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I volti dell’amore- Sulle vie del Vangelo/3

Quanti colori avrebbe il vostro mondo?
E quanti volti dovrebbe avere l’amore per essere riconoscibile?

Diciamo e crediamo che Dio è amore, ma la domanda urgente che risuona da ogni cuore umano è: come riconoscerlo? Come vedere Dio amore in azione se ovunque sembra dominare sofferenza, ingiustizia, male, dolore?

Dio può ancora riuscire a rendersi visibile oggi? In Gesù lo ha fatto, ma sono trascorsi ormai più di 2000 anni e per qualcuno è diventato troppo difficile riuscire a ricordare le sue guarigioni, il suo stare con i peccatori, il suo perdonare sempre e comunque.

Ci sono soluzioni per l’oggi? Questo mondo potrebbe più facilmente credere se l’Amore avesse volti in cui manifestarsi… il mondo attende: vuole ascoltare risposte di vita, vuole scoprire i volti dell’amore.

PREPARANDOCI ALLA VIDEO CATECHESI CON: Il mondo che vorrei

VIDEO CATECHESI –  I volti dell’amore

è on line anche:


A chi serve credere?- Sulle vie del Vangelo/2

Ma la fede aiuta?

Le ingiustizie, la morte, il male, non sono state cancellate dalla resurrezione… ma allora a cosa serve credere?

PREPARIAMOCI ALLA VIDEO CATECHESI CON: Perdonami

Cos’è la fede se alla fine tutto resta uguale? A cosa e a chi serve credere?

Noi, Dio e la costante ricerca del sacro; la voglia di sentirci protetti da un oltre o da un altro… la paura di ciò che non conosciamo… eppure credere è molto di più!

Dio non è solo l’oltre rispetto a ciò che viviamo, ma è anche l’altro rispetto a ciò che siamo. Dio e noi: una relazione da ripensare, un’idea su cui ragionare, una soluzione da trovare? Cos’è per noi la fede?

Io credo, ma tu, Signore, mi aiuti a vivere? 

VIDEO CATECHESI –  A chi serve credere?


Luce o notte? Che discepolo sei? – Incontri online/Pasqua 2012_Step8

Alleluia! E’ Pasqua!

Siamo nel grande lungo giorno di Pasqua. Un giorno che si prolunga per un’intera settimana, che riempie di sè 50 giorni e che di fatto è il fondamento della nostra stessa fede.

La Pasqua è tempo segnato dalla gioia, dalla lode. E’ il giorno della nuova creazione, giorno in cui, in Cristo Signore tutto rinasce a vita nuova. Davanti al silenzio di Dio sul Golgota, la Risurrezione è la risposta che l’uomo cercava, che la fede attendeva. La Risurrezione dischiude per noi gli orizzonti di Dio fatti di tempi e di logiche sempre molto distanti dalle nostre, o meglio distanti dall’uomo che non ascolta, non attende, non spera, non si fida.

La Risurrezione svetta davanti a noi come risposta data dal Padre all’umanità segnata dalla croce, dalla solitudine, dalla sofferenza e dalla morte. Nel silenzio di chi sa attendere e precedere l’aurora, si fa chiara la risposta di Dio: “Lui non è qui! E’ Risorto”.

Annuncio dato nel silenzio di chi, pur non comprendendo ha saputo attendere.
Annuncio dato nel silenzio di chi per paura si è allontanato.
Annuncio dato a chi ha scelto il silenzio della notte per nascondersi...

La Risurrezione è vita che spezza ogni catena di morte. Riapre tutti alla relazione con Dio, perchè in Cristo diventa possibilità della vita nuova dello Spirito!

Buon tutto a voi, cari amici, che da questo annuncio si lasciate raggiungere e cambiare. Il Vangelo continui a essere Via per la Vita!

Video catechesi

Come una voce sola davanti a Dio
Preghiera conclusiva

È Pasqua, Signore Gesù!

Alleluia canta il nostro cuore e gioia si diffonde dalle nostre labbra.
Da quel sepolcro segnato dalla morte di ogni speranza, noi vogliamo uscire;
dai sepolcri costruiti dalle tante forme di sfiducia,
di paura, di incertezza noi vogliamo risorgere con te!

Signore Gesù, risorto oggi per noi,
rinnovati dalla tua presenza sappiamo di poter credere
in una vita nuova, piena, profumata di risurrezione,
capace di portare al mondo l’intensa fragranza della vita vera,
sappiamo di poter risplendere come astri luminosi tra i fratelli e sorelle che ti cercano.

Signore Gesù, continui a risorgere in ogni scelta di vita,
che ci rende testimoni credibili del tuo grande amore per questa nostra storia.
Risorgi e ci chiedi di partecipare di quella vita che hai reso nuova,
ci chiedi di condividere con te scelte di gratuità, di dono, di fedeltà.

