Dal Vangelo di Luca (Lc 1, 28) II DOMENICA DI AVVENTO – Anno A
Quest’anno alla nostra seconda domenica di Avvento si sovrappone la festa dell’Immacolata Concezione; due fra i personaggi principali dell’avvento, Maria e Giovanni, ci insegnano il corretto atteggiamento dell’attesa. Natale arriva in fretta e corriamo il rischio di non prepararci con verità a spalancare il cuore all’accoglienza. Rischio reale e sempre attuale, ancora più evidente in questo tempo di profonda crisi in cui la speranza sembra spegnersi giorno dopo giorno. Basta guardare un notiziario per cadere in depressione: la lotta politica intestina è al calor bianco, la crisi economica stenta a risolversi, le diplomazie internazionali fanno i conti con le proprie irrisolte faccende. Perciò abbiamo bisogno di guardare al di là della concretezza, di sollevare lo sguardo, di osare, di credere. L’anno della fede, così denso e stupefacente (abbiamo visto due papi!) ci invita a trovare nell’anima la nostra vera dimensione. Credere è l’unico gesto che ci aiuta a restare ancorati alla vita, a non fuggire. Abbiamo urgente bisogno di uomini che diventino segni. Di profezie viventi.Come Maria, come Isaia, come Paolo, come Giovanni il folle di Dio.
ATTESE
Ci prepariamo al Natale per essere presi, non lasciati. Presi dalla sconcertante notizia di un Dio che si fa uomo, di un Dio che rischia tutto diventando un bambino fragile e inerme. Uomini e donne ci annunciano la venuta di Cristo nella gloria, mentre a noi è dato di accoglierlo nella storia personale di ciascuno.
Isaia, immenso profeta, sogna un mondo in cui il Messia riporta l’armonia che abbiamo perso per strada. Paolo, alla fine del suo percorso di annunciatore, scrive ai cristiani di Roma invitandoli a tenere viva la speranza a partire dalla consolazione che ci deriva dall’ascolto delle Scritture, scritte apposta per noi. Certo: la Storia grande è al di sopra e al di là della nostra capacità di comprensione. Ma Continua a leggere Buona domenica! – II di Avvento – Anno A→
Dal Vangelo di Matteo (Mt 24,44) I DOMENICA DI AVVENTO – Anno A
Di già? Riparte l’Avvento, l’anno liturgico nuovo, il percorso verso il Natale. Ciò significa che fra un mese saremo di nuovo a tavola ad aprire i doni e a farci gli auguri. Almeno chi ha qualcuno con cui sedersi e quattro soldi per comprare un regalo. E ci guardiamo intorno, spaesati, come chi, dopo una lunga notte di battaglia, vede il bagliore dell’aurora a oriente. Siamo troppo stanchi per gioire. Troppe ferite da curare. Troppa emorragia di speranza per prendere sul serio i poco convinti inviti alla gioia che cominciamo a vedere in televisione. Arriva Natale, certo, e noi qui in mezzo al campo di battaglia. Intenti a cercare il fine, non a invocare la fine. Abbiamo assoluto bisogno di fermarci, almeno qualche minuto, di guardare dove stiamo andando, di trovare un filo a cui appendere, come dei panni, tutte le nostre vicende. Oggi inizia l’Avvento: ne avevo bisogno, sinceramente.
ANELITO Sono quattro settimane che ci preparano al Natale, un’arca si salvezza che ci viene data per ritagliarci uno spazio di consapevolezza. Un mese per preparare una culla per Dio, fosse anche in una stalla. Non siamo qui a far finta che poi Gesù nasce: è già nato nella storia, tornerà nella gloria. Ma ora chiede di nascere in me. Qui, ora, oggi. In mezzo alla crisi di un mondo in disfacimento, in mezzo ai mille casini che devo quotidianamente affrontare, strappando con i denti un tempo per vivere sul serio. Io voglio prepararmi, Continua a leggere Buona domenica! – I di Avvento – Anno A→
Dal Vangelo di Luca (Lc 23,39) NOSTRO SIGNORE GESU’ CRISTO RE DELL’UNIVERSO – Anno C
Sorrido ogni volta. Ogni anno. E mi piace sempre di più questo cristianesimo zoppicante ma felice, pacioccone ma fedele. Un popolo errante, spesso incoerente, spesso entusiasta, che da duemila anni annuncia e attende. E ogni anno, alla fine del tempo liturgico, prima di iniziare il percorso di Avvento, celebra questa non-festa, la Solennità di Gesù Cristo re dell’Universo, come pomposamente recita il Messale. Era l’ora, finalmente, ci mancava. Le istituzioni degli uomini vacillano, le ansie di cui domenica scorsa stringono il cuore di tutti, credenti o meno, non ci dispiacerebbe un bel finale della storia con l’arrivo dei nostri, come nei film western degli anni Sessanta. Cristo Re. Ma dove? Capiamoci bene allora, nessuna nostalgia monarchica, non scherziamo. Ma una riflessione finale sulla fine, sul fine. Stiamo per leggere un brano da vertigini con cui Luca si congeda.
