E anche il 2025 è iniziato! È iniziato il Giubileo, si stanno aprendo una dopo l’altra le porte sante a tutte le latitudini… ma onestamente non ho ancora ben capito a che livello è la nostra possibilità di sperare, o meglio, di essere speranza.
L’anno si apre nel segno della Madre di Dio, di colei che ha generato la speranza del mondo, che si è lasciata abitare dalla Speranza fatta persona, storia, evento, incontro. Questo Giubileo dovrebbe attraversarci così, rendendoci capaci di speranza: vasi di creta fragili, ammaccati, usurati, consumati, anche spaccati, ma capaci di contenere speranza, magari anche solo scintille, semi, grani, pulviscoli… ma di speranza.
Non so voi, ma in certi giorni è un’impresa titanica credere nella speranza, perché sembra che tutto vada nel segno opposto. Pochi vogliono sprecare tempo per costruire il nuovo. I più e le più sembrano arrese al già dato, già vissuto. Pochissimi sembrano voler investire energie per generare l’inaudito. E sono davvero rare le persone che pur di costruire insieme l’inatteso sono disposte a portare il peso di domande senza una facile risposta. È difficile trovare chi voglia rischiare di uscire dal seminato di sicurezze, e ancora più difficile è trovarlo in contesti abituati alle tradizioni, al si è sempre fatto così, al “Chi vivrà vedrà”, al contenimento garantito da canoni e regole. Ma in fondo la speranza, quella cristiana, passa da qui: da quella capacità di non arrendersi al già ottenuto, al già raggiunto, al difficile, al complesso, all’impossibile.
Speranza determinata e operosa, creativa nel bene, ma concreta e al tempo stesso delicata, rispettosa, mite. È la Speranza che si fa volto a Betlemme, e che da quel giorno ci raggiunge, ci scomoda, ci fa dormire sonni inquieti perché ci riaffida a noi stessi e alle nostre scelte. E ci affida le une alle altre, le une agli altri come sorelle e fratelli, alla pari, unite e uniti solo da un unico e forte desiderio di bene, il solo e vero criterio che dovrebbe avere diritto di parola.
Tanti auguri, allora, a tutte e tutti noi e buon 2025, anno di speranza, determinata, operosa e creativa! Anno in cui ridare alla Speranza cristiana il suo vero volto.
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Il salvatore nostro Cristo Gesù ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita per mezzo del Vangelo. (Cf. 2Tm 1,10)
«Dio non ha creato la morte». Così inizia la Prima lettura della XIII domenica del Tempo Ordinario. E aggiunge: «e non gode per la rovina dei viventi… Le creature del mondo sono portatrici di salvezza». Quindi, se tutto questo è vero, come la mettiamo? Come possiamo comprendere il senso della morte che pure è un dato di fatto e attraversa il mondo, la creazione e ogni creatura, noi umani inclusi? Se la creazione e le creature sono portatrici di salvezza, come la mettiamo con il male che ci attraversa e che noi stessi generiamo?
Il brano dal libro della Sapienza oggi è straordinario, ci dà una carica pazzesca. Dio, scrive lo scrittore sacro, ci ha fatto a sua immagine, a immagine della sua natura, creati per essere incorruttibili. Come si mette insieme la morte con l’incorruttibilità? Come mettiamo insieme le promesse vere, di fronte alle quali la Sacra Scrittura ci pone, con l’esperienza di corruttibilità, morte, sofferenza, male che viviamo in ogni singolo istante?
Se il libro della Sapienza si apre con un annuncio di vita, il brano dal Vangelo di Marco si apre con due figure di donne attraversate dalla morte. La prima che Gesù incontra – una donna – perde costantemente vita; il suo corpo perdendo sangue non può generarla, non può custodirla, ma può desiderarla. La speranza che la donna sembra non aver perso – o forse recuperato – fa di lei una donna aperta all’impossibile, una persona capace di fiducia. È la sua fede che la porta a rischiare un incontro, e sarà la sua fede ad aprirla a una nuova vita da cui si lascerà attraversare: quella di Dio. La seconda è una bambina. E qui le nostre armi si spuntano completamente. Perché se la straordinaria e intensa bellezza di questa pagina evangelica ci dà speranza, è pur vero che si scontra anche con le infinite volte in cui la fede di padri e madri non sortisce lo stesso effetto.