Signore Gesù, ci sentiamo Chiesa in cammino,
fratelli e sorelle uniti dall’unica fede in te;
sappiamo di aver ricevuto, nella tua Risurrezione,
l’annuncio festoso della vita risorta, della morte definitivamente vinta,
della speranza sempre possibile, di una carità dinamica e creativa, mai stanca.

E oggi, di fronte alla storia c’è il mio Sì.
Il Sì detto da un discepolo al suo maestro,
un sì consapevole della croce e della solitudine,
dell’incomprensione e del peccato.
Sì Signore, a un futuro che non conosco, ma che voglio scegliere di vivere;
sì al mio passato che ha conosciuto infedeltà e peccato,
sì a questo imprevedibile presente che vivo
e in cui ti sento e ti credo Signore Presente,
nelle cui mani scelgo di mettere la mia vita. Amen

Preghiamola tutti costantemente, se possibile ogni giorno. Sia preghiera reciproca in cui, gli uni per gli altri, come fratelli e sorelle nel Signore, invochiamo la sua grazia e benedizione, la sua pace, perchè, percorrendo questo tempo, come Chiesa, radunata nel suo nome, il nostro sia un itinerario interiore capace di portarci nel cuore della nostra fede.

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Sr Mariangela: m.tassielli@paoline.it

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Inoltre se hai meno di 30 anni ti proponiamo il gruppo facebook:

GEP – Giovani Evangelizzatori Paolini

Se desideri vivere momenti di preghiera ti consigliamo il libro: Attirerò tutti a me – Adorazioni eucaristiche per ogni tempo dell’anno. Autore: Suor Mariangela Tassielli – Ed. Paoline

Ti auguriamo buon cammino e buon tutto!

Ti ricordiamo il cammino di incontri online 2012 -2013

Felici di vivere

STEP PRECEDENTI

GP2 GenerAzioni – Guardare a Cristo!

La Croce con Cristo è la grande rivelazione del significato del dolore e del valore che esso ha nella vita e nella storia.

Chi capisce la Croce, chi l’abbraccia, comincia un cammino ben diverso da quello del processo o della contestazione di Dio; in essa trova piuttosto il motivo di una nuova salita a lui, sulla via di Cristo, che è appunto la via Crucis, il cammino della Croce.

La Croce è la prova di un infinito Amore che, proprio in quell’ostia di espiazione e di pacificazione ha collocato il principio della restaurazione universale e specialmente della redenzione umana: redenzione dal peccato, e almeno in radice, dal male, dal dolore e dalla morte.

                         Ma la Croce ci invita a rispondere all’amore con l’amore.

A Dio che per primo ci ha amati, noi possiamo dare a nostra volta il segno della nostra intima partecipazione al suo disegno di salvezza. Noi non sempre riusciamo a scoprire, in questo disegno, il perché dei dolori, che segnano il cammino della nostra vita. Sorretti dalla fede possiamo tuttavia giungere alla certezza che si tratta di un disegno d’amore, nel quale tutta l’immensa gamma delle croci, grandi e piccole, tende a fondersi nell’unica Croce.

La Croce è dunque per noi una garanzia di vita, di risurrezione e di salvezza, perché contiene in sé e partecipa ai credenti la forza rinnovatrice della Redenzione di Cristo.
In essa, secondo san Paolo, è una realtà già acquisita anche la futura risurrezione e glorificazione celeste, che sarà nella eternità la manifestazione gloriosa della vittoria riportata da Cristo con la sua Passione e Morte.

E noi, con l’esperienza del nostro quotidiano dolore, siamo chiamati a partecipare a questo mistero che è, sì, di passione, ma anche di gloria.

Tratto dal libro
Il Vangelo di Giovanni Paolo II

Buona domenica! – IV di Quaresima (laetare) – Anno B

«Per grazia siete salvati»

Dalla lettera di S. Paolo Apostolo agli Efesìni (Ef 2, 4-10)
IV DOMENICA DI QUARESIMA  (laetare) – Anno B

Quanto è difficile convertirsi! E credere nel Dio di Gesù! Quanto è difficile scegliere da che parte stare, nella vita, sempre strattonati tra le troppe cose da fare, inquieti e rassegnati, travolti dalle mille preoccupazioni.
Ci è necessario il deserto, anche se minuscolo, anche se duramente conquistato ritagliando qualche minuto alle nostre giornate. Eppure abbiamo bisogno di tornare all’essenziale, proprio ora che le difficoltà crescono e la tentazione della sfiducia, anche nella Chiesa, diventa incombente. Tenendo fisso lo sguardo sulla bellezza di Dio, intuita, assaporata, cercata, possiamo ribaltare i banchetti delle nostre approssimative e inconcludenti visioni di Dio per liberare il tempio del nostro cuore (e il tempio che è la Chiesa) da una visione mercanteggiata della fede.
È un percorso lungo, faticoso. Ne sa qualcosa il libro delle Cronache, ne sa qualcosa Nicodemo.

