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Buona domenica! – Santissima Trinità – Anno C

associationGloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo,
a Dio, che è, che era e che viene

Acclamazione al Vangelo (Ap 1,8)
SANTISSIMA TRINITA’ – Anno C

Non abbiamo ancora capito tutto, così ribadisce, per la quinta volta, il Maestro Gesù invitandoci ad attendere lo Spirito. Poi lo Spirito è arrivato e continua ad arrivare, abbondantemente: scende su di noi, colma i nostri cuori, allarga le nostre menti. Lo Spirito soffia, incoraggia, stravolge, motiva, rinsalda. E spiega. Ci voleva lo Spirito per aiutarci a capire che Dio non è solutidine, che è comunione, che è mistero trinitario. Ma qui, al solito, ci areniamo. Facciamo fatica a capire chi siamo noi, cos’è la vita, come funziona il mondo: perché mai dovremmo sforzarci di capire anche chi è Dio (se c’è?). Nella vita dobbiamo affrontare temi ben più seri che non seguire complicati ragionamenti teologici che usano parole usurate e incomprensibili come persona, generato e non creato, sostanza…! Siamo onesti: il rischio è davvero umanità perplessa cvdi farci travolgere da un’inutile e ridondante esercizio di retorica clericale. Eppure.

IL DIO DEMONIACO
Lo scrivo e lo dico spesso: mi sono convinto che tutti portiamo nel cuore un’immagine di Dio, anche chi crede di non credere. Non sempre bella, sinceramente: un’idea spontanea, inconscia, culturale, legata alla nostra educazione e nutrita da qualche distratto ascolto di predica o di catechismo. Dio c’è, certo, ma è incomprensibile, lunatico, inaccessibile. Ti ama, si dice, ma poi incontro Marta che tre giorni prima di sposarsi ha scoperto di avere un tumore in fase avanzata a trentasei anni. È onnipotente, ma non difende il bambino venduto per prostituirsi. C’è, opera, ovvio. Ma non fa quasi mai il mio bene. Meglio blandirlo Dio, non si sa mai. Meglio trattarlo bene, sperando che non ti capiti una disgrazia. E, a dirla tutta, forse io sarei capace di operare meglio di lui e di risolvere qualche bel problemino mondiale. L’idea di Dio che portiamo nel cuore, siamo onesti, è mediamente orribile. Finché è arrivato Gesù e ha sconvolto le nostre piccole idee di Dio. amici cvE ne ha parlato come nessuno ne aveva parlato e ha inviato lo Spirito perché, infine, capissimo.

IL DIO DI GESU’
Gesù ci svela che Dio è Trinità, cioè comunione. Ci dice che se noi vediamo “da fuori” che Dio è unico, in realtà questa unità è frutto della comunione di un Padre/Madre che ama un Figlio e questo amore è talmente intenso da diventare una persona: lo Spirito Santo. Talmente uniti da essere uno, talmente orientati l’uno verso l’altro da essere totalmente uniti.  Dio non è solitudine, immutabile e asettica perfezione, sommo egoista bastane a se stesso, ma è comunione, festa, famiglia, amore, tensione dell’uno verso l’altro. Solo Gesù poteva farci accedere alla stanza interiore di Dio, solo Gesù poteva svelarci l’intima gioia, l’intimo tormento di Dio: la comunione. Una comunione piena, un dialogo talmente armonico, un dono di sé talmente realizzato, che noi, da fuori, vediamo un Dio unico. sposi cvDio è Trinità, relazione, danza, festa, armonia, passione, dono, cuore.
Allora finalmente capisco l’inutile lezione di catechismo di quando, bambino, vedevo il parroco tracciare sulla lavagna l’addizione: 1+1+1=1 e disegnava un triangolo equilatero. Tenero. Con l’amore medio che un bambino ha per la geometria si era infilato in un bel pasticcio! Oggi ho capito. Sbagliava operazione. In Dio 1x1x1=1. Proprio perché il Padre ama il Figlio che ama il Padre e questo amore è lo Spirito Santo, che noi, da fuori, vediamo un’unità assoluta.
E a me? Se Dio è comunione, in lui siamo battezzati e a sua immagine siamo stati creati; questa comunione ci abita e a immagine di questa immagine siamo stati creati. La bella parabola della Genesi ci ricorda di come Dio si sia guardato allo specchio, sorridendo, per progettare l’uomo. Ma, se questo è vero, le conseguenze sono enormi.
La solitudine ci è insopportabile perché inconcepibile in una logica di comunione, perché siamo creati a immagine della danza. Se giochiamo la nostra vita da solitari egoisti non riusciremo mai a trovare la luce interiore perché ci allontaniamo dal progetto. Sartre diceva: “L’enfer c’est les autres”, unità cvGesù ci ribadisce: “Siate perfetti nell’unità”. E se anche fare comunione è difficile, ci è indispensabile, vitale, e più puntiamo alla comunione e più realizziamo la nostra storia, più ci mettiamo alla scuola di comunione di Dio, più ci realizzeremo.
La Chiesa, va costruita a immagine della Trinità. La nostra comunità prende ispirazione da Dio-Trinità, guardiamo a lui per intessere rapporti, per rispettare le diversità, per superare le difficoltà. Guardando al nostro modo di essere, di relazionarci, di rispettarci, di essere autentici, chi ci sta intorno capirà chi è Dio e per noi l’idea di un Dio che è Trinità diventerà luce.  Questo è il Dio che Gesù è venuto a raccontare. Volete ancora tenervi il vostro vecchio Dio?

(PAOLO CURTAZ)

Lodi all’Altissimo di Marco Frisina
in Tu sei bellezza (San Paolo 2003)

Buona domenica! – Domenica di Pentecoste – Anno C

vento forte cv«Venne all’improvviso dal cielo un fragore,
quasi un vento che si abbatte impetuoso,
e riempì tutta la casa dove stavano»

Dagli Atti degli Apostoli (At 2, 1-11)
DOMENICA DI PENTECOSTE – Anno C

Non possiamo farcela, non scherziamo. No, non siamo in grado. Nessuno che abbia un po’ di sano realismo lo può (veramente) fare. Non siamo capaci di annunciare il Regno con sufficiente trasparenza, con coerenza minima, con passione necessaria. Il mondo implode nella sua crisi e nella sua insanabile aggressività e anche noi ne siamo contagiati e travolti. E sentiamo tutto il peso della nostra fragilità personale comunitaria. Questa storia dell’affidare alla Chiesa, a questa Chiesa, le redini del Regno è stato uno scherzo, o un inganno o una follia. triste cvSiamo seri.
È quello che si sono detti per ore i pavidi discepoli radunati al cenacolo. Gesù se n’è andato davvero e loro devono capire cosa fare. Annunciare il Regno, d’accordo. Dove, come, a partire da quando, dicendo cosa? Fuori tira ancora una brutta aria per i discepoli del Nazareno, per quale masochistica ragione dovrebbero uscire e farsi nuovamente arrestare?
Pietro e gli altri lo sanno bene, lo hanno vissuto sulla propria pelle: non sono all’altezza del compito. Diamine: solo un mese prima erano tutti fuggiti a rotta di collo! Come aspettarsi, ora, una reazione diversa, un comportamento all’altezza della situazione? Pensano e discutono, gli apostoli. Un po’ si fanno coraggio, un po’ non alzano lo sguardo. No, non ce la possono fare, non da soli, non adesso. Si sta alzando il vento.  Strano, non succede quasi mai in primavera, a Gerusalemme.

