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Santi si nasce?

Era il 20 febbraio 1894: un giorno come tanti, un’alba come tante, una tecla dal trenofamiglia contadina come tante, in quel piccolo centro agricolo in provincia di Cuneo.

E lì, a Castagnito d’Alba, esattamente 120 anni fa, nasce Teresa Merlo, una bambina esattamente come tante. Si racconta che la nonna, guardandola nella culla, disse alla giovane mamma: «Questa bambina, farà cose grandi», ma di quelle cose grandi, di quelle sue opere straordinarie, di quella sua delicatezza e profondità d’animo, quella culla non fu realmente testimone.
Spesso pensiamo che i santi si riconoscano da segni straordinari, da aneddoti misteriosi riletti col senno del poi… e invece la loro storia è semplice e naturale, come quella di ogni Tecla camminaessere umano su questa terra.
I santi non si riconoscono nella culla, ma dalla vita. Non operano prodigi, ma sono prodigiosi nella loro voglia di costruire il bene e nella determinazione di attuarlo.

Questo è quello che oggi sentiamo di voler raccontare di Teresa Merlo, la bambina come tante, nata 120 anni fa e mai morta, mai dimenticata, ma sempre viva.
Oggi la storia la ricorda come suor Tecla Merlo, maestra di delicatezza e di passione per il Vangelo, luce luminosa per la sua bontà. E noi, oggi, la ricordiamo come madre instancabile e attenta, capace di ascoltare ogni silenzio e di riempire il timore con l’amore.

La vita può essere infinita nel suo valore, può generare novità insperate, può far sorgere l’impossibile: questo, oggi, il dono che lei fa a noi… a tutti noi!

piedi per il Vangelo

post scritto per www.tuttoperilvangelo.com

Vi proponiamo di dedicare alcuni istanti al video, realizzato in ricordo di sr. Tecla Merlo: Donne nuove sui passi di Tecla

Per conoscere meglio Maestra Tecla Merlo:

“Il mio nome è Tecla”

di Maria Luisa Di Blasi

Paoline Editoriale libri, Milano 2008

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Testimoni ieri e oggi_ “Se mi convertissi sarei libera, preferisco morire cristiana” – Asia Bibi

Asia Bibi

Anche noi di “cantalavita” ci uniamo all’appello internazionale per la liberazione di Asia Noreen Bibi, una quarantasettenne pakistana incarcerata dal giugno del 2009 e condannata a morte perché cristiana in un paese a maggioranza mussulmana.

La sua è la storia di una donna semplice, una contadina e madre di 5 figli, di cui uno disabile. La ragione giustificante l’incarcerazione ha origine da un’accusa di blasfemia contro il profeta Maometto, in virtù di una “legge sulla blasfemia” che condiziona ogni cittadino e in particolare la minoranza cristiana. Anche Benedetto XVI si è associato all’appello della comunità internazionale per la liberazione di Asia e, nel sottolineare la difficile situazione di molti cristiani nel mondo, ha spiegato che letteralmente Pakistan significa “terra dei puri” e che non è sempre stata una terra ostile ai cristiani. E citando un importante discorso del 1947, fatto da Ali Jinnah, il principale tra i fondatori del Pakistan, uno dei beni primari del popolo pakistano doveva essere la libertà di culto:

«Voi siete liberi; siete liberi di frequentare i vostri templi, siete liberi di andare nelle vostre moschee o in qualsiasi altro luogo di culto dello Stato del Pakistan. Voi potete appartenere a qualsiasi religione, casta o credo, questo non ha nulla a che vedere con gli affari dello Stato… Vogliamo partire da questo principio fondamentale: che siamo tutti cittadini e cittadini con pari diritti».

Purtroppo però da questo bellissimo discorso qualcosa in terra pakistana ha preso un’altra direzione, anche se, come precisa il Mani coloriSanto Padre, l’Islam non è una religione di fondamentalisti o di torturatori, ma una religione pacifica e tollerante. Tuttavia, ad oggi, il Pakistan agli occhi della comunità internazionale si trova a gestire una difficile situazione e la storia di Asia Bibi è certamente un caso simbolo.

Asia è entrata alla ribalta internazionale perché dalla sua cella senza finestra nel modulo della prigione di Sheikhupura, ha scritto una lettera in cui racconta le sue preoccupazioni di mamma e di donna cristiana. Ci sono diversi passi nella lettera che toccano il lettore e altri che indignano, tra cui quello in cui racconta di come un giudice, Naveed Iqbal, entrando un giorno nella sua cella le ha detto che le avrebbe revocato la condanna a morte se si fosse convertita all’Islam:

“Sono stata condannata perché cristiana – gli ho detto – . Credo in Dio e nel suo grande amore. Se lei mi ha condannata a morte perché amo Dio, sarò orgogliosa di sacrificare la mia vita per Lui”.