DIO GIUDICE
Ci è connaturale un’orribile visione di Dio. La portiamo nel cuore, nell’inconscio, nel vano tentativo di dare una parvenza di giustizia all’illogica dinamica di questo mondo. Il cammino dell’uomo biblico è irto di difficoltà, di continue conversioni, di ragionamenti che avanzano nelle nebbie. Se Dio è buono, si chiede la Bibbia, da dove deriva il dolore? In particolare, nel brano di oggi, l’autore ancora cerca una risposta alla brutale distruzione del tempio e alla successiva prigionia in Babilonia. Ed ecco la drammatica risposta: l’esilio è stata una punizione per non avere rispettato il ciclo sabbatico della natura: un anno ogni sette, per lasciare la terra al suo riposo. Dio, giudice giusto, ha ascoltato la lamentela del Creato: i settant’anni di esilio forzato del popolo ha ridato fiato alla natura. È una visione semplicistica, eppure efficace: Dio punisce il peccato del popolo. Ma già nell’Antico Testamento si è approfondito il tema capendo che non è Dio a punire, ma il peccato stesso. Il peccato è male perché ci fa del male, il peccato distrugge, non Dio!
Eppure quanto connaturale ci è una visione così stringente. Come ho avuto più volte occasione di scrivere, se Dio è una carogna, tutto torna. Se, invece, è come lo racconta Gesù, le cose si complicano…

NICODEMO
Gesù parla ad un combattuto Nicodemo che lo raggiunge durante la notte, per non farsi vedere. Ha una reputazione da difendere – che diamine! – ma è curioso. Lui è un credente, un membro del Sinedrio, sa bene di Dio e delle sue leggi. Ma non è convinto, cerca un volto di Dio diverso. Gesù gli rivela qualcosa di inatteso e inaudito, ciò che nessuno mai aveva osato immaginare. Gesù gli racconta il pensiero di Dio.

CIO’ CHE DIO VUOLE
Dio non vuole una classe disciplinata di bravi ragazzi che obbediscono sorridendo. Dio vuole persone autentiche che sappiano mettersi in gioco, che accettino di crescere (non sempre questo significa migliorare!), che imparino a distinguere le proprie ombre, da adulti. Gesù è chiarissimo: Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Dio vuole la salvezza, cioè la pienezza di vita per ogni uomo. E, per farlo, per manifestare la serietà del proprio amore, Gesù già parla del dono di sé totale, del mistero della croce. La croce che, come dice san Massimo il confessore, è il giudizio del giudizio.
Davanti alla possibilità di essere dei capolavori o delle fotocopie sbiadite, l’uomo è libero di scegliere. E sono le nostre scelte a giudicarci, possiamo vivere in un prolungato inverno, ostinandoci a dire che non esiste nessuna bella stagione e che, al massimo, noi sappiamo vestirci meglio degli altri.
Quando tutto è grigio è difficile vedere l’ombra dietro di sé. Ma vivere una vita grigia è una non scelta di vita. Dio vuole la nostra salvezza, ad ogni costo. Nessun giudice, nessun preside, nessun vigile. Solo un padre tenerissimo.

MA
Il ragionamento implode. Meglio un Dio che opera la giustizia, altro che. Se Dio è buono perché il dolore innocente? Certo, la sofferenza, spesso, è frutto delle nostre scelte sbagliate o delle nostre fragilità. Ma come può Dio sopportare il dolore del bambino che muore di cancro? Non può.
Gesù, ad un attonito Nicodemo, indica un simbolo, quel serpente di bronzo innalzato da Mosè per guarire gli ebrei morsi dai serpenti. Anche lui, Gesù, sarà innalzato e salverà che volgerà il proprio sguardo verso di lui. Gesù già intravede all’orizzonte la sconfitta del suo ministero, e vuole andare fino in fondo. Dio è disposto a morire per salvare gli uomini, per salvare me. Dio porta su di sé il dolore dell’innocente, lo assume, lo redime, lo salva.
Volgiamo lo sguardo alla croce, in questo deserto, alla misura senza misura dell’amore di Dio.
Ecco, questo è il Dio in cui crediamo.

(PAOLO CURTAZ)

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Buona domenica! – III di Quaresima (Anno B)

«Portate via di qui queste cose
e non fate della casa del Padre mio un mercato!»

