Carissimi genitori, insegnanti, catechisti, parroci, educatori, mi piacerebbe sapere a cosa pensate quando i mezzi di informazione riempiono le nostre e vostre case di notizie che hanno a che fare con violenze subite dai bambini a opera di genitori, insegnanti, parroci, educatori… Sono notizie che entrano con una violenza inaudita nelle nostre case e non chiedono permesso di dimora. Entrano e sconvolgono la nostra serenità, ma soprattutto sconvolgono il cuore e la fiducia dei nostri ragazzi e vostri figli.
Quando tutto questo accade, io penso a loro. Penso alle domande che si scatenano, silenziose, ma tremende, nel cuore dei nostri bambini, dei più piccoli, quando sentono che una mamma ha ucciso il proprio bambino. Capitemi bene, qui non vogliamo fare il processo a nessuno, ma una cosa dobbiamo farla e con urgenza: capire cosa tutto questo fiume in piena di sofferenza sta provocando nei piccoli. Quali sono le loro paure? Quali le domande quando, la mamma e papà, com’è naturale, li rimproverano? Cosa si scatena in loro quando vi vedono e ci vedono tristi o arrabbiati? Continua a leggere Ai Bambini, regaliamo la speranza!→
“Mamma, guardami, mi riconosci? Sono io!
Ho paura, tanta paura.
Tutti mi guardano, sono davvero in tanti. Alcuni mi sorridono, altri mi sfiorano, a molti piaccio, ma qualcuno mi guarda in modo strano, come se mi volesse rubare qualcosa. Io ho paura! Sono piccolo e non posso fare molto, ma tu sì, proteggimi!
I miei sorrisi sono per te, per papà, per Lalla, insomma… per noi, a casa. I miei primi passi sono la mia prima vittoria sulla vita. I miei compleanni e le fantastiche torte della nonna sono i ricordi più belli che un giorno farò vedere alla donna della mia vita e ai miei figli. Mamma… continua a proteggermi come quando ero dentro di te, non buttarmi nella rete, non trasformarmi in una foto che chiunque, anche i più cattivi, guarderanno.
Mamma non consegnarmi agli sconosciuti, tienimi con te, proteggi la nostra intimità. Tu forse non lo immagini, ma là fuori non tutti mi amano come mi ami tu, non tutti sono felici per il mio primo dentino, non tutti sorridono per il mio bagnetto.
Se vuoi, puoi imparare a regalare le mie foto come se avessi un album tra le mani: puoi imparare ad aprirlo solo per alcuni, solo per chi ci conosce, solo per chi ci vuole davvero bene. Fallo mamma, da oggi… da subito!”
LEGGI MAMMA E RICORDA: quando pubblichi le foto di tuo figlio imposta una buona privacy che salvaguardi la sua incolumità. Evita l’opzione visualizzazione Pubblica e scegli di condividere solo con parenti e amici selezionati. Due minuti in più possono diventare un buon modo per proteggere e tutelare tuo figlio e la tua famiglia.
Cari amici blogger, c’è una settimana nell’anno, che come paoline e paolini, dedichiamo in modo particolare alla riflessione sulla Comunicazione, questo straordinario ambiente di relazioni sfidanti, carico di opportunità e limiti, di compromessi e manipolazione, di responsabilità e moltiplicazione delle idee. La comunicazione ai tempi dei social network non è più strumento nelle nostre mani. E’ grembo che genera in noi la nuova sfida dell’umano, la nuova rivoluzione psico-cognitiva che, nel pensiero di alcuni studiosi sta cambiando le architetture celebrali.
Non si tratta di fare come se non ci fossero. Non è prudente. Ci sono e vivono, strutturano, ampliano le strutture universali della comprensione, della condivisione, delle economie, delle culture. Entrano nelle culture e valicano i confini. Conoscenza significa possibilità di uso critico e responsabile. Per questo riflettere e condividere è molto opportuno!
Vi riporto qui, una traccia di riflessione, scritta proprio in occasione della 46a Giornata Mondiale della Comunicazione.
Spesso il nostro modo di comunicare è più vicino al frastuono, disorientato di Babele, che non alla relazione del giorno di Pentecoste. Il tema della giornata: “Silenzio e Parola, cammino di evangelizzazione” può aprirci interessanti percorsi di approfondimento e attuazione.
Babele, ossia la città in cui furono confuse le lingue, perché l’uomo non ascoltasse più l’altro uomo.
Babele, ossia il più eloquente tentativo di silenziare la parola, rendendola rumore. E guardata da questa prospettiva, potrei, senza tentennamento alcuno, affermare che Babele è oggi città decisamente all’avanguardia, ad altissima densità demografica, in forte espansione e capace di far vivere in sé meccanismi di stordimento, incomprensione, travestimento del bene e del vero, in cui paradossalmente si moltiplicano le presenze.
