«Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo
di colui che è caduto nelle mani dei briganti?».
Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui».
Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».
(Lc 10,36-37)
La Colletta della XV domenica del Tempo Ordinario ci fa pregare: «O Dio, che mostri agli erranti la luce… concedi a tutti coloro che si professano cristiani di respingere ciò che è contrario a questo nome e di seguire ciò che gli è conforme». E la domanda nasce spontanea: «Sappiamo quello che chiediamo?».
Per poter respingere o essere conformi a qualcosa dovremmo sapere di che cosa stiamo parlando.
La luce della verità che il Signore vuole mostrare agli erranti perché scelgano i giusti sentieri che cosa fa risplendere oggi anche per noi? Che cosa ci rivela?
Il Deuteronomio ci consola: quello che Dio chiede non è oltre noi, non è oltre le nostre possibilità, ma ci è talmente vicino da attraversarci, da viverci dentro; è sulla nostra bocca, è nel nostro cuore.
La voce del Signore e – noi possiamo tranquillamente dire – i suoi gesti non riempiono più solo i cieli, così che solo gli angeli possano ascoltarli, ma in Gesù si sono fatti visibili, concreti, possibili anche per noi. Nella sua incarnazione, nella sua avventura umana, nei suoi gesti e nelle sue parole, nella sua scelta definitiva (dare la vita) è Dio stesso a essersi fatto prossimo alla nostra umanità, alla nostra fragilità, alla nostra carne. E da quel momento la prossimità è diventata la via preferita di Dio, quella che lui per primo percorre per riportarci a Casa, in lui.
Ma per noi la prossimità è divenuta anche una chiamata specifica. Non una tra molte possibilità, ma la via preferenziale, l’autostrada della santità.
La prossimità nel Vangelo ha reso santi anche gli eretici. Perché questo affermiamo quando parliamo di quel buon Samaritano attento e premuroso. Pur buono di cuore di fatto quell’uomo dai credenti in Dio viene ritenuto un senza Dio, o comunque un senza il giusto Dio.
E invece… da Gesù in qua si svolta. Le cose cambiano, anche se qualcuno tra i credenti resta disorientato.
Per noi, che in quel Suo nome ci ritroviamo, scatta il livello successivo. Non è più solo questione di essere credenti: essere o non essere prossimi, questo è il problema. Scegliere o non scegliere di farsi vicini, attendi, custodi: questa la chiamata.
Scegliere o non scegliere di interessarci all’altra e all’altro, di accorgerci del suo dolore, di farci carico della sua impotenza, di custodire la sua disperazione, di cercare insieme soluzioni che abbiano il sapore della fraternità e della vita. Tutto questo non è più opinabile.
Guardiamoci! Noi cristiani, guardiamoci con verità.
Quante pretese reciproche ci sferzano!
Quanta solitudine ci sta distruggendo!
Guardiamo le nostre comunità: quante volte, tra noi, il Vangelo riesce davvero a farsi prossimità?
E non è solo questione di chi dona. Non è solo questione di fermarsi per accorgersi… Siamo arrivati al punto che a spezzare la prossimità non c’è solo la fretta o la superficialità, c’è anche la durezza (almeno apparente) di chi non vuole aver bisogno degli altri. Di chi non vuole ricevere.
Quanto è grande in questo momento il dolore che ci sta colpendo a morte… e che noi stessi ci stiamo infliggendo!
Possa il Vangelo che insieme meditiamo fare breccia nel nostro cuore, aprire varchi concreti alla fraternità, spalancare nuovi orizzonti di prossimità, riconsegnarci alla bellezza della condivisione, della cura, della premura, della fragilità condivisa, di un rinnovato senso di comunità famiglia.
Come il Samaritano
Signore Gesù, divino Samaritano,
in te l’Amore ci raggiunge e traccia sentieri,
si fa concretezza e chiede posizioni:
rispetto al mondo, agli altri, a Dio.
Nelle tue parole l’Amore diventa
gesti da imparare, sguardi da donare,
parole da scegliere.
Insegnaci, Maestro di Amore,
la prossimità che risolleva e fa vivere,
che sceglie di farsi carico
e non vuole mantenere distanze.
Come il Samaritano, possa il nostro sì a te
diventare un sì a favore della prossimità,
della cura, della fraternità.
Amen.
DAL VANGELO DELLA DOMENICA
(Lc 10,25-37)
In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».
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