Non ci sono parole da aggiungere all’immensità di questa risposta, forse la domanda è: risponderei anche io così? E tutti noi cristiani che viviamo “liberamente” la nostra fede avremmo il coraggio di donare la nostra vita per Cristo?occhi2 Oppure nella nostra piccola vita tranquilla, per non sentirci troppo “cattolici”, evitiamo di esprimere il nostro credo?! Non è che forse il cristianesimo per noi è fin troppo scontato addirittura banalizzato?

Eppure il fondamento della nostra fede è che Dio è Amore. Dunque perché avere paura! Naturalmente questo non significa che dobbiamo diventare martiri, ma testimoni di questa Grazia irrinunciabile. Ed è per questo che dobbiamo difendere Asia e la nostra fede affinché non sia motivo di discriminazione e morte, perché in nome di Dio non si uccida più!

“Gesù, nostro Signore e Salvatore ci ama come esseri liberi – scrive Asia – e credo che la libertà di coscienza sia uno dei tesori più preziosi che il nostro Creatore ci ha dato, un tesoro che dobbiamo proteggere”.

Maria Grazia Meloni

Puoi leggere la lettera di Asia Bibi su —> Avvenire <—

La storia di Asia Bibi ci riporta alla Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani (18-25 Gennaio 2013). Per l’occasione ti proponiamo un cammino in quattro tappe, con preghiere, attività e gesti simbolici, per ragazzi e i loro animatori. Clikka sull’immagine!

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Testimoni ieri e oggi_ “Francesco e il presepe” – San Francesco D’Assisi

San Francesco e il lupoCiao ragazzi! Eccoci di nuovo a parlare di santità. E in questo periodo di Avvento che ci prepara al Natale di Gesù, il pensiero non può che andare a Betlemme e alla mangiatoia che ha accolto l’incarnazione del Figlio di Dio. Se penso a questo evento straordinario, mi viene in mente la figura di Francesco d’Assisi e il suo desiderio di ricreare la scena di Betlemme.

Francesco nato ad Assisi nel 1181 da una ricca famiglia, dopo una giovinezza sregolata, nel 1205 si era convertito al messaggio di Cristo, tanto da rinunciare a tutte le sue ricchezze, dando vita, assieme ad alcuni amici, allOrdine dei Frati Minori e assieme a Chiara, la sua “pianticella”, il secondo ordine delle Clarisse.

La sua fu una vita dedicata al Vangelo, e il suo un messaggio di gioia che coinvolse la natura tutta. Tanto che alla fine della sua vita, il suo amore per il creato lo portò a comporre:il Cantico delle creature”, perché Francesco,San Francesco_1 nonostante le molte rinunce e sofferenze, quasi completamente cieco, con le stigmate alle mani e ai piedi e ormai vicino alla morte, sentiva forte il desiderio di lodare Dio per il Suo infinito Amore e per le tante meraviglie da Lui create! Morì ad Assisi nella notte tra il 3 e il 4 ottobre 1226. Canonizzato due anni dopo da Papa Gregorio IX venne tumulato nella basilica di Assisi a lui dedicata, dove è venerato come patrono d’Italia e d’Europa.

Come ci racconta il suo biografo Tommaso da Celano nella “Vita prima” (84-85; FF 467-469) per Francesco la festa del Natale era la più bella! Egli sentiva talmente forte questo evento che un giorno a mensa, ascoltando la rievocazione della povertà estrema provata dalla Madonna e da suo Figlio nella stalla di Betlemme, si alzò da tavola e finì il suo pasto per terra in onore della “regale povertà” di Maria e di Gesù. Ma Francesco desiderava che ogni credente a Natale gioisse nel Signore, anche per questo sentiva forte il desiderio di rievocare la natività. E per questo tornato da poco dal sultanato d’Egitto, ispirato dalla valle reatina e da Greccio, ritrovando in presepe ad Assisiquella zona rocciosa un po’ di Terra Santa, nella notte del 25 Dicembre 1223 diede vita al primo Presepe vivente! Tommaso racconta: “C’era in quella contrada un uomo di nome Giovanni… molto caro al beato Francesco… Circa due settimane prima della festa della Natività, il beato Francesco lo chiamò a sé e gli disse: ‘Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico, vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello’…”. Finalmente giunto il giorno della festa, tempo di esultante letizia, uomini e donne festanti arrivarono da tutta la regione, portando con sé ceri natività betlemmee fiaccole per illuminare quella notte, nella quale si è accesa splendente nel cielo la Stella che fa brillare tutti i giorni e i tempi! Giunto anche Francesco, vide che tutto era disposto secondo il suo desiderio. E quando venne posta la greppia col fieno e introdotti il bue e l’asinello, vide rispendere in quella scena commovente tutta la semplicità e la povertà evangelica. Greccio divenne così la nuova Betlemme. E Francesco estasiato di fronte alla scena, durante la celebrazione Eucaristica incorniciata nel Presepe, sperimentò una consolazione mai gustata prima!

Dunque anche noi, con questo spirito di festa, assieme a Santo Francesco, gioiamo assieme per il Santo Natale di Gesù!

