sogno può andare oltre il limite della vita, e la vita resta bella anche se non è sempre colorata. E Leo che non è un vigliacco (anche se temeva di esserlo), si presenta a casa di Beatrice.bianca chitarra
Si dichiara. Inizia una personale battaglia contro il male di lei che ha esaurito le proprie energie e può solo rivolgersi a Dio per trovare un senso a ciò che le sta accadendo.
Lui, invece, è convinto di poterla salvare; è sicuro che il suo midollo spinale sia compatibile con quello di lei e si iscrive nella lista dei donatori contro la volontà dei genitori che hanno paura.
Lo attende un nuovo colpo basso: l’incompatibilità è al 90%. Tempo dopo, tuttavia, il suo sangue si rivelerà compatibile con quello di un’altra persona, sconosciuta, e restituirà la vita a una mamma.

Oltre al prof. c’è Silvia a sostenere Leo nel suo percorso d’iniziazione alla vita: l’amica di sempre, innamorata non riconosciuta e poi, anzi, respinta rabbiosamente, fin quando – con l’aiuto di Bea – si accorgerà che anche l’amore, come la vita, è speciale proprio quando è normale. Non è un percorso eclatante, quello di Leo, ma il Leo di fine film è cambiato e, con lui, il mondo intorno a lui.
bianca come il latteTratto dal romanzo di successo del vero prof. Alessandro D’Avenia, Bianca come il latte, rossa come il sangue, riesce a evitare le trappole sentimentali e melodrammatiche e a delineare con tratti autentici un racconto di formazione, che si rivolge agli adolescenti e cerca di fare quello che, troppo spesso, gli adulti non sanno fare: stare accanto ai ragazzi davanti alla sofferenza e alla morte.

PER SCANDAGLIARE IL RACCONTO
Nonostante il genere e il tono tra commedia e dramma rischino di appiattire la visione dei ragazzi sulla linearità narrativo-sentimentale di un teen-movie, il racconto offre spunti tematici per approfondire il discorso. Si tratta di farli venire a galla, proponendo il percorso di Leo, gli scontri e gli incontri che lo caratterizzano, il disegno dei personaggi in gioco.
• Un prof. che non è «uno sfigato», che non si fa mettere i piedi sulla testa dagli studenti, che accetta le sfide:

– come risponde alle provocazioni di Leo?film
– come stanno insieme i discorsi sui sogni, il dolce stil novo e i guantoni da box?
– qual è il vero coraggio, secondo il prof.?

• Quando il gioco si fa duro, come reagisce Leo?
• Che cosa crede di poter dare a Beatrice inizialmente? Che cosa le dà realmente?
• Che cosa Beatrice dà a lui?
• Che cosa vuole dire Beatrice quando afferma che quello di Leo non è vero amore, ma solo passione? Quando è vero l’amore?
• Che cosa succede quando Leo accetta di mettersi in gioco per Beatrice? Che cosa cambia nelle relazioni intorno a lui? Con i genitori? Con la scuola? Con Silvia?
• Anche l’ambientazione della storia, i luoghi inediti di questa Torino cinematografica, offrono spesso un contrasto significativo, tra modernità e tradizione, tra bruttezza e bellezza, tra fatiscenza e una nuova vita, imprevedibile: in che modo si inserisce nel di scorso tematico questa scelta del regista?
• All’inizio della storia il bianco, per Leo, non è un colore, è vuoto, è noia: come si colloca alla fine del racconto?

Per il trailer ufficiale:

Questi e molti altri suggerimenti per la catechesi dei ragazzi nel numero di Febbraio 2014 di Ragazzi e Dintorni. 

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UNA COMUNITÀ, NON UN TALENT SHOW – CATECHISTI PARROCCHIALI – Febbraio 2014

Catechisti Feb14

UNA COMUNITÀ,
NON UN TALENT SHOW

di Fabrizio Carletti – Mirella Spedito

In tv sono di moda i talent show, spettacoli dove una giuria giudica i partecipanti per selezionare quelli che hanno talento e scartare gli altri. Diversa è una comunità: essa non seleziona i pochissimi che hanno talento, ma opera per far emergere ed esprimere i talenti che Dio hatalenti donato a ognuno, in vista del bene comune. Il problema nasce se non si mettono i talenti a disposizione degli altri; solo condividendoli, le persone possono realizzare pienamente il proprio essere cristiani e sperimentarne la gioia.