URAGANO
Non è un vento: è l’uragano. Un uragano che li strappa alle loro certezze, che li devasta, che li scompiglia e li scapiglia, che li converte, infine. Il fuoco scende nel cuore e li consuma. Il terremoto fa crollare le loro piccole certezze e i loro progetti ansimanti. No, certo, non ce la possono fare. D’accordo. Sarà lo Spirito ad agire. vento fortissimo cvÈ arrivato, il dono (annunciato) del Risorto. È più folle e più anarchico di come neppure osassero immaginare. Più di ogni altra luce, più di ogni convinzione o determinazione, di ogni progetto o piano pastorale. Eccolo, lo Spirito. Il cuore ora è gonfio, escono per strada, fermano i pellegrini di passaggio a Gerusalemme per la Pentecoste. Parlano del Maestro, lo professano Messia e Signore e presente. È arrivato lo Spirito.

PENTECOSTI
Si divertono a giocare con noi, gli evangelisti. A stuzzicarci e farci uscire dalla sindrome del “sappiamo già tutto”. Ognuno di loro scherza e ci provoca: quando è sceso lo Spirito? Giovanni dice che Gesù dona lo Spirito dall’alto della croce, morendo. O forse la sera di Pasqua, apparendo ai discepoli. O, a credere Luca, nella festa ebraica della Pentecoste. Enigmi da svelare per capire chi è lo Spirito.
Lo Spirito nasce dalla croce perché la croce manifesta la misura dell’amore di Dio che è lo Spirito. È dono totale, definitivo, vitale (Credo lo Spirito che dà la vita professiamo nel Credo). Lo Spirito è dono del risorto e porta con sé i doni della pace del cuore e la capacità di perdonare. E lo Spirito è la nuova Legge che sostituisce quella donata da Dio a Mosé sul Sinai, la festa che gli ebrei festeggiavano il giorno di Pentecoste. cuore caldo cvOra la Legge è scritta nei cuori ed è lo Spirito a ricordarcela…

FINALMENTE
Il Consolatore, per sradicare ogni solitudine, per fare della Chiesa la compagnia di Dio agli uomini. Il Vivificatore, per togliere l’asfalto e ogni altra crosta che ostinatamente ricopre il volto di Dio e la Parola. Il Paracleto, per difenderci dalla paura e dalla parte oscura che è in noi e che ci turba impedendoci di essere veramente discepoli. Il Suggeritore, per ricordare ai discepoli cosa ha detto Gesù quando ce ne dimentichiamo.
Egli ricostruisce i linguaggi, ci dona la grazia di capirci, di intenderci, di comunicare. Supera l’arroganza dell’uomo che costruisce torri per manifestare la propria forza e usa il linguaggio del potere che non fa capire, che confonde, che allontana. Pentecoste è l’Antibabele, l’altro modo di capirsi, accomunati dalla stessa ricerca interiore. Eccolo il fuoco, che scalda e illumina, che indica una strada nella notte. Eccola la nube, che tiene lontani gli egiziani e illumina il cammino del popolo che fugge verso la libertà del cuore, la nebbia che toglie ogni punto di riferimento per affidarsi a Dio solo. Ecco il vento che soffia dove vuole: siamo noi ad orientare le vele per raccoglierlo e metterci in navigazione. Ecco il terremoto che ci scardina dal profondo. Ecco la colomba, portatrice di buone notizie, quando torna nelle mani sicure di Noè che l’ha inviata per sapere se il diluvio è finito, mite e arrendevole.

PRUDENZA
Tenetelo nel cassetto lo Spirito, per favore. È pericoloso, devastante, inquietante. Quando la Chiesa si siede o si arrocca fa nascere i santi che la ribaltano. Quando pensate che la vostra vita sia finita, annientata, vi spalanca lo sguardo del cuore. Quando le nostre parrocchie languono, si clericalizzano, si svuotano, si abituano, si stancano, si illudono egli scuote dalle fondamenta, fa crollare i palazzi della retorica e ci spinge a uscire nelle strade del nostro quartiere a dire Dio.
Gli Atti degli apostoli sono una divertente comica in cui lo Spirito combina pasticci e gli apostoli corrono (invano) cercando di capire cosa fare veramente.
È lo Spirito che guida la Chiesa, anche se cerchiamo continuamente di correggere la rotta. È lui, se vuoi, fratello, sorella, che può orientare la vita verso i cammini della santità. È lui che soffia, nonostante tutto.

(PAOLO CURTAZ)

Vieni, Santo Spirito di Dio di D. Scarpa – F. Buttazzo
in Vieni Soffio di Dio (Paoline 2004)


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Buona domenica! – Ascensione del Signore – Anno C

mani tese al cielo cv«Essi stavano fissando il cielo
mentre egli se ne andava»

Dagli Atti degli Apostoli (At 1, 1-11)
ASCENSIONE DEL SIGNORE – Anno C

Uomini di Galilea, perché continuate a guardare il cielo? Sono stupiti e amareggiati, i discepoli. chi io cvIl Maestro se ne va proprio ora che, infine, avevano capito il grande disegno di Dio su Gesù, proprio ora che, finalmente, avevano superato il dolore e si erano convertiti alla gioia! Proprio ora che, come nel finale in una bella commedia americana, tutto sembrava chiaro, lineare: il Regno era finalmente iniziato e Gesù avrebbe regnato con i suoi fedeli (?) apostoli per l’eternità. E invece no. Spiazzati, nuovamenteGesù torna al Padre, e affida l’annuncio del Regno ai discepoli. Che storia.

SCAMBIO SFAVOREVOLE
Uomini di Galilea, perché continuate a guardare il cielo? Quante domande la Parola rivolge al cercatore di Dio. Perché piangi, anima mia, perché su di me gemi? Perché cercate fra i morti uno che è vivo? Dio ci interroga, ci scuote, ci invita ad andare oltre, a crescere, a credere. No, non dobbiamo cercare in cielo il volto di un Dio che ha calpestato la terra. Lo possiamo cercare là dove ha deciso, per sempre, di abitare: in mezzo ai fratelli più poveri, in mezzo alla comunità di coloro che credono nel Nazareno. Paradosso insostenibile del cristianesimo! Prima ci chiede di credere che il Dio invisibile si è fatto uomo. Ora ci chiede di credere che il Dio accessibile si consegna nelle fragili mani di uomini famiglia missionaria cvpeccatori e incoerenti! Scambio sfavorevole: invece di incontrare il volto radioso e sereno del Maestro, incontriamo il volto rugoso e segnato dei cristiani…

E SE, INVECE…
Ma se, invece, Gesù avesse voluto dirci qualcosa di nuovo? Di inatteso? Se davvero nei progetti di Dio ci fossimo noi? Se, mettete il caso, davvero Gesù abbia (follemente) affidato l’annuncio del Regno alla Chiesa, peggio: a questa Chiesa? Il nostro non è un Dio manager amministratore di una multinazionale del sacro che dirama le direttive e un numero verde per le emergenze, con gentili angeli che non danno mai risposte utili e fanno solo perdere tempo e pazienza, no. Il Dio presente, il Dio in cui crediamo è il Dio che accompagna, certo, ma che affida il cammino del Vangelo alla fragilità della sua Chiesa. Il Regno sperato dagli apostoli occorre costruirlo, la nuova dimensione voluta dal Signore per restare nel mondo, non è una soluzione magica, ma è una dimensione pazientemente intessuta da ognuno di noi. È il tempo in cui dobbiamo rimboccarci le maniche. Siamo noi, ahimè, il volto di Gesù per le persone che incontriamo sulla nostra strada… Tu che leggi, fratello, sei lo sguardo di Dio per le persone che incontrerai. Chiesa cvCosì il nostro Dio originale e spiazzante ha deciso. E così davvero accade.