GUARDARE OLTRE
Le ragioni per scoraggiarsi non mancano, e la fragile storia fatta di soprusi e di violenza, continua a dettare legge. Non è cambiato molto in questi duemila anni di cristianesimo, il Regno sembra essere un bel progetto rimasto sulla carta, un afflato spirituale di qualche sognatore. Proclamare che Cristo è Re significa Continua a leggere Buona domenica! – Solennità N.S. Re dell’Universo – Anno C→
Canto al Vangelo (Lc 21,28) XXXIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO – Anno C
Meglio lasciar perdere, siamo onesti. Leggere o ascoltare le notizie di cronaca o di politica induce alla depressione. La rissosità e la vacuità sono assurti a stile di vita. La crisi è reale, subdola, inchioda le famiglie alle proprie fatiche, impedisce di immaginare un futuro. Ma quello che più scoraggia è la generale disillusione, la cattiveria dilagante, l’aria che tira.Come da fine impero, come a Pompei prima dell’eruzione, come nel più cupo medioevo. Tecnologico e buio. Sapremo di andare a fondo leggendo la notizia su un tablet, bel progresso. Dai roghi tossici ai femminicidi, dai giochi d’azzardo che svuotano le tasche degli italiani regalando un’amara illusione alle cupe previsioni economiche, per la prima volta sperimentiamo sul serio (e non, come spesso accade in Italia, per abitudine scaramantica alla lamentela) la fatica ad andare avanti. Come nel dopoguerra, ma senza guerra. In questi tempi cupi un po’ ci si affida alla fede, molto di più ai cartomanti e ai santoni, vivi o imbalsamati. E, ovviamente, qualche veggente cattolico ci assicura che siamo negli ultimi tempi. Ma dai! Che scoperta! Dalla resurrezione in avanti siamo alla fine dei tempi. State a sentire Luca, allora.
TIME OUT In questa penultima domenica dell’anno liturgico Luca parla alla sua e alla nostra comunità degli ultimi tempi. Quelli che sono già iniziati. Non parla della fine ma del fine. Non della clamorosa implosione del mondo ma del senso della storia. A capirla e saperla leggere. Sta evangelizzando una comunità perseguitata, impressionata dalla distruzione di Gerusalemme e del tempio, impaurita dall’ondata di odio scatenata da Nerone. Siamo perduti?, si chiedono i suoi parrocchiani, È la fine? Non ve lo chiedete mai? Io sì. E se Dio si fosse sbagliato? E se la vita fosse davvero un coacervo inestricabile di luce e di tenebre che mastica e tritura ogni emozione e ogni sogno? E se Dio – tenero! – avesse esagerato con l’idea della libertà degli uomini e del fatto che l’uomo può farcela da solo? Me lo chiedo quando incontro gli amici di Napoli che non sanno più cosa fare, che pensano che, forse, hanno vinto i malvagi. Me lo chiedo quando vedo un giovane papà prendere il camper e andare in Germania a cercare lavoro, con una laurea in tasca e un ex-lavoro da dirigente. Me lo chiedo quando vedo persone sane, trasparenti, volenterose venire offese, turlupinate, ingannate e restano seduti nella sala d’aspetto delle opportunità (sociali, lavorative, economiche) vedendosi passare davanti persone ignoranti e arroganti. È la fine? Dobbiamo arrenderci? Continua a leggere Buona domenica! – XXXIII del Tempo Ordinario – Anno C→
Dal Vangelo di Luca (Lc 20,35) XXXII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO – Anno C
Quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito. La risposta di Gesù alla beffarda storiella dei sadducei apre un piccolo spiraglio sul come della vita eterna, un interrogativo che non scompare mai dalla nostra giusta curiosità. L’affermazione può preoccuparci, perché il pensiero che, una volta entrati nella vita eterna, tutti i rapporti vissuti in questa vita siano azzerati, e i nostri genitori, i nostri figli, i nostri compagni di viaggio siano completamente allontanati da noi, sarebbe angosciante e anche crudele. La morte, infatti, distruggerebbe ogni legame con i nostri cari, e sarebbe come se non avessimo mai vissuto. In realtà, Gesù non intende questo, ma che i risorti non prendono né moglie né marito, perché, se sono stati sposati rimangono sposati; così come se sono stati genitori, rimangono genitori; se sono stati compagni di viaggio e amici, rimangono compagni di viaggio e amici. Se è così, Continua a leggere Buona domenica! – XXXII del Tempo Ordinario – Anno C→
Dal Vangelo di Luca (Lc 19,3) XXXI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO – Anno C
Spero siate sopravissuti all’orribile festa che ci ha rubato la dolente e fiduciosa riflessione sul destino dei nostri morti. E della gioiosa speranza che ci attende in compagnia dei santi. Lo so, è inevitabile che altri modi e altri mondi invadano le nostre consunte e fragili certezze culturali e di fede. Sono solo stupito dalla velocità imbarazzante con cui ciò avviene. Un festa di origine pagana, irlandese, che il cristianesimo aveva “battezzato”, ha invaso le nostre fantasie ormai deforme e irridente:i defunti lasciano lo spazio alla paura dei mostri e la corretta mestizia è sostituita dalla burla irriverente. Esagero, forse, maè incredibile come continuiamo a regalare pezzi della nostra cultura per sostituirli con pezze costruite ad arte dal mercato. Pazienza. Riprendiamo la Parola, allora, cerchiamo di oltrepassare il muro di persone, opinioni, grida che ci impedisce di vedere Gesù che passa.
PICCOLEZZE E PICCINERIE Zaccheo è un manager riuscito: ha fatto soldi a palate, grazie all’appalto delle tasse dall’invasore romano. Un usuraio, diremmo oggi, un furbo senza scrupoli come i caimani che squartano la finanza italiana, al centro il profitto, il resto è relativo. È rispettato, temuto dai suoi concittadini: basta un suo gesto e i soldati romani intervengono. Ma è rimasto solo. La ricchezza e il potere sono avari di amici e di gratuità.
Zaccheo ha sentito parlare del Galileo, quel tale Nazareno che la gente crede un guaritore, un profeta e, curioso, lo vuole vedere senza farsi vedere. Luca, grande scrittore, introduce il suo personaggio in maniera negativa: è il capo dei pubblicani ed è ricco. Continua a leggere Buona domenica! – XXXI del Tempo Ordinario – Anno C→
Dal Vangelo di Luca (Lc 18,9) XXX DOMENICA del TEMPO ORDINARIO – Anno C
Siamo tutti lebbrosi e tutti chiediamo la compassione che troppo spesso il mondo ci rifiuta. La crisi che addenta l’Occidente ha fatto una prima vittima: la speranza. La lotta quotidiana per andare avanti rischia di inaridire il nostro cuore, di renderlo indurito e rabbioso. Come accade nella nostra Italia sempre più schierata, sempre più aggressiva. Siamo tutti lebbrosi e Cristo ci guarisce. Non andando al tempio, non rifugiandoci in una religiosità della cerimonia e della devozione, ma andando direttamente a Cristo la Parola incarnata. Allora diventiamo capaci di ringraziare (letteralmente eucaristizzare, di scoprire in Cristo lo sposo dell’umanità). Ma per tornare indietro, per convertirci, dobbiamo fare spazio nel cuore. Riconoscere l’abisso che ci abita. Non ditelo al fariseo.
IL FARISEO E L’INGOMBRO DEL CUORE
I farisei erano devoti alla legge, cercavano di contrastare il generale rilassamento del popolo di Israele, osservando con scrupolo ogni piccolissima direttiva della legge di Dio. Bella gente, poche storie. Certo, il fariseo ci sembra arrogante ma, in realtà, è solo pieno di zelo. L’elenco che il fariseo fa, di fronte a Dio, è corretto: Continua a leggere Buona domenica! – XXX del Tempo Ordinario – Anno C→
«Quando tornerò,
troverò ancora la fede sulla terra?»