Dal Vangelo di Giovanni (Gv 2, 13-25)
III DOMENICA DI QUARESIMA – Anno B

Il tempo di Quaresima ci è donato per fare il punto della situazione. Il rischio reale è quello di essere travolti dalle cose da fare, di non riuscire a dare un senso unitario alle scelte fatte o subite, ad avere un filo che dia un senso allo svolgersi degli eventi. Soprattutto in questo tempo, lo Spirito ci spinge nel deserto per accorgerci degli angeli che ci stanno accanto e che ci servono e per ammansire le fiere della sfiducia e del pessimismo. Siamo invitati a riscoprire la bellezza che abita il mondo, a quella bellezza primigenia ed insuperabile che è il Cristo, splendore del Padre.
Oggi la Parola ci fornisce altre tre indicazioni preziose, che raggiungono il cuore della nostra fede, per prepararci a celebrare il risorto, per aiutarci a risorgere.

SHEMA’
La prima: Ascolta Israele: io sono il Signore che ti ha liberato. Non quello che ti vuol fare tribolare, o che ti manda le malattie, o che si disinteressa di te. Io sono il Dio che ti ha dimostrato mille volte attenzione, premura, affetto.
Le dieci parole date dal Dio liberatore ad Israele liberato sono al cuore della prima riflessione. Le conosciamo tutti, ma le capiamo davvero poco; occorre capirsi bene. Non sono dieci comandamenti, come se si trattasse del regolamento di una scuola, o del Codice della strada. Sono indicazioni, proposte, percorsi. Non è prevista alcuna sanzione e i verbi sono al futuro: non fanno meritare la vita eterna, ma colmano la vita presente indirizzandola verso Dio.
Indicazioni per raggiungere Dio e diventare più uomini. Il Dio che ci ha creato ci offre anche il libretto di istruzioni, una serie di indicazioni semplici per contenere l’ombra che scopriamo dentro di noi, per sanare la paresi del peccato. Dieci parole per vivere. Parole piene di assoluto buon senso, date da un Dio che svela all’uomo il segreto della vita, che gli propone una vita in pienezza, lui che, solo, ci ha creato e sa come funzioniamo. Le dieci parole, brevi e concise per essere mandate a memoria da ogni israelita, sono indicazioni preziose per scoprire il segreto della felicità. Indicando la parte oscura della vita, le dieci parole ci invitano ad essere prudenti, ad evitare i pericoli e gli inganni della realtà, ci svelano che il peccato è male perché ci fa del male. Noi, spesso, accogliamo queste parole come un’antipatica ingerenza dell’Altissimo, forse invidioso della nostra libertà, che ci tarpa le ali con una minuziosa serie di obblighi senza senso. Una visione così distorta del rapporto con Dio rischia di mascherare e rendere grottesco il volto del Dio di Gesù. Purifichiamo il nostro cuore da quest’orrenda visione della Legge, che nella Scrittura è legge di libertà, legge dell’amore, legge di verità e di crescita.

SOLO CRISTO CROCIFISSO
La seconda: la croce di Cristo diventa la tua misura.
Nonostante le indicazioni, nonostante lo sforzo (sereno!) che facciamo per seguire il percorso, a volte viviamo intensi periodi di sofferenza e di stanchezza, di dubbio e di fragilità, come i tempi di crisi che stiamo vivendo. Paolo, scrivendo ai Corinzi, medita a voce alta: egli ha sperimentato la croce come misura dell’assoluto amore di Dio, e ha scoperto che, a volte, l’amore per essere autentico deve essere crocifisso, cioè donato senza misura, come ha fatto Gesù. Nella comunità di Corinto, ci sono persone che vivono in maniera esaltata la nuova fede, piena di carismi e di manifestazioni dello Spirito, e che quasi scordano la croce, argomento imbarazzante. Come biasimarli? Quel Dio appeso non ci mette forse in imbarazzo? Lo vogliamo davvero un Dio perdente, sconfitto, ucciso? La croce è il nuovo punto di riferimento della fede del discepolo e Paolo ammonisce severamente la comunità.