 Maria Grazia Meloni

Vi suggeriamo: L’amore quello vero. Chiara e Francesco. Il Musical

…inoltre un piccolo ma significativo libricino:

“Il presepe di San Francesco”

di Tommaso da Celano

Paoline Editoriale libri, Milano 2009

Il presepe di San Francesco

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Testimoni ieri e oggi_ “Una vita per il Vangelo” – Maestra Tecla Merlo

Santità… è una “realtà” che dobbiamo comprendere come una “chiamata” a cui l’uomo può e deve rispondere, “semplicemente”, perché sceglie di vivere la propria vita lasciandosi ammaliare dal mistero dell’infinito, in una continua meraviglia nella scoperta della bellezza dell’umanità, sebbene nelle sue piccolezze. In questa realtà l’essere umano gioisce pienamente della propria storia e può lasciare al mondo, seppure solo come un piccolo granello o una goccia nel mare, il meglio di sé che può donare agli altri affinché fiorisca una sempre nuova umanità.

In questa prospettiva oggi vogliamo entrare nella vita di una grande donna: Maestra Tecla Merlo. Lei, che nella sua statura profetica ha lasciato nel panorama dello scorso novecento un ideale femminile a cui ispirarsi fino ai nostri giorni,  è colei che accanto a don Giacomo Alberione, fondatore e padre della Famiglia Paolina, di cui il prossimo 26 novembre ricorre la festa, è diventata  “madre” della congregazione delle Figlie di San Paolo. Ed è in questo legame incrociato tra due vite donate all’umanità che vogliamo addentrarci nella straordinaria e tuttavia ordinaria vita di Teresa che in Cristo diventerà Tecla, per conoscerla nella sua grandezza celata nel totale abbandono all’amore di Dio.

La prima volta che sono entrata nella stanza/studio di Maestra Tecla a Roma, nel quartiere San Paolo, dove tutto è rimasto come un tempo, ho provato una forte emozione nel riconoscere la semplicità che le apparteneva come donna fattasi dono agli altri, ma in una efficace cornice rappresentata da tutti gli strumenti della comunicazione di cui poteva usufruire all’epoca e che testimonia l’importanza della sua chiamata all’annuncio evangelico, proprio attraverso la comunicazione. Ricordo che in quella stanza ho letto una sua frase che porto sempre nel mio cuore e che cerco di concretizzare ogni giorno: “il Signore non ti dà ciò che chiedi, ma ciò che credi”. Ogni volta che ripeto questa frase nella mia mente e nel mio cuore ne sento la profondità, il suo senso più grande, la sua onestà. Non è così scontato chiedere qualcosa credendoci davvero, figuriamoci chiederlo a Dio. Infatti, a volte, o forse spesso, lo facciamo senza esserne davvero motivati. Maestra Tecla, con l’esempio della sua vita, mi ha insegnato a crederci con più consapevolezza, a crederci davvero! E in queste poche righe, raccontare a tanti giovani di una suora, ma anzitutto di una donna, che ha vissuto tra il 1894 e il 1964 una vita donata al Vangelo, non può essere scontato. Perché la sua vita è stata vissuta in un modo “nuovo” per il suo tempo, anche rispetto al mondo dei religiosi, giacché la sua vita è stata espressione del suo rapporto con la madre e nel profondo legame con don Alberione, in un’evidente relazione tra il maschile e il femminile, anche rispetto ad una famiglia religiosa, cosa che nel suo tempo non era certamente scontata. Dunque, Maestra Tecla è stata anzitutto una comunicatrice eccellente e una viaggiatrice inesauribile, ma soprattutto una donna innamorata di Cristo.

“Imprestiamo i piedi al Vangelo: che corra e si estenda. Vorrei avere mille vite per dedicarle a questo nobile apostolato”.

È questa Maestra Tecla. Queste parole la raccontano. Parlano della sua sete di comunicare a tutti, anche ai più lontani, la meraviglia della parola di Dio.

Maria Grazia Meloni

A conclusione del post vi consigliamo di cuore il seguente video, un ricordo di sr. Tecla Merlo: Donne nuove sui passi di Tecla

Per conoscere meglio Maestra Tecla Merlo:

“Il mio nome è Tecla”

di Maria Luisa Di Blasi

Paoline Editoriale libri, Milano 2008

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Buona domenica! – V T.O. (Anno B)

«Gli parlarono di lei. Egli si avvicinò
e la fece alzare prendendola per mano»

Dal Vangelo di Marco (Mc 1, 29-39)
V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B

Uscito dalla sinagoga Gesù entra in casa di Pietro, ne guarisce la suocera, accoglie la folla sul calare della sera, poi, di notte, esce a pregare: ecco una delle giornate “tipo” di Gesù. Vi lamentate, come me, di avere poco tempo e di correre da mattina a sera? Non ditelo al Maestro.

