Archivi categoria: famiglia

IL RAPPORTO CON LE FAMIGLIE. Qualcosa è cambiato? – CATECHISTI PARROCCHIALI – Maggio 2014

Copertina_Maggio

IL RAPPORTO CON LE FAMIGLIE. Qualcosa è cambiato?

di Franca Feliziani Kannheiser

Siamo ormai al termine dell’anno catechistico e in procinto di fare un bilancio sul rapporto che abbiamo costruito con le famiglie dei bambini con i quali abbiamo condiviso il cammino di catechesi.
È bene chiedersi:
percorso• Rispetto all’inizio dell’anno, c’è una maggior cono scenza delle situazioni familiari dei nostri ragazzi?
• Abbiamo potuto incontrare personalmente alcuni genitori? In quali occasioni?
• È stato possibile realizzare incontri comunitari? Momenti di preghiera?
• Ho l’impressione che ci sia un rapporto più cordiale e collaborativo almeno con alcuni di loro?
• Come è cambiato il mio modo di pensare la famiglia? È aumentata la fiducia nelle risorse che essa può mettere in campo nell’educazione dei figli?
Forse a qualche catechista questa ultima domanda può sembrare fuori luogo, eppure una risposta affermativa ad essa è un importante indicatore che qualcosa nel rapporto «catechista – genitori» sta cambiando, perché uno degli elementi del sistema di comunicazione (catechista) sta modificando il suo atteggiamento e, in questo modo, mette in movimento gli altri elementi del sistema (genitori, bambino). È, infatti, una legge fondamentale della comunicazione che il cambiamento di uno dei protagonisti influisca su quello degli altri.

Avremmo raggiunto un obiettivo veramente importante se insieme, catechisti e genitori, cominciassimo a percepirci come alleati nello stesso compito educativo, coinvolti nella stessa passione per il bene del bambino, nel rispetto dei diversi ruoli.
L’alleanza richiede diverse condizioni come, ad esempio, la condivisione degli obiettivi, un atteggiamento di rispetto nei confronti del lavoro, l’uno dell’altro, la possibilità di scambiarsi impressioni e idee e il fare esperienze insieme.accoglienza
In questo contesto è tempo anche di verificare quanti e quali incontri con la presenza dei genitori è stato possibile realizzare, qual è stata la frequenza e la qualità della partecipazione delle famiglie.
Anche se i risultati ci sembrano inferiori alle aspettative, dobbiamo saper vedere, però, anche i piccoli segnali di cambiamento e rallegrarcene: anche una sola coppia di genitori in più è da festeggiare! In caso di risultati deludenti diventa naturale pensare: «I genitori non sono interessati, né preparati; tempo perso cercare di coinvolgerli».
È un pensiero comprensibile che, però, non possiamo permetterci: la comunità parrocchia le non può fare a meno del coinvolgimento delle famiglie. Si tratta, allora, di valutare attentamente i dettagli di ogni incontro: come sono stati fatti gli inviti, la scelta di orari, temi, relatori… ed essere pronti a pensare nuove strade.

Ciò che distingue in modo sensibile i percorsi di catechesi da altri percorsi educativi scolastici ed extrascolastici è il riferimento costante a una realtà trascendente, più precisamente a quel Dio che Gesù ci ha insegnato a chiamare Padre e che è fonte di ogni paternità famigliae maternità umane. Come sottolinea decisamente il Documento Base, diventare cristiani significa incontrare una persona: Gesù Cristo e, attraverso lui, il Dio relazione, amore, Trinità.
Questo orizzonte di significato determina la funzione e della famiglia e della comunità parrocchiale, coinvolte nel cammino di fede dei bambini: è una funzione di accompagnamento e di affidamento in mani più forti e amorevoli delle proprie, è una funzione di testimonianza. Per svolgere questo compito genitori e catechisti devono trovare nutrimento nella pre ghiera, nel rapporto personale con Dio.