IL TEMPO DELLA CHIESA
L’Ascensione segna la fine di un momento, il momento della presenza fisica di Dio, dell’annuncio del vero volto del Padre da parte di Gesù, che professiamo Signore e Dio, con la rassicurazione, da parte di Dio stesso della sua bontà e della sua vicinanza nello sguardo di noi discepoli. Ora è il tempo di costruire relazioni e rapporti a partire dal sogno di Dio che è la Chiesa: comunità di fratelli e sorelle radunati nella tenerezza e nella franchezza nel Vangelo. Accogliamo allora l’invito degli angeli: smettiamola di guardare tra le nuvole cercando il barlume della gloria di Dio e – piuttosto – vediamo questa gloria disseminata nella quotidianità di ciò che siamo e viviamo. La gloria di Dio, che abbiamo assaporato, siamo invitati a raccontarla, a renderla credibile ed accessibile, ben consapevoli che solo nel di più, nell’altrove riusciremo finalmente a realizzarla in pienezza. disperato cvRestiamo in città, non fuggiamo la disperante banalità dell’oggi, perché è lì che Gesù sceglie di abitare: nell’oggi, nel delirio confuso della mia città. Cerchiamo Dio, ora, nella gloria del Tempio che è l’uomo, tempio del Dio vivente, smettiamola di guardare le nuvole, se Dio è nel volto povero e teso del fratello che incrocio. Il Signore ci dice che è possibile qui e ora costruire il suo Regno. L’Ascensione segna l’inizio della Chiesa, l’avvio di una nuova avventura che vede noi protagonisti in attesa del suo ritorno definitivo. E se la Chiesa ci ha masticato, offeso, provato, combattiamo con più forza, imitiamo i santi che convertirono la Chiesa a partire da loro stessi.

Staremo ancora a naso in su a scrutare gli astri? A implorare un intervento divino? O non vedremo – piuttosto – la presenza di Dio tra i suoi discepoli, presenza segnata nella fatica dell’accoglienza, nella vita di fede, nel desiderio di un mondo più solidale da costruire giorno per giorno?evangelizzatori cv
Ascendiamo, fratelli: smettiamola di fare i bambini devoti.  Dio – ora – ha bisogno di discepoli adulti, capaci di far vibrare il Vangelo nella vita, capaci di dire la fede in modo nuovo.

(PAOLO CURTAZ)

12 MAGGIO 2013
47a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali

Buona domenica! – VI di Pasqua – Anno C

pensieri cv«Vi lascio la pace, vi do la mia pace.
Non come la dà il mondo, io la do a voi»

Dal Vangelo di Giovanni (Gv 14, 23-29)
VI DOMENICA DI PASQUA – Anno C

Come possiamo accorgerci della gloria del Maestro Gesù in noi? Come riconoscerla negli eventi non sempre edificanti della storia? Come nell’esperienza della Chiesa? Gesù durante l’ultima cena afferma di voler salvare Giuda e Pietro. La salvezza manifesta la gloria di Dio, il desiderio immenso che egli ha di riempire il cuore di ogni uomo! Oggi, concretamente, il Signore ci indica tre atteggiamenti per manifestare la vita del Risorto nella nostra vita. In questo rinnovato tempo di Chiesa, in questo dolente tempo di crisi economica e politica, tempo rissoso e acido, disperante e sconfortato abbiamo urgente bisogno di tornare ad essere discepoli e a lasciare che sia il vangelo a giudicare gli eventi.

DIMORARE
Gesù ci chiede di osservare la sua Parola, di realizzarla, di incarnarla nelle nostre scelte. Se la fede resta evento da tirare fuori un’ora a settimana o nei momenti di difficoltà non facciamo esperienza dell’essere abitati dal Padre e dal Figlio. Gesù lo dice esplicitamente: abitare la Parola, frequentarla, conoscerla, pregarla, meditarla sortisce l’effetto di una inabitazione divina. Niente apparizioni, per carità! Ma la consapevolezza crescente di essere orientati verso Dio, l’esperienza di avvertire la sua presenza è possibile. La fede allora non si riduce ad una scelta intellettuale, ad uno sforzo della volontà lezionario cvma alla dimensione perenne in cui abitiamo.
Dimorare: restare, non fuggire, non scostarsi. Dimorare: abitare, conoscere, capire, frequentare. A questo siamo chiamati per sperimentare la gloria. Conosciamo e meditiamo la Parola che ci permette di accedere a Dio.

RICORDARE
Non capiamo tutto, e ci mancherebbe, nemmeno la Chiesa possiede Dio interamente, ma da lui è posseduta. Gesù ha detto e dato tutto, la Rivelazione è conclusa, non necessitiamo di veggenti che ci spieghino come fare. Ma non abbiamo ancora capito. O ci siamo dimenticati. Lo Spirito ci viene in soccorso e ci illumina. Illumina la Chiesa nella comprensione delle parole del Maestro. Illumina la nostra coscienza e ci permette di capire cosa c’entri la fede con la nostra vita e le nostre scelte quotidiane. Ricorda quando ci scordiamo come quando, nel recente passato, i cristiani si erano “dimenticati” della radicalità del Vangelo rispetto alla non violenza dissertando sulla guerra “giusta” (e a volte, purtroppo, benedetta e giustificata). Invocare lo Spirito prima di ogni scelta, raggio di sole cvprima della preghiera, prima delle celebrazione dell’eucarestia ci permette di avvicinarci al Vangelo con la freschezza che merita, con lo stupore di chi vi trova sempre delle novità.

PACIFICATI
Per sperimentare la gloria dobbiamo fare la pace in noi stessi. Il confine del male e del bene è nel nostro cuore, il nemico è dentro di noi, non fuori, e la prima autentica pacificazione deve avvenire nel nostro intimo con noi stessi e la nostra violenza e la nostra rabbia, la parte oscura che i discepoli chiamano peccato.
I cristiani, spesso, quando parlano di pace… pensano al cimitero! Una scorretta e parziale visione di fede, là dove il cristianesimo è fiacca e svogliata appartenenza parla di pace il primo novembre, pensando ai nostri defunti che riposano “in pace” (e che devono fare, ballare la samba?). La pace, secondo la parola di Gesù, è il primo dono che egli fa, risorto, apparendo agli impauriti discepoli.Un cuore pacificato è un cuore saldo, irremovibile, che ha colto il suo posto nel mondo, che non si spaventa nelle avversità, non si dispera nel dolore, non si scoraggia nella fatica. La scoperta di Dio, nella propria vita, l’incontro gioioso con lui, la percezione della sua bellezza, la conversione al Signore Gesù riconosciuto come Dio, suscita nel cuore delle persone una gioia profonda, cuore pacificato cvsconosciuta, diversa da ogni altra gioia. È la gioia del sapersi conosciuti, amati, preziosi.

