…non prendono né moglie né marito…
Dal Vangelo di Luca (Lc 20,35)
XXXII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO – Anno C
Quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito. La risposta di Gesù alla beffarda storiella dei sadducei apre un piccolo spiraglio sul come della vita eterna, un interrogativo che non scompare mai dalla nostra giusta curiosità. L’affermazione può preoccuparci, perché il pensiero che, una volta entrati nella vita eterna, tutti i rapporti vissuti in questa vita siano azzerati, e i nostri genitori, i nostri figli, i nostri compagni di viaggio siano completamente allontanati da noi, sarebbe angosciante e anche crudele. La morte, infatti, distruggerebbe ogni legame con i nostri cari, e sarebbe come se non avessimo mai vissuto. In realtà, Gesù non intende questo, ma che i risorti non prendono né moglie né marito, perché, se sono stati sposati rimangono sposati; così come se sono stati genitori, rimangono genitori; se sono stati compagni di viaggio e amici, rimangono compagni di viaggio e amici. Se è così, coloro che hanno vissuto con noi, continuano a vivere con noi. I vincoli di affetto, di condivisione, di collaborazione, di amicizia continuano, anche se in un’altra dimensione.
Non può che essere così, perché la vita eterna non è questa vita che diventa “un’altra”, ma questa vita che diventa “altra”. La differenza è fondamentale. Infatti, se la vita eterna fosse un ricominciare da capo, potremmo soltanto aspettarla, compiendo le prestazioni richieste per entrarci, e sperando di essere fortunati. Se invece la vita eterna è questa nostra vita che diventa eterna, allora essa è il risultato di un cammino che ci impegna ogni giorno a operare affinché possa divenire “altra”.
In cosa consiste questo cammino ce lo indica Gesù: Quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. La vita eterna non è altro che essere in pienezza figli di Dio, perciò portare la nostra vita terrena verso la vita eterna significa impegnarsi ogni giorno a diventare figli di Dio, come Abramo, come Isacco, come Giacobbe. Come Gesù e in Gesù.
Credere nella vita eterna non è, perciò, vivere alla bene e meglio, a scartamento ridotto, senza cedere troppo al male e senza affaticarsi per il bene, ma combattere coraggiosamente contro tutto ciò che dentro di noi e intorno a noi sa di egoismo, di grettezza, di negazione dell’amore. Perché Dio è Amore e per essere suoi figli in pienezza è necessario liberarci da tutto ciò che ci rende incompatibili con l’Amore.
E c’è un giudizio!
Con la risposta ai sadducei, Gesù ci dà un altro messaggio che anche noi cristiani, influenzati dalla cultura dominante, tendiamo a dimenticare: far diventare eterna la nostra vita non è una cosa scontata. Gesù dice: Quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti. Giudicati degni… C’è un biglietto di ingresso ed è un giudizio. Non passa chi vuole, come pretenderebbe una cultura fortemente dominata dal “che male c’è? Lo fanno tutti”. C’è il bene e c’è il male, c’è il giusto e l’ingiusto, c’è il vero e c’è il falso. La vita è una scelta: o di qua o di là. Bisogna prenderne coscienza e vivere di conseguenza.
Oggi il caso dei sette fratelli Maccabei, pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi dei padri, sembrerebbe una pazzia. “Morire per essere coerenti alle proprie scelte? Ma neanche soffrire appena un po’! Vai tranquillo! Adattati! Segui l’onda! Vai dietro alla maggioranza! Poi, ovviamente, ci lamentiamo della corruzione: “Così non si può più andare avanti!”. Ma senza la coerenza dei Maccabei niente cambia. Se vogliamo una vita dove emergano già le caratteristiche della serenità e della gioia che troveranno pienezza nella vita “altra”, dobbiamo ricordare che ci sarà un giudizio, e soprattutto che adesso dobbiamo avere giudizio.
DON TONINO LASCONI