Molti genitori fanno fatica a percorrere la via della preghiera, e alcuni hanno perso (altri, forse, non hanno mai trovato) l’abitudine a pregare insieme. Per tutti il catechismo dei figli può trasformarsi in occasione per imparare a pregare sia personalmente sia comunitariamente.
Per questo motivo i momenti di preghiera, con bambini e famiglie, devono essere particolarmente curati dai catechisti, nella quantità e nella qualità.

Questi e molti altri suggerimenti, nel numero di Maggio 2014 di Catechisti Parrocchiali. 

Per info, abbonamenti e novità:

—> Clikka sull’immagine <—

IL PANE DELL’AMORE FRATERNO – CATECHISTI PARROCCHIALI – Aprile 2014

Copertina_Aprile

IL PANE DELL’AMORE FRATERNO

di Fabrizio Carletti – Mirella Spedito

Il pane è un simbolo biblico molto importante. Già nel mondo ebraico era il padrone di casa a spezzarlo dopo una preghiera e a distribuirlo ai commensali. Lo stesso fa Gesù, dandopane spezzato però nell’Ultima Cena un nuovo significato.
Gesù, infatti, non distribuisce solo pane, ma dona se stesso. Lo spezzare il pane, anche nel pasto quotidiano, ha un doppio significato: è un gesto di condivisione e di unione.
«In virtù del pane condiviso la comunità a tavola diventa una: tutti mangiano dello stesso pane. La condivisione è un gesto di comunanza, di donazione, che rende partecipi della famiglia anche gli ospiti» (Benedetto XVI).
È mangiando dello stesso pane che diveniamo compagni=cumpanis. Questo legame è fondato su Gesù che «ha vinto il mondo e la sua permanente conflittualità, avendolo “pacificato con il sangue della sua croce” (Col 1,20)».
accoglienza
UN PORTAPANE PASQUALE
Per celebrare il valore della fraternità e dell’amicizia con Dio e fra noi, membri della comunità, attraverso il simbolo del pane, proponiamo la realizzazione di un semplice portapane domestico.
Questo simbolo da tenere nell’aula di catechesi, e nelle case di bambini e ragazzi, sarà strumento per richiamare il valore della comunione fraterna, fondata sull’amore di Dio che, in Gesù, si è donato e si dona per noi. Come ci esorta Papa Francesco in Evangelii gaudium: «Non lasciamoci rubare l’ideale dell’amore fraterno!»

fraternitàMateriale: un foglio di cartoncino A4, forbici den tellate (facoltative), matita, matite colorate, nastrino o cordoncino m 2, punteruolo per bucare il cartoncino negli angoli e far passare il nastrino o il cordoncino.

Al lavoro
1. Fotocopiate su cartoncino il disegno di Gesù Risorto;
2. colorate il disegno con le matite colorate;
3. rifinite, se volete, i bordi del cartoncino con le forbici dentellate;
4. ripiegate all’interno, per circa 4 cm, i bordi del cartoncino;
5. unite gli angoli all’altezza dei ripieghi;
6. forate con un punteruolo (o con altro che può servire al caso) a non meno di 1 cm dal bordo superiore;
7. fate passare attraverso i fori il nastrino o il cordoncino (dopo averlo diviso in 4 parti) e annodatelo, formando un fiocchetto.
Il cestino è pronto per contenere il pane.

Questi e molti altri suggerimenti, nel numero di Aprile 2014 di Catechisti Parrocchiali. 