Cfr. Vangelo di Luca (Lc 18, 8) XXIX DOMENICA del TEMPO ORDINARIO – Anno C
Amo la preghiera, ne ho bisogno. Sento una forza straordinaria che mi proviene dalla meditazione orante della Parola. Ma prego male e distratto, come tutti. Non sempre al mattino, prima dell’alba, riesco ad alzarmi per ritagliarmi dieci minuti e alla sera, spesso, è la stanchezza a prevalere sul desiderio. Ho la fortuna immensa di fare della Parola il mio “lavoro” e, questo sì, la frequentazione della Parola mi allarga il cuore. È faticoso pregare, per tutti: amici monaci, loro che pregano sei, otto ore ogni giorno, mi raccontano – sorridendo – della loro fatica a pregare. Che buffo. Convincere alla preghiera è impossibile. Far smettere chi, pregando, ha scoperto il volto di Dio è altrettanto difficile. Dovrei parlarvi della preghiera ma so che è un’esperienza unica e personale, che i libri per insegnare a pregare servono solo a chi li ha scritti.
CONFIDENZE
La preghiera è il santuario in cui scopriamo il vero volto di Dio, il luogo dove l’anima incontra la nostra vita frammentata e sconclusionata. Conservare e coltivare una vita interiore in questo tempo feroce, in un occidente che ha smarrito l’anima, ha un che di eroico. Come ho già avuto modo di scrivere, ho pregato tanto ma Dio non mi ha mai dato ciò che ho chiesto. Ma tutto ciò che desideravo, senza saperlo. Ora, superata la metà della mia vita, ho scoperto il senso profondo di quel “bussate e vi sarà aperto”. Continua a leggere Buona domenica! – XXIX del Tempo Ordinario – Anno C→
Dal Vangelo di Luca (Lc 17,15) XXVIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO – Anno C
esù sta salendo verso Gerusalemme, col volto indurito, deciso di rendere testimonianza al Padre, costi quel che costi. Non lo sanno, gli apostoli, che il Rabbì già intuisce la deriva della sua missione e che questa sensazione, invece di abbatterlo, non fa che motivarlo e spingerlo al dono totale di sé.
Sulla strada gli si fanno incontro dieci lebbrosi che urlano a distanza. La lebbra è una malattia terribile e devastante, che marcisce il corpo, lo spirito e le relazioni. I rabbini dicevano che un lebbroso era come un morto e poteva solo contaminare chi lo toccava. E che la lebbra era la massima punizione che Dio infliggeva al peccatore.
Sono dieci. Dieci sono le dita di una mano, il numero dieci indica, in Israele, la totalità. Siamo tutti malati, tutti lebbrosi, tutti bisognosi. Dei dieci uno è straniero, nemico, un samaritano. Ma la malattia e il dolore accomunano ogni uomo, senza distinzioni di religione o di etnia. La sofferenza è e resta l’esperienza più comune del vagare umano. Urlano il loro dolore, il loro abbandono, il loro lento ed inesorabile imputridire. Chiedono pietà, la compassione che nessuno offre loro. E, forse, sperano un un’elemosina. Gesù chiede loro di andare dai sacerdoti per essere guariti. A volte Gesù ci guarisce a rate, ci chiede di metterci in cammino per vedere dei risultati. A volte Gesù, simpaticone, ci chiede di andare da un prete per essere guariti.
Dal libro del profeta Abacuc (Ab 2,4) XXVII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO – Anno C
Bravo Francesco! Anche se i giornalisti – ma dai? – lo hanno tirato per la giacchetta, sottolineando della lunga intervista che ha concesso quello che a loro maggiormente aggrada, di fatto il papa venuto dai confini del mondo ha indicato a tutti, con sconcertante semplicità, la via per ridare alla Chiesa prospettiva e credibilità: tornare all’essenziale. L’aborto resta un omicidio e la vita va difesa, i peccati restano tali, non si tratta di proclamare un irrealistico “libera tutti” che tradisce al verità dell’uomo. Indicando il peccato la Chiesa proclama la grandezza dell’uomo che può sbagliare, perché libero. Perciò può redimersi, accogliere il perdono, pentirsi, cambiare. Ma, e questo è essenziale, la Chiesa non è primariamente un’agenzia morale, è la sposa che annuncia lo Sposo. In un ospedale da campo (immagine fortissima!) si curano le laceranti ferite da guerra, senza badare troppo alle sottigliezze della glicemia… Siamo in un campo di battaglia e siamo chiamati a curare le ferite esistenziali dell’essere umano. Ripartire dall’annuncio della misericordia e della salvezza. Senza cedimenti, senza paura. I valori non negoziabili restano, ci mancherebbe. Ma è l’uomo il principio su cui si basa il cristianesimo. L’uomo libero. E Dio solo dona la libertà che l’uomo invano cerca altrove.
