Questo è il mio comandamento:
che vi amiate gli uni gli altri
come io ho amato voi.
(Gv 15,12)
Ma ve lo immaginate quanto sarebbe straordinario il mondo se prendessimo alla lettera il Vangelo che questa VI domenica di Pasqua ci offre?
Ve lo immaginate se tutti noi cristiani, proprio tutti, di qualsiasi confessione di fede – ortodossi, cattolici, protestanti – ci preoccupassimo solo di rendere realtà le parole di Gesù?
«Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi»… Ve lo immaginate se smettessimo di considerare queste parole un ideale irraggiungibile e iniziassimo a renderle criterio di scelta delle nostre giornate?
Il Vangelo di Giovanni e le sue lettere sembrano avere un unico obiettivo sintetizzabile in due parole: fede e amore, credere e amare, fidarsi di Colui che si è fatto per noi via da percorrere e tuffarsi nella sua vita, perché in lui-Dio ognuno di noi possa ricevere la stessa vita, quella eterna, immortale, quella che è capace di generare vita.
Chi crede davvero non può che amare. E credo che non sia eccessivo affermare che probabilmente possiamo misurare il livello della nostra fede dalla nostra capacità di amare, dove quando dico «amare» dico amare, e non intendo colmare i nostri bisogni affettivi, le nostre voragini interiori.
È il suo essere amore che “permette” a Dio di cercarci, di attenderci, di dare la vita per noi. È per amore che Colui che tutto sa e può si ferma davanti alla nostra libertà. È per amore che Dio continua a credere che quella scintilla di eterno che lui ha soffiato in noi un giorno brillerà e diffonderà luce. È per amore che lui continua a credere in noi.
L’amore ci avvicina a Dio, perché originariamente l’amore ha avvicinato Dio a noi, lo ha fatto uscire dai cieli, lo ha reso prossimo. Chi può impedire a Dio di amare? E non di amare genericamente qualcosa e qualcuno. Ma di amare noi… di amarci nella differenza e nella distanza da lui.
La nostra fede in Gesù Risorto non è altro se non imparare a credere, a fidarci, ad affidarci, a tuffarci in questo amore. Rimanere è null’altro che un atto di fiducia, e per questo di fede. Credere è amare. Ma amare è credere. È qui il segreto della gioia.
E forse facciamo così tanta fatica a credere perché facciamo fatica ad amare. Non riusciamo a sperimentare gioia perché la leghiamo a cose e a eventi, a bisogni… non all’amore e alla sua gratuità. Facciamo fatica ad amare gli altri, noi stessi, Dio.
Credere e amare sono l’orizzonte di vita in cui Dio, in Gesù, ci propone di vivere. Credere e amare sono il senso stesso della nostra vita cristiana. Credere e amare sono il perché delle nostre scelte.
Solo se amiamo riusciremo a scoprire le infinite sfumature che caratterizzano le persone, le situazioni che ci circondano e la loro complessità.
Solo se amiamo riusciremo a frenare quell’irrefrenabile desiderio di farla pagare a chi ci ha fatto del male.
Solo se amiamo avremo la forza di smascherare il negativo che ci abita.
Solo se amiamo avremo la capacità di riconoscere il bene nell’altro, anche se piccolo, anche se minuscolo, anche se in nuce, e farlo emergere, accompagnandolo.
Solo se amiamo avremo la libertà interiore di riconoscere e denunciare il male, ma in noi prima che negli altri.
Solo se amiamo potremo cogliere la sofferenza che l’altro vive.
Solo se amiamo potremo gioire con chi gioisce e piangere con chi piange, liberandoci dall’ipocrisia di chi si pensa giusto davanti a Dio e giudice davanti agli uomini.
Solo se amiamo saremo davvero liberi, e in questo felici: la nostra esistenza sarà un dare alla luce. E la nostra libertà un farci carico del mondo, del suo futuro, del suo presente, di ogni vita.
La vita di Gesù, la sua morte e risurrezione, il suo Spirito donato con abbondanza ci dicono che noi possiamo amare, perché possiamo credere: la via è aperta, i cieli sono aperti.
Rendici amore
Non più servi, non più prostrati davanti a te,
non più piegati dal peccato…
Noi siamo davanti a te, Signore,
come creature nuove: donne e uomini
in piedi, risorti, riconsegnati alla vita.
Ci hai scelto, Signore Gesù,
e noi vogliamo credere nella forza interiore
che questo dono ci ottiene, vogliamo credere che in te
possiamo diventare capaci di una vita nuova,
possiamo contenere e custodire la vita.
Rendici amore, Signore.
Rendici capaci di amore.
Rendici capaci di far vedere il tuo amore.
Insegnaci ad arrenderci all’amore.
Amen, alleluia!
DAL VANGELO DELLA DOMENICA
(Gv 15,9-17)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».
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barriere, mettiamo distanze, fissiamo territori di protezione della nostra personale libertà… come se lui altro non volesse che ridurci in schiavitù, offuscando la mente e addormentando la coscienza. Eppure il Vangelo splende, con tutta la sua brillantezza, e colpisce questi luoghi comuni fino a costringerci ad aprire gli occhi (del cuore) per ascoltare. 
Si pensi a tutte le intemerate contro la corruzione, contro il distacco della politica dalla vita, contro la mostruosa inefficienza della burocrazia… e i fatti che ne sono scaturiti.