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Buona domenica!

E’ una visione che attesta un termine,
parla di una scadenza e non mentisce;
se indugia, attendila,
perchè certo verrà e non tarderà.
Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto,
mentre il giusto vivrà per la sua fede.

Dal libro del profeta Abacuc (Ab 1,2-3; 2,2-4)
XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO -Anno C-

 

La parola a…
Paolo Curtaz

Abacuc è invitato a fidarsi, Timoteo riceve una commovente lettera da Paolo incarcerato ed è invitato a fare memoria della propria vocazione episcopale, gli apostoli, dopo un primo galvanizzante momento di euforia per i successi conseguiti dal Nazareno, cominciano a scontrarsi con il proprio limite e con l’ostilità di alcuni farisei e sentono la fiammella (timida) del credere lentamente vacillare.
Fidatevi, dice la Parola, fidati, affidati, diffida delle tue presunte certezze.
La fede è il ragionevole abbandonarsi nelle braccia dell’’amato, nel gesto incosciente e ovvio del bambino che si getta fra le braccia del padre.
Non siamo chiamati a fidarci di un mistero imperscrutabile, a seguire ciecamente gli ordini della divinità, ad abbassare la testa alla volontà ostica e incomprensibile di un moloch a cui dobbiamo credere.
Il Dio di Israele chiede fiducia, il Dio che ha camminato nel deserto e sofferto, il Dio che ha accompagnato e illuminato una tribù di beduini facendola divenire popolo della speranza, il Dio che ha illuminato i re di Israele, il Dio che ha strappato degli uomini dal pascolo e dalla terra consacrandoli profeti, il Dio che – esausto – è diventato uomo (fragilità, stanchezza, sudore, decisione, rischio) per raccontarsi chiede fiducia, non uno qualsiasi.
Il Dio che ha dimostrato milioni di volte quanto dolorosamente ama.

 

…e per riflettere puoi scaricare: Primo atto della fede

 

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Buona domenica!

Sono questi i santi apostoli
che nella vita terrena
hanno fecondato con il loro sangue la Chiesa:
hanno bevuto il calice del Signore,
e sono diventati gli amici di Dio.

Antifona d’ingresso
SOLENNITA’ DEI SANTI PIETRO E PAOLO APOSTOLO

 

La parola a…
Paolo Curtaz

Pietro e Paolo sono così diversi, così straordinariamente diversi!
Pietro è il pescatore di Cafarnao, uomo semplice e rozzo, entusiasta e irruente, generoso e fragile.
Paolo è l’intellettuale raffinato, lo zelante persecutore, il convertito divorato dalla passione.
Nulla avrebbe potuto mettere insieme due persone così diverse.
Nulla.
Solo Cristo.
Nella loro vita poche volte i due si incontrarono, a volte litigarono, si confrontarono, si richiamarono alla fedeltà. Eppure il loro comune Signore li adoperò per farli diventare le due colonne principali cui poggia l’edificio della Chiesa.
Pietro e la conservazione della fede. Paolo e l’ardore dell’annuncio, l’anarchia dello Spirito.
Difficilmente si sarebbe riusciti a mettere insieme due figure più diverse, eppure la Chiesa è così, fatta di gioiosa diversità, di dilagante ricchezza. Ed è bello e consolante, oggi, celebrare insieme due che mai, nella vita, avrebbero voluto essere ricordati insieme…
Così è la Chiesa, che oggi gioisce per questi innamorati di Dio, lieta di poter proporre ad ogni uomo lo stesso percorso di scoperta del volto del Signore Gesù.
Pietro il pescatore, Paolo l’intellettuale, le due colonne su cui poggia la nostra fede, Pietro e Paolo, le colonne della fede, ci insegnino a vivere nella tenerezza dell’appartenere alla Chiesa.

 

…e per riflettere puoi scaricare: Essere & amore

 

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Buona domenica!

“Chi di loro dunque lo amerà di più?”.
Simone rispose: “suppongo sia colui
al quale ha condonato di più”.
Gli disse Gesù: “hai giudicato bene”.