Per info, abbonamenti e novità:

—> Clikka sull’immagine <—

DUE MEDICINE ANTI-CRISI – DOSSIER RAGAZZI & DINTORNI – Aprile 2014

Dossier_Aprile copertina

DUE MEDICINE ANTI-CRISI

di Fausto Negri

tristeSecondo le statistiche realizzate nei Paesi occidentali, la malattia del secolo è la depressione. Le ricerche dicono che l’8,5% dei pazienti, che si rivolgono al medico di famiglia, soffre di depressione.
• In Europa la depressione colpisce il 14% della popolazione.
• In Italia ne soffrono il 17% e, ogni anno, si verificano 250 casi in più ogni 10 mila abitanti.
Significativo, a questo proposito, l’aumento dell’uso di farmaci antidepressivi nel nostro Paese: più di 30 milioni di confezioni all’anno.
• Degli adolescenti italiani soffre di depressione il 27,5% fra i 15 e i 17 anni, mentre a livello mondiale ne soffre il 13% della stessa fascia di età.
• Con l’attuale crisi economica i dati sono sempre più allarmanti. I disoccupati nel mondo hanno superato quota 200 milioni e tra questi i suicidi sono cresciuti del 37%, mentre il rischio povertà sta riguardando più di 15 milioni di italiani. Nell’ultimo anno la richiesta di aiuto alla Caritas e nei Servizi pubblici è aumentata del 15-20%. C’è chi protesta e si chiude in casa o, peggio ancora, c’è chi tenta di sanare i conti tramite il gioco o l’alcol.

E allora viene da chiedercitristezza: siamo tristi e senza speranza perché ci stiamo impoverendo, o siamo sempre più poveri perché non abbiamo più speranza?
• La speranza pare sia la grande malata del nostro tempo. Si è passati da una fiducia smisurata a una diffidenza altrettanto estrema nei confronti del futuro. Eppure senza «il principio speranza», che è il lievito della realtà, non c’è avvenire.
• L’essere umano vive di tante piccole speranze umane, ma ha bisogno di una speranza che vada oltre; solo la Speranza con la «S» maiuscola dà fondamento e orizzonte a tutte le altre. Questa grande Speranza può essere solo Dio. Ecco perché la speranza è sempre collegata alla fede, anzi spesso nella Bibbia i due termini sono intercambiabili.
• Se mette Dio a fondamento della vita, la persona trova la giusta collocazione nel mondo: dalla fede è esaltata la sua unicità e irripetibilità, la sua libera responsabilità di custode e coltivatore del creato, insieme però con la sua finitezza e limitatezza. Egli non è né frutto del caso, né «un dio».
gioia e tristezza• Papa Francesco, la domenica delle Palme, ha invitato a non essere mai uomini e donne tristi, a non lasciarsi prendere dallo scoraggiamento. La gioia cristiana, infatti, nasce non dal possedere tante cose, ma «dall’aver incontrato una Persona, Gesù, che è in mezzo a noi; con lui non siamo mai soli, anche nei momenti difficili; lui ci accompagna e ci carica sulle sue spalle: qui sta la nostra gioia, la speranza che dobbiamo portare in questo nostro mondo. E, per favore, non lasciatevi rubare la speranza, quella che ci dà Gesù».

Mentre il clima atmosferico della terra si va sempre più riscaldando, quello dei rapporti fra le persone si va paurosamente raffreddando.
• Il ritorno della cortesia, dell’ascolto, di un sorriso, di un consiglio sarebbe come un’esplosione di primavera. In questo tempo di solitudine e di arroganza si avverte la nostalgia di cose «buone». È significativo che in Italia si celebri il mese della gentilezza e la campagna Salva il saluto.
sperareQualcuno ha scritto che «la vera e provocatoria trasgressione sarebbe, oggi, il ricupero della normalità, del buon gusto, della misura».
• Madre Teresa raccomandava: «Fate che chiunque venga a voi se ne vada sentendosi meglio e più felice. Tutti devono vedere la bontà nel vostro viso, nei vostri occhi, nel vostro sorriso. La gioia traspare dagli occhi, si manifesta quando parliamo e camminiamo. Non può essere racchiusa dentro di noi. Trabocca. La gioia è molto contagiosa».

Questi e molti altri suggerimenti per la catechesi dei ragazzi nel numero di Aprile 2014 di Ragazzi e Dintorni. 

