«La farina della giara
non si esaurirà
e l’orcio dell’olio non diminuirà».
(1Re 17,14)
Una vedova, anzi due. Ecco le straordinarie protagoniste della XXXII domenica del Tempo Ordinario. E vedove proprio come società le voleva, almeno quella società: povere e figure di un’umanità privata di dignità, diritti, riconoscimento, beni primari.
Da una parte, nel libro dei Re, quella vedova è una donna pronta comunque ad accogliere, a farsi prossima a Elia e alla sua sofferenza. Dall’altra, nel Vangelo, quella donna, pur portando con sé un visibile carico di povertà, dona, e dona tutto.
Sia nel libro dei Re che nel Vangelo c’è qualcuno che di quel dono si accorge.
Oggi non riesco a pensare solo a quanto rivoluzionario sia quel poco donato. Ci credo profondamente, sì, e credo che se vivessimo anche noi con quello stile potremmo cambiare le sorti del mondo. Ma delle letture che questa domenica ci dona, a segnarmi è lo sguardo di Gesù, quel suo accorgersi del “poco”, quella sua capacità di fare la differenza anche in questa occasione.
Il poco donato può essere snobbato, può disperdersi, può essere inghiottito dal bisogno. Nel mondo dell’efficienza poi il poco è poco, e non può che essere insufficiente. Eppure quando il poco è tutto sembra che qualcosa funzioni diversamente; il poco-tutto sembra riuscire a calamitare la benedizione di Dio, che a sua volta non disperde e moltiplica.
Il tesoro del Tempio è fatto da tesori. Eppure davanti a Dio brilla il poco. Stando al vangelo, brilla solo quando porta con sé la forza del tutto. Brilla quando è stato donato da mani buone e cuore semplice.
Mi chiedo se io di fronte al tesoro nel Tempio sarei riuscita ad accorgermi dell’immenso valore dei pochi spiccioli.
E mi chiedo anche se io sarei riuscita ad avere il coraggio del poco. Sì, il coraggio. Perché vesti lunghe, primi posti e doni vistosi si presentano da soli e suscitano onori. Ma il poco no… il poco l’unico clamore che riesce a creare è la derisione. Il poco spaventa sia dentro che fuori. Se doni il poco rischi di essere snobbato, ma se quel poco era il tuo tutto rischi anche di perdere il necessario. E allora stringere le mani (e il cuore) tenendo per sé il poco che resta potrebbe sembrare la scelta giusta.
Ma oggi tra Prima lettura e Vangelo ce n’è per tutti.
Ce n’è per chi pensa di avere poco o forse niente: siamo chiamati a donare, a fidarci, a investire su Dio. Ma a farlo con il cuore, a farlo puntando su colui che chiede e dona.
Ce n’è per chi pensa di avere tanto: siamo chiamati a coltivare quotidianamente l’umiltà nel dono. A donare sì, ma nel silenzio di gesti che non fanno rumore e seminano bene nel silenzio.
Ce n’è per chi riceve: nessun giudizio, nessuna preferenza. Tutto accogliere, di tutto accorgersi, e per ogni cosa benedire.
Ce n’è per chi ha paura di restare senza. Di fronte a noi la grande promessa di Elia: «La farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà» (1Re 17,14).
Possa il Signore insegnarci a essere dono, ad accogliere il dono, a generare dono.
Il coraggio dei piccoli gesti
Signore Gesù,
maestro dallo sguardo penetrante,
tu dai senso ai nostri sì,
dai valore ai pochi spiccioli della nostra vita
che riusciamo a donarti.
Donaci il coraggio dei piccoli gesti
e insegnaci a credere nel valore rivoluzionario
di un dono invisibile e snobbato.
Allontanaci dalla tentazione di trattenere
un pugno di farina per paura di non farcela,
dal desiderio di mettere al sicuro
quel poco che abbiamo per poterlo custodire.
Tu, Signore e Maestro, hai donato tutto.
Insegnaci a farci dono, a essere dono,
anche quando sentiamo di essere null’altro
che un pugno insufficiente di farina.
Amen.
DAL VANGELO DELLA DOMENICA
(1Re 17,10-16)
In quei giorni, il profeta Elìa si alzò e andò a Sarèpta. Arrivato alla porta della città, ecco una vedova che raccoglieva legna. La chiamò e le disse: «Prendimi un po’ d’acqua in un vaso, perché io possa bere».
Mentre quella andava a prenderla, le gridò: «Per favore, prendimi anche un pezzo di pane». Quella rispose: «Per la vita del Signore, tuo Dio, non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po’ d’olio nell’orcio; ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a prepararla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo».
Elìa le disse: «Non temere; va’ a fare come hai detto. Prima però prepara una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai per te e per tuo figlio, poiché così dice il Signore, Dio d’Israele: “La farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà fino al giorno in cui il Signore manderà la pioggia sulla faccia della terra”».
Quella andò e fece come aveva detto Elìa; poi mangiarono lei, lui e la casa di lei per diversi giorni. La farina della giara non venne meno e l’orcio dell’olio non diminuì, secondo la parola che il Signore aveva pronunciato per mezzo di Elìa.
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E Dio, vedendo quel profeta santo, ha preso le distanze e le ha ucciso il figlio. Questo pensa la madre affranta. 
