Archivi categoria: testimoni

Buona domenica!

«Uomini di Galilea,
perché state a guardare il cielo?»

Dagli Atti degli Apostoli (At 1,1-11)
ASCENSIONE DEL SIGNORE – Anno A

Una strana festa, quella dell’Ascensione, ammettiamolo. Come i discepoli, anche noi avremmo optato per un’altra soluzione: perché non immaginare uno staterello governato da Gesù in cui rifugiarsi da questo mondo infausto e rissoso? Questa storia di Gesù che se ne va a me proprio non va giù. E invece. Nei Vangeli la Risurrezione, l’Ascensione e la Pentecoste compongono uno stesso quadro, un identico evento. Gesù, risorgendo, è già presso il Padre e dona lo Spirito. Gesù, che siede alla destra del Padre, non è più vincolato dal tempo e dallo spazio e può dire con verità: io sono con voi per sempre. Benvenuti nella logica di Dio.
Il cuore del racconto è la descrizione di una consegna: gli apostoli ricevono il mandato dell’annuncio da parte del Risorto.
L’Ascensione segna l’inizio del tempo della Chiesa. Uffa.
Sono gli angeli a dare la chiave interpretativa dell’evento: non guardate il cielo, guardate in terra, guardate la concretezza dell’annuncio. I discepoli del Risorto sono chiamati ad annunciarlo, finché egli venga, a renderlo presente. La Chiesa, allora, diventa il luogo dell’incontro privilegiato col Risorto, e assolve il suo compito solo quando rende presente il Vangelo.
Diversamente da Luca, Matteo situa l’addio in Galilea, su di un monte. Monte che rappresenta il luogo dell’esperienza divina: solo chi l’ha incontrato può raccontarlo con credibilità.
E in Galilea: il luogo della frontiera, del meticciato, del confine. Ai tempi di Gesù dare del galileo ad una persona era un insulto! La Galilea, però, è anche il luogo dove tutto è iniziato, il luogo dell’incontro, dell’innamoramento: solo attingendo alle esperienze che ci hanno convertito possiamo annunciare con verità il Signore.
Ecco cosa significa non guardare il cielo: partire dalla povertà della mia parrocchia, dal senso di disagio che provo nel vivere in un paese rissoso e partigiano, dall’impressione di vivere alla fine di un Impero che crolla pesantemente sotto un cumulo di verbosità. Qui siamo chiamati a realizzare il Regno, a rendere presente la speranza. Qui, in questa Chiesa fragile, in un mondo fragile. Ma che Dio ama.
Allora non stupisce il dubbio dei discepoli, che è il nostro. Non è una Chiesa muscolosa quella che annuncia con verità, ma autentica e in conversione. Il dubbio è un atteggiamento fondamentale per il credente, essenziale per la crescita. L’ateo è sommerso dai dubbi, il credente li fugge. All’ateo Gesù si propone come verità. Al credente come l’innovatore. E ci rassicura: non siamo soli, egli è con noi.
È iniziato il tempo della Chiesa, fatta di uomini fragili che hanno fatto esperienza di Dio e lo raccontano nella Galilea delle genti. La smettiamo di lamentarci e ci rimbocchiamo le maniche?

(PAOLO CURTAZ)


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Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era digitale
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Buona domenica!

«Pronti sempre a
rispondere
a chiunque vi domandi ragione
della
speranza
che è in voi
»

Dalla prima lettera di San Pietro Apostolo (1Pt 3,15-18)
VI DOMENICA DI PASQUA – Anno A

Viviamo tempi difficili, inutile negarlo. Difficili umanamente, difficili cristianamente. Il futuro è denso di nubi scure e il rischio di vedere sempre e solo il negativo rischia di contagiare anche i cristiani più virtuosi.
Gesù è chiaro: il mondo non lo vede presente, parla di lui come di un grande personaggio del passato, come di un simpatico profeta finito male, come accade a molti profeti; ma i discepoli, afferma il Maestro, continuano a vederlo, lo riconoscono, lo annunciano, lo ascoltano, lo pregano.
Il primo dono che Gesù promette ai discepoli intimoriti è il Paraclito, cioè il soccorritore, l’aiutante, l’intercessore, che ci aiuta a ricordare le parole del Maestro, che ci aiuta a vedere le cose in maniera completa. Di questo abbiamo bisogno, urgente: di un aiuto che ci aiuti a leggere la grande storia e la nostra storia personale alla luce della fede. Le cose che accadono, allora, acquistano una luce diversa, con un orizzonte di riferimento più ampio, una prospettiva di salvezza, di redenzione che Dio realizza in mezzo all’umanità inquieta.
Il soccorso che Dio ci manda è funzionale alla nostra missione: i discepoli che “vedono” Gesù, che si accorgono della sua presenza, sono invitati ad annunciare il nuovo modo di vivere che Dio realizza attraverso la comunità dei salvati, la Chiesa, appunto.
Se è davvero così, allora, la difficoltà diventa straordinaria opportunità, occasione di annuncio, ragione di conversione.
Ne sa qualcosa Filippo che, a causa della persecuzione che si è scatenata contro la primitiva comunità, è fuggito e si ritrova in Samaria, la terra abbandonata, la terra eretica, la sposa infedele che Gesù stesso ha cercato di sedurre e di riconquistare. La fuga diventa luogo per l’annuncio e conversione di nuovi discepoli.
Ad una condizione, come ammonisce Gesù: restare fedeli al comandamento dell’amore, ad ogni costo.
Solo il comandamento dell’amore, in questi tempi, è in grado di perforare la spessa corazza anticristiana e neoclericale che abita la nostra società fintamente cristiana.
Dimorare nell’amore, non scoraggiarsi e approfondire la fede, come suggerisce Pietro. Il nostro cristianesimo occidentale oscilla fra due eccessi ugualmente pericolosi: il ritorno ad un clima di chiusura e di contrapposizione col mondo innalzando inutili barriere nei confronti degli altri ed il rischio di cedere ad un cristianesimo emotivo e popolare, che segue le apparizioni e dimentica il deposito della fede. Davanti alla chiusura e al misticismo semplificato e superstizioso Papa Benedetto propone, come da sempre la Chiesa propone, un’alleanza fra intelligenza e fede, fra conoscenza e spiritualità. Solo con la fatica dello studio, della comprensione dei testi, della preghiera feconda e motivata, della ricerca umile della verità possiamo incrociare le attese dell’uomo contemporaneo alla ricerca di senso. Così, diverremo capaci di rendere ragione della speranza che è in noi.