Il percorso di iniziazione cristiana è un tirocinio, un allenamento per configurarci sempre più a Gesù. L’allenamento richiede costanza, disciplina interiore, il mettersi alla prova. La proposta di questo mese richiede ai bambini (ed eventualmente ai loro genitori) di allenarsi quotidianamente ad assumere comportamenti cristiani.

TALENTI DA IMPEGNARE E COSTRUIRE!!!     Continua a leggere UNA COMUNITÀ, NON UN TALENT SHOW – CATECHISTI PARROCCHIALI – Febbraio 2014

Testimoni ieri e oggi_ Solo una madre… e un bambino speciale!

Solo una madre… e un bambino speciale!

di Maria Grazia Meloni

Dobbiamo tornare indietro agli anni sessanta, epoca borghese e conformista. Epoca del cosiddetto boom economico, che ha portato con sé lavoro per tutti, benessere e prospettive positive per il futuro. Questi sono gli anni del Papa “Buono”, Giovanni XXIII, e del suo successore Paolo VI, autori della prima grande rivoluzione dell’epoca moderna: il Concilio Ecumenico Vaticano II. Sono gli anni che hanno condotto agli sconvolgimenti politici e sociali di quella che sarà la rivoluzione studentesca del 1968 e successivamente quella femminista.

E proprio in questi anni così importanti per il mondo una giovane donna, Annamaria, da poco sposa, ha al centro del suo piccolo microcosmo la suaneonato impellente maternità. È in procinto di dare alla luce il suo primogenito. E sono mesi felici i successivi al parto. Tutto scorre. La vita ha preso un senso nuovo, il bambino è il centro del suo universo. Ma un giorno, uno qualunque, Annamaria si accorge che il suo bellissimo bambino ha qualcosa che non va. È solo una sensazione. Lui non risponde ai suoi sorrisi come dovrebbe e il suo sguardo sembra assente quando lo guarda.           Continua a leggere Testimoni ieri e oggi_ Solo una madre… e un bambino speciale!

PASSARE DALL’«OSTILE» ALLO «STILE» – DOSSIER RAGAZZI & DINTORNI Gennaio 2014

Dossier Gen14

PASSARE DALL’«OSTILE» ALLO «STILE»

di Fausto Negri

Molesto è colui che è di peso, che risulta sgradevole, che con il suo comportamento o con il suo linguaggio dà sui nervi. Tutti i sociologi moderni sono d’accordo sul fatto che le relazioni sono, oggi, la maggiore fonte di ansia. Infatti, essendo più facili i contatti, è aumentatayell-for-help_8-self-defense-tips-every-woman-should-know enormemente anche la possibilità di entrare in rapporto con persone seccanti, insistenti, fastidiose, sgradevoli, irritanti, noiose…

Tutte le opere di misericordia sono attive e, quindi, praticare «la sopportazione» non significa subire tutto quanto. L’indicazione di Gesù: «Siate semplici come le colombe e furbi come i serpenti» (Mt 10,16) è il giusto equilibrio sempre da ricercare. Non significa cedere al buonismo, cioè tacere sul male altrui e rinunciare alla propria identità. L’obiettivo rimane, comunque, sempre l’amore, cioè il bene dell’altro. Talvolta è opportuno comunicare il proprio disappunto in modo schietto e produttivo; altre volte occorre prendere le distanze, proteggere la propria sfera privata; altre volte occorre farsi aiutare da chi ha l’autorevolezza di farlo. Altre, infine, è bene soprassedere… Il verbo «tollerare» significa infatti «sostenere, portare un peso». Pazienza e sopportazione sono collegate tra loro. Non è solo passività, ma esige una buona dose di resistenza, nutrita dalla speranza che anche nell’altro c’è del buono.    Continua a leggere PASSARE DALL’«OSTILE» ALLO «STILE» – DOSSIER RAGAZZI & DINTORNI Gennaio 2014