GUARITI PER SERVIRE
La suocera di Pietro è febbricitante. La febbre, lo sappiamo, può essere segno di un lieve malanno o di una malattia mortale: qui diventa il simbolo di ogni stato di malessere dell’uomo. Pietro e Andrea vanno da Gesù e gliene parlano. Non chiedono un intervento, né una guarigione: sono il modello del discepolo che fa della preghiera un momento in cui affida al Signore senza imporre la soluzione. E Gesù interviene con garbo, con gentilezza, la prende per mano e la guarisce. La suocera si mette a servire il Signore e i suoi familiari.
Il verbo usato per la guarigione ha a che fare con la resurrezione e il verbo usato successivamente indica un servizio perenne, continuo. I due attributi del discepolo: è un guarito che serve, un risorto che si mette a servizio del Regno. E qui, come più avanti, come il giorno della resurrezione del Signore, è una donna, la parte debole nella cultura ebraica, ad essere guarita e a servire. Siamo stati guariti per servire, siamo risorti per annunciare il Regno, come la suocera di Pietro.

SULLA SOGLIA
La prima scena del vangelo di Marco si svolge nella sinagoga, nel brano di oggi, invece, si svolge in casa, nel capitolo successivo, nuovamente, si rientrerà in sinagoga. Il nuovo luogo dove si incontra Dio e si fa esperienza di lui è la casa, non il tempio. La fede si sveste della solennità e dell’esteriorità, della ritualità per entrare nel quotidiano piccolo e spiccio. Gesù incontra sulla piazza gli abitanti di Cafarnao che diventano l’emblema dell’umanità che anela alla guarigione, esteriore ed interiore, alla salvezza, ad essere sanata. Gesù li accoglie sulla porta, sulla soglia della casa di Pietro.
Così devono fare i discepoli: stare sul confine, come Gesù che inizia il suo ministero a Cafarnao, la città posta sul confine. Il discepolo non può arroccarsi nelle sue posizioni, fare della propria fede una città fortificata impenetrabile.  Il discepolo sta sempre sulla soglia per annunciare il vangelo. Come vorrei che la mia Chiesa stesse di più sulla soglia!

LA FORZA
Da dove prende la sua forza, il Signore? Per riuscire ad accogliere tutti, ad ascoltarli, a guarirli? Da dove prende l’energia per fare della sua vita un annuncio? Dalla preghiera. Da una preghiera lunga e attenta, per discernere la volontà del padre. Una preghiera che stupisce e affascina i discepoli e noi. Una preghiera che non è la lista della spesa da fare a Dio quando le cose non funzionano, ma il dialogo intimo ed intenso di chi si lascia plasmare.
E poiché la giornata è frenetica, Gesù prega di notte. Quando abbiamo troppe cose da fare e non abbiamo più il tempo per pregare, è esattamente quello il momento in cui ritagliarci un tempo per Dio, anche sottraendolo al sonno. Il “segreto” di Gesù è un intimo colloquio col Padre che gli permette di fare della propria vita un dono agli altri.

INOPPORTUNI
Pietro cerca Gesù, ma il verbo usato ha una forte connotazione negativa. Non si mette alla ricerca di Gesù come discepolo, vuole accaparrarlo, possederlo. Il rimprovero fatto a Gesù, quel tutti ti cercano! indica una pretesa: perché se n’è andato da Cafarnao? Non si “possiede” Dio, non si vincola, non si imprigiona. Non ha dove posare il capo, il Maestro, inutile costruirgli una villa con piscina. Se vogliamo, però, possiamo metterci alla sua sequela, da guariti ammalarci della sua stessa passione per l’annuncio del vero volto di Dio.

(PAOLO CURTAZ)

Un blog per conoscere e ricordare sr Tecla Merlo…

Prima Superiora Generale e cofondatrice delle Figlie di San Paolo
20 febbraio 1894 – 5 febbraio 1964

«Buona domenica!» è anche una newsletter che puoi ricevere, ogni settimana, direttamente nella tua casella di posta elettronica: Vangelo, riflessioni, novità in libreria, notizie dalle missioni, iniziative… 
Scrivi a buonadomenica_fsp@yahoo.it e la riceverai…

Preghiamo la Parola – L’eccomi d’amore

Il 5 febbraio 1964 moriva sr. Tecla Merlo, madre e prima superiora generale della nostra Congregazione: le suore Figlie di San Paolo. Ciò che ci lega a questa straordinaria donna del nostro tempo non è solo il suo esserci madre nella fede, ma l’essere stata, per noi, la nostra stessa possibilità di esistere, per averci generato nel suo stesso sì. E Dio proprio nel suo sì ha reso carne un carisma che stava per essere consegnato alla storia, per le mani del beato Giacomo Alberione, e che in un modo o in un altro sarebbe arrivato oggi a noi, interpellando la nostra coscienza, muovendo i nostri desideri, diventando, ancora una volta, vita nella nostra vita. Pregare e lasciare che Dio, attraverso di lei, possa provocare le nostre coscienze cristiane, significa ridare voce ai tanti testimoni del Vangelo che, come lei, hanno creduto nell’impossibile, nell’invisibile, in ciò che solo occhi di fede e cuore unificato in Lui possono sentire e credere. E’ in questo che ci lasciamo scomodare, muovere e spingere in avanti. Sr. Tecla Merlo, nella sua docilità disarmante al Signore, è testimone di una creatività dello Spirito le cui porte possono aprirsi solo per chi crede.