(PAOLO CURTAZ)


…e per continuare la riflessione puoi scaricare il power-point: Illuminare il mondo

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Buona domenica!

«Verrò di nuovo
e vi prenderò con me,
perché dove sono io
siate anche voi.
E del luogo dove io vado
conoscete la via»

Dal Vangelo di Giovanni (Gv 14,1-12)
V DOMENICA DI PASQUA – Anno A


A Tommaso Gesù indica un percorso, un
a strada. Agli inizi della Chiesa i cristiani erano definiti “quelli della via”, coloro che seguono un cammino. Invece, oggi, molti concepiscono la fede come una casa, un rifugio, un bunker, un pacco di verità inamovibili cui credere. Che buffo!
È dinamico, il cristianesimo, è sempre per strada, colui che segue chi non ha dove posare il capo non può illudersi di essere cristiano una volta per sempre!
E Gesù risponde allo spaesato Tommaso, che ha appena saputo, ma non capito fino in fondo, che il Signore ci precede, va altrove, non ci lascia soli, ma ci invita a rimboccarci le maniche. Per restare fiduciosi, dice Gesù, dobbiamo fidarci di lui che è via, verità e vita.
VIA:
Essere cristiani, a volte lo dimentichiamo, significa seguire Gesù, imitare Gesù, fidarsi di lui. Conoscerlo, anzitutto, e lasciarci amare. Frequentare la sua parola nella meditazione, cercarlo nella preghiera personale e comunitaria, riconoscerlo nel volto del fratello povero. Il cristianesimo è una proposta di cambiamento radicale del nostro modo di vedere il mondo e Dio. E lo facciamo ascoltando e seguendo il Maestro.
In un mondo stracolmo di opinionisti e piccoli leader che urlano gli uni contro gli altri, Gesù indica se stesso come percorso, la porta attraverso cui le pecore possono uscire dai tanti recinti (anche religiosi!) in cui ci hanno rinchiusi.
Diventare cristiani significa amare come Gesù ha amato, seguire la via, che non è un insieme di belle nozioni, ma una persona.
VERITA’:
Gesù è la verità. Verità che esiste e che chiede di essere accolta in un mondo che nega la possibilità stessa che esista una verità (eccetto una: quella che non esiste nessuna verità!), o che riduce la verità a livello di opinione, in un malinteso senso di tolleranza, mettendo tutto e tutti sullo stesso piano, come se la libertà significasse che nulla più è autentico. La verità è evidente, si impone, non ha da convincere. Ma solo un cuore onesto, disincantato, ragionevole è in grado di coglierla.
Ciò che il cercatore di Dio è invitato a fare è mettersi in gioco, fino in fondo, non barare, non impigrirsi ma cercare, restare aperto e disponibile alla crescita intellettuale ed interiore. E, se possibile, dedicare qualche energia alla conoscenza: non se ne può più di un cristianesimo approssimativo e solo emotivo!
VITA:
Chi ha scoperto Gesù nel proprio percorso può affermare con assoluta verità che il Signore gli ha donato la vita.
Anche se la propria vita è acciaccata o dolorante, il discepolo sa che è un gigantesco progetto d’amore quello che si sta manifestando nel nostro mondo.

Proprio ieri ho conosciuto una giovane coppia; lei mi raccontava di essere di madre indiana cattolica, proveniente da un’antichissima comunità che si dice evangelizzata dall’apostolo Tommaso. Sì, proprio Tommaso che, evidentemente, ha finalmente capito cosa significa che Gesù è via, verità e vita. E lo ha raccontato.

(PAOLO CURTAZ)


…e per continuare la riflessione puoi scaricare il power-point: Irripetibili

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Buona domenica!

