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Questione di fariseite acuta- BUONA DOMENICA! XXXI DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

UNA PREGHIERA COME SOSTEGNO

DAL VANGELO DELLA DOMENICA
(Mt 23,1-12)

In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».

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Opere e parole – Buona domenica! – XXXI domenica del Tempo Ordinario – Anno A

«Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato». (Mt 23,12) 

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Buona domenica! – XXXI del Tempo Ordinario – Anno C

guardare dalla finestra cv…cercava di vedere chi era Gesù…

Dal Vangelo di Luca (Lc 19,3)
XXXI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO – Anno C

Spero siate sopravissuti all’orribile festa che ci ha rubato la dolente e fiduciosa riflessione sul destino dei nostri morti. E della gioiosa speranza che ci attende in compagnia dei santi. Lo so, è inevitabile che altri modi e altri mondi invadano le nostre consunte e fragili certezze culturali e di fede. Sono solo stupito dalla velocità imbarazzante con cui ciò avviene. Un festa di origine pagana, irlandese, che il cristianesimo aveva “battezzato”, ha invaso le nostre fantasie ormai deforme e irridente: i defunti lasciano lo spazio alla paura dei mostri e la corretta mestizia è sostituita dalla burla irriverente. Esagero, forse, ma è incredibile come continuiamo a regalare pezzi della nostra cultura per sostituirli con pezze costruite ad arte dal mercato. Pazienza. Riprendiamo la Parola, allora, cerchiamo di oltrepassare il muro di persone, opinioni, grida che ci impedisce di vedere Gesù che passa.

PICCOLEZZE E PICCINERIE
businessman cvZaccheo è un manager riuscito: ha fatto soldi a palate, grazie all’appalto delle tasse dall’invasore romano. Un usuraio, diremmo oggi, un furbo senza scrupoli come i caimani che squartano la finanza italiana, al centro il profitto, il resto è relativo. È rispettato, temuto dai suoi concittadini: basta un suo gesto e i soldati romani intervengono. Ma è rimasto solo. La ricchezza e il potere sono avari di amici e di gratuità.
Zaccheo ha sentito parlare del Galileo, quel tale Nazareno che la gente crede un guaritore, un profeta e, curioso, lo vuole vedere senza farsi vedere. Luca, grande scrittore, introduce il suo personaggio in maniera negativa: è il capo dei pubblicani ed è ricco. Continua a leggere Buona domenica! – XXXI del Tempo Ordinario – Anno C

Buona domenica! – XXXI del T.O. – Anno B

… Amerai …

Dal Vangelo di Marco (Mc 12, 28-34)
  XXXI Domenica del Tempo Ordinario – Anno B

Siamo ciechi e mendicanti. Ai margini della Storia possiamo passare il tempo a rassegnarci o a piangerci addosso o, come Bartimeo, gridare a squarciagola il nostro dolore, senza rassegnazione. “Tempo sprecato” ci dice il mondo attorno a noi. Il Nazareno, invece, sente il nostro grido e ci manda a chiamare. Guariti nel profondo, fatta luce nella nostra vita rabbuiata, seguiamo Gesù per la strada, dicendo agli altri mendicanti: “Coraggio, alzati, il Signore ti chiama”. Questa è la Chiesa: un popolo di ex ciechi, ma ancora mendicanti, che gioiscono nel raccontare ad ogni uomo il volto compassionevole di Dio.
Nella splendida festa dei santi abbiamo guardato avanti, lasciando emergere in noi la nostalgia della santità possibile. E in quella luce abbiamo accolto la buona notizia di Dio riguardante il destino di chi amiamo e non c’è più. Ora Marco, che ci ha accompagnato quest’anno, ci sta per salutare. Ma, prima, ancora assesta qualche poderosa zampata.