 

Fil 3, 7 – 14

Fratelli, queste cose, che per me erano guadagni, io le ho considerate una perdita a motivo di Cristo. Anzi, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede: perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti. Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo ancora di averla conquistata. So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù.

 

« Facciamoci strumenti di pace. Innanzitutto con la preghiera, ma preghiamo soprattutto con la preghiera vitale, cioè con il lavoro fatto per amore e con la santità della vita. La pace è sempre frutto di carità, di comprensione, di concordia. Preghiamo pure per la pace, ma prima di tutto dobbiamo averla in noi, avere la pace del cuore. Coltiviamola, cercando di avere pensieri, sentimenti e parole di carità per tutti. Che gli angeli come cantarono, sulla grotta di Betlemme “Gloria a Dio e pace agli uomini”, così oggi possano cantare che anche nelle nostre case si cerca la gloria di Dio e vi è pace e serenità. Pratichiamo la carità e l’umiltà. Nelle famiglie cosa c’è di più bello? Chi riesce a essere caritatevole e generoso è sempre in pace: in pace con gli altri e con se stesso. San Paolo scrive nella lettera agli Efesini: “Vivete con umiltà, con dolcezza, con pazienza, sopportandovi a vicenda per amore, e cercando di conservare la pace che vi unisce nello spirito”. Si trova la pace quando si sa compatire, tacere il male degli altri, vedere le cose con occhi limpidi. L’apostolo Paolo dice di imitarlo: “Imitate me”. Io direi di imitarlo nella carità, anzi nelle sfumature della carità. Però per imitarlo nella sfumature bisogna imitarlo soprattutto nelle cose importanti. Sapete quali sono le sfumature della carità? Essere delicati fra noi, trattarsi bene. Le sfumature suppongono che ci sia la carità. Allora imitiamo san Paolo che si faceva tutto a tutti, aveva un cuore delicatissimo verso tutti».

Tecla Merlo, Semi di sapienza


Venite e me tutti! Insieme per pregare la Parola e adorare la presenza Eucaristica del Signore. Questo è il valore delle tracce di preghiera che settimana dopo settimana ci accompagneranno in questo anno liturgico. Offriamo le tracce da scaricare augurandoci di poter costruire tra noi, seppur virtualmente, una comunione di preghiera che ci unisca e ci rafforzi nel credere.
Buon cammino nel Signore Gesù, crocifisso e Risorto!

Chi volesse un sussidio che accompagni la preghiera per ogni tappa dell’anno liturgico, può acquistare nelle librerie paoline Attirerò tutti a me, adorazioni eucaristiche per tutto l’anno liturgico, di sr. Mariangela Tassielli, autrice anche delle tracce di preghiera che ci saranno proposte, ogni settimana.

 


Parabolando… per una fede che diventa vita!

Parabolando
per una fede che diventa vita

INCONTRI DI FORMAZIONE E SPIRITUALITA’
2010-2011
PER GIOVANI DAI 17 AI 30 ANNI

Può avere senso una fede che non sfiora la vita? E può essere amore, quell’amore che non sfiora, non tocca, non si fa sentire, non è percepibile nella vita?
Eppure credere in Gesù Cristo vuol dire credere in un Dio che ama sul serio, che si fa sentire, che non è parco di attenzioni, che non risparmia in generosità. La fede e fiducia in Lui è credere che da lui siamo desiderati, cercati, chiamati per un progetto immenso di felicità. Ma chi può ascoltare? A chi è chiesto di rispondere? E’ possibile una felicità e a che prezzo? Chi può sentire l’amore forte e travolgente di Dio?

Ti proponiamo di vivere insieme a noi, suore paoline e ad altri giovani, alcuni incontri in amicizia, condivisione e preghiera, perchè tu possa scoprire Dio nella vita e, con audacia, percorrere quei sentieri che il Signore Gesù percorre e ti propone.

Entreremo insieme nelle parabole per far risuonare nel cuore la freschezza, vitalità, la radicalità e l’amore smisurato delle sue parole…  parole che saranno nuove per tutti coloro che vorranno ascoltarle.

Ti aspettiamo con molta gioia. Porta amici o fai il passaparola verso chi immagini possa essere interessato.

Gli incontri di formazione e spiritualità si svolgeranno dalle 9.00 alle 17.30 presso la comunità delle suore Paoline di NAPOLI, in viale dei Colli Aminei, 32/A. Il pranzo è a sacco.