Cammina davanti ad esse,
e le pecore lo seguono
perchè conoscono la sua voce

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 10,1-10)
IV DOMENICA DI PASQUA -Anno A-

La parola a…
Paolo Curtaz

È risorto, il Maestro.

Lo hanno visto, incontrato, abbracciato. Hanno pianto e riso i discepoli, stupiti, perplessi, scossi.
Ci vuole del tempo per credere, lo sanno, lo sappiamo.
Pietro e Giovanni che corrono al sepolcro, Maria di Magdala che non si stacca dal suo dolore, Tommaso e la sua straziante sofferenza, i discepoli di Emmaus e la loro speranza delusa…
Convertirsi al risorto non è un affare di pochi minuti, non è un percorso per uomini deboli, ma per uomini e donne forti e tenaci.

Li raggiunge, il Maestro, là dove sono, nella condizione in cui sono.
Li raggiunge e li aiuta a superare ogni paura, ogni sofferenza.
Li raggiunge perché li ama, perché vuole per loro salvezza piena, perché li aiuta nello scoprire Dio e nello scoprirsi credenti.
Lo fa perché la loro vita è preziosa al suo sguardo.
Lo fa perché sa dove portarli, dove portarci.
A chi sto veramente a cuore?
Per chi sono veramente prezioso? 
Ecco la novità sconcertante.
L’inattesa rivelazione: a Dio sto a cuore.

…e per riflettere puoi scaricare: Scoprire e seguire la verità

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Buona domenica!

Sono risorto, e sono sempre con te.

Antifona d’ingresso
DOMENICA DI PASQUA
Resurrezione del Signore – Anno A

La parola a…
Paolo Curtaz

Continuiamo a cercare il crocefisso, non ci sono santi.
Pensiamo davvero che Dio ami essere imbalsamato.
Ci crediamo e finiamo con l’adeguare la nostra vita e la nostra pastorale alla tragica logica dell’imbalsamazione.
Come se Dio amasse essere venerato come una mummia. O in un mausoleo.
È pia e devota la fede delle donne che, il giorno dopo il sabato, vanno a completare ciò che non sono riuscite a fare quel tragico venerdì. Cercano il loro Maestro, drammaticamente travolto dagli eventi. Lo cercano con disperazione e rassegnazione. Vogliono restituire una parvenza di dignità a quell’uomo che hanno amato e seguito. Che le ha amate e istruite. Illuse.
Dio è già altrove. Risorto.
Devono allontanarsi dal sepolcro, non vegliarlo. Andarsene altrove, là dove il Signore le aspetta. È risorto, il Nazareno. Non rianimato, né reincarnato (ma dai!), ma splendidamente risorto. Nemmeno sappiamo bene cosa significhi essere risorti, nessuno è mai risorto come lui. Lazzaro è tornato in vita, ma morirà, di nuovo.
Gesù no. È vivo. Splendido. Non un fantasma, non un ectoplasma. È proprio lui: si fa riconoscere attraverso dei segni, mangia con i suoi sbalorditi discepoli.
Gesù è risorto, cercatori di Dio. Che ce ne accorgiamo o meno, che lo crediamo o meno. È risorto. E tutto cambia, ogni cosa assume una luce diversa. Allora il Nazareno non è solo un grande uomo, un rabbi, un profeta. È di più.
Buona Pasqua, discepoli del risorto. Buona Pasqua, voi che avete superato la croce e che seminate speranza e luce. Buona Pasqua anche a chi è rimasto inchiodato al Golgota, come Tommaso, come Pietro. Avremo ancora del tempo per convertirci alla gioia, dopo esserci convertiti alla logica di un Dio che muore per amore. Buona Pasqua, perché se Gesù è risorto dobbiamo cercare le cose di lassù. Lasciare in fretta il sepolcro, perché la morte non è riuscita a custodire la forza immensa della vita di Dio.
Raccontatelo, che Gesù è vivo: pochi lo sanno. Anche i cristiani sembrano esserselo dimenticato. Eppure è tutta in quella tomba la nostra fede.
Lo so bene, è un momento difficile per la nostra Chiesa, per la nostra rissosa e squallida Italia che ha perso l’anima. Perciò dobbiamo risorgere.
E non venitemi a dire che non siete capaci, che nessuno vi ascolta. Quel buontempone di Gesù ha affidato il più prezioso messaggio della storia dell’umanità a donne che non avevo diritto di parlare in pubblico!
Animo, allora. Viviamo da risorti, cerchiamo le cose di lassù.

E se ancora dubitate fatevi un giro a Gerusalemme, in uno dei posti più brutti della cristianità, una basilica sporca e caotica in cui prevalgono le grida dei devoti. In quella basilica è conservata una tomba, quella tomba, straordinariamente vuota.
Da millenni, migliaia di uomini e donne hanno sfidato la morte per andare a vedere quella tomba vuota. Splendidamente vuota.
Buffo: di solito le persone fanno viaggi per venerare un mausoleo che custodisce le spoglie di qualche grande politico, o cantante, o uomo spirituale. I cristiani vanno a vedere una tomba vuota. E questo la dice lunga su quanto siamo anche noi un po’ fuori di testa!
Perché quella tomba vuota ci dice che la morte non ha vinto,
E  NON  VINCE.  MAI.