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 7,36-8,3)
XI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO -Anno C-

 

La parola a…
Paolo Curtaz

Gesù insegna alla prostituta che il metro di giudizio di Dio è l’amore e il perdono. La donna ha amato, tanto, male, facendosi del male, ma ha amato. A Dio basta, lui, che è l’Amore, riconosce l’amore anche quando è fatto a pezzi e fragile e disperato. Per Dio basta questo, salta ogni logica – religiosa, morale, perbenista – e va dritto all’essenziale: guarda al dentro, al desiderio, al dolore, alla verità. Quell’amore è l’origine del perdono, il perdono che Dio dà, sempre gratis, sempre senza condizioni, smuove l’amore.
A Simone, con delicatezza, senza rabbia, Gesù pone un caso da risolvere, quello dei due debitori, uno debitore di qualche euro, l’altro di qualche centinaia di migliaia di euro, che si vedono inaspettatamente condonati ogni pendenza. Chi sarà più contento? Simone ragiona, riflette, giudica bene: sta imparando il punto di vista di Dio. È chiamato, il fariseo, a mettersi nei panni del debitore.
Un altro evangelista ci dice che Simone è stato lebbroso: ragione in più, lui che ha sperimentato la solitudine e l’emarginazione, per annullare la distanza che crea la lebbra del giudizio.
A Dio non importa la devozione se non è sorretta dalla passione, non cerca giusti ma figli, a lui non importa (a noi sì: molto!) la nostra immagine spirituale. Vuole dai suoi discepoli verità, passione, forza, anche a costo di sbagliare.
Tutti siamo prostitute.
Ci vendiamo per un complimento, per coltivare il nostro ego (anche spirituale), per avere un ruolo sociale ed ecclesiale riconosciuto ed apprezzato, per essere, se non migliori, almeno non inferiori agli altri, disposti a tradire un’amicizia sincera pur di non ammettere i nostri errori.
Tutti siamo perdonati e amati.

La donna, Simone e tu, amico lettore.
Amati e perdonati da Dio, redenti e salvati, figli e uomini, discepoli e cercatori di Dio.
Tutti, se vogliamo, possiamo costruire la Chiesa, il sogno di Dio, comunità di persone che hanno sperimentato nella propria vita la tenerezza del Padre e, perciò, diventano capaci di perdono e di misericordia.

 

…e per riflettere puoi scaricare: La vita…

 

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Buona domenica!

“Io sono il pane vivo,
disceso dal cielo, dice il Signore,
se uno mangia di questo pane
vivrà in eterno”.

Canto al Vangelo (Gv 6,51)
SOLENNITA’ DEL SS. CORPO E SANGUE DI CRISTO -Anno C-

 

La parola a…
Paolo Curtaz

Gesù, nel momento più difficile della sua vita, nel momento dell’abbandono e dell’incomprensione, compie un gesto definitivo: si dona, si consegna, non offre pane e vino, come Melchisedek, ma la sua stessa vita sull’altare della croce.
Non è il pane che diventa Cristo, ma Cristo che si fa pane, per potere essere assimilato, per nutrire, per indicare un nuovo percorso, una nuova logica, quella del totale dono di sé.
La Cena pasquale che egli celebra nell’indifferenza e nella distonia totale con gli apostoli ci dona la misura della solitudine e dell’amore di Dio.
Quel gesto, gesto d’amore assoluto, è celebrato e ripetuto ogni volta che una comunità di credenti si raduna insieme ad un prete.
Ma non può essere un gesto auto-celebrativo, un gesto isolato, un gesto neutro.
O l’Eucaristia contagia la nostra vita, la riempie, la modella, la plasma, la informa o resta sterile, morta, inutile.
La Messa inizia proprio nel momento in cui usciamo dalla porta della chiesa.
E dura un’intera settimana.
Quel pane ricevuto ci aiuta a sfamare la folla, ad accorgerci della fame insaziata di chi incontreremo durante la settimana e a mettere a disposizione quel poco che siamo per sfamare ogni uomo, nel corpo e nell’anima.
L’Eucaristia, il pane di Dio, il pane del cammino, è il dono prezioso che ci fa diventare credenti, che ci sostiene e costruisce comunità. Questo è l’essenziale.
Il resto: chi celebra, come, quando, chi anima, chi legge, chi canta e cosa, è tutto dopo, per cortesia.
I preti sono chiamati a diventare trasparenza, a lasciare che sia la Parola a fluire nelle (brevi) omelie (Quanta poca Parola nelle nostre parole!), che siano eucarestie, cioè ringraziamenti, non luoghi da cui bacchettare le persone o occasioni per far sfoggio della pirotecnica cultura teologica.
Ai discepoli, a coloro che amano il Signore, auguro che l’Eucaristia torni ad essere ciò che è: incontro col Risorto, pane del cammino, farmaco e consolazione, luogo di accoglienza e di conversione, di fraternità e di perdono.