PURIFICARE IL TEMPIO
La terza: libera, purifica il tuo modo di rivolgerti a Dio.
Per Giovanni la purificazione del Tempio è prima di ogni altro gesto, di ogni conversione: si tratta di cacciare i venditori di fumo dal mondo della fede, per svelare le intenzioni profonde che spingono un uomo a cercare Dio; Gesù, annota Giovanni, conosce ogni uomo dentro, non ha bisogno di mediazione o consigli, sa cosa alberga in ogni cuore. E Gesù sa bene che, allora come oggi, esiste un modo di avvicinarsi a Dio che ha a che fare più col mercanteggiare che con la fede.
Perché Gesù se la prende tanto con i mercanti del Tempio? Posso rimanere infastidito dai tanti ninnoli inutili venduti fuori dalle porte di un Santuario, ma non mi scandalizza se qualche devoto vuole portarsi a casa un ricordo del suo pellegrinaggio! Ciò che Gesù contesta radicalmente è la visione soggiacente a questo mercanteggiare: voler comprare dei favori da Dio. Offrire un olocausto, gesto che in origine significava riconoscere la predominanza di Dio su ogni vita, poteva diventare una specie di contratto, di corruzione di pubblico ufficiale: cerco di convincere Dio ad ascoltarmi, gli offro qualcosa che lo possa piegare alla mia volontà… Gesù caccia i venditori e gli animali: non è il luogo del mercato, non è il macello pubblico, Dio non sa che farsene del sangue degli animali.
Anche oggi succede così: partecipiamo a Messe noiosissime, facciamo qualche offerta, pratichiamo faticosamente qualche fioretto con la segreta speranza che Dio possa (finalmente) ascoltarmi. È sempre così distratto, Dio, che si sia dimenticato di me? Non è a un despota da corrompere, né a un potente lunatico che ci rivolgiamo nella preghiera, ma al Dio di Gesù, che sa di cosa hanno bisogno i propri figli! La prima purificazione da fare, è quella di convertire il nostro cuore al Dio di Gesù.
Tre indicazioni semplici per tornare all’essenziale. Buon percorso.

(PAOLO CURTAZ)

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Buona domenica! – I di Quaresima (Anno B)

«Stava con le bestie selvatiche e
gli angeli lo servivano»

Dal Vangelo di Marco (Mc 1, 12-15)
I DOMENICA DI QUARESIMA – Anno B

Via le maschere, adesso! Quelle di Carnevale, certo, ma soprattutto quelle che indossiamo sempre. E’ iniziata la Quaresima, il tempo che ogni anno ci viene donato per tornare all’essenziale, per tornare a noi stessi, per fare in modo che l’anima ci raggiunga, per incontrare Dio. Lo desideriamo, certo, ma sappiamo bene quanto sia difficile conservare la fede, fare del Vangelo il metro di giudizio della nostra vita, restare in intimità con noi stessi. Questo tempo di essenzialità ci prepara alla grande festa della Pasqua e dobbiamo vegliare finché le tante iniziative proposte dalle parrocchie in queste settimane non ci giungano abitudinarie e fiacche. Non lasciamo la maschera che indossiamo per indossare la maschera del penitente pensando, così, di far piacere a Dio. Il problema non è mangiare il prosciutto di venerdì, o mettere da parte dei soldi per le missioni, né fare le facce da mortificati, ma vivificare la nostra fede. Come Gesù è entrato nel deserto per decidere come affrontare la sua missione, così anche noi entriamo del deserto per mettere a fuoco le scelte che vogliamo fare. Certo: leggendo il vangelo di Marco si resta piuttosto delusi: l’evangelista sintetizza le tentazioni di Gesù in due soli versetti, senza entrare nel dettaglio. Ma stiamo imparando a diffidare dell’apparente semplificazione di Marco. Le sfumature che contraddistinguono il suo racconto sono un universo da scoprire.

LO SPIRITO
È lo Spirito che spinge Gesù nel deserto per soddisfare il suo desiderio di verità, di preghiera, di silenzio. Lo abbiamo già incontrato, di notte, da solo, a pregare il Padre, il Maestro.  Ora lo ritroviamo per un lungo periodo a concentrarsi solo sul suo rapporto con Dio. Avessimo il coraggio anche noi di imparare il silenzio! Di scoprire una preghiera fatta di ascolto! Di osare, sospinti dallo Spirito, qualche giorno all’anno da dedicare allo spirito! Avessimo anche noi il coraggio di ridire al nostro cristianesimo tiepido che lo Spirito ci spinge! Che ci obbliga all’interiorità!
Per quaranta giorni Gesù resta nel deserto, tentato da satana. Non è una parentesi nella sua vita: i quaranta giorni, nel cammino dell’Esodo, indicando una generazione, cioè una vita.  Per tutta la vita Gesù ha voluto stare in contatto intimo con Dio, nel deserto del suo cuore.  Per tutta la vita Gesù ha combattuto contro colui che divide, contro l’avversario, il satana. Il termine usato da Marco, uno dei tanti a sua disposizione, non indica, in questo caso, la personificazione del male, ma lo spirito maligno, l’avversario, il divisore. La parte oscura della realtà che ci mette a dura prova, continuamente. Esiste il male e ci porta alla paralisi, come dicevamo domenica scorsa. Esiste ed agisce continuamente nelle nostre vite. Siamo liberi ed è impegnativo scegliere la parte luminosa della realtà, quella che proviene da Dio. Anche noi a volte abbiamo l’impressione di essere sempre in battaglia.  È consolante sapere che anche Gesù ha vissuto così. E ha vinto.