Quando:

  1. 17 ottobre – Zaccheo
  2. 28 novembre – La casa sulla roccia
  3. 26 – 30 dicembre a Roma: Tre giorni di spiritualità
  4. 20 – 23 aprile a Roma: triduo in preparazione alla Pasqua
  5. 28 – 29 maggio speciale weekend: evangelizzazione di strada a Salerno

Porta con te:

  • Bibbia e quaderno personale
  • Desiderio di incontrare Dio e tanta curiosità

Per info contatta:

sr. Mariangela Tassielli – 3408404419 m.tassielli@paoline.it
sr. Silvia Mattolini – 3293395223 suorsilvia@ymail.com

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In memoria di lei…

Pensare al mio incontro con Maestra Tecla è ricordare uno dei giorni più intensi e decisivi della mia vita. Da quel 24 luglio ho iniziato a ricordare, a contare i giorni, a dare un senso prezioso a ogni singolo giorno, momento, attimo che passa tra le mie mani. Era il 1991!  Continua a leggere In memoria di lei…

La mia vita e Dio…

Post-gancio: La mia vita e Dio – DOMANDE E RISPOSTE!

Sono una giovane suora paolina. Ci sono poche cose, nella mia vita, che so ma una è certa: il giorno in cui ho incontrato Dio  la mia vita è cambiata… anzi è diventata finalmente VITA!
Di quel giorno e di questa vita mi piacerebbe raccontarvi...

Ci sono giorni, nella nostra vita, impossibili da definire. Raccontarne la loro straordinarietà, la forza d’impatto, i loro sconvolgenti effetti non potrà mai svelarne tutta la loro preziosità.

Era il 23 luglio 1991, avevo 15 anni: era una mattina piena di sole; ero a circa 1300 km da casa mia, per vivere un camposcuola per giovani, in un luogo carico di una vitalità che ancora mi era totalmente sconosciuta. Quello era il giorno, cosiddetto di deserto, uno di quei giorni cioè, in cui a ciascuno di noi era chiesto di vivere in silenzio per lasciar parlare di Dio.
Ma ve lo immaginate?! Lasciar parlare Dio… la sfida mi sembrava importante, audace, ma concretamente come sarebbe mai potuto accadere? Non ero così ingenua o stupida da credere che mi sarebbe apparso un qualche Gabriele… né avrei creduto a una suora, neppure alla più simpatica, che mi si fosse avvicinata per dirmi qualcosa spacciandomela come voce di Dio. Vi assicuro: personalmente mi facevo abbastanza schifo, credevo molto poco in me stessa, non mi piacevo fisicamente, e la sfilza delle cose non belle di me potrebbe continuare, ma l’arguzia non mi è mai mancata e un due più due, anche con Dio, avrei saputo farlo.

Lasciar parlare Dio! Mi piaceva, era una sfida unica, nessuno me ne aveva mai neppure posto la possibilità. Dio nella mia parrocchia era sempre stato in croce o chiuso dietro la porticina del Tabernacolo. L’unico modo che conoscevo per parlargli erano le canzoni che cantavo al coro… ma parlavo io… sempre e solo io…

E allora sì! La sfida mi piaceva e avevo deciso di viverla. Partire allora, ma non senza giuste spinte…

Il giorno prima avevo chiesto una raccomandazione: ho pregato Maria (sempre sotto suggerimento) e le ho chiesto di aiutarmi nell’ascoltare la volontà di Dio, la sua voce, i suoi sogni per me. Ho chiesto di ascoltare fino in fondo, senza mezzi termini.

In quel momento, credevo che la mia vita valesse poco. A casa, per tutti ero la saggia di turno, la studentessa modello, la persona responsabile, timida, precisina, dolce e delicata… miti, solo ed esclusivamente miti costruiti, inconsciamente, per vivere, per sentirmi qualcuno! La mia quotidianità, i miei sogni, la mia rabbia contro una vita che anno dopo anno continuava a togliermi tutto era sempre più forte.

E Dio in tutto questo cosa avrebbe voluto? Cosa avrebbe detto? Lui che di me sapeva tutto e anche di più… Lui come mi avrebbe incontrato?

Quella sera che precedeva il grande giorno, durante quella brevissima preghiera a Maria, tutti questi pensieri, domande, speranze e paure si rincorrevano. Quale sarebbe stata la sua voce? Mi avrebbe mai potuta perdonare per quei desideri, azioni, voglie che solo io e lui conoscevamo? 

23 luglio ore 8.30 si parte!

Dalla casa in cui alloggiavamo per quei 10 formidabili giorni di campo, si partì a piccoli gruppi per raggiungere un piccolo paesino in provincia di Cuneo, Castagnito, quello che poi io avrei ribattezzato come il mio Tabor.

Ore 9.30  la preghiera, la riflessione e poi la possibilità di confessarsi, di parlare con le suore presenti, di pregare, scrivere, riflettere da soli.

Dopo un bel po’ di incertezza mi decisi: andai a confessarmi da qualche parte bisognava pur cominciare. Mi sentivo troppo opaca, troppo lontana e pesante. Avevo bisogno di sentirmi perdonata. Non ricordo le parole del sacerdote, ma in me, come parole incise su una roccia, sono vive ancora oggi tutte le sensazioni provate, le parole ascoltate dal cuore e non pronunciate da un uomo.
Dopo la confessione, mentre aspettavo una mia amica in un piccolo giardino, provai un sussulto al cuore, una sensazione di leggerezza e di pienezza allo stesso tempo. Mi sentivo avvolta, abbracciata, amata, libera di volare, vivere, libera di essere me stessa. Sono parole che non possono descriverne l’intensità. Ma in quel momento altro non provavo se non una straordinaria felicità e gioia che mai, mai in vita mia avevo provato, né mai, fino ad oggi ho rivissuto nella sua forma, così particolare, e certamente propria solo di quel 23 luglio. Era Dio. Quella voce, quella luce nel cuore, quell’amore irrefrenabile e imprevisto era la sua voce: una voce che da quel giorno non mi avrebbe mai più lasciata, se non una sola volta, ma di questo vi racconterò dopo.