DONO DI CRISTO
Ecco, questa è la pace: sapersi nel cuore di una volontà benefica e salvifica, scoprirsi dentro il mistero nascosto del mondo. Credere in questo, adesione alla fede quasi sempre tormentata e sofferta, non immediata e leggera, dona la pace del cuore. Io sono amato, tu sei amato. Insieme a Dio possiamo cambiare il mondo.
Questa pace è pace profonda, pace salda, pace irremovibile, ben diversa dalla pace del mondo, pace che viene venduta come assenza di guerra o, peggio guerra che viene ritenuta necessaria per imporre la pace. Pace del sapersi amati che permette di affrontare con serenità anche le paure. Paura del futuro, della malattia, del lavoro precario, del non sapersi amati, paura. La pace del cuore, dono e conquista, fiamma da alimentare continuamente alla fiamma del risorto, aiuta ad affrontare la paura con fiducia, a non avere il cuore turbato. Alla fine di questi splendidi giorni di Pasqua, invochiamo il Consolatore, donato dal Padre, scelte cvper affrontare la nostra quotidianità con la certezza della presenza del Signore, giorno dopo giorno, passo dopo passo.

SCELTE
La prima comunità affronta un dilemma grave: occorre essere ebrei per diventare cristiani? Giacomo e la comunità di Gerusalemme spingono in questa direzione, Paolo e Barnaba, al contrario affermano che Gesù è venuto per ogni uomo, e lo dimostra il fatto di vedere la Parola convertire il cuore dei pagani. Lo scontro è duro, ma leale: a Gerusalemme gli apostoli discutono rudemente e, alla fine, danno ragione a Paolo. Questo è lo stile dell’essere Chiesa, decidere insieme nel rispetto dei propri ministeri e carismi, ascoltando il suggerimento dello Spirito. Questo è lo stile delle nostre comunità che prendono a cuore i problemi e cercano le soluzioni non a partire dall’emozione o dalle proprie opinioni, ma alla continua ricerca della volontà del Maestro.

(PAOLO CURTAZ)

Pace sia, pace a voi da COME FUOCO VIVO
Gen Verde – Gen Rosso (1998)

Buona domenica! – V di Pasqua – Anno C

giovani cv«..che vi amiate gli uni gli altri.
Come io ho amato voi»

Dal Vangelo di Giovanni (Gv 13, 31-33.34-35)
V DOMENICA DI PASQUA – Anno C

Gesù ha appena detto ai suoi che uno di loro sta per consegnarlo. È turbato, il Maestro. Ora che l’ora sta per compiersi sente nel suo cuore tutta la fatica del gesto immenso che sta per fare. Gli apostoli si guardano l’un l’altro, pensano che il traditore sia di fronte a loro. In realtà il traditore è dentro ciascuno di loro. Dentro ciascuno di noi. Giovanni l’evangelista, il padrone di casa, reclina il capo sul cuore di Gesù e gli chiede: «Chi è, Signore?». Gesù intinge il pane e lo offre a Giuda che lo mangia e si irrigidisce. Dare il pane è il più bel segno di accoglienza nel popolo di Israele. Giuda lo interpreta come un’offesa. Come succede quando un nostro gesto carico di affetto viene drammaticamente preso per il verso contrario. Gesù sta svelando a Giuda che è lui il discepolo più amato. Vorrebbe stringerlo al proprio petto perché senta la misura dell’amore. Giuda è scosso, esce nella tenebra. La tenebra che ora lo invade. Ma con sé, nel suo cuore, porta il pane, l’Eucarestia. Gesù si è appena consegnato alla tenebra. Ma la luce spezzerà il buio più fitto.

LA GLORIFICAZIONE
E Gesù insiste, esagera: ora sono stato glorificato, dice. Ora che Giuda sta andando a tradirlo, ora che il suo cuore è tenebroso e ostile, Dio potrà manifestare quanto lo ama. Nel tradimento di Giuda vediamo la misura dell’amore di Gesù. Giuda si è perso, ma il Signore non è venuto proprio a salvare chi era perduto? smarrita cvLa perdizione non è, appunto, il luogo teologico della salvezza? Non veniamo salvati proprio perché, prima, ci siamo smarriti? Con Giuda Gesù potrà dimostrare qual è la misura dell’amore di Dio: l’assenza di misura. Ogni uomo che prende coscienza di sé si pone la domanda: sono perduto o salvato? Gesù risponde: sei perduto e sei salvato.
Gli apostoli non capiscono, come non hanno capito il gesto della lavanda dei piedi. Pietro, poco dopo, dirà che egli è disposto a dare la vita per Gesù. Pietro, ormai, si prende per Dio. Gesù gli ricorderà che è lui a dare la vita per i suoi discepoli. Un gallo urlerà ricordando a Pietro il suo limite. Non per Dio deve morire, ma con lui. Tutto ciò che può fare il discepolo è imitare il Maestro, non sostituirlo.
Tutti dicono, intorno a noi, che la gloria consiste nel successo e nell’applauso. Gesù, nel momento più fallimentare della sua vita afferma di essere al vertice della sua glorificazione. La gloria è poter dimostrare il proprio amore. Poco importa se diventeremo premi Nobel o grandi personaggi, splendidi genitori o grandi santi. Importa quanto avremo amato, o desiderato amare. missionario e bambino cvEcco la vera gloria, quella che il mondo non conosce. E che nessuno ci può togliere. E se, invece di passare la vita ad elemosinare un applauso iniziassimo a voler amare?

AMATEVI
Tra Giuda e Pietro gli altri evangelisti pongono l’ultima Cena. Giovanni salta il racconto della cena per sostituirlo con la lavanda: la liturgia è falsa se non diventa servizio al fratello debole. Giovanni osa di più: tra i due tradimenti e le due salvezze (Giuda è salvato dal male, Pietro dal finto bene) inserisce l’unico comandamento dell’amore. Gesù chiede di amarci (amare me, amare te) dell’amore con cui egli ci ha amato. Del suo amore, col suo amore. Non con l’amore di simpatia, di scelta, di sforzo, di virtù. Con l’amore che, provenendo da Cristo, può riempire il nostro cuore per poi defluire verso il cuore degli altri.
Io, Paolo, non riesco ad amare le persone antipatiche, né quelle che mi fanno del male. Solo l’amore che viene da Dio, un amore teologico, mi permette di poter amare al di sopra dei sentimenti e delle emozioni. La Chiesa non è il club dei bravi ragazzi, delle facili consolazioni, di quelli che hanno Gesù come hobby: la Chiesa è giovani allegri cvla compagnia di coloro che sono stati incontrati ed amati da Cristo. Perciò diventano capaci di amare come splendidamente ci ricorda il papa venuto dai confini del mondo. Ma dal cuore del cuore.

IDENTITA’
Dall’amore dobbiamo essere conosciuti. Non dalle devozioni, non dalle preghiere, non dai segni esteriori, non dall’organizzazione caritative, ma dall’amore. L’amore è ciò che maggiormente deve stare a cuore nella Chiesa. Che sia vero, che sia libero, che diventi evidente. Un amore in equilibrio tra emozione e scelta, tra enfasi e volontà, che diventi concreto e fattivo, tollerante e paziente, autentico e accessibile, che sappia manifestarsi nel momento della prova e del tradimento. Celebrando oggi l’Eucarestia, memoria del Risorto, cerchiamo anzitutto di amare di più e meglio, perché chi ci vede si accorga che in mezzo a noi dimora il Cristo. Per glorificare anche noi il Padre.