FIERE E ANGELI
Fiere e angeli lo servono. Che significa? Gli esegeti danno due spiegazioni, scegliete voi quella che vi convince di più. Forse Marco sostiene che Gesù sta creando una nuova realtà. L’uomo che vive in armonia con il creato, con le bestie feroci, richiama lo stato iniziale di Adamo. Come a dire: Gesù è il nuovo Adamo.  Ma, aggiungo io da birichino, come a dire che nel deserto il Maestro ritrova l’armonia primigenia, e anche noi. Cosa altro dobbiamo sentirci dire per riappropriarci del silenzio e della preghiera? Forse Marco si riferisce alle fiere della profezia di Daniele: lì indicavano le grandi potenze straniere dell’epoca, qui indica i poteri contro cui Gesù deve fare i conti (Roma, il sinedrio, i farisei…) ma, anche, i poteri che riconoscono la supremazia del Signore.
La nostra vita è come un tessuto: la trama siamo noi a disegnarla, ma deve essere necessariamente intrecciata con l’ordito. La sensazione che la nostra vita non vada da nessuna parte ci deriva, forse, dal fatto che ci illudiamo di intessere una stoffa senza un ordito a cui appoggiare le nostre trame. Gli angeli, in questo caso, indicano le tante presenze che Gesù, e noi, incontriamo nel nostro percorso di fede e che ci riportano verso Dio. Un amico, un prete, un evento, un libro possono diventare angeli che ci aiutano a superare le tentazioni.

GALILEA
Marco è l’unico che lega la fine del deserto con l’inizio della predicazione in Galilea. Non entriamo nel deserto per restarci, non costruiamo un mondo a parte, ma il superamento della tentazione e il ritorno all’armonia iniziale, conseguiti grazie all’aiuto dei tanti inviati con cui Dio accompagna il nostro cammino ci spingono a diventare testimoni. Credibili.
Buona Quaresima, cercatori di Dio, lasciamo che lo Spirito ci spinga nel deserto.

(PAOLO CURTAZ)

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Buona domenica! – Mercoledì delle Ceneri

«Laceratevi il cuore e non le vesti»

Dal libro del profeta Gioèle (Gl 2, 12-18)
MERCOLEDI DELLE CENERI

Se in questo Mercoledì delle Ceneri qualcuno si presentasse in mezzo a noi girando per le strade, nei luoghi di lavoro e di studio con gli abiti strappati, seminudo e lacero, è molto probabile che qualche pietosa e anonima telefonata lo farebbe velocemente prelevare e ricoverare in qualche casa di cura. Se ci capitasse di vedere qualcuno impegnato a far rimanere visibile sulla fronte per tutta la durata della Quaresima la cenere ricevuta durante la Messa del mercoledì, scuoteremmo la testa disgustati dall’inutilità e dall’ostentazione del suo gesto.
È ovvio che non ci occorrono spiegazioni complicate per chiarire che cosa intende il profeta Gioèle quando esorta: “Laceratevi il cuore e non le vesti”. Il simbolo delle vesti strappate e del cuore lacerato è così chiaro ed eloquente che per capirlo non c’è bisogno di aver studiato né l’ebraico né le figure stilistiche del linguaggio biblico. L’immagine del cuore lacerato fa subito intuire che siamo di fronte ad una decisione seria in merito ad un cambiamento di vita radicale e che non si tratta solo di un gesto esterno limitato ad un determinato periodo di tempo.  Quanti propositi quaresimali, però, sono davvero un ritorno radicale al Signore misericordioso e pietoso e quanti invece solo un esteriore strapparsi le vesti che – passati i quaranta noiosi e tetri giorni – vengono di nuovo ricucite come se niente fosse?

(ANNA MATIKOVA, fsp)

Per riflettere con la Chiesa…

Messaggio di Benedetto XVI per la Quaresima 2012
(clikka e scarica)

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Buona domenica! – VII T.O. (Anno B)

«Che cosa è più facile: dire al paralitico
“Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire
“Àlzati, prendi la tua barella e cammina”?»