ABACUC Abacuc è sconfortato, come non capirlo? Il piccolo e ostinato popolo di Israele deve continuamente lottare per sopravvivere in mezzo ai giganti: gli egiziani e gli assiri prima, i babilonesi poi… tutta la storia è un susseguirsi di invasioni e colpi di stato, di tragedie e di ingiustizie. Ora ai confini di Israele premono i Caldei. Il re d’Israele, un idiota, pensa solo a farsi costruire un palazzo. Il profeta, esasperato, rivolge la propria preghiera a Dio: ha un bel difenderlo di fronte al popolo, ma come si fa a suscitare la fede in un popolo esasperato? Dio risponde invitando Abacuc e Israele alla fede, a conservare la fede, la fiducia. Come Eleazaro domenica scorsa, Dio promette di stringere tra le proprie braccia con immenso affetto il giusto che vive a causa della fede.Profeti di ieri e di oggi si scontrano continuamente con la stessa disarmante obiezione: dov’è Dio quando l’uomo scatena la propria violenza? Quando prevale la tenebra? Quando il giusto è irriso e disprezzato? E la Parola oggi risponde: solo con la fede possiamo osare.
FIDARSI Abacuc è invitato a fidarsi, Timoteo riceve una commovente lettera da Paolo incarcerato ed è invitato a fare memoria della propria vocazione episcopale, gli apostoli, dopo un primo galvanizzante momento di euforia per i successi conseguiti dal Nazareno, cominciano a scontrarsi con il proprio limite e con l’ostilità di alcuni farisei e sentono la fiammella (timida) del credere lentamente vacillare.Fidatevi, dice la Parola, fidati, affidati, diffida delle tue presunte certezze. La fede è il ragionevole abbandonarsi nelle braccia dell’amato, nel gesto incosciente e ovvio del bambino che si getta fra le braccia del padre.
Non siamo chiamati a fidarci di un mistero imperscrutabile, a seguire ciecamente gli ordini della divinità, ad abbassare la testa alla volontà ostica e incomprensibile di una moloch a cui dobbiamo credere. Il Dio di Israele chiede fiducia, il Dio che ha camminato nel deserto e sofferto, il Dio che ha accompagnato e illuminato una tribù di beduini facendola divenire popolo della speranza, il Dio che ha illuminato i re di Israele, il Dio che ha strappato degli uomini dal pascolo e dalla terra consacrandoli profeti, il Dio che – esausto – è diventato uomo (fragilità, stanchezza, sudore, decisione, rischio) per raccontarsi chiede fiducia, non uno qualsiasi. Il Dio che ha dimostrato milioni di volte quanto dolorosamente ama.
FIDUCIA IN LUI Fiducia nel Nazareno rivelatore del padre, figlio del Dio benedetto che ha sconvolto la vita dei suoi discepoli svelando il volto del Padre morendo sulla croce. Fidatevi almeno quanto un granellino di senapa, dice il Maestro.Abacuc non lo sa, ma l’ennesimo scontro con una cultura straniera obbligherà Israele a riscoprire le proprie radici e diventare (tornare ad essere?) segno nel mondo. Paolo non lo sa, ma le sue parole doloranti e aspre saranno prese dallo Spirito Santo e riempite di Dio così che noi, oggi, leggiamo la Parola di Dio sulle labbra screpolate di Paolo lo scoraggiato e irrequieto apostolo. Pietro e Giovanni e gli altri non lo sanno, ma la loro fede, più piccola di un granellino di senapa, crescerà e diventerà un immenso albero alla cui ombra ci riposiamo noi, pavidi discepoli del terzo millennio… anche quando i cristiani smontavano la credibilità della Chiesa pezzo per pezzo…
LEGGEREZZA La nostra non è la fede dei meriti, come quella dei farisei. Non possiamo porre una dogana alla porta della Chiesa facendo entrare solo coloro che se lo meritano. Siamo tutti servi che fanno il proprio dovere, non esistono, agli occhi di Dio, migliori o peggiori. Dio dona a ciascuno secondo la propria necessità, non secondo il proprio merito. Siamo solo dei servi della Parola. Cioè il mondo è già salvo, non dobbiamo salvarlo noi. A noi è chiesto di vivere da salvati, a guardare oltre, al di là e al di dentro. A noi Gesù chiede di vivere come uomini di fede, a camminare nel nostro cammino con un cuore compassionevole e gravido di pace, fecondo e accogliente. Con leggerezza.
Per il resto lasciamo a Dio fare il suo mestiere.
PAOLO CURTAZ
la vertigine non è
paura di cadere
ma voglia di volare