RANGO, SEI DAVVERO UN EROE!
di Cecilia Salizzoni
«Sembri uno strano… hai una camicia strana… hai gli occhi strani. Sei uno straniero?». Quello che la piccola Priscilla dice al protagonista di questo film d’animazione, al suo arrivo nella città di Polvere, si potrebbe dire del film in generale. E, certo, l’operazione, firmata da Gore Verbinski con Rango (Usa, 2011), è singolare e molto cinefila: costruisce, infatti, un film sulla figura dell’eroe e sulla relazione ambigua tra essere e ruolo, realtà e finzione.
Detto così potrebbe sembrare cervellotico; si tratta, in realtà, di un gioco condotto con ironia e intelligenza, che piacerà ai ragazzi, anche se non saranno in grado di cogliere la struttura di rimandi e citazioni attivata dall’autore.
Ciò che ci interessa in questa sede, d’altra parte, è «l’impresa» che l’eroe si trova ad affrontare, e il «percorso» che deve compiere per riuscire nell’impresa: riportare l’acqua nel deserto per far rivivere la cittadina di Polvere e i suoi abitanti.
Impresa e percorso presentano inattesi punti di contatto con l’esperienza di vocazione e di risposta alla vocazione di ogni cristiano.
Ma chi è l’eroe di questa storia? È la domanda che assilla il protagonista lungo tutto il racconto, un piccolo camaleonte senza nome, che gioca a interpretare grandi ruoli all’interno del proprio minuscolo terrario, quando improvvisamente la sorte gli attraversa la strada e lo sbalza nella vita vera, nel mondo grande e terribile, alle prese con un compito sproporzionato per chiunque: ritrovare l’acqua che la speculazione moderna ha rubato alla cittadina di Polvere; smascherare e mettere fuori gioco i potenti responsabili della speculazione; restituire l’acqua alla comunità.
All’inizio della storia il nostro eroe, che non ha ancora un nome, ed è solo un piccolo millantatore che accetta la sfida per vanità, per gratificare il bisogno di sentirsi grande e potente, un «deus ex machina».
Per diventare «un salvatore», tuttavia, dovrà riconoscere il proprio limite e le proprie menzogne, da vanti a se stesso e davanti alla comunità. Solo allora, ridotto quasi a polvere anche lui dalla prova del deserto, potrà entrare in contatto con lo Spirito del West e trovare la risposta alla propria ricerca.
«Certe volte devi scavare a fondo per trovare quello che cerchi», lo apostrofa lo Spirito (che ha le sembianze di Clint Eastwood nel film Per un pugno di dollari). Bisogna, infatti, accettare di perdere se stessi per trovarsi. Bisogna rinunciare al proprio io, per salvare la propria vita e quella degli altri, ed è quanto sperimenta il camaleonte in profonda crisi d’identità.
«Oggi giorno vogliono dare un nome a tutto», prosegue quello che era detto l’uomo senza nome. «Non importa come ti chiamano. Sono le azioni che misurano l’uomo». Detto con linguaggio evangelico: saremo riconosciuti dalle opere che avremo fatto ai più piccoli.
«Il punto non sei tu», ribadisce lo Spirito, «il punto sono loro». Un rovesciamento di prospettiva radicale rispetto alla logica istintiva che guida l’individuo.
Finché cercava se stesso, il sedicente Rango non era in grado di vedere le cose che aveva sotto il naso. «L’uomo vede ciò che vuole vedere», commenterà poi l’armadillo, don Chisciotte che ha spinto Rango nell’impresa.
Quando rinuncia a se stesso, diventa libero di vedere le cose come stanno veramente, e allora finalmente trova. Allora è anche in grado di vedere la «necessità» di rimanere dentro la storia in cui è capitato, accettando che la storia degli altri – i brutti, sporchi e strani abitanti di Polvere – diventi la «sua» storia, quella per cui rischiare la vita.
È così che il nostro eroe, ora davvero tale, può tornare indietro e ripresentarsi alla comunità che aveva visto andare in frantumi la sua maschera fasulla. Ed è così che – a dispetto di quanto canta il coro per tutto il film, fin dal prologo – non solo non muore, ma riporta la vita agli abitanti del luogo. «Rango! hai riportato l’acqua. Come avevi promesso. Sei davvero un eroe!»: la piccola Priscilla al termine del racconto sancisce l’identità del protagonista.
PER SCANDAGLIARE IL RACCONTO
Al di là del gioco delle citazioni e delle situazioni tipiche dell’epica western, rivisitata negli anni ‘60 dal cinema italiano, che si ritrova nei nomi e nei personaggi, nelle canzoni e nelle situazioni, il film offre un ampio materiale di approfondimento. Portiamo l’attenzione su alcune questioni di fondo, lasciando il piacere di una ricerca ulteriore a catechisti e ragazzi:
Perché il regista ha scelto un camaleonte come protagonista? Perché questi vuole essere un «eroe» e quando lo diventa veramente? In che cosa assomiglia a ognuno di noi?
Gli antagonisti principali sono una tartaruga e un serpente: che cosa simboleggiano nella tradizione cristiana?
Che cosa rappresenta per Rango la prova del deserto? Come la affronta? Chi incontra nel deserto? Che cosa gli è rivelato? Che cosa gli permette di vedere ciò che prima non vedeva?
Che cosa gli permette di «tornare indietro»?
Attualizziamo il racconto: dove ritroviamo, nella nostra realtà contemporanea, l’oggetto di questa impresa?
Proviamo a confrontare il percorso di Rango con alcuni racconti biblici e a individuare gli elementi in comune:
– La chiamata di Mosè e la sua esperienza nel deserto (Es 3,1-14).
– La moltiplicazione dei pani e dei pesci (Gv 6,1-13) con particolare attenzione alla considerazione di Andrea: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?».
– Il Regno di Dio in Mt 25,31-46: «In verità io vi dico: ciò che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me».
Questo e molti altri suggerimenti per la catechesi dei ragazzi sul numero di Novembre 2013 dell’inserto Ragazzi & D’intorni dossier mensile di Catechisti Parrocchiali.
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