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Una vita fatta dono! …e tu?

  

A Roma, presso la comunità Regina degli Apostoli delle Figlie di San Paolo, dal 31 marzo al 3 aprile si è svolta la tradizionale tre giorni pasquale per giovani di tutta Italia fino a 30 anni. Quest’anno il tema era: “Una vita fatta dono! …e tu?”. Un’opportunità per tutti i giovani che hanno partecipato di vivere il Triduo in preparazione alla Pasqua a Roma.
Come animatrici erano presenti sr Mariangela, sr Silvia e Veronica (postulante fsp), i giovani provenivano dalle provincie di Napoli, Salerno e Bolzano. Le giornate, scandite dalle grandi liturgie vissute assieme alla Chiesa di Roma e alla Famiglia Paolina, avevano il loro respiro e alimento nella preghiera personale e di gruppo, nell’approfondimento della Parola, nella condivisione… Sono stati solo 3 giorni ma vissuti intensamente. La Pasqua è tempo di consapevolezza nuova, di un nuovo sguardo su Dio e sulla pienezza del suo dono, della sua vita, del suo Sì detto per sempre per la nostra salvezza. Ci siamo lasciati guidare dalla Parola nelle profondità di questo amore immenso, ma abbiamo anche vissuto intensamente vari altri incontri con persone che hanno fatto della loro vita un dono: un pellegrinaggio alle Tre Fontane, luogo del martirio di San Paolo, ci ha “messo in contatto” con il grande Apostolo; la Via Crucis vissuta con il Papa al Colosseo ci ha portati sul luogo del martirio di migliaia e migliaia di nostri fratelli in Cristo; la visione del film Pa-Ra-Da e il seguente cineforum ci hanno fatto toccare con mano (e l’impatto è stato molto forte) l’opera di Miloud Oukili, clown di strada nella Romania del 1992, che da allora “dona” la sua vita per i bambini di Bucarest scappati dagli orfanatrofi o da famiglie indifferenti che popolano il sottosuolo della capitale romena vivendo di furti, prostituzione ed espedienti vari. Donare la propria vita per dare concretamente la vita, sporcarsi le mani per rendere all’altro la dignità di figlio di Dio e di mio fratello/sorella, come ha fatto Gesù.

 

La parola ad una partecipante:

«Questo non è stato solamente il mio primo campo, ma la mia prima e vera esperienza “pasquale”.
Nel senso che, per la prima volta, ho avuto modo di riflettere più approfonditamente sulla Pasqua e sul suo significato, e questo perchè ho avuto i mezzi, l’occasione, ma soprattutto il tempo di farlo.
Standby, pausa, stop! Ecco cosa ho pensato quando sono salita su quel treno per Roma.
Sono salita con l’intenzione di fermare il tempo, di riuscire a guardarmi dentro e riflettere, per accrescere la mia fede, per trovare qualche risposta, per vivere più intensamente e pienamente la preghiera e l’incontro con Dio.
E questo mi è stato possibile.Mi è stato concesso.
Ma non sarebbe mai stato possibile senza tutte quelle meravigliose persone che mi sono state accanto, che mi hanno sostenuto, insegnato, compreso , confortato e che mi hanno fatto sentire come in una famiglia.
E per questo rinal colosseograzio tanto il Signore.
È stata un’esperienza straordinaria e molto intensa, difatti ho provato una vasta serie di emozioni e sentimenti, dall’inquietudine alla calma, alla tranquillità, alla leggerezza e alla pace.
Non vedo l’ora di ripetere una simile esperienza insieme a voi. Un abbraccio e un grazie a tutti quanti e che Dio vi benedica!».

Sarah – Bolzano

Buona domenica!

Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.