(PAOLO CURTAZ)

Preghiera da CANTERO’ FELICITA’
Pino Fanelli – Audiovisivi San Paolo
1989

Buona domenica! – IV di Pasqua – Anno C

mani cv«Nessuno le strapperà dalla mia mano»

Dal Vangelo di Giovanni (Gv 10, 27-30)
IV DOMENICA DI PASQUA – Anno C

Oggi parliamo di pastori, come ogni quarta domenica di Pasqua. Gesù si propone come pastore cosa che non stupisce in un paese in cui la pastorizia era una delle principali fonti di sussistenza. Ed è l’occasione, nella Chiesa, per interrogarci su chi è Chiesa e su come, in questa Chiesa, ognuno abbia delle responsabilità reciproche e sul fatto che alcuni fratelli siano chiamati a indicare il Pastore e a radunare attorno a lui il gregge. La vita è un tempo che ci è dato per imparare ad amare. Scoprirsi amati da Dio scoprire in lui la sorgente dell’amore è l’esperienza più bella che possiamo fare e questa esperienza è il cuore dell’annuncio della Chiesa. Anche in tempi difficili come quelli che stiamo vivendo (ma esistono tempi “facili”?). Oggi vogliamo ascoltare la parola del Pastore, l’unico, che ci incoraggia e ci sprona ad avere fiducia nel Padre.

PASTORE GRINTOSO
Tutti pensiamo al pastore che va in cerca della pecora che si è persa e che la riporta caricandosela sulle spalle. Immagine dolcissima e commovente che ci consegna Luca e che, in trasparenza, svela l’esperienza interiore dell’evangelista. Ma il pastore di Giovanni, quello di cui si parla nel Vangelo di oggi, assume altre caratteristiche: è duro e determinato e lotta strenuamente per difendere il gregge dai lupi e dai mercenari. Un pastore che veglia, che lotta, disposto a dare la propria vita per la salvezza del gregge, diversamente da come fanno i pastori per professione. Gesù ci sta dicendo che siamo nelle sue mani, in mani sicure, che nessuno ci strapperà mai dal suo abbraccio, che solo in lui riceviamo la vita dell’Eterno. Ma per seguirlo occorre ascoltare cvascoltarlo e riconoscere la sua voce, cioè frequentare la sua Parola, meditarla assiduamente. Quella Parola che diventa segno della sua presenza, che illumina ogni altro segno della presenza del Risorto.

UDITORI
Diventare adulti nella fede significa scoprire ciò che Gesù dice: nulla mai ci potrà allontanare dalla mano di Dio. Gesù ci tiene per mano, con forza. Ci ama, come un pastore capace, come qualcuno che sa dove portaci a pascolare. Non come un pastore pagato a ore, ma come il proprietario che conosce le pecore ad una a una. Siamo stati comprati a caro prezzo dall’amore di Cristo. Perché dubitare della sua presenza? Nulla mi può separare dalla sua mano. La fonte della fede, l’origine della fede è l’ascolto. Ascolto della nostra sete profonda di bene e di luce. Ascolto della Parola che Gesù ci rivolge svelando il Padre. Questo ascolto ci permette di ascoltare la nostra vita in maniera diversa, di mettere il Vangelo a fondamento delle nostre scelte. Ci conosce, il Maestro. Conosce il nostro limite, la nostra fatica, ma anche la nostra costanza e la gioia che abbiamo nell’amarlo. E Gesù, oggi, ci esorta: niente ti strapperà dal mio abbraccio. Non il dolore, non la malattia, non la morte, non l’odio,POPE FRANCIS INAUGURATION MASS non la fragilità, non il peccato, non l’indifferenza, non la contraddizione di esistere. Nulla. Nulla ci può rapire, strappare, togliere da Lui. Siamo di Cristo, ci ha pagati a caro prezzo. Siamo di Cristo.

PASTORI NEL PASTORE
Sono tempi grandiosi, per la Chiesa. La Quaresima che abbiamo appena vissuto ha visto la rinuncia di Benedetto (che, come previsto, fa esattamente ciò che ha detto di voler fare: si nasconde e prega per noi!) e l’accettazione di Francesco, diretto ed evangelico, che ha ridato grande speranza a tutti i discepoli. Molti perdono fiducia nella Chiesa e nei suoi pastori, guardando alle mele marce (che necessitano della nostra preghiera, ma anche di essere fermate) e scordando le centinaia di migliaia di preti, di catechisti, di religiosi che vivono con generosità e correttezza il loro ministero. Questa domenica, dedicata alla preghiera per i pastori, diventa, quest’anno, densa di significato e di coinvolgimento. È questo il momento di pregare per i nostri pastori, questo il momento di fare penitenza, di andare all’essenziale. Di chiedere preti santi, a immagine del Santo. Quanta sofferenza mi raccontano i miei fratelli, persone trasparenti, evangeliche, veramente avvinte dal Signore, travolti dalle cose da fare, spesso ingabbiati in una struttura e nelle attese della gente che li considera dei funzionari e non dei fratelli nella fede! sacerdote cvA loro papa Francesco ricorda:

Chi non esce da sé, invece di essere mediatore, diventa a poco a poco un intermediario, un gestore. Tutti conosciamo la differenza: l’intermediario e il gestore “hanno già la loro paga” e siccome non mettono in gioco la propria pelle e il proprio cuore, non ricevono un ringraziamento affettuoso, che nasce dal cuore. Da qui deriva precisamente l’insoddisfazione di alcuni, che finiscono per essere tristi, preti tristi, e trasformati in una sorta di collezionisti di antichità oppure di novità, invece di essere pastori con “l’odore delle pecore” – questo io vi chiedo: siate pastori con “l’odore delle pecore”, che si senta quello.

È questo silenzio preghiera cvil tempo della preghiera e della conversione. È l’intero corpo che soffre e l’intero corpo deve guarire, purificandosi, facendo penitenza. Con sguardo profetico e spirituale, papa Francesco invita tutti noi ad accettare questo momento non per chiuderci a riccio, o lamentarci, o metterci sulle difensive, ma per stringere, forte, la mano del Signore. Nulla ci può rapire dalla sua mano. Anche se siamo un gregge testardo, incoerente, spelacchiato, il Signore non ci abbandona. Ancora per dire e per dirci che la Chiesa non è il popolo dei perfetti, ma dei perdonati. Non il popolo dei giusti, ma dei figli.

(PAOLO CURTAZ)

21 aprile 2013
GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA
PER LE VOCAZIONI poster 2013 cv
Le vocazioni, segno della Speranza fondata sulla Fede
(Spe Salvi, 34)

 

Buona domenica! – III di Pasqua – Anno C

uomo al sole cv«Signore, tu conosci tutto;
tu sai che ti voglio bene»

Dal Vangelo di Giovanni (Gv 21, 1-19)
III DOMENICA DI PASQUA – Anno C

Gesù è risorto. Bene. Evviva. Complimenti vivi. Un applauso. Ma molti sono ancora nel sepolcro. Irrigiditi come cadaveri. Travolti dal dolore, come se l’anima si fosse indurita, senza emozioni, senza desideri, senza sussulti. Come se la risurrezione riguardasse altri, come se non fosse davvero per me. Ne conosco molte di persone che vivono così la Pasqua.
Ancora in questi giorni, da questo angolo di Chiesa che è il mio portatile, ho ascoltato le pacate sofferenze di chi, travolto dagli eventi, o dal proprio limite, o dal dolore fisico o spirituale, hanno vissuto una Pasqua solo di fede, solo di ostinata volontà, solo di sforzo, solo di sangue. Rimasti indietro, inesorabilmente. Con l’anima claudicante. Travolti, come se la risurrezione, in cui credono, e fermamente, non fosse per loro. Proprio come è accaduto a Pietro. L’ultimo degli apostoli ad essersi convertito.