Parabolando – Speciale missione biblica giovani e Paoline – Messina/5

«Dal 25 al 27 marzo faremo una missione biblica a Messina, il tema sarà incentrato sulla parabola del Seminatore (Mc 4,3-20)». Queste parole ci furono dette, a me e ai giovani che frequentano gli incontri con le Figlie di San Paolo, da suor Silvia e suor Mariangela quasi due mesi fa. Le parole sono diventate realtà e con nel cuore la parabola del Seminatore, la voglia di esercitare il “nostro” carisma e tanta tanta fede, siamo così partiti realmente alla volta della Sicilia.
Il 25 marzo, il gruppo in partenza da Salerno, era formato da Claudia, di Roma, tre ragazze di Napoli, Dalia, Grazia e Margherita, e da me, Iacopo, Maria Rosaria e sr Mariangela di Salerno. La libreria delle Figlie di San Paolo è stato il nostro punto di partenza: abbiamo caricato insieme il pulmino con il materiale apostolico che ci sarebbe servito per la missione e con le nostre valigie e, dopo aver salutato le suore della comunità e aver chiesto e assicurato preghiere, alle 9.00 in punto, siamo partiti. Nel lungo viaggio verso Messina, ci siamo scambiati gli ultimi aggiornamenti per l’evangelizzazione, abbiamo ascoltato i CD con i canti che ci sarebbero serviti per l’animazione con i bambini e abbiamo preparato i rotolini con la Parola di Dio che avremmo distribuito durante quei giorni.
Siamo giunti all’imbarco del traghetto verso le 15.00 e solo allora abbiamo mangiato, ma non si è rivelata un’idea geniale in quanto, anche se il mare era calmo, il breve viaggetto ha procurato comunque qualche problemino di mal di mare! Dal canto mio, mi son sentita già in Sicilia quando la statua della Madonna della Lettera, situata all’entrata del porto di Messina, ci ha salutato da lontano.
Appena sbarcati sull’isola, la prima tappa obbligatoria è stata la Libreria Paoline di Corso Garibaldi. Lì abbiamo conosciuto le suore che vi operano e che ci stavano aspettando. Ho avuto modo di assaggiare, grazie alla loro premura, il mio primo cannolo siciliano DOC!