Dalla lettera di San Paolo Apostolo ai Filippesi (Fil 2,6-11)
DOMENICA DELLE PALME -Anno C-

 

La parola a…
Paolo Curtaz

Osanna!
Gesù entra a Gerusalemme trionfalmente. La gente applaude, agita in alto i rami strappati dalle palme e dagli ulivi, stende i propri mantelli al passaggio del Rabbì di Galilea. Piccola gloria prima del disastro, fragile riconoscimento prima del delirio. Gesù sa, sente, conosce ciò che sta per accadere.
Troppo instabile il giudizio dell’uomo, troppo vaga la sua fede, troppo ondivaga la sua volontà.
Ma che importa? Sorride, ora, il Nazareno e ascolta la lode rivolta a lui e che egli rivolge al Padre.
Messia impotente e mite, energico e tenero, affaticato e deciso.
Non entra a Gerusalemme a cavallo di un puledro bianco, non ha soldati al suo fianco che lo proteggono, nessuna autorità lo riceve: entra in città cavalcando un ridicolo ciuchino, ricordando a noi, malati di protagonismo, che il potere è tale solo se non si prende troppo sul serio, che la gloria degli uomini è inutile e breve.
Osanna, figlio di Davide, Osanna nostro incredibile Dio, nostro magnifico re.
Osanna dai tuoi figli poveri e illusi, feriti e mendicanti, Osanna re dei poveri, protettore dei falliti, Osanna!
Innalza a te il grido di lode la tua Chiesa, santa e peccatrice, riconosce in te l’unica ragione di vivere, l’unica ricerca, l’unico annuncio, Osanna maestro amato.

La passione
Luca racconta la sua passione lasciando trasparire tutto il bene che ha ricevuto da Cristo. Lo ama il Dio di Gesù, ama il Signore che egli ha conosciuto attraverso le parole vibranti di Paolo. E racconta le ultime ore di battaglia, racconta dello scontro titanico tra il Dio rifiutato e la tenebra incombente che suggerisce (a ragione?) a Gesù di abbandonare l’uomo al suo destino. La battaglia, l’agonia è, in Luca, tutta concentrata nella preghiera sanguinante del Getsemani.
Capiranno, gli uomini? O anche quel gesto passerà inosservato e inutile come tanti altri?
Altro è predicare e guarire, altro morire, nudi, appesi alla croce.
Gesù sceglie: consapevolmente, drammaticamente, dolorosamente.
Andrà fino in fondo, si immergerà nella volontà degli uomini (di morte), sperando che essi scoprano la volontà di Dio (di dono di sé).
Accetta di morire il Nazareno, il Figlio di Dio, perché nessuno possa dire che ciò che egli annuncia è fantasia o delirio.
Dopo, tutto diventa miracolo.
Al servo viene riattaccato l’orecchio, Pilato ed Erode diventano amici, Pietro piange il suo tradimento, Gesù viene riconosciuto “giusto” dal procuratore pagano, le donne vengono consolate e scosse, il ladro appeso alla croce perdonato e la folla torna a casa percuotendosi il petto.
È piena di inattesa dolcezza la morte di Dio.

Amato amore
Così sei amato, fratello, così sei accolta, sorella.
Meditando la passione restiamo anche noi allibiti, costernati. Assistiamo allo spettacolo della morte di Dio, del dono totale di sé.
Ecco Dio: pende dalla croce, morto per amore.
Dio muore d’amore.
Quando accogliamo il dolore e lo affidiamo, quando, nonostante la violenza, siamo resi capaci di perdonare e donarci, anche la nostra vita produce inattesi miracoli, prodigi e conversioni, senza che neppure ce ne accorgiamo.
Buon cammino fratelli e sorelle. Lasciamoci trascinare dalla narrazione, riviviamo in noi gli odori, i suoni, le luci e i colori di quei tre giorni in cui Dio morì donando se stesso
.

 

…e per riflettere puoi scaricare: Esperienza di Gesù Cristo

 

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Buona domenica!

Non ricordate più le cose passate,
non pensate più alle cose antiche!
Ecco, io faccio una cosa nuova:
proprio ora germoglia,
non ve ne accorgete?