Eppure quella frase di Gesù alla bambina: «Talità kum», «Fanciulla, alzati!» continua a portare con sé un carico non indifferente di verità. Quello che lui ha chiesto a Giàiro – «… soltanto abbi fede» – e quello che ha detto alla donna – «la tua fede ti ha salvata» – continua a indicarci un senso e un orientamento per affrontare quel quotidiano segnato dalla fragilità e costantemente attraversato dalla morte.
Come mettere insieme allora le due prospettive? Da una parte la vita e dall’altra la morte?
Nel libro della Sapienza possiamo guardare in faccia la nostra vera natura, ciò di cui siamo impastati – e cioè la vita di Dio –, ciò che rappresenta la nostra più vera essenza – vivremo in eterno, siamo fatti di eterno e per questo non possiamo vivere avendo solo la terra come riferimento e come compimento.
Ma il Vangelo ci dice che seppur la terra – cioè quella nostra vita terrena, quello spazio temporale che è corporeità, confine, limite, relazione – può infangarci, ferirci, bloccarci, ucciderci… di fatto noi siamo un di più, in noi vive la vita di Dio, quella che in ogni istante può risollevarci; e nulla – né in noi né fuori di noi – può uccidere o far tacere quella sua voce capace di farci rialzare per vivere.
Noi siamo ricchi, portiamo con noi questa straordinaria ricchezza, per questo non possiamo cedere alla morte, non possiamo consentire al male di determinarci, non possiamo non essere creature portatrici di salvezza. Noi siamo ciò che Gesù è stato. Non possiamo vivere mettendoci sempre e solo dalla parte della donna o della bambina: noi possiamo essere, in forza del battesimo e dello Spirito di Dio che vive in noi, donne e uomini che possono far alzare, sollevare: siamo dei risorti che possono far vivere il mondo.
Forse sarà proprio questo cambio di prospettiva a farci vivere, a renderci madri e padri di futuro, generativi, giusti, capaci di bene.
Dico a te: alzati!
Signore della vita, tu dici: «Alzati!», e qualcosa in me si rompe. Tu dici: «Alzati!», e parti di me cedono. Tu dici: «Alzati!», e vorrei che la tua voce non mi raggiungesse. Ma oggi la tua parola è viva in me, è per me, mi spacca e mi ricostruisce, mi raggiunge e mi risolleva come nuova creazione che ancora una volta può essere portatrice di salvezza, artigiana di bellezza, costruttrice di pace. Dillo ancora una volta alla me addormentata e comodamente assopita. Dillo, Signore, dimmi «Alzati!», perché in te io possa ancora una volta vivere. Amen.
DAL VANGELO DELLA DOMENICA (Mc 5,21-43)
In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno. Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male. E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male». Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.
Che cosa possiamo augurarci reciprocamente se non vita? Sì, vita, perché nulla c’è di più prezioso. Nulla di più scontato.
Auguriamoci reciprocamente vita, quella autentica, quella che fa vivere il mondo attorno a noi e fa vivere anche noi.
Vita è un sorriso benevolo, che sa appianare una fastidiosa tensione. Vita è il perdono dato a chi proprio non ha fatto nulla per meritarlo. Vita è accorgersi di una sofferenza camuffata. Vita è capacità di ricominciare con una ferita ancora sanguinante. Vita è sperare quando tutto sembra capitolare. Vita è rinascere, ogni giorno un tantino in più. Vita è… tutto ciò che uscendo dal nostro cuore, dalle nostre labbra, dalle nostre scelte ci rende migliori e rende migliore il mondo attorno a noi.
Ma qual è la sorgente della vita? E come possiamo seminarne a piene mani?
Come possiamo attraversare la morte senza morire? Come possiamo essere feriti dall’odio e decidere di non odiare? Come possiamo ricominciare a vivere quando nel cuore si è spenta la speranza?