Rinfrancati dal viaggio, con suor Tommasina e suor Cettina, siamo arrivati alla parrocchia della SS. Annunziata, situata nella zona di Messina chiamata Camaro Inferiore. Li abbiamo conosciuto Padre Nino, il Parroco, il quale ci ha fatto visitare tutta la Chiesa, soffermandosi sulle stanze a nostra disposizione e sulla sala per la catechesi degli adolescenti, Padre Jean Pierre, un prete africano ospite della parrocchia e due seminaristi, Marco e Paolo.
Dopo aver scaricato il pulmino ci siamo preparatiper la Celebrazione Eucaristica delle 18.30. La Chiesa era piena di parrocchiani che hanno pregato con noi e per noi, specialmente nel momento del mandato missionario conferitoci dal parroco. A seguire, ci siamo subito preparati per l’incontro delle 19.40 con gli operatori pastorali, guidato da suor Mariangela, durante il quale abbiamo riflettuto su quanto l’incarnazione non sia prerogativa solo del Natale, in quanto è nella Pasqua che Cristo ha vissuto la sua umanità con tutto il suo dolore. Ci è stata data, inoltre, la possibilità di riflettere, attraverso un video, sul significato dell’amore: essere amati da Cristo al di fuori del tempo reale è solo un’utopia. Come possiamo noi rinnegare il corpo, la carne e il dolore se neppure Cristo in croce l’ha fatto?
Con lo scambio di idee finale, l’incontro è terminato nel migliore dei modi e siamo stati accompagnati presso alcune famiglie che ci hanno ospitato per la cena, tornando subito dopo nella chiesa parrocchiale per la preghiera della sera preparata da suor Cettina.
Al termine siamo stati accompagnati nelle famiglie che ci hanno ospitato per la notte. Ci siamo salutati verso l’una e alle 7.30 eravamo già in Chiesa per la colazione! La vita dei missionari ha sempre tempi mooolto stretti 😉
Alle 8.30 abbiamo animato le Lodi e alle 9.00 la Messa, terminata con l’esposizione del Santissimo: i parrocchiani, infatti, sono rimasti in preghiera davanti a Gesù Eucaristia per accompagnare la nostra evangelizzazione e noi, in contemporanea, abbiamo avuto una catechesi “privata” di suor Mariangela. Alle 11.00 siamo partiti, divisi in tre gruppi, per gli stand dislocati per le vie della parrocchia. Abbiamo distribuito a piene mani i rotolini della Parola di Dio… ricordate quelli che abbiamo fatto durante il viaggio? Ebbene li abbiamo distribuiti ai passanti invitandoli alla Festa della Parola che ci sarebbe stata la sera stessa in Chiesa alle 21.00. Alle 13.00 siamo tornati in parrocchia, abbiamo pranzato a casa dei nostri ospiti e alle 15.00 eravamo nuovamente in parrocchia per l’Adorazione Eucaristica. Alle 16.00 suor Mariangela, Dalia e Grazia hanno animato l’incontro con i bambini dai 5 ai 10 anni, facendoli divertire e preparandoli per la Festa, il resto del gruppo, invece, ha continuato il giro delle strade e delle case della parrocchia, offrendo la Parola di Dio e invitando tutti alla grande Festa della Parola. Alle 18.00 siamo tornati in Chiesa per animare i Vespri e poi ci siamo incontrati tra noi per precisare gli ultimi dettagli della Festa. In venti minuti siamo poi andati nelle famiglie, abbiamo cenato e siamo velocemente ritornati in Chiesa perché alle 21.00 sarebbe iniziata la Festa della Parola. Devo confessarvi che ero molto agitata e forse non me la sono vissuta al massimo, o almeno la prima parte, perché dovevo fare una testimonianza e potete ben capire che non è facile, anche se è bello. Ma procediamo con calma…
La Chiesa alle 21.00 era già piena e Dalia, la nostra coreografa , ha dato inizio alla Festa guidando i bambini in un ballo che ci ha inseriti nel clima della serata.
Dopo aver ricevuto la loro dose di applausi davvero meritati, i bambini più piccoli sono rimasti a cantare davanti all’altare e quelli un po’ più grandicelli hanno “SEMINATO” la Parola. I semi erano dei foglietti con una frase della Bibbia all’interno annodati con un nastrino, praticamente un rotolino gigante! Dal fondo della Chiesa, con un cesto colmo di questi “semi” particolari, sette bambini hanno percorso la navata centrale della chiesa donando i loro semi ai parrocchiani presenti. I bambini del coro, dopo una pausa di stupore – non si aspettavano di vedere i loro compagni “seminare” – hanno terminato con successo il canto del Seminatore intonato e interrotto. Io che ero accanto all’altare, vicina alla loro postazione, li ho visti questi bambini, ed è stato davvero emozionante. Dopo una pioggia di applausi i piccoli cantori si sono accomodati nei primi banchi… mentre io in contemporanea avevo la tremarella perché suor Mariangela mi stava presentando ai fedeli per la mia testimonianza. Terminato questo momento, abbiamo spento le luci iniziato il rito dell’Intronizzazione della Parola. Marco e Paolo, i due seminaristi, aprivano la processione portando due fiaccole, poco dietro loro Iacopo sorreggeva in alto una grande Bibbia dalla quale partivano cinque nastri, uno per ogni continente del mondo, portati ciascuno da una missionaria. Io e suor Tommasina chiudevamo la fila con altre due fiaccole. Al buio, in silenzio, pian piano abbiamo accompagnato la Parola all’altare, sono state accese le candele ai lati della Bibbia e l’incenso ai suoi piedi… proprio come dice il salmo 141 “Come incenso salga a te la mia preghiera”. Sono state riaccese infine tutte le luci ed è stato il momento della testimonianza di Claudia che ha “cantato” (infatti è una cantautrice) il suo incontro con il Signore, il suo rendersi conto di essere amata per quello che è, il suo sentirsi considerata come terreno buono. In quel momento mi sono davvero commossa, ma non potevo piangere perché sapevo che poco dopo la voce mi sarebbe servita per proclamare il brano evangelico che ci ha accompagnato in quei tre giorni.
Il bel momento di Festa e riflessione si è concluso, infine, con una preghiera finale preparata da Maria Rosaria e me. Un breve power-point con la proclamazione della Parola e poi il bacio della stessa, momento anch’esso pieno di significato. Dopo il canto finale ci siamo salutati e, dopo esserci dati appuntamento per il giorno successivo, ci siamo ricongiunti alle “nostre” famiglie per dormire. Prima di riposare però, ognuno di noi ha donato una copia di Il mio nome è Tecla, un libro sulla cofondatrice e Prima Maestra delle Figlie di San Paolo, alle famiglie che ci hanno aperto le case e il cuore. Un piccolo segno di riconoscenza perché non si dimentichino di noi missionari :-P. Il giorno successivo era domenica. Terminata la colazione in parrocchia, alle 8.30 e alle 11.00 le due celebrazioni eucaristiche festive ci hanno visti nuovamente all’opera: alla fine di ogni celebrazione, infatti, abbiamo donato ai fedeli un piccolo depliant con la parabola del Seminatore e una preghiera.
Tra la prima e la seconda Messa, per valorizzare il tempo a nostra disposizione abbiamo realizzato anche un incontro con gli adolescenti della parrocchia. All’inizio erano un po’ chiusi ma suor Mariangela è riuscita a coinvolgerli con una simpatica dinamica che doveva portarli a cercare di capire quale tipo di terreno fossero nella vita di tutti i giorni. Quanto buonumore, positività e quanta vita reale contenevano i biglietti usati per scrivere di che tipo di terra fosse fatto il loro cuore! Bellissimo!! Dopo la celebrazione delle 11.00 abbiamo sistemato il pulmino per il viaggio di ritorno, siamo andati a pranzare con i parrocchiani, ci siamo salutati calorosamente e via… verso casa. All’imbarco, l’ultima a salutarci è stata la Madonnina dorata e così, col cuore colmo di volti, storie, pieno di voglia di portare frutti per il 30, il 60 e il 100%, abbiamo affrontato il viaggio di ritorno.
È stato tutto bello, la comunità parrocchiale ha partecipato ad ogni momento e ci ha fatti sentire di casa. Cosa porto nel mio cuore? La grazia di aver potuto evangelizzare, i volti delle persone che si sono strette attorno a noi con affetto e anche quelli di coloro che hanno rifiutato il nostro annuncio. Tutto quello che ho visto e vissuto lo porto con me in questi giorni durante la preghiera, deponendolo ai piedi di Maria Regina degli Apostoli, conscia che Lei intercederà per tutti noi.