Dal libro del profeta Isaia (Is 43,16-21)
V DOMENICA DI QUARESIMA -Anno C-

 

La parola a…
Paolo Curtaz

Dio non ti punisce, non hai fatto nulla di male perché il Signore ti mandi un lutto o una malattia.
Spesso l’origine del dolore siamo noi, la nostra fragilità, le nostre scelte sbagliate.
Dio non è un concorrente alla tua felicità, non ce l’ha con te, non devi allontanati da lui per realizzarti.
Dio non è un padre/padrone da tenere buono con mille devozioni e mille preghiere.
Dio è un padre che ti aspetta, che ti rispetta, che ti lascia fare i percorsi e le esperienze della vita sperando di non perderti. Dio è un padre buono che da del pane al figlio che gliene chiede, che fa piovere sui giusti e sui malvagi.

Gesù non giustifica, né condanna, invita ad alzare lo sguardo, ad andare oltre, a guardare col cuore la fragilità dell’altro e scoprirvi – riflessa – la propria.
No, Dio non giudica. Ci giudicano la vita, la società, il datore di lavoro, noi stessi.
Tutti ci giudicano, Dio no. Dio ama, e basta.

 

…e per riflettere puoi scaricare: Grazia e trasformazione

 

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Buona domenica!

Era Dio infatti
che riconciliava a sè il mondo in Cristo,
non imputando agli uomini le loro colpe.

Dalla seconda lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi
IV DOMENICA DI QUARESIMA (LAETARE) -Anno C-

 

La parola a…
Paolo Curtaz

Nel deserto della Quaresima diventiamo capaci di accogliere la novità assoluta del vangelo, del volto di Dio che emerge dalla rivelazione di Gesù.
Un Dio bellissimo ci attende sul Tabor, quando riusciamo a lasciare la pianura della quotidianità e della mediocrità.
Un Dio che non manda le disgrazie e che non teniamo buono sennò chissà che iattura ci colpisce. Un Dio che è un padre affettuoso che ci ama e ci rispetta.
Luca costruisce il suo vangelo intorno a tre parabole. Concentra in questi tre capolavori la sintesi del suo annuncio, la logica stringente della sua vita. Una di queste parabole, forse la più conosciuta del vangelo, è quella erroneamente chiamata del “figliol prodigo”.

E ora, per favore, smettetela di guardare questi due idioti, così simili a noi.
Piccoli e meschini, come noi. E guardate al Padre, per favore.
Io vedo un Padre che lascia andare il figlio anche se sa che si farà del male (l’avreste lasciato andare?). Vedo un Padre che scruta l’orizzonte ogni giorno. Vedo un Padre che corre e abbraccia, atteggiamento sconveniente per un Padre cui è dovuto rispetto. Vedo un Padre che non rinfaccia né chiede ragione dei soldi spesi (“te l’avevo detto io!”), che non accusa, che abbraccia, che smorza le scuse (e non le vuole), che restituisce dignità, che fa festa.
Vedo un Padre ingiusto, esagerato, che ama un figlio che gli augurava la morte (“dammi l’eredità!”) che vaneggiava nel delirio (“mi spetta!”), un Padre che sa che questo figlio ancora non è guarito dentro ma pazienta e fa già festa.
Vedo un Padre che esce a pregare (sic!) lo stizzito fratello maggiore, che tenta di giustificarsi, di spiegare le sue buone ragioni. Ecco: vedo questo Padre che accetta la libertà dei figli, che pazienta, che indica, che stimola. Lo vedo e impallidisco.
Dunque: Dio è così? Fino a qui? Così tanto? Sì, amici. Dio è questo e non altro. Dio è così e non diversamente.
E il Dio in cui credo è finalmente questo?
Gesù sta per morire per affermare questa verità, è disposto a farsi scannare pur di non rinnegare questa inattesa rivelazione.
Perché di esagerato, di eccessivo, in questa storia, c’è solo l’amore di Dio.

 

…e per riflettere puoi scaricare: Carta unta

 

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Buona domenica!

Chi crede di stare in piedi,
guardi di non cadere.