IL FATTACCIO
Pietro arriva alla risurrezione con un macigno nel cuore. La sua storia, la conosciamo tutti: Simone il pescatore chiamato a diventare discepolo del falegname di Nazareth,macigno sul cuore cv i tre anni di entusiasmante sequela con un crescendo di fama e di popolarità, la promessa fatta a Simone (a lui!) di essere il referente del gruppo, il custode della fede, le gaffes incredibili di Pietro che non riesce a moderare il suo temperamento troppo impulsivo e sanguigno e, infine, la catastrofe della croce.
Pietro, nel cortile del Sinedrio, aveva negato di conoscere l’uomo che credeva di amare e di servire fedelmente, senza incrinature, l’uomo e il Messia per cui – diceva – avrebbe dato la vita. Era bastata la domanda di una serva, di una pettegola, per far crollare le fragili certezze del principe degli apostoli. Poi l’arresto, il processo sommario, l’uccisione. Anche Pietro, come tutti, era fuggito. Riusciamo solo vagamente a capire quanto dolore, quanta desolazione, quanto strazio aveva scosso la vita degli apostoli. Pietro, sanguinante per la morte del Maestro e per la propria morte di discepolo, era stato travolto dal suo peccato. E lì era rimasto.

NO, GRAZIE
Gesù ora è risorto. Ed è apparso ai discepoli; Pietro, insieme a Giovanni, è stato il primo a correre alla tomba, ed è presente al Cenacolo alla sera di Pasqua, diversamente da Tommaso; Luca accenna anche ad una apparizione privata a Pietro di cui non abbiamo alcuna traccia. Probabilmente non era andata granché bene…
Pietro è stato il più presente alle apparizioni del Risorto. Ma nulla è accaduto, in lui, il suo cuore è rimasto duro e arido. Gesù è vivo certo, ma non per lui. Gesù è risorto e glorioso, vivo, ma lui, pescatore cvPietro, è rimasto in quel cortile. Pietro crede, certo. Ma la sua fede non riesce a superare il suo fallimento. Come succede a molti di noi.
L’inizio del vangelo di oggi, descrive uno dei più tristi momenti del cristianesimo: Pietro torna a pescare. L’ultima volta, tre anni prima, aveva incontrato sulla riva quel perdigiorno che parlava del Regno di Dio. Torna a pescare; come a dire: fine dell’avventura, della parentesi mistica, si torna alla dura realtà. Gli altri apostoli – teneri! – lo accompagnano sperando di risollevargli il morale. E invece nulla, pesca infruttuosa: il sordo dolore di Pietro allontana anche i pesci. Ma Gesù, come spesso accade, aspetta Pietro alla fine della notte. Gesù ci aspetta sempre alla fine della notte. Di ogni notte.

CAMPERISTI
Il clima è pesante. Nessuno fiata mentre riassettano le reti. Un silenzio rotto solo da quel rompiscatole che si avvicina per attaccare bottone e chiede notizie sulla pesca. Nessuno ha voglia di parlare la schiena curva, il capo chino, cuore ruoteil cuore asciutto e sanguinante. «Riprendete il largo e gettate le reti». Tutti si fermano. Andrea guarda Giovanni che guarda Tommaso che guarda Pietro. Come scusa? Cos’ha detto? Cosa? Nessuno fiata, riprendono il largo, gettano le reti dalla parte debole e accade. È lui.

AMAMI, PIETRO
Il silenzio, ora, è gravido. Gesù si comporta con naturalezza, scherza, ride, mangia con loro. Poi tenta il tutto per tutto e prende da parte Pietro. L’ultima volta che si erano visti era stato al sinedrio. «Mi ami, Simone?» «Come faccio ad amarti, Rabbì, come oso ancora dirtelo, come faccio?» pensa Pietro. «Ti voglio bene» risponde Simone. «Mi ami, Simone?» «Basta, basta Signore, lo sai che non sono capace, piantala!» pensa Pietro. «Ti voglio bene» risponde Simone. «Mi vuoi bene, Simone?»
Pietro tace, ora. È scosso, ancora una volta. È Gesù che abbassa il tiro, è lui che si adegua alle nostre esigenze. Pietro ha un groppo in gola. incoraggiamento cvA Gesù non importa nulla della fragilità di Pietro, né del suo tradimento, non gli importa se non è all’altezza, non gli importa se non sarà capace. Chiede a Pietro solo di amarlo come riesce.
«Cosa vuoi che ti dica, Maestro? Tu sai tutto, tu mi conosci, sai quanto ti voglio bene» Sorride, ora, il Signore. Sorride. Pietro è pronto: saprà aiutare i fratelli poveri ora che ha accettato la sua povertà, sarà un buon Papa. Sorride il Signore e gli dice: «Seguimi».

(PAOLO CURTAZ)

 

“Sulla Tua parola” da TRIONFEREMO, TRIONFEREMO
(P. Paci-G. Santambrogio / El. S. Varnavà) Ed. Rugginenti


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Buona domenica! – II di Pasqua – Anno C

bella notizia cv«Abbiamo visto il Signore!»

Dal Vangelo di Giovanni (Gv 20, 19-31)
II DOMENICA DI PASQUA o della Divina Misericordia – Anno C

È risorto il Signore. La tomba è stata trovata vuota e tutto, ora, è diverso. Non sanno che cosa pensare, i discepoli, alternando momenti di entusiasmo a dubbi e fatica. Chiusi nella stanza alta dove hanno celebrato la cena, ancora faticano a focalizzare ciò che è successo. Tutto troppo. Troppo grande, inatteso, folle, nuovo. Tutto è sparigliato, eccessivo, incomprensibile. È davvero risorto. Ma allora? Chi è davvero il Nazareno? Le donne hanno parlato di una visione di angeli. Ma sono solo donne, emotivamente instabili. Anche i discepoli di Emmaus hanno parlato di uno strano incontro. E Simone, pur nel mutismo che lo contraddistingue da quella orribile notte, ha fatto cenno ad un tale che ha incontrato. Ancora stanno parlando quando Gesù appare.

FEDE
È questione di fede, ovvio. Ed è la fede la protagonista della seconda domenica di Pasqua, ogni anno, con un attore d’eccezione: Tommaso apostolo. Il credente, non l’incredulo. E in questo anno della fede, alla fine di questa storica quaresima in cui lo Spirito ha sparigliato le carte e ci ha donato un nuovo Pietro, riflettiamo su cosa significa “credere”. Concetto ambiguo, nella lingua italiana, in cui credere equivale a dubitare: credo che domani farà bel tempo. Nella lingua della Bibbia, invece, per descrivere l’atto di fede si usano due verbi: ‘aman e hatah, che indicano un punto d’appoggio sicuro, una certezza assoluta (dal primo verbo deriviamo la nostra affermazione liturgica amen: ne sono certo). sfiducia cvCredere significa appoggiarsi a qualcosa di saldo, fidarsi di qualcuno che è affidabile. Tommaso non crede. Non più. Ciò a cui si è appoggiato è miseramente crollato. Il suo entusiasmo si è spento: tutto sembra perduto, il Regno un’illusione, il Rabbì un buono travolto dalla malvagità del potere religioso. Tommaso non ha più certezze perché la croce le ha travolte. Come succede anche a noi. Bene.  Significa che proprio quelle certezze dovevano crollare perché fragili. Ancora non lo sa, Tommaso, ma la sua fede è pronta a rinascere, ad appoggiarsi alla predicazione del Rabbì e non più alle false prospettive che l’apostolo aveva elaborato. Se crolla la fede significa che poggiava su basi fragili e inconsistenti. E siamo finalmente pronti per la Fede.

