Se mi amate…
Dal Vangelo di Giovanni (Gv 14,15)
VI DOMENICA di PASQUA – Anno A
Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama, afferma Gesù. Le sue parole ci ricordano prima di tutto che non si può essere suoi discepoli a parole, ma soltanto a fatti, perché: Non chi dice: Signore, Signore… (Mt 7,21). Ricordarlo ci fa bene in una società dove le parole fioccano, ma i fatti scarseggiano. Si pensi a tutte le intemerate contro la corruzione, contro il distacco della politica dalla vita, contro la mostruosa inefficienza della burocrazia… e i fatti che ne sono scaturiti.
Queste parole, però, ci pongono anche un altro problema molto serio: serve ancora accogliere i comandamenti di Gesù – e di conseguenza: servono ancora i cristiani – in una società che ormai sembra averli metabolizzati? Sappiamo infatti che i comandamenti di Gesù si riducono, per sua espressa volontà, in uno soltanto: Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri (Gv 15,17). Bene! Mai come oggi sono numerose le associazioni che si preoccupano degli altri: telefono azzurro e rosa, medici senza frontiere, associazioni contro la fame nel mondo, contro lo sfruttamento dei bambini, contro la pena di morte e la tortura, contro il cancro e le malattie genetiche. Si pensi alle martellanti iniziative della tivù per raccogliere fondi per le categorie più deboli e disagiate. Si pensi alle partite del cuore che calciatori, cantanti, attori organizzano con grande clamore e seguito di pubblico. Occorrono ancora uomini e donne che si riferiscono a Gesù, oppure basta entrare nella scia di queste organizzazioni benefiche, che con un SMS o uno squillo del telefono fisso permettono di amare gli altri senza tante complicazioni?
Queste manifestazioni vanno guardate con simpatia, incoraggiate e appoggiate, ma il comandamento di Gesù è un’altra cosa, perché non si ferma a un generico invito ad amarsi, ma ad amare come egli ci ha amato: Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi (Gv 15,12). Gesù non ha amato per scopi pubblicitari, non ha amato tirando fuori qualche spicciolo dal portafoglio, non ha amato i poveri che in quel periodo andavano per la maggiore (gli anziani, o i malati di AIDS, o i diversamente abili, o gli extracomunitari, o malati di SLA…). Ha amato sempre. Ha amato tutti. Ha amato dando se stesso.
Simpatia e appoggio, perciò, a tutte le iniziative di solidarietà, ma esse non evitano il rischio del buonismo, che, non creando un cuore nuovo, “di carne”, lo lascia pronto a tornare “di pietra” (cfr Ez 36,26), appena cambiano le convenienze e le condizioni. La cronaca di tutti i giorni dimostra impietosamente ciò che succede quando i poveri (anziani, bambini, malati, stranieri…) non si accontentano della beneficienza, ma esigono la donazione di se stessi.
Allora, i discepoli di Gesù sono come gli esodati, senza lavoro e senza prospettiva? Assolutamente no! Oggi servono più che mai uomini e donne pronti ad accogliere l’esortazione di Pietro: Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto. Proprio nei momenti in cui sembra più difficile distinguere il bene dal male, serve un’anima che svegli le coscienze, come scriveva l’antico autore: “I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né conducono un genere di vita speciale… Vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale… A dirla in breve, come è l’anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani” (Lettera a Diogneto). Questa missione non è facile, ma, anche quando richiede impegno e sofferenza, è meglio soffrire operando il bene che facendo il male, come insegna Pietro. E senza paura, perché c’è la garanzia di Gesù: Non vi lascerò orfani.
DON TONINO LASCONI
Buona lettura.
rosella