Dalla prima lettere di san Paolo Apostolo ai Corinzi (1Cor 10,1-6.10-12)
III DOMENICA DI QUARESIMA -Anno C-

 

La parola a…
Paolo Curtaz

«Cosa ho fatto di male per meritarmi questo!», «Che croce mi ha mandato Dio!»: quante volte ho sentito pronunciare queste lamentazioni, queste imprecazioni verso Dio.
Se Dio è buono, perché non (mi) evita il male?
Gesù, citando due noti eventi di cronaca dei suoi tempi, smonta una credenza popolare molto diffusa allora (e oggi). Un devoto medio pensava che le disgrazie, come appunto il crollo della torre di Siloe, punissero delle persone che – in qualche modo – avessero commesso degli orribili peccati. Così come la malattia, o l’handicap, la disgrazia era letta come un intervento corrucciato di Dio che, dall’altro della sua somma giustizia, scatenava la sua ira divina.
Oggi non siamo più così crudeli e diretti, ma la sostanza non cambia.
Molte persone, nei momenti di dolore e di sofferenza, se la prendono con Dio che, evidentemente, non sa fare il suo mestiere.
Ciò che Gesù dice è sorprendente, sconcertante: la vita ha una sua logica, una sua libertà.
La causa del crollo della torre di Siloe è da imputarsi al calcolo delle strutture errato, o al lucro compiuto dall’impresa che ha usato materiali scadenti; l’intervento crudele dei romani è causa della loro politica di espansione che usa la violenza come strumento di oppressione.
Non esiste un intervento diretto e puntuale di Dio, le cose possiedono una loro autonomia e noi possiamo conoscerne le leggi.
Gesù ristabilisce le responsabilità: gran parte del dolore che viviamo ce lo siamo creato.
La croce ce la danno gli altri o ce la diamo noi stessi con uno sguardo contorto e mondano della realtà.
Ho scoperto, dopo molti anni, che molti passano la vita a piallare e carteggiare la propria croce, attribuendone a Dio la responsabilità.
Dio fa quel che può; anche lui si ferma di fronte alla nostra ostinazione e durezza di cuore.
Dio è limitato, quindi?
No, ma ferma la sua mano e ci lascia liberi, perché vuole dei figli, non dei sudditi.
E, conclude Gesù, noi discepoli siamo chiamati a leggere questi eventi disastrosi come un monito che la vita, non Dio, ci fa: sotto la torre crollata potremmo esserci noi.
Il tempo è serenamente fugace, amici, tragicamente breve, approfittiamo di questi giorni come giorni di salvezza e di conversione, non aspettiamo, non temporeggiamo.
Oggi il Signore passa e ci salva, oggi siamo chiamati a usare bene la nostra libertà ed andare a vedere il grande prodigio del roveto ardente, di un Dio che conosce il nostro nome e la nostra condizione.

 

…e per riflettere puoi scaricare: Presenza di grazia

 

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Il discernimento – alias “Dio ma che lingua parli?”/5

 