CATECHISMO
Qual è la cosa più importante della vita e della fede? La domanda del nostro amico scriba è, in fondo, la domanda, l’unica vera domanda che vale la pena di porsi e a cui rispondere. Per cosa vale la pena di vivere? La domanda che portiamo nel cuore, tutti, necessita di una risposta, prima o poi. Come Bartimeo, cieco, anche noi mendichiamo una risposta e non troviamo il senso dentro noi stessi, abbiamo bisogno che qualcuno ce la doni. È il punto di partenza per ogni ricerca, per ogni vita: cercare, chiedere, ammettere con disarmante semplicità che siamo fragili e non troviamo in noi stessi una qualche ragione per vivere.
Lo scriba è più interessato a far sfoggio di cultura che a mettersi in discussione, in lui la Parola si è inaridita ed è diventata ricerca di approvazione, non inquietante interrogativo. Non c’è tensione nella sua domanda, ma esercizio di retorica; sa, ma non vive, conosce, ma non ha ancora spalancato in sé l’amore. La sua è una discussione teologica, come molti vuole districarsi negli oltre seicento precetti che il pio israelita era tenuto a vivere quotidianamente.
Qual è il senso della vita, Maestro Gesù? E Gesù sorride, benevolo, e spiega: “lasciati amare, amati, ama”.

LASCIATI AMARE
Lasciati amare da Dio, anzitutto.
Può l’amore essere un comandamento? Posso comandare di amare Dio? È un controsenso! L’amore è scelta, è libertà, è sentimento, emozione, passione travolgente. Posso rispettare, temere, ma non amare, se vi sono costretto. Esiste una verità semplice, un comandamento prima del primo, un comandamento zero, un comando soggiacente a tutta la Scrittura: lasciati amare. Dio ci ama, quando lo capiremo? Ci ama senza condizioni, senza possesso, senza fragilità. Ci ama non perché meritevoli (che amore è un amore che pone condizioni?), non ci ama perché buoni ma, amandoci, ci rende buoni. Gesù è morto per affermare questa certezza, ci ha creduto e ne è morto.

AMATI
La seconda condizione per cui vivere: ama te stesso. Quando Gesù afferma di amare il prossimo come se stessi, ci obbliga a guardare il rapporto che abbiamo col nostro dentro, col nostro intimo. Amati, cioè accetta ciò che sei, i tuoi limiti, le tue parti oscure. Un falso cristianesimo ci impedisce di gioire di noi stessi, vedendo in questo atteggiamento un atto di egoismo. L’egoismo è, invece, non accettare il proprio limite, volere accaparrare invece di fare della propria vita un dono. L’egoista appare, si sforza di vendere un’immagine di sé che gli impedisce di diventare autentico e di gioire. Siamo dei capolavori, dei pezzi unici, pensati dall’eternità. E la vita è l’opportunità per scoprirlo, per vedere i doni che Dio ci ha donato per i fratelli. Ma si può fare, sul serio, guardarsi come ci vede Dio, non come il nano delle nostre paure né il gigante dei nostri sogni, ma come persona che Dio ha pensato e amato. Allora posso amare dell’amore che ho ricevuto e che ha trasfigurato il mio cuore, allora posso davvero vivere riconciliato nel profondo con il fratelli.

AMA
Infine il Maestro ci dice: ama.
Ama Dio perché ti scopri teneramente amato, amalo perché te ne innamori, amalo come riesci, ma tutto, interamente. Non esiste l’amore puro, non esiste il gesto totale, il nostro amore, spesso, è vincolato, fragile, appesantito. Pazienza: tu ama con tutto ciò che riesci, come riesci, ama senza paura.
Eccolo il segreto, amici. Scoprire di essere amati, di essere amabili, di diventare capaci di amare nel nostro modo un po’ grossolano e fragile. Dio ci rende capaci di amore, di luce, di pace, di essere segno e dono, di donare, di contrastare la logica di questo mondo. Non l’amore possessivo e di fusione, ridotto ad emozione che oggi ci viene venduto. Ma l’amore adulto e posato, forte e tenace di chi sceglie di farsi carico di sé, degli altri, del mondo.
Difficile, vero.
Si ha l’impressione di nuotare controcorrente.
Ma nel fiume solo i pesci morti seguono la corrente.

(PAOLO CURTAZ)


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