Dal Vangelo di Marco (Mc 2, 1-12)
VII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B

Il lebbroso, domenica scorsa, ha chiesto di essere purificato e Gesù lo ha esaudito. La lebbra, dicevamo, è la malattia della solitudine, dell’assenza di contatto fisico, del senso di colpa. L’evolversi della malattia corre parallelo all’evolversi dell’abisso morale in cui si cade: i lebbrosi erano convinti, come l’approssimativa visione di Dio lasciava intendere, di essere puniti per qualche colpa nascosta. Non c’era compassione verso i lebbrosi, né verso gli ammalati, in genere. La compassione è un sentimento entrato nel mondo religioso da quando un falegname di Galilea si è identificato con gli ammalati.
Oggi incontriamo nuovamente un ammalato, un paralitico. E Gesù lo libera dai suoi peccati e, davanti allo scetticismo degli scribi, lo guarisce fuori, dopo averlo guarito dentro. Non lo guarisce subito, la chiassosa testimonianza del lebbroso ha messo a dura prova il Maestro che non vuole essere scambiato per un guaritore. Lo guarisce quando vede i devoti scettici e polemici con la sua pretesa di donare il perdono divino. Sì, c’è una continuità nei due racconti: anche il peccato, in un certo modo, è un lebbra che ti consuma.

DOMANDE
Perché costui parla così? La domanda posta dagli scribi è al centro del racconto, il punto focale della narrazione, secondo gli esegeti. È la domanda che si pone il discepolo davanti a quest’uomo che pretende di liberare il paralitico dal peccato. Hanno ragione gli scribi scettici: solo Dio può liberare dai peccati. Se Gesù libera il paralitico dal suo peccato, e conferma questa liberazione con la guarigione, allora la sua identità crea problema.
Tutto il vangelo di Marco ruota intorno a questa domanda: chi è veramente il Nazareno? Marco dona la sua testimonianza: il titolo che usa, figlio dell’uomo, il più usato nel suo vangelo per indicare Gesù, richiama l’Antico Testamento dove il termine viene usato per indicare un uomo con una prerogativa divina ma anche, in altri casi, come segno di umiltà. Le due cifre del mistero di Gesù: l’umanità e la divinità, sono presenti sin dall’inizio. Ma ci sono molti altri particolari, nel racconto, che ci allargano il cuore.

NOMI E SPAZI
Il racconto definisce l’ammalato semplicemente paralitico. È identificato con la sua malattia, con la tragica conseguenza della sua patologia. La malattia ha invaso ogni suo spazio mentale, al punto da togliergli identità. Identità che Gesù gli restituisce: viene chiamato figlio. Noi non siamo la nostra malattia, le nostre disgrazie, i nostri peccati. Noi siamo anzitutto e per sempre figli.
E anche l’annotazione dello spazio è importante: la folla fa ressa davanti alla casa di Pietro, è accalcata. Quella folla che, due domeniche fa, cercava Gesù per “costringerlo” a tornare, lui che invece vuole andare altrove. Questa chiusura si apre, improvvisamente, quando qualcuno sfonda la terrazza fatta di canne e terra che copre l’abitazione. Il movimento non è più orizzontale, ma verticale. E le cose cambiano: il paralitico, scopertosi figlio, torna a casa sua tenendo in mano la barella, la folla anonima se ne va, lodando Dio, diventando testimone della meraviglia che si sta compiendo. Come sarebbe bello se anche noi la smettessimo di accalcarci intorno alle nostre piccole convinzioni per essere finalmente la Chiesa sognata da Dio!

PECCATO
Oggi non si pecca più, meno male! Per peccare bisogna almeno fare il kamikaze o stuprare i bambini, per il resto sono solo cattive abitudini o innocenti trasgressioni. Forse è una reazione ad una visione incentrata sul peccato di una certa predicazione del passato (tutta da dimostrare, io non c’ero): da “tutto è peccato” a “quasi nulla è peccato” il passo è stato breve ma, ahimè, ci ha fatto perdere l’equilibrio. In un giorno di nebbia tutto è grigio uguale: solo la Parola di Dio può disegnare le ombre della nostra vita. Purtroppo abbiamo ancora un approccio moralistico al peccato, come se peccare fosse trasgredire alla legge di un Dio geloso della nostra libertà che ci mette i paletti nella vita solo per farci tribolare (e tanto). Un approccio adolescenziale: in fondo ci sono persone che vivono peggio di me, cosa vuole Dio dalla mia vita? Nulla, Dio non vuole nulla dalla mia vita. La Scrittura ci svela un Dio che desidera per me la felicità, e sa come ottenerla. È lui che mi ha creato, lui sa come funziono, forse varrebbe la pena di ascoltarlo con maggiore attenzione e serietà…

LIBERI E GUARITI
Le parole che Dio ci dona sono l’indicazione verso un percorso di pienezza, di libertà, di gioia profonda e duratura. Il peccato è male perché ci fa del male, Dio mi ha pensato come un capolavoro, e io mi accontento di essere una fotocopia sbiadita… Il peccato dovrebbe essere la nostra prima preoccupazione, perché c’è in gioco la nostra realizzazione profonda, la nostra verità interiore che Dio conosce e che mi aiuta a scoprire… Non possiamo inventarci i peccati, o farci fare l’esame di coscienza dal mondo contemporaneo (non è vero che non c’è più senso del peccato, c’è, fortissimo, il senso del peccato. Quello degli altri!): è la frequentazione di Cristo che ci porta alla conoscenza del nostro limite, per affidarglielo e trasfigurarlo. È difficile conoscere ciò che è male, il male si presenta sempre come un ipotetico bene per sedurci e ingannarci.
Lasciamoci guarire, dentro e fuori.