 

…e per riflettere puoi scaricare: Dio ha risposto

 

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Buona domenica!

“Vi lascio la pace, vi do la mia pace.
Non come la dà il mondo, io la do a voi”.

Dal Vangelo di Giovanni (Gv 14,23-29)
VI DOMENICA DI PASQUA -Anno C-

 

La parola a…
Paolo Curtaz

“Vi do la mia pace, non come la dà il mondo”: il confine del male e del bene è nel nostro cuore, il nemico è dentro di noi, non fuori, e la prima autentica pacificazione deve avvenire nel nostro intimo con noi stessi e la nostra violenza e la nostra rabbia, la parte oscura che i discepoli chiamano “peccato”.
La pace, secondo la Parola di Gesù, è il primo dono che egli fa, risorto, apparendo agli impauriti discepoli.
Un cuore pacificato è un cuore saldo, irremovibile, che ha colto il suo posto nel mondo, che non si spaventa nelle avversità, non si dispera nel dolore, non si scoraggia nella fatica.
La scoperta di Dio, nella propria vita, l’incontro gioioso con lui, la percezione della sua bellezza, la conversione al Signore Gesù riconosciuto come Dio, suscita nel cuore delle persone una gioia profonda, sconosciuta, diversa da ogni altra gioia. È la gioia del sapersi conosciuti, amati, preziosi. E la scoperta dell’amore di Dio mi apre a scenari nuovi, inattesi: il mondo ha un destino di bene, un amorevole disegno che, malgrado la fatica della storia e dell’umanità, confluisce verso Dio. E in questo progetto io, se voglio, ho un ruolo determinante.
Scoprire il proprio destino, la propria chiamata intima, la propria vocazione, mi mette le ali, mi cambia l’umore.
Malgrado i miei limiti, le mie fragilità, le mie paure, posso amare e, amando, cambia il mondo intorno a me.
Io sono amato, tu, amico lettore, sei amato.
Insieme a Dio, se vuoi, possiamo cambiare il mondo.

 

…e per riflettere puoi scaricare: Mamme & mamme

 

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Buona domenica!

“Da questo tutti sapranno
che siete miei discepoli:
se avete amore gli uni per gli altri”

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 13,31,35)
V DOMENICA DI PASQUA -Anno C-

 

La parola a…
don Carlo Occelli

“E’ l’amore che ci ha cambiato la vita, vive dentro un miliardo di cuori e non si può più fermare” canta Gianni Morandi.

Di qui non si scappa! Fermiamoci alcuni istanti per porci l’interrogativo: da che cosa ci riconoscono?
Fermiamoci per poi ripartire!
Paolo e Barnaba, visitando le loro comunità, rianimavano i discepoli. Che bello: la sua Parola ci raggiunge ogni settimana per rianimarci!
Ne abbiamo bisogno Signore! E’ vero, spesso non sono riconoscibile dall’amore, ma tu vieni a rianimarmi, ad infondere in me il soffio del tuo amore! Soffia forte, Signore!
“E’ l’amore che ci ha cambiato la vita”.
Si, è l’amore che ci ha cambiato la vita, è questo il perno di ogni nostro movimento!
E’ l’amore di un padre e di una madre che ci hanno cambiato la vita, è l’amore di un figlio che ci ha cambiato la vita, è l’amore di un amicizia, è l’amore di un perdono, di un abbraccio, di una carezza che ci hanno cambiato la vita!
E’ l’amore di una croce, follia per i pagani, che ci ha cambiato la vita!
Allora possiamo riprendere il coraggio di amare! Non perché siamo bravi, non perché ne siamo all’altezza, ma perché siamo stati generati dall’amore. Siamo amati!! C’è cosa più bella al mondo?
“Come io ho amato voi, così amatevi gli uni gli altri”
Rianimati, ci buttiamo nella nostra vita con il desiderio di amare come lui!
Questa settimana, da questo ci riconosceranno!
Nei nostri consigli pastorali, nei nostri gruppi, nei nostri incontri ci riconosceranno dall’amore.
Nella nostre aule, nelle nostre scuole, nelle nostre aziende ci riconosceranno dall’amore!
Sentite, questa settimana, facciamoci riconoscere!!!
Ogni mattina quando metti giù il piede dal letto… pensaci: “… è l’Amore che mi ha cambiato la vita, voglio vivere amando come lui, farmi riconoscere solo da quello.”
Ogni mattina quando entri in ufficio… pensaci…
Ogni volta che esci… pensaci…
Quando ti alzerai, quando mangerai, quando parlerai, quando rientrerai a casa… pensaci…
Buona settimana a tutti!