Per info, abbonamenti e novità:

—> Clikka sull’immagine <—

ANCH’IO HO UN PAPÀ? – CATECHISTI PARROCCHIALI – Marzo 2014

catechisti parrocchiali Marzo 2014

ANCH’IO HO UN PAPÀ?

di Franca Feliziani Kannheiser

Tra le situazioni che richiedono al catechista una particolare delicatezza c’è quella della presenza nel proprio gruppo di catechesi di bambini a cui manca una figura genitoriale. Un bambino, che non ha mai conosciuto il suo papà e non ha potuto usufruire di una figura paterna sostitutiva, è molto sensibile a tutti quei riferimenti che, nell’educazione religiosa, rimandano alla figura di Dio Padre. Alcuni bambini, poi,papà possono fare un’esperienza di paternità particolarmente negativa a causa della presenza, in famiglia, di un papà violento o indifferente. Molti catechisti pensano di risolvere la situazione evitando (ma come è possibile?) di parlare esplicitamente di Dio Padre, magari tralasciando quelle pagine del Vangelo, come la parabola del padre misericordioso, che mettono al centro la figura di Dio Padre buono. È evidente che questa non può essere una soluzione né dal punto di vista educativo né catechistico.

Ancora una volta è necessario partire da noi catechisti e dal nostro atteggiamento nei confronti dei bambini che ci sono affidati, che possono vivere realtà familiari complesse e ambivalenti, dolorose e difficili da affrontare. Non è chiudendo gli occhi o ignorandole che aiutiamo i bambini a sostenerle. Partiamo allora dall’ipotesi che nel nostro gruppo ci sia un bambino che non ha mai conosciuto il papà, oppure che lo ha perduto per decesso o perché i genitori si sono separati e il papà è lontano da casa. Casi certamente molto diversi, ma che hanno in comune un’assenza.
È logico pensare che questo bambino non sappia che altri compagni abbiano un papà che vive con loro, li accompagna magari a scuola o al catechismo? Certamente no. Il bambino è ben consapevole di tutto ciò, ma spesso non ha la possibilità di parlarne, di esprimere le sue emozioni, i suoi interrogativi. Quando tocca questo argomento vede magari che la mamma si rattrista, che gli altri adulti assumono un’aria imbarazzata. Ne parla con lui solo qualche compagno, magari per gioco o per ferirlo. Accade così che, per paura di soffrire e di non sapere padrecome contenere la sofferenza del bambino, l’adulto neghi ciò che non si può negare e non svolga la sua funzione genitoriale/educativa che è quella di aiutare il bambino a trovare un senso a ciò che sta vivendo e a scoprire le risorse che possono permettergli di fronteggiare una situazione difficile e complessa, ma che solo se riconosciuta potrà essere integrata nel suo cammino di vita.
È chiaro che questa funzione di supporto deve essere esercitata soprattutto dalla famiglia, ma anche gli altri educatori non possono esimersene quando le circostanze lo rendono necessario. Ma come?

I bambini parlano spontaneamente della loro famiglia, riportano spesso ciò che accade fra le mura domestiche, soprattutto quando quegli avvenimenti li hanno colpiti emotivamente. Il racconto delle proprie esperienze sarà reso più libero se, parlando della famiglia, il catechista dirà che ogni bambino nasce da una mamma e da un papà, ma non tutti vivono con entrambi i genitori e ciò avviene per motivi diversi… Queste situazioni ci fanno pensare… forse ci spaventano o ci rattristano un po’, ma possiamo parlarne insieme… fra amici.