(PAOLO CURTAZ)

Per riflettere sorridendo…

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CATECHISTI PARROCCHIALI – Febbraio 2012: AMANTI DELLA VITA

GESÙ CI AMA E CI PERDONA

di Anna Maria D’Angelo

Gesù è venuto a guarirci dal male più grande che è il peccato.
Nessuno può dire: «Sono senza peccato. Non ho bisogno di perdono». Se abbiamo fiducia in Gesù e riconosciamo di essere peccatori, scopriamo che Dio non è lontano da noi e ci dona la sua pace.

«Che male c’è?». La televisione, i giornali, la vita del quartiere presentano comportamenti contrari al rispetto della vita, della verità, delle persone, della proprietà altrui: gesti violenti come del tutto «normali». Nelle relazioni interpersonali vige sempre più la legge del taglione «occhio per occhio, dente per dente». «Che male c’è? Fanno tutti così!».

Con questo percorso intendiamo aiutare i ragazzi a scegliere il bene e a evitare il male, e iniziare, così, la preparazione alla prima confessione.
Nella sala dell’incontro i ragazzi trovano una piccola mongolfiera il cui pallone tocca il soffitto, mentre la navicella è sollevata da terra all’altezza dei ragazzi. Accanto, un mucchio di sassi. Il catechista guida l’osservazione della mongolfiera, fatta per «volare alto»! Ma se è molto pesante, si abbassa fino a terra, e per far provere, si distribuisce a ciascuno dei ragazzi un sasso per deporlo nella mongolfiera.
Si può spiegare il senso della metafora ai ragazzi in questo modo: «Anche noi con le nostre azioni quotidiane siamo un po’ come la mongolfiera: quando facciamo il bene, seguiamo Gesù e ci sentiamo come se andassimo verso il cielo; quando facciamo il male, ci allontaniamo da Gesù e caliamo sempre più giù. Questo è capitato a una donna ai tempi di Gesù. Ce ne parla l’evangelista Giovanni (8, 1-11)».
Il catechista, con lo stile della narrazione, accompagnata da gesti, racconta l’episodio della donna adultera, evidenziando alcuni punti:
• La donna peccatrice è trascinata davanti a Gesù, come davanti al giudice.
• Gesù non risponde alla provocazione degli avversari, ma si mette a scrivere con il dito per terra.
• Gli accusatori, uno a uno, lasciano cadere le pietre e vanno via perché si riconoscono peccatori.
• La peccatrice, riceve lo sguardo misericordioso di Gesù che la chiama «donna» e la perdona, ridonandole la sua dignità di persona capace di amare e di non peccare più.

Si continua l’incontro di catchesi con uesta dinamica: tutti seduti intorno alla mongolfiera (rimasta «a terra», appesantita dai sassi). Accanto, il cartellone dei Comandamenti preparato precedentemente. Sottofondo musicale.
Il catechista dice ai ragazzi: «Aiutiamo la mongolfiera a riprendere il volo».
A questo punto, ogni ragazzo, leggendo il cartellone dei Comandamenti, pensa a un comportamento non buono che vuole eliminare. Spontaneamente, poi, un ragazzo per volta, preleva un sasso dalla mongolfiera, lo presenta al gruppo e dice il cambiamento che vuole realizzare nella sua vita quotidiana. Depone, quindi, il sasso a terra. Tutti cantano l’alleluia oppure un breve ritornello gioioso, mentre il compagno torna al suo posto.
A conclusione si recita questa prehiera:

Caro Gesù, anch’io,
come gli accusatori della donna adultera,
sono sempre pronto a scagliare la pietra
delle mie accuse contro i miei compagni,
appena ricevo uno sgarbo, un torto,
un gesto un po’ violento.
Gesù, aiutaci a guardare il nostro cuore
prima di giudicare gli altri, e di scagliarci contro
con le pietre delle parolacce e dei gesti violenti.
Aiutaci a cambiare le pietre
in gesti sinceri di amicizia e di perdono.
Amen.

Questi e molti altri suggerimenti per la catechesi dei ragazzi nel numero di Febbraio di Catechisti Parrocchiali.

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