Babele è la rete? È il web 2.0 ad averla riportata in vita? È il mondo in cui tutti dicono la loro verità? Si rincorrono, con sempre maggiore frequenza, studi, interviste, approfondimenti e a volte scoop. Presenze significative nel mondo della rete, creano opinione: dalla Chiesa ufficiale alle innumerevoli associazioni, movimenti, organizzazioni, di ogni ordine e grado, e ognuno con la sua proposta, con il proprio orizzonte. Essere in rete infondo significa esserci, evolvere, entrare lì, dove, e a ritmi vorticosi, si rincorrono e si smentiscono le opinioni sul buono e sul giusto, sui rischi e sulle potenzialità, su tutto e sul suo contrario. La rete, il web, i nuovi spazi di socializzazione presentano se stessi al mondo, proponendo ogni giorno sempre più spettacolari e inaudite novità.
Ma a noi non può bastare! Noi che la comunicazione la vogliamo abitare, non vogliamo semplicemente alternarci nelle opinioni, come cori in due navate. Non vogliamo essere “confusione”, non ci basta!Affermare che la comunicazione sia Babele, è sterile; ma riconoscere che Babele affascini la comunicazione è doveroso. A Babele ogni progetto fallisce, perché le voci non diventano parole e i suoni si disperdono nel pensiero autoreferenziale di chi instancabilmente sogna da solo. A Babele il domani non sorge, perché l’altro non esiste. Babele c’è, è città opulenta che investe lì dove la scelta di campo è isolarsi, difendersi, manipolare, usare. Babele ha cittadini illustri che insegnano l’arte del travestimento; è patria di chi strumentalizza l’altro senza mai volerlo incontrare, di chi in un click pretende di salvare o distruggere, gratificare o annientare.
Babele non è solo la città della grande sfida lanciata dall’uomo a Dio; Babele continua a essere lo spazio dell’uomo contro se stesso, spazio del silenzio imposto alla parola, spazio del non ascolto. A Babele la parola non è incontro, non crea, non “mi fa”. A Babele la parola non è mai un evento, non è incontro di “Tu” che si donano reciprocamente vita, volto, identità. Babele è il solo oggi che, con me, nasce e muore, che non si dà, non è capace di perdersi nell’altro, per scoprirsi nuovo. A Babele vivono migliaia di parole che continuano a non accadere, a non fare breccia, a non diventare vita.
E ora sta a ognuno di noi sciogliere la metafora, entrare nella concretezza di ciò che sperimentiamo e costruiamo. Potrei raccontarvi dei tanti profili di social network, delle parole scaraventate nel web spesso come spade schioccanti nel vuoto, dei numerosi progetti che non continuano, delle innumerevoli ONLUS che promettono soluzioni e a una realtà che continua a incancrenirsi, delle tante forme di solidarietà individuali, che non riescono mai a costruire alleanza. Potrei, ma non lo farò. Babele non esiste fuori di noi, non è uno spazio da cui difendersi, non è il rischio di un modo nuovo di fare comunicazione. Babele vive in noie dà se stessa in ogni parola sprecata, in ogni opinione resa verità, in ogni confronto negato, in ogni progetto chiuso alla collaborazione, in ogni ascolto negato, in ogni uso e abuso di parola e di silenzio. A Babele la parola tace, ma dove l’ascolto placa Babele, il silenzio parla e la parola accade, come evento nuovo che ha il sapore della vita!
La Parola si fa voce:
la forza apostolica della comunicazione.
La comunicazione oggi è il nuovo grembo in cui ogni essere umano nasce e matura, ereditandone automaticamente rischi e opportunità […]
Tutti, siamo immersi nello straordinario e sempre stupefacente (positivamente e non) mondo dei new media, dei personal media dove paradossalmente la comunità appare ma non c’è, dove con un click mi coinvolgi o mi elimini, mi lasci entrare o mi escludi dalla tua vita; dove tutti avanzano diritti e pretese; dove si moltiplicano i maestri e, in compagnia di migliaia di amici, inizio a sentirmi sempre più solo. Eccolo il pianeta comunicazione, questo sconfinato universo senza limiti, né misure, in cui sempre più urgente diventa annunciare il Vangelo perché nell’incontro vero con la Parola, l’uomo può incontrare il vero se stesso. È in questa nuova piazza che l’uomo si intrattiene; qui trascorre lunghe ore del giorno; qui lo troviamo!
Il punto è: quale Dio viene annunciato? È ancora vivo il Cristo Risorto? È viva la sua Parola?Si riconoscerebbe dalle descrizioni? Ci considererebbe annunciatori del suo messaggio?
Fondamentalismo, fideismo, immaginette sdolcinate, cristi luminosi o trafitti, madonne luccicanti… ma quanto Vangelo corre sulla rete?Chi cerca Dio, quale Dio trova? […]
La voce della parola divina deve risuonare anche attraverso la radio, le arterie informatiche di Internet, i canali della diffusione virtuale on line, i cd, i dvd, i podcast e così via; deve apparire sugli schermi televisivi e cinematografici, nella stampa, negli eventi culturali e sociali…
Questa nuova comunicazione, rispetto a quella tradizionale, ha adottato una sua specifica grammatica espressiva ed è, quindi, necessario essere attrezzati non solo tecnicamente, ma anche culturalmente per questa impresa.
La Parola, afferma san Paolo, deve potersi diffondere e, per questo, ha bisogno della comunicazione. Ma come siamo chiamati a donarlo? Come, oggi qui, possiamo anche noi dare Gesù al mondo?…