Il 20 e il 21 Febbraio si è tenuto, presso la Comunità delle Figlie di San Paolo di Napoli (zona Colli Aminei), il quinto incontro dell’itinerario di spiritualità e formazione per giovani tenuto dalle suore Paoline (nello specifico sr Mariangela e sr Silvia), che quest’anno ha come tema: Dio ma che lingua parli?.
È stato il primo incontro a cui ho partecipato spinto, devo essere sincero, da una inspiegabile curiosità per questo particolare percorso nata in me dopo che me ne aveva parlato Grazia [una dei GEP che frequenta da due anni gli incontri, ndr] durante un viaggio in treno dal nostro ‘ameno’ paesino verso Napoli. Il trasporto e l’entusiasmo con cui mi raccontava le sue esperienze erano tali che sfido chiunque a non esserne colpito o quanto meno incuriosito. E quindi, appena ne ho avuto l’occasione, ho deciso di fare anch’io la mia esperienza.
La due giorni è iniziata il sabato sera con la proiezione di alcuni spezzoni sulla vita del re Salomone, uno tra i primi e più importanti re d’Israele, noto nella Bibbia per la sua impareggiabile saggezza. Poco alla volta, con tanta materna delicatezza, suor Mariangela ci ha presentato il tema del weekend che questa volta era: “Il discernimento”.
È risultato a tutti più chiaro, quindi, il perché fosse stata scelta la figura di Salomone come cardine della serata: per il dono grande che aveva chiesto al Signore e che Egli gli aveva concesso, quello cioè di avere un cuore puro e saggio, un cuore capace di distinguere il bene dal male in tutti i momenti e per tutti gli avvenimenti della propria vita. Posso dire di aver pensato che come mio primo incontro non poteva capitarmi tema più attinente a quanto vivo in questi mesi. Come ci diceva, giustamente, suor Mariangela, il discernimento è un atto che va fatto sempre nella nostra vita, ad ogni età, e non solo quando ci troviamo dinanzi a scelte importanti quali l’università da intraprendere, il lavoro da iniziare o il compagno/a con cui condividere la propria vita.
Discernere significa essere in grado di spegnere il rumore, la confusione, l’assordante frastuono che ci rimbomba nel cuore e nella mente ed essere in grado di ascoltare l’unica voce che il Signore ci ha messo nel cuore e che ci chiama a realizzare il progetto che Lui ha previsto su di noi.
Detto così sembrerebbe semplice ma vi assicuro che non lo è per niente. Spesso ho cercato di fare silenzio dentro di me ma sono caduto, erroneamente, nello svuotarmi di tutto, anche di ciò che di buono sentivo… non essendo capace di distinguere come Salomone il bene dal  male.
Il nostro percorso è continuato l’indomani mattina con l’ascolto e la meditazione della parola tratta dal Vangelo di Luca (Lc 12, 54-57) in cui viene detto: «[…]Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete valutarlo? E perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto?». Con queste parole penso che Gesù, effettivamente, ci voglia dire che il Signore si serve di qualsiasi cosa e di chiunque per parlarci ma, non si sa perché, quando ci parla direttamente o indirettamente, non siamo sempre capaci di capirlo, di ascoltarlo… o forse, semplicemente, non vogliamo farlo.
Successivamente, nel primo pomeriggio, c’è stato un piccolo momento di formazione – che ho scoperto essere una novità nel percorso di quest’anno – sul canto liturgico e sulla liturgia tenuto da suor Silvia. Nello specifico, in questa occasione, ci ha parlato del Gloria e della Colletta. La cosa che mi colpiva, oltre alle cose che ci diceva, era il come ce le diceva. Più che parlare sembrava cantasse… ho avvertito che la musica è parte indissolubile di lei ed era piacevole constatare come non solo con la voce ma anche con i gesti riuscisse a far “risuonare” tutto ciò che voleva trasmetterci.
La giornata si è conclusa con il sentito momento dell’adorazione Eucaristica, durante la quale abbiamo ringraziato il Signore per tutto quello che ci aveva dato e per l’opportunità di aver vissuto questa esperienza assieme ad altri compagni, è stato, però, anche il momento favorevole per mettersi in ascolto. Personalmente ho cercato di fare silenzio dentro di me e di far parlare Lui, presente dinanzi a me con tutta la sua forza. Ho lasciato che entrasse in me… senza timore e che mi guidasse alla ricerca del vero bene e della piena realizzazione…
Spero che con l’aiuto del Signore tutti riescano a ricevere da Lui il grande dono del discernimento e in tal modo operare e vivere secondo quanto ognuno di noi è stato chiamato a fare e, probabilmente, solo così vivremo, come diceva la tenera Maria Chiara [una delle partecipanti, ndr] all’inizio del weekend, “costantemente con la luce nei nostri occhi”.
Abbracciando e ringraziando veramente tutti per il calore con cui sono stato accolto e che mi è stato riservato, porto tutti con me nella preghiera augurandovi e augurandomi… buon cammino!!!

Domenico – Trecase (NA)

 

Buona domenica!

Di te dice il mio cuore:
“Cercate il suo volto”.
Il tuo volto io cerco, o Signore
non nascondermi il tuo volto.

