Fedele è il Signore in tutte le sue parole
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore sostiene quelli che vacillano
e rialza chiunque è caduto.
Dal Salmo 144
XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO -Anno C-
La parola a…
Paolo Curtaz
Difficile parlare di peccato, difficile e imbarazzante.
Siamo sospesi tra due atteggiamenti frutto del nostro inconscio e della nostra cultura.
Da una parte proveniamo da un passato che aveva bene in mente cosa era peccato, fin troppo. E così la legge di Dio e quella degli uomini si erano lentamente compenetrate e confuse, facendo dimenticare l’essenziale.
Molte delle persone che hanno vissuto tutta la loro vita attente a non peccare obbedivano alla morale comune, più che al Vangelo, non erano peccatori perché troppo difficile esserlo in un mondo ipercritico e giudicante. Io non c’ero, ma mi dicono che anche la Chiesa non aiutava a far crescere le persone (non lo so, sinceramente, se era proprio così).
Oggi, invece, viviamo in un tempo in cui si è abolito per legge il peccato (era l’ora!): la morale comune è ridotta ai minimi termini, cosa è giusto e cosa è sbagliato lo decide la maggioranza, la coscienza, se esiste, si adegui, per cortesia. Severi ed intransigenti con gli altri (ultimamente nel mirino è finita la Chiesa, brutta sporca e cattiva, tutti, nessuno escluso), politici in testa, siamo sempre piuttosto morbidi nel valutare le nostre piccole incoerenze (alzi la mano chi non ha mai avuto la scusa pronta quando gli hanno affibbiato una multa!). Insomma, un bel vespaio.
Dio non ama il peccato, non lo conosce neppure, non lo concepisce.
Il peccato è il non-io, il non-Adamo, la parte tenebrosa che finisce col prevalere, il piccolo orco che nasce insieme a noi e che ci tiene compagnia per tutta la vita.
In ebraico la parola “peccato” significa “fallire il bersaglio”, come fa l’arciere inesperto. Così accade e noi, tutti, a dire che il bersaglio è troppo lontano, che l’arco è allentato, che qualcuno ci ha distratto.
Dio, invece, ci tratta da adulti, ha pazienza, ama.
Scordatevi l’idea piccina e demoniaca di un Dio severo assetato di sangue, che giudica duramente le sue creature: egli le ama e sopporta il peccato.
Noi ci ostiniamo ad essere dei polli, Dio vede in noi dei falchi che volano alto.
Noi ci ostiniamo ad essere delle fotocopie di improbabili modelli, Dio vede in noi il capolavoro unico che siamo.
Noi nascondiamo i nostri difetti agli altri, Dio vede solo i pregi che egli ha creato in noi.
Insomma, una meraviglia, uno stupore.
È tutto talmente splendido che anche il peccato perde la sua connotazione deprimente.
Dio ti cerca, lui prende l’iniziativa; Dio ti ama, senza giudicarti.
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