Chiara – Salerno

In breve:

«Vivere una “Missione” per me è sempre un’esperienza dai numerosi interrogativi: quante persone incontreremo? Saranno disposte ad ascoltare? Saremo all’altezza del mandato ricevuto? Cosa ci risponderanno le persone? Che impressione faremo?
Nonostante i tanti punti di domanda, mi sono messa in gioco e ho cercato di vivere pienamente i tre giorni di missione…
Incontri e dinieghi sono andati di pari passo, con alcune persone incontrate c’è stata l’apertura totale all’ascolto e alla voglia di capire il perché della nostra presenza, e dall’altra il rifiuto totale al colloquio…. Due aspetti opposti, ma due parti di una stessa medaglia che hanno ben fotografato la realtà del quartiere Camaro dove si è svolta la missione.

Tanti i ricordi impressi nella memoria e tante le dimostrazioni di affetto ricevuti in così poco tempo.
Alle volte sembra quasi irreale, ma il rapporto che si istaura in questi particolari momenti ha qualcosa di incredibile perché sembra che tutte le persone con le quali c’è stato anche solo per pochi secondi uno scambio di sguardi, sappiano chi sei.
Il tema della missione prendeva spunto dal Vangelo di Marco dove si parla del seme buttato in terra, e in qualche modo io mi sono sentita a tratti il terreno dove il seme cadeva, ma a tratti anche il seme che attraverso me il Signore gettava a chi era disposto a raccogliere.
Il momento più emozionante è rappresentato dalla serata vissuta insieme a tutta la comunità, sabato 26 merzo durante la Festa della Parola, momento che ha avuto il suo culmine proprio nel “trionfo” della Sacra Scrittura, è stato bello e davvero emozionante sentire il silenzio che si è creato tra chi aspettava quasi con stupore l’ingresso e l’intronizzazione della Parola. La chiesa piena di persone, fino a pochi momenti prima aveva come sottofondo il “vocio” dei presenti, ad un tratto si è ammutolita dinanzi all’ingresso di ciò che per tutti noi rappresenta la luce: la Parola di Dio.
In questi giorni, tutto è stato all’insegna della provvidenza, tutto all’insegna di quanto il Signore ha voluto mandare.
E anche questa volta Dio è stato generoso, a dispetto di quanto raccolto nell’impressione iniziale, le persone incontrate ci hanno regalato tanto, è stato un dare reciproco, da parte nostra nei confronti di chi ha deciso di fidarsi e di ascoltarci e da pare delle persone che fidandosi hanno condiviso con noi esperienze di vita e di fede.
Esperienza meravigliosa, intensa, che non può non lasciare il segno.
Grazie Signore, grazie per lo stupore, per la generosità, per la presenza e per la fiducia.

Maria Rosaria – Salerno

 

« “Il seminatore uscì a seminare”…
… e se posso “osare”, è con questa consapevolezza nel cuore che ogni GEP (Giovane Evangelizzatore Paolino) è uscito ad evangelizzare a Messina, dove si è svolta la missione paolina dal 25 al 27 marzo scorsi. In questi pochi (purtroppo) giorni, abbiamo sperimentato l’accoglienza affettuosa, la disponibilità e l’ospitalità della comunità della SS. Annunziata che ci ha aperto il cuore aprendoci concretamente le porte delle proprie case e, seppure in pochi giorni si è creato un bel clima, una bella atmosfera che ha trovato il suo culmine attorno alla Parola! Parola annunciata, “seminata”, condivisa, che ha solcato in maniera diversa le storie di ciascuno di noi…
Ripartiti sicuramente più ricchi e felici, accompagnati dalla preghiera e dal calore dei nostri nuovi amici, speriamo che i piccoli semi di Parola possano diventare strumenti di vita nuova per la vita di ciascuno di noi.
Spero che le nostre strade si incrocino nuovamente……
…a tutti buon cammino!