FIDUCIA
Ma fede significa anche fidarsi. E Tommaso non si fida più dei suoi compagni, della Chiesa. Sono loro a dirgli che Gesù è vivo. pensieroso cvMa come dar loro fiducia dopo aver dimostrato di essere dei pavidi? Degli incoerenti come anch’egli, Tommaso, lo è stato? Ha ragione, Tommaso. Come possiamo credere al vangelo se la Chiesa che lo proclama troppe volte non lo vive? Ma non se va Tommaso. Non si sente offeso se il messaggio della resurrezione è affidato alle nostre fragilissime mani. Non capisce ma resta, senza fondare una chiesa alternativa, senza sentirsi migliore, senza andarsene. E fa bene a restare. Otto giorni dopo il Maestro torna, apposta per lui.

CHIODI
Eccolo, il Risorto. Leggero, splendido, sereno. Sorride, emana una forza travolgente. Gli altri lo riconoscono e vibrano. Tommaso, ancora ferito, lo guarda senza capacitarsi. Viene verso di lui ora, il Signore, gli mostra le palme delle mani, trafitte. «Tommaso, so che hai molto sofferto. Anch’io ho molto sofferto: guarda qui» E Tommaso cede. La rabbia, il dolore, la paura, lo smarrimento si sciolgono come neve al sole. splendore del risorto cvSi butta in ginocchio ora e bacia quelle ferite e piange e ride. «Mio Signore! Mio Dio!».

SAN TOMMASO
San Tommaso, patrono di tutti gli entusiasti che buttano il cuore oltre l’ostacolo, che ci credono a questo Cristo, aiuta quelli che hanno sperimentato sulla propria pelle il fallimento della propria vita. Dona loro di non lasciarsi travolgere dalla rabbia e dal dolore, ma di sapere che il Maestro ama la loro generosità, come ha amato la tua.
San Tommaso, patrono di tutti gli scandalizzati dall’incoerenza della Chiesa, aiuta chi è stato ferito dalla spada del giudizio clericale a non fermarsi alla fragilità dei credenti, ma di fissare lo sguardo sullo splendore del risorto che essi indegnamente professano e sui grandi segni che lo Spirito ci dona come l’avvicendarsi di due grandi vescovi di Roma.
San Tommaso, patrono dei tenaci, aiuta a non sentirci migliori quando, come te, vediamo che i nostri fratelli nella fede sono piccini, ma a restare fedeli al grande sogno del Maestro che è la Chiesa e a convertire la Chiesa a partire da noi stessi.
San Tommaso, patrono dei crocifissi senza chiodi, che hai visto nel segno delle palme del Signore riflesso lo squarcio che la sua morte aveva provocato nel tuo cuore, aiuta a vedere che il dolore, ogni dolore, il nostro dolore è conosciuto da Dio.
San Tommaso, patrono dei discepoli, primo, tra i Dodici, ad avere professato la divinità di Cristo, aiutaci a professare con franchezza la nostra fede nel volto di Dio che è Gesù.

(PAOLO CURTAZ)

“Io l’ho visto” da IL RISORTO (Paoline 2007) di D. Ricci

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Buona domenica! – Domenica delle Palme – Anno C

sindone cv«Veramente quest’uomo era giusto»

Dal Vangelo di Luca (Lc 22,14-23,56)
DOMENICA DELLE PALME – Anno C

Dio non è uno che ti manda le disgrazie. Non è un padrone che ti castra e ti impedisce di volare. Non è un despota che ti fa stare buono e zitto sennò ti castiga e allora lavora. Non è uno che brandisce la Legge e aspetta di lapidarti. Ci vuole il deserto e la verità, la fame di senso e la Parola per riuscire ad arrendersi all’evidenza di Dio. Un Dio che lascia crescere i suoi figli, che ha fatto bene ogni cosa e fa piovere sui giusti e gli ingiusti: un Dio che, come un Padre, scruta l’orizzonte e accoglie con dignità il figlio che lo voleva morto, ed esce a spiegare le sue ragioni all’altro figlio offeso; un Dio che, unico giusto, potrebbe condannarmi e non lo fa, chiedendomi di uscire dalla mediocrità del peccato, falsa libertà.
Siamo alla fine del deserto, amici: ora vediamo all’orizzonte il Tabor. Inizia la grande settimana, la più grande. La settimana piena di stupore e di sangue, di amore e di emozioni. Inizia la settimana Santa.

OSANNA!
Gesù entra a Gerusalemme trionfalmente. La gente applaude, agita in alto i rami strappati dalle palme e dagli ulivi, stende i propri mantelli al passaggio del Rabbì di Galileaosanna cv. Piccola gloria prima del disastro, fragile riconoscimento prima del delirio. Gesù sa, sente, conosce ciò che sta per accadere. Troppo instabile il giudizio dell’uomo, troppo vaga la sua fede, troppo ondivaga la sua volontà. Ma che importa? Sorride, ora, il Nazareno e ascolta la lode rivolta a lui e che egli rivolge al Padre. Messia impotente e mite, energico e tenero, affaticato e deciso. Non entra a Gerusalemme cavalcando un bianco puledro, non ha soldati al suo fianco che lo proteggono, nessuno stendardo nessuna insegna lo precede, nessuna autorità lo riceve: entra in città cavalcando un ridicolo ciuchino, ricordando a noi, malati di protagonismo, che il potere è tale solo se non si prende troppo sul serio, che la gloria degli uomini è inutile e breve. Che potere è servire, come ci ha ricordato papa Francesco.
Osanna, figlio di Davide, Osanna nostro incredibile Dio, nostro magnifico re. Osanna dai tuoi figli poveri e illusi, feriti e mendicanti, Osanna re dei poveri, protettore dei falliti, Osanna! Innalza a te il grido di lode la tua Chiesa, santa e peccatrice, riconosce in te l’unica ragione di vivere, l’unica ricerca, l’unico annuncio, Osanna maestro amato.

LA PASSIONE
Luca racconta la sua passione lasciando trasparire tutto il bene che ha ricevuto da Cristo. Lo ama il Dio di Gesù, ama il Signore che egli ha conosciuto attraverso le parole vibranti di Paolo. E racconta le ultime ore di battaglia, racconta dello scontro titanico tra il Dio rifiutato e la tenebra incombente che suggerisce (a ragione?) a umano cvGesù di abbandonare l’uomo al suo destino. La battaglia, l’agonia è, in Luca, tutta concentrata nella preghiera sanguinante del Getsemani. Capiranno, gli uomini? O anche quel gesto passerà inosservato e inutile come tanti altri? Altro è predicare e guarire, altro morire, nudi, appesi alla croce. Gesù sceglie: consapevolmente, drammaticamente, dolorosamente. Andrà fino in fondo, si immergerà nella volontà degli uomini (di morte), sperando che essi scoprano la volontà di Dio (di dono di sé).
Accetta di morire il Nazareno, il Figlio di Dio, perché nessuno possa dire che ciò che egli annuncia è fantasia o delirio. Dopo, tutto diventa miracolo. Al servo viene riattaccato l’orecchio, Pilato ed Erode diventano amici, Pietro piange il suo tradimento, Gesù viene riconosciuto “giusto” dal procuratore pagano, le donne vengono consolate e scosse, il ladro appeso alla croce perdonato e la folla torna a casa percuotendosi il petto. È piena di inattesa dolcezza la morte di Dio.