Testimoni ieri e oggi_ Sant’Egidio e il pranzo di Natale

Sant’Egidio e il pranzo di Natale

di Maria Grazia Meloni

Era il 7 febbraio del 1968 quando un gruppo di studenti del Virgilio di preghieraRoma si incontravano per la prima volta alla Chiesa Nuova per pregare. Sono passati più di quarant’anni da quel primo incontri che ha cambiato le loro vite e che ha portato a migliaia di persone solidarietà e amicizia. Perché da quel giorno, anche se i ragazzi ancora non lo sapevano, sarebbe nata la Comunità di Sant’Egidio.    Continua a leggere Testimoni ieri e oggi_ Sant’Egidio e il pranzo di Natale

Cuore ospitale: Preghiera e dinamica – da Ragazzi & Dintorni Dicembre 2013

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Carissimi catechisti vi propongo una dinamica e una preghiera pensata per la catechesi con preadolescenti e adolescenti a partire dall’opera di misericordia “Vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini”.

OBIETTIVO:

Fare il primo passo, andare verso l’altro, diventare «cuore ospitale» nei confronti del «diverso da me»: è questa la dinamica da attivare nei ragazzi. Si tratta di aiutarli a diventare concreti, ad assumere nella vita quotidiana atteggiamenti di apertura, di solidarietà e di accoglienza verso tutti.Layout 1

LA PROPOSTA:

  • Leggete la parabola del buon samaritano: Lc 10,25-37. Fermatevi al versetto 29 e riascoltate il brano Il buon samaritano di D. Ricci. Sul finire della canzone proclamate i versetti 36-37.
  • Provocate i ragazzi in modo forte: «Ora tocca a noi! Dobbiamo imparare a farci prossimi, ad avvicinarci agli altri, a diventare fratelli degli ultimi, imparando dal Samaritano-Gesù. Dobbiamo inventare la solidarietà».
  • Date loro un tempo di silenzio per pensare a un’azione concreta, facile da realizzare da subito: potrebbe essere un sorriso da offrire alle persone che si incontrano, un «buon giorno» da dire, un aiuto da dare in casa, una gentilezza da esprimere a una persona. Si tratta di non aspettare, ma di amare per primi.
  • Chiedete loro di scrivere l’azione scelta su un rotolino di carta da tenere con sé, fino all’incontro successivo. Poi ne parlate insieme, condividendo fatiche e possibilità.
  • Pregate insieme con la preghiera qui proposta, che potrà essere consegnata e portata a casa dai ragazzi per essere pregate all’inizio della giornata. 

Cuore ospitale

Cuore ospitale è la dinamica e la preghiera conclusiva del percorso Ma tu… chi sei fratello straniero? – elaborato da suor Mariangela Tassielli fsp per la rubrica Musica e Fede di Dicembre, nell’ambito del percorso per adolescenti Gesti e parole d’amore, proposte nell’inserto staccabile della nostra rivista Catechisti Parrocchiali.

—> Per l’elenco di tutte le preghiere clicca QUI <—

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Riviste Catechistiche

Paoline Centro Catechistico

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Ti offriamo tanti altri suggerimenti nella nostra pagina di cantalavita:

benvenuti, la catechesi ci aspetta
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NO AI LUOGHI COMUNI– RAGAZZI & DINTORNI – Dicembre 2013

Dossier Dicembre 13

NO AI LUOGHI COMUNI

di Tonino Lasconi

bambini-immigratiI bambini e i ragazzi non hanno problemi ad accogliere «gli ignudi» che si presentano loro soprattutto come compagni di scuola, diversi per colore della pelle, per nazionalità, per lingua.
Con la curiosità che hanno in dotazione spontanea, finché gli adulti non riescono ad attutirne la forza, ciò che è diverso li incuriosisce e li attira.
È facile, perciò, trovarli disponibili ai nostri inviti all’accoglienza e alla solidarietà.
Attenzione, però, a dare questo per scontato, e a non offrire motivazioni vere e profonde. immigrazioneOccorre, infatti, difenderli dagli adulti, fra i quali – a cominciare dai loro genitori – circolano ostinati luoghi comuni che possono influenzarli, portandoli su posizioni di diffidenza, antipatia e rifiuto. È importante che, negli incontri di catechesi, questi luoghi comuni emergano e si affrontino, perché covano dentro. Elenchiamo i più diffusi.    Continua a leggere NO AI LUOGHI COMUNI– RAGAZZI & DINTORNI – Dicembre 2013