 

…e per riflettere puoi scaricare: Perché sono al mondo

 

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Buona domenica!

“Ti esalterò, Signore,
perchè mi hai risollevato”

Dal libro dei Salmi (Sal 29)
III DOMENICA DI PASQUA -Anno C-

 

La parola a…
Paolo Curtaz

Gesù era risorto. Ed era apparso agli apostoli: Pietro, insieme a Giovanni, era stato il primo a correre alla tomba, era presente al Cenacolo alla sera di Pasqua, diversamente da Tommaso, Luca accenna anche ad una apparizione privata a Pietro che non lasciò traccia.
Pietro, insomma, era stato il più presente alle apparizioni del Risorto.
Ma niente, nulla, deserto, il suo cuore era rimasto duro e arido.
Gesù era vivo certo, ma non per lui.
Gesù era risorto e glorioso, vivo, ma lui, Pietro, era rimasto in quel cortile.
Pietro credeva, certo. Ma la sua fede non riusciva a smuovere il suo dolore.
Come succede a molti di noi.
L’inizio del vangelo di oggi, è uno dei più tristi momenti del cristianesimo: Pietro torna a pescare. L’ultima volta che era andato a pescare, tre anni prima, aveva incontrato sulla riva quel perdigiorno che parlava del Regno di Dio. Torna a pescare: fine dell’avventura, della parentesi mistica, si torna alla dura realtà. Gli altri apostoli teneri!  lo accompagnano sperando di risollevare il suo morale.
E invece nulla, pesca infruttuosa: il sordo dolore di Pietro allontana anche i pesci.
Ma Gesù, come spesso accade, aspettava Pietro alla fine della sua notte.
Il clima è pesante. Nessuno fiata. Solo quel rompiscatole si avvicina per attaccare bottone e chiede notizie sulla pesca. Nessuno ha voglia di parlare, sono tutti affaccendati a riordinare le reti, la schiena curva, il capo chino, il cuore asciutto e sanguinante.
«Riprendete il largo e gettate le reti»
Tutti si fermano. Andrea guarda Giovanni che guarda Tommaso che guarda Pietro.
Come scusa? Cos’ha detto? Cosa?
Nessuno fiata, riprendono il largo, gettano le reti dalla parte debole e accade.
È lui.

Il silenzio, ora, è gravido.
Gesù si comporta con naturalezza, scherza, ride, mangia con loro.
Poi tenta il tutto per tutto e prende da parte Pietro.
L’ultima volta che si erano visti era stato lì, al sinedrio.
«Mi ami, Simone?»
«Come faccio ad amarti, Rabbì, come oso ancora dirtelo, come faccio?» pensa Pietro.
«Ti voglio bene» risponde Simone.
«Mi ami, Simone?»
«Basta, basta Signore, lo sai che non sono capace, piantala!» pensa Pietro.
«Ti voglio bene» risponde Simone.
«Mi vuoi bene, Simone?»
Pietro tace, ora. È scosso, ancora una volta. È Gesù che abbassa il tiro, è lui che si adegua alle nostre esigenze. Pietro ha un groppo in gola. A Gesù non importa nulla della fragilità di Pietro, né del suo tradimento, non gli importa se non è all’altezza, non gli importa se non sarà capace. Chiede a Pietro solo di amarlo come riesce.
«Cosa vuoi che ti dica, Maestro? Tu sai tutto, tu mi conosci, sai quanto ti voglio bene»
Sorride, ora, il Signore.
Sorride. Pietro è pronto: saprà aiutare i fratelli poveri ora che ha accettato la sua povertà, sarà un buon Papa.
Sorride, ora, il Signore e gli dice: «Seguimi».