Dal libro dei Salmi (Sal 27,8-9)
II DOMENICA DI QUARESIMA -Anno C-

 

La parola a…
Paolo Curtaz

Siamo entrati nel deserto della quaresima per arrivare fino a lì, su quella piccola collina di Galilea, arsa dal sole, disseminata di alberi frondosi e battuta dal vento del mare.
Vogliamo riscoprire e scegliere che uomini essere, come Gesù ha scelto che Messia diventare, per potere salire, come gli apostoli, quel piccolo monte che ad ogni credente dice la bellezza di Dio.
Sì, perché di bellezza, si tratta.
Tabor evoca il momento in cui Gesù, grande Rabbì, carismatico profeta, svela la sua vera identità, supera il limite e si dona alla vista sconcertata e stupita degli apostoli. Tabor dice l’assoluta diversità di Dio, la sua immensa gloria, la sua indescrivibile bellezza.
Tabor è la meta della quaresima.
E questo occorre dirlo e ridirlo a noi cattolici inclini all’autolesionismo, che associamo la fede al dolore, che raffiguriamo sempre Gesù come il crocifisso, scordandoci del Risorto, e che già pensiamo alla quaresima come al tempo della rinuncia e non al tempo dell’opportunità e della conversione, del combattimento e della lotta interiore per vincere la gara.
Ma prima – assolutamente – occorre ricordarci della bellezza di Dio, della sua inebriante presenza.
La liturgia, provocatoriamente, pone la trasfigurazione all’inizio del cammino penitenziale, per indicarci il luogo da raggiungere. Se pongo dei gesti di conversione e di solidarietà, di rinuncia e di digiuno, di preghiera e di essenzialità è solo per poter essere libero e vedere la gloria del Maestro.
Siete già saliti sul Tabor nella vostra esperienza di fede?
Dio ci dona – a volte – di assistere alla sua gloria.
Raptim, diceva il grande Agostino. “Fugacemente”.
Un momento di preghiera che ci ha coinvolto, una Messa in cui siamo stati toccati dentro, una giornata in quota in mezzo alla neve con la bellezza della natura che diventa sinfonia e ci mozza il fiato. Attimo, barlumi, in cui sentiamo l’immenso che ci abita.
E il sentimento diventa ambiguo: talmente grande da averne paura, talmente infinito da sentircene schiacciati, talmente immenso da restarne travolti.
È la paura che prende Pietro e compagni, è il terrore che abita Abramo prima di incontrare il suo Dio. Il sentimento della bellezza di Dio, la percezione della sua maestà ci motiva e ci spinge. Pietro lo sa: “È bello per noi restare qui”.
Finché non giungeremo a credere grazie alla bellezza che ci avvolge, ci mancherà sempre un tassello della fede cristiana.
Sapete perché sono cristiano, amici?
Perché non ho trovato nulla di più bello di Cristo.

 

…e per riflettere puoi scaricare: Mostrami la Gloria del tuo volto

 

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Buona domenica!

Tu ami tutte le creatute, Signore,
e nulla disprezzi di ciò che hai creato;
Tu dimentichi i peccati
di quanti si convertono e li perdoni,
perchè Tu sei il Signore nostro Dio.

Antifona d’ingresso Mercoledi delle ceneri

 

La parola a…
Benedetto XVI

(Messaggio per la Quaresima 2010)