Non ci stancheremo mai di sottolineare che ciò di cui ha bisogno il bambino non è qualcuno che dia risposte chiare e definitive, ma qualcuno che lo ascolti amorosamente e che gli permetta di esprimere i suoi dubbi e le sue sofferenze.
• Il bambino che si sente «contenuto» nelle sue ansie e nelle sue paure diventa capace, tenuto per mano dall’adulto, di dare senso a ciò che sta vivendo e di scoprire, in se stesso e nell’ambiente, le risorse per affrontarlo. Anche il bambino, che ha perso il papà o non lo ha mai conosciuto, può scoprire che vicino a lui ci sono persone (nonni, parenti, ecc.) che si curano di lui come farebbe un papà.papà e figlia
• Se il papà è morto, può essere aiutato a ricordarlo e a sentirlo vicino così da vivere meno la sua morte come un abbandono.
• Se il papà non è più in casa a causa della separazione o del divorzio, sarà per lui importante sentirsi dire che un papà è per sempre… I genitori non divorziano mai dai loro figli.

Anche Gesù, quando parlava di Dio, si rivolgeva a persone che facevano esperienze diverse di paternità, sicuramente alcune anche negative.
• Gesù, però, non si stanca mai di usare la parola«padre», anzi «abba», «papà», per riferirsi a lui. Questa parola, sebbene richiami l’immagine di un padre terreno, non si appiattisce su di essa, ma rivela un’Alterità.
• Il Padre di cui parla Gesù è come un padre che… e da qui si spiega la narrazione della parabola che presenta un padre diverso da quelli umani… Ecco allora che, partendo dal cuore dell’esperienza umana, Gesù la trascende e addita la novità del rapporto che Dio stabilisce con noi, un rapporto che apre nuovi orizzonti anche ai legami che ci uniscono.
• La novità della paternità di Dio nei nostri riguardi è così radicale che Gesù giungerà a comandare di non chiamare nessuno padre, perché: «Solo Dio è vostro Padre». Queste pa role, ben lontane dal negare la validità dei rapporti umani, offrono loro un modello. Come scrive Benedetto XVI: «Il Padre nostro non proietta un’immagine umana nel cielo, ma a partire dal cielo – da Gesù – ci mostra come dovremmo e come possiamo diventare uomini».

Questi e molti altri suggerimenti, nel numero di Marzo 2014 di Catechisti Parrocchiali. 

Per info, abbonamenti e novità:

—> Clikka sull’immagine <—

IL TALENTO DELL’EDUCATORE – CATECHISTI PARROCCHIALI – Febbraio 2014

Catechisti Feb14

IL TALENTO DELL’EDUCATORE

di Emilio Salvatore

Il padrone della parabola, che dona i talenti prima della sua assenza, mette in atto una sorta di fiducia piena nei servi. Consegnando a ciascuno, «nella misura delle sue possibilità», una somma ingente di danaro, costituisce il servo come persona responsabile ossia capace di corrispondere alla fiducia del proprio Signore.educatore
Tutti i padri della Chiesa hanno visto in questa figura, assente fisicamente nella sua comunità, l’immagine del Signore Risorto.

Il Signore, anche se non è più fisicamente presente, ha distribuito alla Chiesa i suoi doni. È importante riflettere sulla natura di questi doni.
• Ogni dono crea un legame tra il donatore e il destinatario; suscita un processo di rivelazione di ognuno a se stesso, disvelando possibilità inedite. Il dono è sempre educativo in quanto dice qualcosa di chi lo dona, ma soprattutto investe chi lo riceve di una serie di input: cosa mi rivela del mio Signore? Cosa farò di questo dono?
• I doni del Signore non sono soltanto quelli di natura per cui la parabola, nel corso della storia dell’interpretazione, è servita molto anche sul piano psicologico a provocare un processo di crescita personale, ma soprattutto i doni dati al singolo per il servizio della comunità.
educatore_1• È attraverso il servizio che i servi della parabola sono chiamati al successo. Tutto questo è la regola della comunità cristiana. Oggi, spesso, proprio facendo leva sulle capacità personali, il talento diventa una sorta di requisito per il successo sulla base di istanze meramente esteriori: la bellezza (per le veline); l’abilità fisica (per gli atleti); le risorse imprenditoriali (per i manager).
• Una visione dei talenti, basata solamente sull’elemento naturale, risulta connotata da una sorta di fatalistica predisposizione, per alcuni, o a una forza di slancio prometeico, per altri.
I talenti della parabola, al contrario, sono doni diversificati, che sembrano inglobare capacità naturali e anche doni di grazia, di indole spirituale.