 

…e per riflettere puoi scaricare: Testimoni della Risurrezione

 

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Buona domenica!

Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.

Dalla lettera di San Paolo Apostolo ai Filippesi (Fil 2,6-11)
DOMENICA DELLE PALME -Anno C-

 

La parola a…
Paolo Curtaz

Osanna!
Gesù entra a Gerusalemme trionfalmente. La gente applaude, agita in alto i rami strappati dalle palme e dagli ulivi, stende i propri mantelli al passaggio del Rabbì di Galilea. Piccola gloria prima del disastro, fragile riconoscimento prima del delirio. Gesù sa, sente, conosce ciò che sta per accadere.
Troppo instabile il giudizio dell’uomo, troppo vaga la sua fede, troppo ondivaga la sua volontà.
Ma che importa? Sorride, ora, il Nazareno e ascolta la lode rivolta a lui e che egli rivolge al Padre.
Messia impotente e mite, energico e tenero, affaticato e deciso.
Non entra a Gerusalemme a cavallo di un puledro bianco, non ha soldati al suo fianco che lo proteggono, nessuna autorità lo riceve: entra in città cavalcando un ridicolo ciuchino, ricordando a noi, malati di protagonismo, che il potere è tale solo se non si prende troppo sul serio, che la gloria degli uomini è inutile e breve.
Osanna, figlio di Davide, Osanna nostro incredibile Dio, nostro magnifico re.
Osanna dai tuoi figli poveri e illusi, feriti e mendicanti, Osanna re dei poveri, protettore dei falliti, Osanna!
Innalza a te il grido di lode la tua Chiesa, santa e peccatrice, riconosce in te l’unica ragione di vivere, l’unica ricerca, l’unico annuncio, Osanna maestro amato.

La passione
Luca racconta la sua passione lasciando trasparire tutto il bene che ha ricevuto da Cristo. Lo ama il Dio di Gesù, ama il Signore che egli ha conosciuto attraverso le parole vibranti di Paolo. E racconta le ultime ore di battaglia, racconta dello scontro titanico tra il Dio rifiutato e la tenebra incombente che suggerisce (a ragione?) a Gesù di abbandonare l’uomo al suo destino. La battaglia, l’agonia è, in Luca, tutta concentrata nella preghiera sanguinante del Getsemani.
Capiranno, gli uomini? O anche quel gesto passerà inosservato e inutile come tanti altri?
Altro è predicare e guarire, altro morire, nudi, appesi alla croce.
Gesù sceglie: consapevolmente, drammaticamente, dolorosamente.
Andrà fino in fondo, si immergerà nella volontà degli uomini (di morte), sperando che essi scoprano la volontà di Dio (di dono di sé).
Accetta di morire il Nazareno, il Figlio di Dio, perché nessuno possa dire che ciò che egli annuncia è fantasia o delirio.
Dopo, tutto diventa miracolo.
Al servo viene riattaccato l’orecchio, Pilato ed Erode diventano amici, Pietro piange il suo tradimento, Gesù viene riconosciuto “giusto” dal procuratore pagano, le donne vengono consolate e scosse, il ladro appeso alla croce perdonato e la folla torna a casa percuotendosi il petto.
È piena di inattesa dolcezza la morte di Dio.

Amato amore
Così sei amato, fratello, così sei accolta, sorella.
Meditando la passione restiamo anche noi allibiti, costernati. Assistiamo allo spettacolo della morte di Dio, del dono totale di sé.
Ecco Dio: pende dalla croce, morto per amore.
Dio muore d’amore.
Quando accogliamo il dolore e lo affidiamo, quando, nonostante la violenza, siamo resi capaci di perdonare e donarci, anche la nostra vita produce inattesi miracoli, prodigi e conversioni, senza che neppure ce ne accorgiamo.
Buon cammino fratelli e sorelle. Lasciamoci trascinare dalla narrazione, riviviamo in noi gli odori, i suoni, le luci e i colori di quei tre giorni in cui Dio morì donando se stesso
.