L’annuncio cristiano risponde positivamente alla sete di giustizia dell’uomo, come afferma l’apostolo Paolo nella Lettera ai Romani: “Ora invece, indipendentemente dalla Legge, si è manifestata la giustizia di Dio… per mezzo della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli che credono. Infatti non c’è differenza, perché tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù. E’ lui che Dio ha stabilito apertamente come strumento di espiazione, per mezzo della fede, nel suo sangue”. (3,21-25).
Quale è dunque la giustizia di Cristo? E’ anzitutto la giustizia che viene dalla grazia, dove non è l’uomo che ripara, guarisce se stesso e gli altri. Il fatto che l’espiazione avvenga nel sangue di Gesù significa che non sono i sacrifici dell’uomo a liberarlo dal peso delle colpe, ma il gesto dell’amore di Dio che si apre fino all’estremo, fino a far passare in sé la maledizione”che spetta all’uomo, per trasmettergli in cambio la benedizione”che spetta a Dio (cfr Gal 3,13-14). Ma ciò solleva subito un obiezione: quale giustizia vi è là dove il giusto muore per il colpevole e il colpevole riceve in cambio la benedizione che spetta al giusto? Ciascuno non viene così a ricevere il contrario del suo? In realtà, qui si dischiude la giustizia divina, profondamente diversa da quella umana. Dio ha pagato per noi nel suo Figlio il prezzo del riscatto, un prezzo davvero esorbitante. Di fronte alla giustizia della Croce l’uomo si può ribellare, perché essa mette in evidenza che l’uomo non è un essere autarchico, ma ha bisogno di un Altro per essere pienamente se stesso. Convertirsi a Cristo, credere al Vangelo, significa in fondo proprio questo: uscire dall’illusione dell’autosufficienza per scoprire e accettare la propria indigenza – indigenza degli altri e di Dio, esigenza del suo perdono e della sua amicizia.
Si capisce allora come la fede sia tutt’altro che un fatto naturale, comodo, ovvio: occorre umiltà per accettare di aver bisogno che un Altro mi liberi del mio, per darmi gratuitamente il suo. Ciò avviene particolarmente nei sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia. Grazie all’azione di Cristo, noi possiamo entrare nella giustizia più grande, che è quella dell’amore (cfr Rm 13,8-10), la giustizia di chi si sente in ogni caso sempre più debitore che creditore, perché ha ricevuto più di quanto si possa aspettare.
Proprio forte di questa esperienza, il cristiano è spinto a contribuire a formare società giuste, dove tutti ricevono il necessario per vivere secondo la propria dignità di uomini e dove la giustizia è vivificata dall’amore.

Cari fratelli e sorelle, la Quaresima culmina nel Triduo Pasquale, nel quale anche quest’anno celebreremo la giustizia divina, che è pienezza di carità, di dono, di salvezza. Che questo tempo penitenziale sia per ogni cristiano tempo di autentica conversione e d’intensa conoscenza del mistero di Cristo, venuto a compiere ogni giustizia. Con tali sentimenti, imparto di cuore a tutti l’Apostolica Benedizione.

 

…e per riflettere puoi scaricare: Signore convertici!

 

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Buona domenica!

Gesù disse a Simone:
“Non temere;
d’ora in poi sarai pescatori di uomini”.

Dal Vangelo di Luca (Lc 5,1-11)
V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO -Anno C-

 

La parola a…
Paolo Curtaz

Pietro. È un uomo rude, concreto, abituato ad annusare il lago per capire come cambierà il tempo, con le mani callose e ruvide, rovinate dalle corde e dal legno della piccola barca di famiglia.
Ascolta e sorride, dentro di sé.
Poi accade l’imprevisto: Gesù si gira e gli suggerisce di riprendere il largo.
«Questo è davvero troppo!», pensa Pietro. Ha ragione in fondo: che ne sa un falegname di pesca? Che faccia il suo mestiere senza rompere agli altri! Ma accetta e prende il largo. Quasi lo sfida, quell’arrogante falegname: vedrà che oggi i pesci sono andati in vacanza!

Dio
Dio ci raggiunge sempre alla fine di una notte infruttuosa, nel momento meno mistico che possiamo immaginare. Ci raggiunge alla fine delle nostre notti e dei nostri incubi, ci raggiunge quando siamo stanchi e depressi. Ci chiede un gesto di fiducia, all’apparenza inutile, ci chiede di gettare le reti dalla parte debole della nostra vita, di non contare sulle nostre forze, sulle nostre capacità, ma di avere fiducia in lui.
Pietro lo fa e accade l’inaudito.
Le reti si riempiono, il pesce abbonda, la barca quasi affonda.
Non è possibile, non è possibile, non è possibile.