Il ritorno del padrone, che sembra essere collegato con la venuta del Signore, alla fine dei tempi, comporta un giudizio. Nel giudizio è implicata sempre «un’immagine» di colui che esprime il giudizio (Chi è? Quale autorità ha per giudicare?): molto severa nella parabola; e anche «un’immagine» di coloro che sono «giudicati» (Cosa hanno fatto per meritare tale giudizio?). I primi si rivelano buoni e saggi, il terzo pigro e infedele.
• Il giudizio non dipende soltanto da un’adesione a standard esteriori, ma è conseguenza dell’agire e, quindi, del cammino educativo di ciascuno dei servi.lavoro-educatori
– I primi due sono usciti dalla logica autoreferenziale, mettendosi in gioco, facendo fruttificare i talenti.
– Il terzo è restato nella paura per se stesso e per la propria vita, chiudendosi in una sorta di legittima difesa dalle eventuali sanzioni del padrone.
• Il coraggio dei primi due, con il giudizio positivo, è direttamente proporzionato alla sintonia con il proprio Signore. Il vero premio consiste, come dice bene il testo, in una partecipazione alla gioia di lui.
• Il rendiconto, il giudizio, oggi così poco avvertito anche nelle nostre comunità, appare una sorta di realtà, o troppo lontana e, quindi, da snobbare, oppure troppo forte e di cui avere paura.
• È, invece, il continuo richiamo ad essere fedeli al dono ricevuto.
La logica della minimum tax per Gesù non serve, non aiuta a crescere né noi stessi, né la comunità ecclesiale sulle orme del Vangelo.

Ogni educatore è, da una parte, una persona che ha ricevuto personalmente tanti doni. Nella misura in cui egli è grato per essi, riesce a infondere gratitudine nei soggetti a lui affidati; nella misura Animatoriin cui li mette in circolazione intorno a sé, diventa talent-scout, ossia persona capace di suscitare valorizzazione e riconsegna dei talenti agli altri.
Nella Chiesa, in passato, erano tante le persone dotate di questa coscienza, oggi sono sempre di meno, non perché non abbiano questi doni dal Signore, ma perché la pigrizia invade anche gli educatori, rendendoli spesso incapaci di dare di più, di offrirsi con amore.

DOMANDIAMOCI…
• La nostra visione della famiglia e della Chiesa è improntata al conseguimento di un successo effimero e di apparenza, oppure di quello vero?
• Ci attiviamo per corrispondere ai doni che il Signore ci ha fatto, riconsegnandoli nel vissuto a parenti, amici, fratelli, sorelle, agli uomini e alle donne che incontriamo sul nostro cammino.

Questi e molti altri suggerimenti, nel numero di Febbraio 2014 di Catechisti Parrocchiali. 

Per info, abbonamenti e novità:

—> Clikka sull’immagine <—

UNA COMUNITÀ, NON UN TALENT SHOW – CATECHISTI PARROCCHIALI – Febbraio 2014

Catechisti Feb14

UNA COMUNITÀ,
NON UN TALENT SHOW

di Fabrizio Carletti – Mirella Spedito

In tv sono di moda i talent show, spettacoli dove una giuria giudica i partecipanti per selezionare quelli che hanno talento e scartare gli altri. Diversa è una comunità: essa non seleziona i pochissimi che hanno talento, ma opera per far emergere ed esprimere i talenti che Dio hatalenti donato a ognuno, in vista del bene comune. Il problema nasce se non si mettono i talenti a disposizione degli altri; solo condividendoli, le persone possono realizzare pienamente il proprio essere cristiani e sperimentarne la gioia.