Si sa, dopo il Tabor, si deve ritornare a valle, tra la gente, in quella normalità che si aspetta sempre da noi qualcosa e che, spesso, ci prosciuga fino al midollo, tanto da renderci estranei a noi stessi. E con il ritornare a valle iniziò la paura, anzi il terrore vero e proprio.

Come fare perché quella perla che avevo ricevuto non fosse scalfita, scoperta, rubata da nessuno? Come custodire quella voce?

E poi il dubbio… era veramente la sua voce? E se sì, perché proprio a me e con quell’intensità? Dove mi avrebbe portato? Avevo paura, paura, solo paura. Nella mia vita non ho permesso a nessuno, neppure alla paura di bloccarmi… E da allora iniziai il mio piccolo e semplice cammino con due soli obiettivi: impedire che sul Vangelo si poggiasse anche solo un piccolo granello di polvere e fare di tutto per non spegnere quella piccola luce che il Signore aveva appena acceso nella mia vita.

Da quel giorno ho fatto in modo di conoscerlo di più e sempre meglio per parlare agli altri di Lui, per raccontare e gridare al mondo che Dio è gioia, è libertà, è amore infinito, gratuito e incondizionato. La chitarra, la musica, il gioco, la catechesi per i bambini, gli incontri mensili di spiritualità per me: erano tutte modalità per vivere e comunicare la sua presenza nella mia vita.

Ma si sa, ogni strada arriva a un bivio e anche per questa non c’è stata eccezione.

Dio sì, ma fino a che punto?

Avevo ormai più di 17 anni e, come per ogni età, all’amore non si comanda. Ero innamorata, stavo bene, ero felice e desideravo amare ed essere amata come Mariangela. Il cuore batteva, perché non seguirlo?

Così una sera, in uno di quei miei consueti 5 minuti serali dissi a Dio: “Se è vero che tu rispetti la nostra libertà, allora esci dalla mia vita, lasciami vivere libera e serena la mia età, lascia che io ami chi voglio. Va’ via tu e tutte le tue strane idee”.

Era vero! Dio rispetta la libertà. Quella sera uscì dalla mia vita, mi lasciò realmente libera di scegliere qualunque cosa.

Passava il tempo, i mesi e nonostante aumentassero le possibili gratificazioni personali, diminuiva una cosa fondamentale: la pace del cuore. Trovando un amore che mi faceva sentire importante, stavo rischiando di perdere me stessa.

In tutto questo tempo tentai in tutti i modi di mantenere scambi con la suora che mi accompagnava ormai da anni, con il sacerdote con cui mi confrontavo, ma ormai non c’ero più. Non ero più capace di verità neppure con me stessa. Sempre più distrutta dentro, sempre più incapace di alzare gli occhi da terra, sempre più arrabbiata con me stessa, con i miei genitori, con il mondo. Chi ero? Non lo sapevo più.

Poi finalmente una notte… lo ricordo come fosse ieri, decisi di riaprire la porta. Andai in camera mia e con la stessa forza con cui Gli avevo chiesto di uscire, Gli chiesi di rientrare. Lo fece! Non attese oltre… finalmente l’aria era rientrata nei miei polmoni, finalmente Dio, finalmente il coraggio di riconoscere che Lui nella mia vita era importante… al di là di tutto e di tutti!

Ma non tutto era concluso e come per ogni buon cammino di discernimento le difficoltà non sono mancate.
Lui c’era, è vero, ma c’erano anche tutti gli altri con le proprie personali attese.

Il giorno in cui decisi di iniziare quel cammino che mi avrebbe permesso di valutare se Dio da me voleva una speciale consacrazione, mia madre, quasi come se avesse intuito il pericolo, iniziò a ricamare per me un copriletto matrimoniale. Ogni giorno, ogni sera, per un anno lei ricamava, nonostante la stanchezza del giorno; e per me ogni punto di quel ricamo era come una spina nel cuore. Mi sentivo traditrice, sapevo che stavo preparando quello che per i miei genitori sarebbe stato un colpo basso, unico nel suo genere e, per loro, soprattutto inimmaginabile. Era l’anno della maturità e a ogni loro domanda sul mio prossimo futuro io rispondevo senza ombra di dubbio: “Andrò all’università, farò lettere e filosofia. Diventerò giornalista”. In fondo era vero. Altro desiderio in me non c’era se non quello di spendere tutta la vita per far conoscere Dio attraverso la scrittura, la musica, le immagini… Ma la modalità con cui lo avrei fatto non era così scontata. E in fondo non lo era neppure per me. In quel momento sentivo solo di essere chiamata a custodire una perla importante per me e per tutti coloro che, prima o poi, il Signore mi avrebbe chiesto di incontrare.

