Il popolo che abitava nelle tenebre
vide una grande luce…
(Mt 4,16)
L’evangelista Marco come sempre non si smentisce: breve, lapidario e decisamente poco diplomatico. Quei pochi versetti del primo capitolo sembrano più gentili verso lo spirito impuro che verso coloro che circondano Gesù di Nazaret. In realtà a tutti sembra chiaro che quell’uomo ha una certa autorità. Quello che dice, forse come lo dice, sembra diverso. Quello che fa però inquieta. Quell’uomo a Cafarnao insegna qualcosa di nuovo, in modo nuovo, e lo fa con autorità. Marco lo ripete per ben due volte in pochi versetti.
Lo confesso: mi sarebbe piaciuto essere lì in quella sinagoga ad ascoltare. Mi sarebbe piaciuto guardare in volto quel maestro e chi lo circondava. Mi sarebbe piaciuto essere raggiunta dalle sue parole e dal suo sguardo. Sembra proprio che questo maestro scuota, anche se ciò che succede qui in sinagoga è solo l’inizio; tutto sembra puntare su altro: sulla novità di una parola, su un inatteso maestro, su opere straordinarie che interrogano ma di cui nessuno sa darsi ragione. È davvero solo l’inizio. Poi seguiranno, nello stesso giorno, miracoli, guarigioni… e la gente inizierà a seguirlo. In verità forse più per le opere straordinarie che per l’autorità delle sue parole.
Dio aveva promesso un unto, un Cristo salvatore… E in qualche modo la prima lettura ci fa ascoltare proprio la promessa strappata da Mosè a Dio: lui avrebbe mandato un profeta per il suo popolo, lui si sarebbe fatto presente non più con opere straordinarie e potenti, ma nella forza penetrante della parola affidata al profeta. Non più faccia a faccia a rischio vita, non più con temibili colonne di fuoco. Ma con la parola divina affidata a parole umane.
Dio lo promette, realizza per secoli questa promessa, ma poi va oltre: e sceglie di farsi presenza prossima proprio nella carne, assumendo la carne. Dio ritorna a farsi incontro, faccia a faccia, e questa volta non solo con pochissimi amici eletti. Dio solleva l’umanità allo status di amici, e come ad amici parla faccia a faccia, realizza l’incontro, genera prossimità. E lo fa nel figlio, in quel Gesù di Nazaret che a quanto pare solo gli spiriti impuri riescono a riconoscere fino in fondo.
Dove sta la novità di Dio che Gesù rende visibile e manifesta?
Gesù chiama incontrando. Parla guardando. Guarisce toccando. Dall’incarnazione in poi non più i lontani e inafferrabili cieli sono la casa di Dio, ma la storia, il tempo, lo spazio, il limite lo rivelano.
Quel sabato, proprio un sabato, circondato da nuovi amici-discepoli, Gesù di Nazaret squarcia nuovamente i cieli e realizza la promessa di Dio: colui che manderò parlerà in mio nome, aveva detto Dio a Mosè. Ma si sa, la parola divina, quella di Dio, non è fatta d’aria, ma di potenza: realizza ciò che dice. Quello che Dio ha promesso nei secoli si è fatto realtà e pienezza in Gesù come mai ci saremmo immaginati: allo straordinario braccio potente Dio ha preferito l’ordinaria presenza fisica di chi entra in una casa, di chi chiama, di chi tocca, di chi ama.
A noi, se vogliamo riconoscerlo, spetta un lavorìo costante su noi stessi, per non correre il rischio che spiriti impuri e malvagi lo riconoscano prima e meglio.
In Gesù, siamo onesti, Dio non ha reso le cose più semplici. Perché noi essere umani abbiamo bisogno più di un Dio che salva, che di un Dio che ama. La salvezza è una conquista raggiungibile con opportuno sforzo. L’amore invece è un dono fatto di scoperta, ricerca, abbandono, libertà, totalità. Dio, in Gesù, ha scelto la seconda delle vie, l’amore, perché non ci ha voluto servi, ma amici, addirittura figli, e figli liberi. Ma, con Gesù, Lui ha reso per noi le cose molto più sfidanti e interessanti.
Non dobbiamo scegliere. Noi possiamo scegliere.
Non dobbiamo seguirlo. Noi possiamo seguirlo.
Non dobbiamo averne paura. Noi possiamo semplicemente amarlo.
UNA PREGHIERA COME SOSTEGNO
Che vuoi da noi, Gesù?
Le tue parole, Signore Gesù, e i tuoi gesti
continuano a rompere i nostri schemi.
Nella migliore delle ipotesi ci stupiscono.
Altrimenti ci destabilizzano.
Tutte le volte che preferiremmo
allontanarti da noi ti diciamo:
«Che vuoi da noi, Gesù di Nazaret?».
Ma il nostro cuore è inquieto e ti cerca.
Raggiungici, Maestro, con le tue parole di vita,
rimettici in piedi con i tuoi gesti liberanti,
perché possiamo ancora una volta,
anche oggi, scegliere di stare con te.
Amen.
DAL VANGELO DELLA DOMENICA
(Mc 1,21-28)
In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafàrnao,] insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!».
La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.
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