Il percorso di iniziazione cristiana è un tirocinio, un allenamento per configurarci sempre più a Gesù. L’allenamento richiede costanza, disciplina interiore, il mettersi alla prova. La proposta di questo mese richiede ai bambini (ed eventualmente ai loro genitori) di allenarsi quotidianamente ad assumere comportamenti cristiani.

TALENTI DA IMPEGNARE E COSTRUIRE!!!     Continua a leggere UNA COMUNITÀ, NON UN TALENT SHOW – CATECHISTI PARROCCHIALI – Febbraio 2014

VISITA AGLI INFERMI – DOSSIER RAGAZZI & DINTORNI Febbraio 2014

Dossier Feb14

VISITA AGLI INFERMI

di Tonino Lasconi

Proporre il visitare gli infermi ai bambini e ai ragazzi, può sembrare azzardato e inopportuno, dal momento che non possono entrare negli ospedali e, a volte, i genitori li tengono lontani anche dai nonni malati. Rinunciamo? No. Li educhiamo. Guarda caso! Ci aiutano le visite agli infermi di Gesù.

1. La donna curva che «non riusciva in nessun modo a stare dritta».
ammalati

Sono i compagni affetti da forte timidezza, dovuta al carattere o a una con dizione familiare, economica e sociale che li rende impacciati, e incapaci di difendersi da prese in giro e cattiverie dei compagni.
• Visitarli significa non prendere parte alle prese in giro e alle cattiverie dei bulletti; non escluderli da giochi e amicizie; e, per i più coraggiosi, prendere le loro difese.

2. L’uomo con una mano paralizzata.      Continua a leggere VISITA AGLI INFERMI – DOSSIER RAGAZZI & DINTORNI Febbraio 2014

UNA COMUNITÀ ATTENTA AI «PICCOLI». Con le opere e la preghiera – CATECHISTI PARROCCHIALI – Gennaio 2014

Catechisti Gennaio 2014

UNA COMUNITÀ ATTENTA AI «PICCOLI». Con le opere e la preghiera

di Fabrizio Carletti

In una comunità ci sono tante persone che hanno bisogno di aiuto e di amore: poveri, ammalati, disoccupati, anziani… La comunità bambiniparrocchiale, se è una famiglia, non può disinteressarsene, ma è chiamata a educare per prendersene cura. Sono costoro «i piccoli», che Gesù incontrava e con i quali amava trascorrere del tempo, in quanto ascoltavano con speranza le sue parole di salvezza.

Gli obiettivi di questo incontro sono:
• individuare le persone bisognose, presenti in comunità;
• esercitarsi negli atteggiamenti di dono, gratuità, attenzione verso i sofferenti, per sviluppare comportamenti di prossimità.

Gesù è venuto per annunciare a tutti una bella notizia: «Il Signore è in mezzo a voi, è venuto a salvare il suo popolo». Ma non tutti lo ascoltano e lo seguono. Fra coloro che lo seguono, ci sono i più poveri, i sofferenti, le persone sole, e Gesù è felice di stare con loro.

Il percorso è da realizzare, nei diversi incontri, durante il mese.       Continua a leggere UNA COMUNITÀ ATTENTA AI «PICCOLI». Con le opere e la preghiera – CATECHISTI PARROCCHIALI – Gennaio 2014

UNA COMUNITÀ CHE CAMMINA AL PASSO DEI «PICCOLI» – CATECHISTI PARROCCHIALI – Gennaio 2014

Catechisti Gennaio 2014

UNA COMUNITÀ CHE CAMMINA AL PASSO DEI «PICCOLI»

di Fabrizio Carletti – Mirella Spedito

In ogni comunità, come al tempo di Gesù, ci sono «i piccoli» bisognosi di aiuto e conforto. Gesù si affianca a loro e invita tutti «gli affaticati e oppressi» a trovare in lui un ristoro alle loro sofferenze. Come cristiani non possiamo non seguire l’esempio di Gesù e sperimentare come la comunitàcarità sia, in realtà, un giogo dolce, leggero, in grado di allenare i nostri cuori a divenire sempre più miti e umili, come Gesù.

