La notte è avanzata, il giorno è vicino.
Perciò gettiamo via le opere delle tenebre
e indossiamo le armi della luce.
(Rm 13,12)
Una luce splende nella notte: è così che viene il Figlio dell’uomo. Così il Vangelo racconta quella notte a Betlemme, così accadrà, nella semplicità del vissuto, nella normalità di luci che brillano nella notte, nella quotidianità di luci che tornano a brillare e a illuminare il giorno dopo le notti più oscure.
La luce splende e splenderà, ed è metafora di quella presenza quotidiana che Dio ci dona, senza cappi al collo, senza riserve, senza richieste.
Il punto è accorgersi di tutto questo. Il punto è non preferire gli occhi chiusi, a volte tranquillizzanti, alle attese vigili, seppur più ansiogene.
Gesù dice: «Vegliate, tenetevi pronti», Paolo nella Seconda lettura sprona: «È ormai tempo di svegliarvi dal sonno. La notte è avanzata, il giorno è vicino, rivestitevi del Signore, gettate via le opere cariche di oscurità». E il profeta Isaia carica le batterie della speranza: «Le spade saranno spezzate e diventeranno aratri, le lance saranno riforgiate in falci», come dire: dove il sangue e la violenza hanno diffuso morte, ci sarà chi potrà seminare e raccogliere vita.
Ma non accadrà per incanto, non sarà un colpo di mano del Signore che stanco delle infinite guerre che stanno falciando milioni di sue figlie e figli, togliendoci il libero arbitrio ci impedirà di continuare a essere protagonisti di violenza, soprusi, morte, emarginazione, povertà e ingiustizie.
Perché la parola di Isaia smetta di essere chimera, utopia, e diventi promessa dobbiamo onestamente darci una mossa, uscire dalle nostre zone di sicurezza e comodità e andare verso Dio, frequentarlo, imparare le sue vie, camminare per i suoi sentieri. Il che comporta evitare tutto ciò che non da Dio non viene.
E capisco che proprio qui casca l’asino. Perché se io penso che il mio dio voglia che tutti si comportino in un certo modo, penserò anche di essere sulle sue vie se esigerò che tutti vivano così, condannando apertamente e senza appello tutti gli altri. Ecco, direi che questa prospettiva è tutt’altro che aratri e falci. Anzi significa armarsi di quelle spade e lance che il Signore vorrebbe fossero spezzate. E se i tempi di Dio passassero anche da noi e dalla nostra capacità di amare prima che condannare?
Alcuni valori sono intrinsecamente connessi con l’incarnazione.
Se Dio avesse semplicemente voluto condannare l’errore o il peccato avrebbe davvero mandato il Figlio? Si sarebbe davvero consegnato alla libertà dell’essere umano?
Se Dio avesse semplicemente voluto muovere il mondo e la nostra storia personale con una bacchetta in mano, che cosa glielo avrebbe potuto impedire?
Eppure ha scelto di farsi carne e ha da subito coinvolto la nostra libertà per generare vita.
E allora è la vita che ci dice da che parte sta Dio. E la vita però non è solo l’obiettivo finale, ma è anche metodo, stile.
Ancora una volta ripeto: se per generare o difendere la vita ci armiamo, allora ci deve essere chiaro che non stiamo imparando da Dio l’arte dell’amore, non siamo discepoli del principe della pace. Sarà ancora una volta arte della guerra, e con le nostre parole e i nostri gesti non faremo altro che alimentare – pur involontariamente – le tantissime guerre che condanniamo.
La pace sia il più grande tra i desideri da coltivare in questo prezioso tempo di attesa. Proviamo a sceglierla, proviamo a costruirla, imparando dal Signore, dalla sua vita, dalla sua parola, dai suoi gesti, dal suo essersi fatto carne per noi.
Tutti i giorni, fino a Natale, facciamo in modo di trova il tempo per pregare una brevissima invocazione, come fossimo un’unica voce:
«Vieni, Principe della pace, nasci tra noi, dona ai popoli la pace.
Vieni, Signore, Maranathà!».
UNA PREGHIERA COME SOSTEGNO
Attendere imparando da Dio
Vieni, Signore Gesù,
vieni nelle nostre notti;
vieni, e irrompi nei silenzi
impotenti e disillusi in cui
il nostro cuore si è chiuso.
Vieni, e sciogli quei blocchi interiori
che ci impediscono di vedere
la bellezza che, pur nel piccolo,
continua a germogliare.
Vieni, e ridonaci il gusto
della speranza che sa attendere,
che non desiste e resiste.
Vieni, Principe della pace,
nasci tra noi,
dona ai popoli la pace.
Vieni, Signore, Maranathà!
DAL VANGELO DELLA DOMENICA
(Mt 24,37-44)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
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ma diversamente da come lo hanno conosciuto i discepoli. 