 Grazia Trecase (NA)

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Preghiamo la Parola – L’eccomi d’amore

Il 5 febbraio 1964 moriva sr. Tecla Merlo, madre e prima superiora generale della nostra Congregazione: le suore Figlie di San Paolo. Ciò che ci lega a questa straordinaria donna del nostro tempo non è solo il suo esserci madre nella fede, ma l’essere stata, per noi, la nostra stessa possibilità di esistere, per averci generato nel suo stesso sì. E Dio proprio nel suo sì ha reso carne un carisma che stava per essere consegnato alla storia, per le mani del beato Giacomo Alberione, e che in un modo o in un altro sarebbe arrivato oggi a noi, interpellando la nostra coscienza, muovendo i nostri desideri, diventando, ancora una volta, vita nella nostra vita. Pregare e lasciare che Dio, attraverso di lei, possa provocare le nostre coscienze cristiane, significa ridare voce ai tanti testimoni del Vangelo che, come lei, hanno creduto nell’impossibile, nell’invisibile, in ciò che solo occhi di fede e cuore unificato in Lui possono sentire e credere. E’ in questo che ci lasciamo scomodare, muovere e spingere in avanti. Sr. Tecla Merlo, nella sua docilità disarmante al Signore, è testimone di una creatività dello Spirito le cui porte possono aprirsi solo per chi crede.

 

Fil 3, 7 – 14

Fratelli, queste cose, che per me erano guadagni, io le ho considerate una perdita a motivo di Cristo. Anzi, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede: perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti. Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo ancora di averla conquistata. So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù.

 

« Facciamoci strumenti di pace. Innanzitutto con la preghiera, ma preghiamo soprattutto con la preghiera vitale, cioè con il lavoro fatto per amore e con la santità della vita. La pace è sempre frutto di carità, di comprensione, di concordia. Preghiamo pure per la pace, ma prima di tutto dobbiamo averla in noi, avere la pace del cuore. Coltiviamola, cercando di avere pensieri, sentimenti e parole di carità per tutti. Che gli angeli come cantarono, sulla grotta di Betlemme “Gloria a Dio e pace agli uomini”, così oggi possano cantare che anche nelle nostre case si cerca la gloria di Dio e vi è pace e serenità. Pratichiamo la carità e l’umiltà. Nelle famiglie cosa c’è di più bello? Chi riesce a essere caritatevole e generoso è sempre in pace: in pace con gli altri e con se stesso. San Paolo scrive nella lettera agli Efesini: “Vivete con umiltà, con dolcezza, con pazienza, sopportandovi a vicenda per amore, e cercando di conservare la pace che vi unisce nello spirito”. Si trova la pace quando si sa compatire, tacere il male degli altri, vedere le cose con occhi limpidi. L’apostolo Paolo dice di imitarlo: “Imitate me”. Io direi di imitarlo nella carità, anzi nelle sfumature della carità. Però per imitarlo nella sfumature bisogna imitarlo soprattutto nelle cose importanti. Sapete quali sono le sfumature della carità? Essere delicati fra noi, trattarsi bene. Le sfumature suppongono che ci sia la carità. Allora imitiamo san Paolo che si faceva tutto a tutti, aveva un cuore delicatissimo verso tutti».

Tecla Merlo, Semi di sapienza


Venite e me tutti! Insieme per pregare la Parola e adorare la presenza Eucaristica del Signore. Questo è il valore delle tracce di preghiera che settimana dopo settimana ci accompagneranno in questo anno liturgico. Offriamo le tracce da scaricare augurandoci di poter costruire tra noi, seppur virtualmente, una comunione di preghiera che ci unisca e ci rafforzi nel credere.
Buon cammino nel Signore Gesù, crocifisso e Risorto!

Chi volesse un sussidio che accompagni la preghiera per ogni tappa dell’anno liturgico, può acquistare nelle librerie paoline Attirerò tutti a me, adorazioni eucaristiche per tutto l’anno liturgico, di sr. Mariangela Tassielli, autrice anche delle tracce di preghiera che ci saranno proposte, ogni settimana.

 


Buona domenica!

Ma quello che è stolto per il mondo,
Dio lo ha scelto per confondere i sapienti;
quello che è debole per il mondo,
Dio lo ha scelto per confondere i forti;
quello che è ignobile e disprezzato per il mondo,
quello che è nulla, Dio lo ha scelto
per ridurre al nulla le cose che sono

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (1Cor 1,26-31)
IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO -Anno A-

 

La parola a…
Paolo Curtaz

Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Cioè beati quelli che sono consapevoli della loro povertà interiore, del limite che portiamo scolpito nel cuore e che, perciò, cercano altrove, cercano il senso. Ma anche beati coloro che vivono con un cuore semplice, essenziale, trasparente. Beati perché, anche se non se ne accorgono, lasciano Dio regnare in loro.

Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Beati coloro che, pur essendo nella sofferenza, sanno volgere lo sguardo oltre l’orizzonte, al Dio che fa compagnia, che con-sola, che sta con chi è solo. Beato chi sa che la vita è inserita in un grande progetto e che se anche la singola vicenda umana può essere avvilente, può essere sconfitta, il grande progetto di Dio avanza. Beato chi scopre che la vita è preziosa agli occhi di Dio, che nessun uomo, mai, è solo e abbandonato, che anche i capelli del nostro capo sono contati (Mt 10,30) e le lacrime raccolte (Sal 56,9), perché il Dio di Gesù protegge i passeri che si vendono per due spiccioli (Lc 12,6). La sofferenza, allora, non è la parola definitiva della vita.

Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che non cedono alla violenza che portano in loro stessi, che vedono il lato positivo delle persone, che credono nella redenzione dell’uomo. Anche se all’apparenza vincono i malvagi, la storia vera, quella di Dio, passa attraverso le persone che hanno imitato Dio nella sua mitezza compassionevole.

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati quelli che non si arrendono all’ingiustizia, che sanno mettersi in gioco, che sono autentici e sinceri, che portano il peso delle loro scelte e dei loro sbagli. Beati quelli che non cedono alla seduzione del compromesso, dell’astuzia malevola, del basso profilo.

Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati quelli che, come Dio, guardano alla miseria col cuore, che non giudicano sé e gli altri impietosamente, che chiedono responsabilità e coerenza ma che non fanno della giustizia un idolo. Se giudicano gli altri con verità e compassione troveranno verità e compassione per loro stessi.

Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati quelli che hanno uno sguardo trasparente, che non sono ambigui, che non hanno malizia, che non vedono sempre e solo il negativo, che non passano il tempo a sottolineare l’ombra degli altri per attenuare la propria, la loro purezza diventa una trasparenza da cui poter accedere a Dio.

Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati quelli che scommettono sulla pace, che sono pacifisti perché pacificati, che non fanno della razza, del paese, della propria religione un idolo. Beati quelli che non solo parlano di pace, ma che la pace la costruiscono giorno per giorno con le loro azioni.

Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.
Beati quelli che si assumono le proprie responsabilità, che non scaricano sugli altri, che hanno il coraggio di pagare fino in fondo le proprie scelte, e anche i propri errori. Beati i discepoli che non rinnegano la loro fede per paura.

 

…e per riflettere puoi scaricare: Prendere sul serio il cielo

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Buona domenica!

Il popolo che abitava nelle tenebre,
vide una grande luce,
per quelli che abitavano

in regione e ombra di morte
una luce è sorta.

Dal Vangelo di Matteo (Mt 4,12-23)
III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO -Anno A-

 

La parola a…
Paolo Curtaz

Dio, preferisce i discoli ai bravi ragazzi, invita i primi della classe ad uscire e sporcarsi le mani, obbliga chi lo segue ad andare verso le inquiete frontiere della storia, piuttosto che serrare i recinti delle false certezze della fede.
Dio è così, ama il rischio, vuole sporcarsi le mani, parte ad annunciare il Regno là dove nessuno lo aspetta.
Né lo desidera.
E così può e deve diventare la comunità cristiana, capace di uscire dalle chiese per ridare Dio al popolo, per condividere con esso il cammino.
E così possiamo e dobbiamo diventare noi, a imitazione del Maestro, noi che viviamo nella città, nei luoghi in cui del cristianesimo sono rimaste pallide tracce culturali, fra le persone che credono di credere, che vivono lontane da Dio, pur desiderando conoscere il senso senza saperlo.
Così siamo noi, meticci, imbastarditi, fragili perché figli di questo tempo, discepoli sì, ma più nel desiderio che nella coerenza di vita.

 A loro, a noi, Gesù rivolge la Parola. Bruciante. “Convertitevi perché il Regno si è fatto vicino”.

 

…e per riflettere puoi scaricare: Periferie

 

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Buona domenica!

Ho visto e ho testimoniato
che questi è il figlio di Dio.

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 1,34)
II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO -Anno A-

 

La parola a…
Paolo Curtaz

Così come Isaia sogna la comunità di Israele non più chiusa in se stessa, intenta a proteggersi, ma aperta all’annuncio del vero volto di Dio alle nazioni straniere, così come Paolo augura ai cristiani di Corinto, città delirante e violenta, di essere santi perché santificati da Cristo, anche noi siamo chiamati a dare testimonianza al Figlio di Dio.
A credere e dire che Dio viene incontro ad ogni uomo, che perdona e salva, che si fa carico di ogni nostra tenebra, che non ignora il peccato, lo assume, che paga i debiti che abbiamo contratto con la vita, che non spegne la fiamma vacillante ed è disposto a portare su di sé ogni dolore, ogni violenza, ogni follia.
A credere e dire che solo riprendendo in mano la spiritualità, rimettendo al centro dell’annuncio il dono dello Spirito possiamo riconoscere i passi di Dio nella nostra vita.
A credere e dire che noi proclamiamo che Gesù, nostro maestro, uomo straordinario, è la presenza stessa di Dio, un Dio che si vuol far conoscere, il Dio a cui convertire il nostro cuore abitato da visioni piccine e demoniache della divinità.
Ad ammettere che di lui ancora non sappiamo, luce tenebrosa, mistero luminosissimo.
Il mondo non ha bisogno di stanche comunità di scipiti cristiani che stentano ad assolvere i compiti istituzionali, ma gruppi di discepoli riempiti dalla luce, testimoni credibili.

Lasciamolo fare, cercatori di Dio, in questo anno che alza il sipario.
Lasciamo che sia Gesù a riempire i nostri giorni, a colmare la nostra ricerca.

 

…e per riflettere puoi scaricare: Dio per l’uomo

 

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