AMATO AMORE
Così sei amato, fratello, così sei accolta, sorella. Meditando la passione restiamo anche noi allibiti, costernati. Assistiamo allo spettacolo della morte di Dio, del dono totale di sé. Ecco Dio: pende dalla croce, morto per amore. Dio muore d’amore.
Siàteci, fratelli, fate come dice Luca: assistiamo allo spettacolo della morte di un Dio che muore. Spettacolo che scava le coscienze, che spalanca i cuori, che mozza il fiato. procida, 30 03 09, cristo morto (congrega dei turchini)Quando accogliamo il dolore e lo affidiamo, quando, nonostante la violenza, siamo resi capaci di perdonare e donarci, anche la nostra vita produce inattesi miracoli, prodigi e conversioni, senza che neppure ce ne accorgiamo. Buon cammino fratelli e sorelle. Lasciamoci trascinare dalla narrazione, riviviamo in noi gli odori, i suoni, le luci e i colori di quei tre giorni in cui Dio morì donando se stesso.

(PAOLO CURTAZ)

“Osanna” da IL RISORTO (Paoline 2007) di D. Ricci

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Buona domenica! – V di Quaresima – Anno C

sakineh cv«Mosè, nella Legge, ci ha comandato
di lapidare donne come questa»

Dal Vangelo di Giovanni (Gv 8, 1-11)
V DOMENICA di QUARESIMA – Anno C

Dio non ti punisce, non hai fatto nulla di male perché il Signore ti mandi un lutto o una malattia. Spesso l’origine del dolore siamo noi, la nostra fragilità, le nostre scelte sbagliate. Dio non è un concorrente alla tua felicità, non ce l’ha con te, non devi allontanati da lui per realizzarti. Dio non è un padre/padrone da tenere buono con mille devozioni e mille preghiere. Dio è un padre che ti aspetta, che ti rispetta, che ti lascia fare i percorsi e le esperienze della vita sperando di non perderti. Dio è un padre buono che dà del pane al figlio che gliene chiede, donna pensierosa cvche fa piovere sui giusti e sui malvagi. Ci basta per convertirci? Non ancora? Ascoltiamo la storia dell’adultera, allora.

TRADIMENTI
A Gesù viene intessuta una trappola straordinaria
, ammettiamolo. Una donna (Non ha nome, gli accusatori non la conoscono, è solo una poco di buono) viene colta in flagrante adulterio (E il fedifrago che era con lei? Non c’è, ovvio. Maschilismo assoluto venduto per giustizia…) ed è portata davanti al falegname divenuto Rabbì. Mosé (Mosé?) ha prescritto che donne come “quella” vadano lapidate, in modo che sia chiaro a tutti (alle donne soprattutto) che è meglio restare fedeli. Gesù, spiegaci, cosa dobbiamo fare? Trappola splendida, davvero.
È il Sinedrio che l’ha condannata a morte, quando la pena di morte è riservata ai romani. Gesù si schiererà con l’oppressore? O riconoscerà il giudizio illegittimo del Sinedrio? È Mosè che ha prescritto la condanna a morte: oserà contraddire una legge divina l’anarchico falegname? La scrive per terra cvcondannerà, come dice Mosè, e il padre misericordioso si ritirerà in buon ordine per lasciar spazio al Dio giudice? Una trappola splendida, non c’è che dire.

ARABESCHI
Gesù si china e riflette
. Fa ciò che loro non vogliono fare, compie ciò che ogni legge, ogni giudizio (anche religioso) deve fare: chinarsi, cioè piegarsi nell’umiltà e riflettere, mettere una distanza prima di esprimere un giudizio.
Scrive, ora, il Nazareno. Scrive sul selciato del Tempio, sulla pietra. La legge scritta nella pietra con le parole stesse di Dio, incise a fuoco e consegnata a Mosè è stata tradita, svilita, asservita a costumi e tradizioni solo umane, piccine e meschine. Sì, questa donna ha tradito il marito. Ma il popolo di Israele ha tradito lo spirito autentico della Legge. Richiama all’essenziale, il figlio di Dio, riscrive sulla pietra la legge che gli uomini hanno adattato e stravolto.
Tutti tacciono, ora. Gesù, la Parola, parla. «Avete ragione: ha sbagliato. Fate bene ad ucciderla, occorre essere inflessibili per salvare la Legge. Nessuno di voi sbaglia, tutti siete migliori, a nessuno di voi capiterà di fare lo stesso sbaglio. Bravi. Il primo che non ha sbagliato lanci per primo la pietra». Tutti tacciono, Gesù riprende a scrivere la Legge. E ora la legge si incide nei cuori. Già, ha ragione il Rabbì. Se ragioniamo sempre col codice in mano chi si salva? Se ci accusiamo gli uni gli altri, chi sopravvive?
Tutti se ne vanno, ad uno ad uno. Le pietre restano in terra.

PERDONO
Gesù, ora, è fintamente stupito. Dove sono tutti? Lui, l’unico senza peccato, l’unico che potrebbe a ragione scagliare la pietra, non lo fa. Chiede solo alla donna di guardarsi dentro, di recuperare dignità, di volersi più bene. Gesù non giustifica, né condanna, invita ad alzare lo sguardo, ad andare oltre, a guardare col cuore la fragilità dell’altro e scoprirvi – riflessa – la propria. nessuno ti ha condannata cvNo, Dio non giudica. Ci giudicano la vita, la società, il datore di lavoro, noi stessi. Tutti ci giudicano, Dio no. Dio ama, e basta. E questa donna viene liberata. Salvata dalla lapidazione, è ora salvata dalla sua fragilità. “Non peccare più” ammonisce Gesù.

POPOLO DI PERDONATI
Chiesa, amata Chiesa, fatta di perdonati, non di giusti
. Chiesa abitata da gente che sa perdonare perché perdonata, che giudica con amore, senza ferire, guardando avanti, che indica una strada, non un tribunale. Quando vivremo del perdono che ci riempie il cuore, diverremo trasparenza di Dio per l’uomo contemporaneo che cerca, nel suo profondo, amore e luce in una società che ama solo i bravi e i giusti e dimentica la verità della nostra fragilità.
papa francesco cvÈ un fiume in piena l’incontro con Dio, che fa guardare avanti, come profetizza il profeta Isaia. Senza guardare indietro, i deportati di Babilonia sono invitati a guardare avanti.
Profezia per la Chiesa ripiegata su se stessa, intenta a difendere privilegi e posizioni, sempre impegnata a proteggersi dal mondo esterno invece che a lasciarsi scuotere dallo Spirito!
Profezia per l’uomo che cerca e che è ferito dalla vita, invito a guardare avanti, a credere in una vita diversa, come fa la povera donna adultera che incontra l’infinito sguardo di Dio. Tutto il resto, ci provoca Paolo, è spazzatura, perdita, di fronte alla conoscenza di Cristo. Ci basta?

(PAOLO CURTAZ)

– BENVENUTO TRA NOI Papa Francesco!! –
habenus papam