Il giorno in cui lo avrei detto, anche solo come dubbio, sapevo che si sarebbe scatenato l’inferno… ma per quel giorno, certamente il Signore non mi avrebbe lasciata sola.
E finalmente quel giorno arrivò.

L’ultimo anno di liceo fu decisivo e tante furono le occasioni, situazioni, incontri con il sacerdote e la suora con cui mi confrontavo. Ma la preparazione, l’immaginazione, la presenza stessa di Dio non potè nulla, quel giorno, contro le lacrime di chi, piangendo, mi diceva di essere una persona senza cuore.

Il giorno in cui mia madre finì quel copriletto, mi chiese se stessi pensando di diventare una Figlia di san Paolo (una suora paolina). Senza battere ciglio, ma con il cuore in gola, per quelle che sarebbero state le conseguenze, le risposi di Sì, non avrei potuto mentire. Non in quel momento.

La sua reazione? Da immaginare: lacrime, rabbia, chiusura, sensi di colpa e un’accusa sferrata a Dio: Non ti è bastata Chiara (la mia sorellina morta 6 anni prima a 9 anni) perché tu ora prenda anche Mariangela? Chi sei Dio? Dove sta la tua bontà? Ci hai tolto tutto e adesso ti prendi anche lei!

Mia madre da quel momento per un bel po’ smise di parlarmi. E le uniche cose che riusciva a dirmi erano: “Se ci volessi veramente bene, non andresti”. E a lei facevano eco tutti gli altri: “Sei senza cuore. Senza di te, questa casa, la loro vita sarà morta, pensaci!”

Ci pensavo! Notte e giorno, senza sosta e con le lacrime nel cuore. Non sapevo, non capivo e Dio taceva… Già… taceva!
Proprio in quel momento avrei voluto risentire quelle sensazioni di quel giorno in cui lo incontrai per la prima volta.
Ma ora, a distanza di anni, tutto mi è chiaro. Nelle scelte si deve essere soli, perché nessuno, neppure Dio può scegliere per noi: è il prezzo della libertà vera. Sapevo che la mia risposta non avrebbe avuto altro senso se non nella fiducia, nel credere senza vedere, nel sognare un futuro di cui nulla, neppure uno schizzo sarebbe stato visibile.

Così ancora una volta, proprio quando avevo scelto di dar retta al mio cuore, ai miei genitori, alla mia fragilità, prima di mandare a quarantotto tutto e far finta di aver preso una delle più grosse cantonate, ritornai a Lui per un attimo. Gli dissi: “Parla ora, Signore. Quello che dirai ora sarà la mia vita”. E aprì quel piccolo Vangelo che mi fu consegnato alla fine di quel campo fatto a 15 anni. Incredibile: “Va’ vendi tutto, poi vieni e seguimi”. Queste furono le sue parole. “No, Signore, sarà stata una coincidenza, non puoi chiedermelo, non ora!”: questa la mia reazione. Chiusi quel Vangelo e lo riaprì per seconda volta: “Chi non odia suo padre e sua madre non può essere mio discepolo”. Ma era ancora troppo difficile… Meglio chiudere e riaprire per la terza volta: “Chi mette mano all’aratro e si volge indietro non può essere mio discepolo“. E allora basta… tre volte di seguito non avevano più l’aspetto della coincidenza… mi arresi. La via dell’andare con Lui, dello stare con Lui: questa era la mia via, questa la mia vita.

Due mesi dopo, alla fine dell’estate del 1995 chiesi di poter entrare tra le Figlie di san Paolo e da lì l’inizio di un’altra storia… la mia, quella vera, quella che mi avrebbe fatto sentire la pienezza della vita e di una vita  donata! Storia che costantemente procede tra magnificat e miserere, grazia e peccato, fedeltà e scoraggiamento. Ma so che il mio Signore sta costruendo nella mia vita stupefacenti percorsi di luce.

Se volete sapere qualcosa dei miei genitori, vi basti questo: dopo poco tempo dalla mia entrata in congregazione, il mio direttore spirituale diventò il loro padre spirituale. Iniziarono un cammino di fede straordinario. Prima di morire, circa due anni fa, mia madre ha scritto: “Sicuramente come tutti, anch’io ho un angelo custode, ma io mi sento speciale perché il buon Dio me ne ha assegnati due: uno è in cielo ed è la mia Chiara, l’altro è sulla terra ed è Mariangela“.

Oggi sono una suora paolina, felice, piena, segnata dalla storia di tutti coloro che Dio mi chiede di amare ogni giorno. Non posso dirvi quanti e quali siano stati i miracoli di Dio nella mia vita, ma posso dirvi che la sua promessa di pace e di amore si è pienamente adempiuta per me e per le persone che a causa mia hanno sofferto: “Dimmi solo sì, e ti darò la felicità”.