Miracoli
Il miracolo consiste nel fatto che Pietro vede in quella pesca un segno straordinario. Il miracolo è sempre nel nostro sguardo, Dio continua a riempire di miracoli la nostra vita. E noi non li vediamo.
È turbato, ora, il pescatore. Che sta succedendo?
Si butta in ginocchio, prima di arrendersi: «Non sono capace, non sono degno».

Peccatori?
È la scusa principale tirata fuori da tutti quelli che, per un istante, sfiorano Dio: non sono allaltezza, sono un peccatore. Siamo sempre lì, inchiodati al nostro becero e rancido moralismo: lascia fare a Dio!
Gesù sorride: è un problema tuo, Pietro, a me stai bene così.

Pescatori di umanità
Non avere paura, Simone, il Signore ti fa diventare pescatore di umanità. Sei chiamato a tirar fuori da te stesso e da chi incontrerai tutta l’umanità che li abita. Lascia le reti, quello che ti lega, le paure, i limiti, i giri di testa, lasciali, non rassettarli tutti i giorni, non aggiustarli, diventa libero per seguirmi.
Sogno una Chiesa che non ponga limiti, che dia fiducia ai peccatori, che tiri fuori, maestra in umanità, tutta l’umanità che abita nel cuore di ognuno con franchezza e misericordia.
Pietro sarà un grande pescatore proprio perché autentico, proprio perché lascerà fare a Dio, dopo avere sperimentato il suo fallimento.

 

…e per riflettere puoi scaricare: Accesi

 

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Buona domenica!

“Prima di formarti nel grembo materno,
ti ho conosciuto,
prima che tu uscissi alla luce,
ti ho consacrato,
ti ho stabilito profeta delle nazioni.
Tu, dunque, stringi la veste ai fianchi,
alzati e dì loro tutto ciò che ti ordinerò”.

Dal libro del profeta Geremia (Ger 1,4-5.17-19)
IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO -Anno C-

  

La parola a…
Paolo Curtaz

Oggi parliamo di profeti inascoltati.
Oggi parliamo di come Dio sia venuto a parlare di sé e di come noi ci rifiutiamo di ascoltarlo.
Le ragioni del rifiuto sono evidenti: Gesù è un Messia banale, poco spettacolare, non corrisponde ai criteri minimi di serietà del profeta standard.
Accade così anche al nostro mondo disincantato e cinico: siamo talmente impregnati di ciò che pensiamo essere il cristianesimo da non riconoscere il vero volto di Dio.
Cosa c’entra la Chiesa con Dio?
E le tante questioni aperte in ambito etico col vangelo?
E la mia parrocchia con Gesù?
Molti fratelli e sorelle sono scandalizzati dal fatto che la parola grande di Dio è consegnata alle fragili mani di discepoli spesso incoerenti. Ci fermiamo al messaggero ignorando il messaggio.
Come vorrei gridare forte ai fratelli che non credono: andate al Gesù del vangelo! Non al Gesù dell’abitudine o degli stereotipi simil – cattolici!
Andate alla sorgente, non lasciatevi fermare dalla nostra incoerenza! Il tesoro è custodito in fragili vasi di creta, la fontana è arrugginita ma l’acqua che vi sgorga è pura e fresca.
Dio (che mistero!) accetta il rischio di affidare alle nostre balbettanti parole la sua Parola.

Attenti, però, discepoli del Nazareno. Questa pagina non è rivolta anzitutto a chi non crede, ai lontani, ai sé dicenti atei. È anzitutto rivolta a noi discepoli del Risorto, a noi che frequentiamo la sinagoga, che ci sentiamo figli di Abramo. Il mondo non è diviso in chi crede e in chi no, ma in chi ha il coraggio di accogliere e chi è sclerotizzato sulle proprie convinzioni, anche su quelle belle e sante.
Se perdiamo il senso della Profezia, se non ci lasciamo scuotere dal Geremia di turno, se non abbiamo il coraggio di ricordarci che, pur discepoli, siamo in continua conversione, rischiamo di allontanare Gesù dalla nostra vita e dalla Chiesa o, peggio, di buttarlo giù dal precipizio perché non la pensa come noi.

  

…e per riflettere puoi scaricare: Piacere e fare

 

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