Il 1° gennaio fa risuonare tra noi una solenne benedizione, consegnata da Dio a Mosè, perché fosse proclamata sul popolo. Una benedizione che ha attraversato i secoli fino a oggi, e che si diffonde tra noi alimentando davvero vita.
«Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace»
Questa benedizione non è solo augurio. È, insieme, promessa e compimento. È ciò che Dio per noi promette ed è ciò che su di noi Lui opera. Dio stesso si è fatto in Gesù benedizione. Facendosi carne, ci ha presi in carico. Sposando la nostra stessa fragile natura l’ha resa capace di far germogliare vita. Nascendo, ha rivolto verso di noi il suo volto e ci ha resi per sempre benedetti e amati.
Questa è la sorgente della vita. Questo è ciò che ci permette ogni giorno di diventare VITA! Il nuovo anno si apra con questa certezza nel cuore. E la Madre di Dio, prima seminatrice di vita renda stabile e certo il nostro camminare.
Tanti auguri a tutte e tutti noi e buon 2023!
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È il primo giorno del nuovo anno e credo che non ci sia augurio più grande se non quello che riceviamo dalla prima lettura, dalla benedizione del Libro dei Numeri. Parla, dice Dio a Mosè, parla ad Aronne (tuo fratello) e ai suoi figli, dicendo: «Ti benedica il Signore e ti custodisca. Rivolga verso di te il suo volto. Ti conceda pace. Faccia risplendere per te il suo volto. Ti faccia grazia».
Quanta vita attraversa queste parole, quanta vita zampilla da questa benedizione, quanta vita si sparge attraverso parole piene di bene.
Ecco, questo è quello che auguro a tutti voi e a me: il coraggio e la determinazione di custodire la vita spargendo benedizione. Abbiamo bisogno di essere raggiunti dalla vita vera, autentica, buona; da una vita capace di contenere vita per generarla. Ripeto: contenere la vita, custodire la vita, per generarla.
Maria lo fa e diventa madre, sorella, compagna nella fede feriale, nelle scelte semplici, in quelle apparentemente più banali. Quando tutti si stupiscono, Maria custodisce: custodisce eventi, parole, persone. Custodisce la Vita, quella di Dio, ma custodisce anche le tante vite che sfiora; custodisce la Parola e custodisce le parole. Possa lei insegnarci a farlo. Possa la Madre di Dio, Custode della vita, insegnarci a vivere ogni singolo giorno come custodi di una vita che non ci appartiene, di tante vite che non ci appartengono ma di cui siamo responsabili: la vita del mondo, la vita del nostro pianeta, la vita dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, la nostra vita, la vita che attraversandoci porterà alla luce il futuro.
Possano le nostre parole essere capaci di vita. Possa il nostro silenzio consapevole arrestare parole di morte. Possa la nostra comunicazione allontanare la solitudine e generare spazi di condivisione. Buon anno a tutte e tutti noi!
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Non c’è notte che impedisca al sole di sorgere e non c’è morte che trattenga la vita. E’ la certezza che mi sta accompagnando e che oggi mi consente di dire: «E’ Pasqua». Continua a leggere La vita risorge sempre! Buona Pasqua→
«Vieni, Santo Spirito, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo amore»(Gv 15,26-27; 16,12-15)
Quanta durezza attorno a noi: fame e violenza, povertà e solitudine, disperazione e scoraggiamento… morte!
Ma noi abbiamo bisogno di vita, vogliamo sentire parole di pace, essere raggiunti da gesti di solidarietà, farci stupire da un inaspettato sguardo carico di cura e attenzione. Noi, abbiamo bisogno di un’energia nuova che ci attraversi, che penetri il tempo e lo percorra da più a meno infinito. Abbiamo bisogno di una forza irrefrenabile che ci tiri fuori dalla morte e dalle sue logiche, dalla notte e dai suoi deserti. Continua a leggere Risollevaci, tiraci fuori dalla morte – Buona domenica! – Solennità di Pentecoste – anno B→
Il primo giorno della settimana, Maria di Magdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio. Vide che la pietra era stata tolta da sepolcro.
Pasqua: le pietre di ogni sepolcro vengono rotolate via.
Maria stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?» Continua a leggere Pasqua… vita che rinasce!→