Il nostro cuore si plasma realmente non solo se meditiamo o riflettiamo sull’amore di Gesù, ma se mettiamo in atto gesti concreti di amore e di dono. La carità è, prima di tutto, una scuola del cuore, un tirocinio di fede. Del resto, come i sapienti ci hanno insegnato, a lungo termine non sono solo i pensieri a determinare le nostre azioni, ma anche i gesti che compiamo a definire e influenzare i nostri punti di vista. Perciò, in questo mese, proponiamo alle famiglie di compiere un gesto concreto di amo re e donazione verso i più piccoli, per allenare il loro cuore alla carità e a non dimenticare che vicino vivono persone bisognose di aiuto e di conforto.

UN SALVADANAIO PER I “PICCOLI”     Continua a leggere UNA COMUNITÀ CHE CAMMINA AL PASSO DEI «PICCOLI» – CATECHISTI PARROCCHIALI – Gennaio 2014

Buona domenica! – Santa Famiglia – Anno A

famiglia cv«La pace di Cristo regni nei vostri cuori»

Dalla lettera di San Paolo Apostolo ai Colossesi (Col 3,15)
  Solennità della SANTA FAMIGLIA – Anno A

È difficile parlare di famiglia, oggi. Ciò che per tutti, fino a poco tempo fa, era scontato, la famiglia come un uomo e una donna che si si amano, che generano ed educano famiglia ottocentesca cvfigli conducendo una vita comune, oggi è messo radicalmente in discussione. Siamo passati da una visione della famiglia idilliaca, patriarcale, che ruota intorno al focolare domestico alla negazione stessa della famiglia che viene proposta come un fenomeno culturale e, perciò, ampiamente superata da altre forme. Abbiamo raggiunto il paradosso dei paradossi: chi ha una famiglia non la vuole, chi non può averla la pretende. Spesso, troppo spesso, si banalizza e si presente la famiglia secondo il modello cattolico come una specie di macchietta ottocentesca in cui il padre lavora duramente e la moglie si occupa della casa e dei figli. Modello certamente legato ad un periodo storico inevitabilmente superato da molti cambiamenti sociali, dal ruolo della donna, alle pari responsabilità educative. Ma non è questa la proposta cristiana sull’amore di coppia!
Eppure, nel bene e nel male, la famiglia da cui proveniamo, la famiglia che vorremmo formare, labacino cv famiglia che avremmo voluto avere e che non siamo riuscito a realizzare influenzano enormemente la nostra cultura, le nostre aspirazioni, i nostri desideri. La Chiesa, durante questi giorni, sente l’esigenza di riflettere brevemente proprio sul tema della famiglia. Forse non è il momento più indicato, presi come siamo a smaltire il Natale e a prepararci al Capodanno, ma tant’è… E la riflessione che esce dalla Parola di oggi ci indica un percorso nuovo per considerare la famiglia.

LA FAMIGLIA DI DIO    
Fa sorridere che Dio abbia voluto sperimentare l’esperienza familiare. Fa riflettere che, per farlo, abbia scelto una famiglia così anomala e complicata. Stupisce che la Chiesa si ostini a proporre questa famiglia come modello, dove la coppia vive nell’astinenza, il figlio è la presenza del Verbo di Dio, e i coniugi di ritrovano a scappare a causa della improvvida notorietà del neonato… Ma non è nella diversità che vogliamo seguire Maria e Giuseppe, ma nella loro concretezza di coppia che vede la propria vita ribaltata dall’azione di Dio e dal delirio degli uomini, nella loro capacità di mettersi da parte, sul serio, senza ricatti, senza patemi, per inserirsi in un progetto più grande, quello che Dio ha sul mondo.

famiglia profuga cvDURA REALTA’     Continua a leggere Buona domenica! – Santa Famiglia – Anno A