 

…e per riflettere puoi scaricare: Esperienza di Gesù Cristo

 

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Buona domenica!

Non ricordate più le cose passate,
non pensate più alle cose antiche!
Ecco, io faccio una cosa nuova:
proprio ora germoglia,
non ve ne accorgete?

Dal libro del profeta Isaia (Is 43,16-21)
V DOMENICA DI QUARESIMA -Anno C-

 

La parola a…
Paolo Curtaz

Dio non ti punisce, non hai fatto nulla di male perché il Signore ti mandi un lutto o una malattia.
Spesso l’origine del dolore siamo noi, la nostra fragilità, le nostre scelte sbagliate.
Dio non è un concorrente alla tua felicità, non ce l’ha con te, non devi allontanati da lui per realizzarti.
Dio non è un padre/padrone da tenere buono con mille devozioni e mille preghiere.
Dio è un padre che ti aspetta, che ti rispetta, che ti lascia fare i percorsi e le esperienze della vita sperando di non perderti. Dio è un padre buono che da del pane al figlio che gliene chiede, che fa piovere sui giusti e sui malvagi.

Gesù non giustifica, né condanna, invita ad alzare lo sguardo, ad andare oltre, a guardare col cuore la fragilità dell’altro e scoprirvi – riflessa – la propria.
No, Dio non giudica. Ci giudicano la vita, la società, il datore di lavoro, noi stessi.
Tutti ci giudicano, Dio no. Dio ama, e basta.

 

…e per riflettere puoi scaricare: Grazia e trasformazione

 

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Buona domenica!

Era Dio infatti
che riconciliava a sè il mondo in Cristo,
non imputando agli uomini le loro colpe.

Dalla seconda lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi
IV DOMENICA DI QUARESIMA (LAETARE) -Anno C-

 

La parola a…
Paolo Curtaz

Nel deserto della Quaresima diventiamo capaci di accogliere la novità assoluta del vangelo, del volto di Dio che emerge dalla rivelazione di Gesù.
Un Dio bellissimo ci attende sul Tabor, quando riusciamo a lasciare la pianura della quotidianità e della mediocrità.
Un Dio che non manda le disgrazie e che non teniamo buono sennò chissà che iattura ci colpisce. Un Dio che è un padre affettuoso che ci ama e ci rispetta.
Luca costruisce il suo vangelo intorno a tre parabole. Concentra in questi tre capolavori la sintesi del suo annuncio, la logica stringente della sua vita. Una di queste parabole, forse la più conosciuta del vangelo, è quella erroneamente chiamata del “figliol prodigo”.

E ora, per favore, smettetela di guardare questi due idioti, così simili a noi.
Piccoli e meschini, come noi. E guardate al Padre, per favore.
Io vedo un Padre che lascia andare il figlio anche se sa che si farà del male (l’avreste lasciato andare?). Vedo un Padre che scruta l’orizzonte ogni giorno. Vedo un Padre che corre e abbraccia, atteggiamento sconveniente per un Padre cui è dovuto rispetto. Vedo un Padre che non rinfaccia né chiede ragione dei soldi spesi (“te l’avevo detto io!”), che non accusa, che abbraccia, che smorza le scuse (e non le vuole), che restituisce dignità, che fa festa.
Vedo un Padre ingiusto, esagerato, che ama un figlio che gli augurava la morte (“dammi l’eredità!”) che vaneggiava nel delirio (“mi spetta!”), un Padre che sa che questo figlio ancora non è guarito dentro ma pazienta e fa già festa.
Vedo un Padre che esce a pregare (sic!) lo stizzito fratello maggiore, che tenta di giustificarsi, di spiegare le sue buone ragioni. Ecco: vedo questo Padre che accetta la libertà dei figli, che pazienta, che indica, che stimola. Lo vedo e impallidisco.
Dunque: Dio è così? Fino a qui? Così tanto? Sì, amici. Dio è questo e non altro. Dio è così e non diversamente.
E il Dio in cui credo è finalmente questo?
Gesù sta per morire per affermare questa verità, è disposto a farsi scannare pur di non rinnegare questa inattesa rivelazione.
Perché di esagerato, di eccessivo, in questa storia, c’è solo l’amore di Dio.

 

…e per riflettere puoi scaricare: Carta unta

 

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