Del luogo
dove io vado,
conoscete la via…
Dal Vangelo di Giovanni (Gv 14,4)
V DOMENICA di PASQUA – Anno A
Signore, mostraci il Padre e ci basta, esclama l’apostolo Filippo. Per comprendere il tono e il senso della sua esclamazione è necessario collocarla nel contesto. E’ la sera dell’ultima cena. Prima di uscire dal cenacolo per recarsi nell’orto degli ulivi, Gesù intrattiene i suoi amici con un lungo discorso, carico di tristezza e speranza, di richiami al tempo trascorso insieme, di accenni misteriosi a quello che sta per accadere, e a quello, ancor più misterioso, che per volontà del Padre sarebbe accaduto dopo.
Gli apostoli capiscono che, pur non potendo andare dove il Maestro sta per andare (Gv 13,33), non sarebbero stati lasciati soli, e che la loro tristezza si sarebbe trasformata in gioia (Gv 16.20). Per loro si preparano momenti difficili. Perciò sono preoccupati e frastornati. E’ da questo clima di incertezza che nasce la richiesta quasi perentoria di Filippo: “Mostraci il Padre e ci basta!”. Cioè: faccelo vedere e così capiremo tutto.
Vedere Dio per capire ciò che non capiamo… Quante volte, soprattutto nei momenti di difficoltà e di dubbio, quando tutto sembra andare a rovescio, quando sembra che Dio si sia nascosto, che si disinteressi di noi, o che addirittura ce l’abbia con noi, la richiesta dell’apostolo diventa la nostra: “Dio, fatti vedere! Fatti sentire! Fatti capire!”.
In questi momenti, è necessario ricordare la risposta di Gesù a Filippo: “Chi ha visto me, ha visto il Padre”, accettando la verità che: “Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato” (Gv 1,18). Il che vuol dire che l’unico modo per vedere, sentire, capire Dio è Gesù. Cercarlo altrove o in altro modo espone al rischio di costruire immagini di Dio a misura delle nostre convinzioni, delle nostre speranze, delle nostre paure, dei nostri comportamenti, ma false e pericolose per la nostra fede e per quella degli altri. Sappiamo che l’ateismo occidentale – l’unico che esiste – ha trovato le sue motivazioni nel rifiuto di false immagini di Dio nelle quali i cristiani erano caduti: il Dio vendicatore di certe pagine del Vecchio Testamento; il dio “Giove” dei pagani, armato di fulmine, geloso della gioia degli uomini, intento a distribuire disgrazie, malattie e morte; il vecchio barbuto seduto sulle nubi che decide a chi tocca tribolare, magari nei campi di sterminio nazista, o nei gulag comunisti.
“Chi ha visto me ha visto il Padre”. L’unica immagine autentica di Dio è Gesù, che ha assunto la nostra “carne” proprio per farcelo vedere. Di conseguenza, quando ci domandiamo: “Come pensa Dio? Come agisce? Come ci sta vicino quando stiamo bene, quando stiamo male, quando sbagliamo, quando lo rinneghiamo o tradiamo…?”, la risposta non può che essere una: Dio pensa, agisce, sta vicino, aiuta come faceva Gesù.
Per vedere Dio bisogna vedere Gesù. Ma per vedere Gesù è necessario conoscerlo. Soltanto così può essere annunciato e testimoniato, come il brano degli Atti ci ricorda, con la parola, che lo fa conoscere, e con la carità che lo testimonia. Parola e testimonianza, quindi. Da sole zoppicano. Perché “la testimonianza chiede di essere illuminata e giustificata da un annuncio chiaro e inequivocabile, che dovrà sempre rinviare a ciò che si può vedere e udire” (n° 9 della nota pastorale CEI 2005: Questa è la nostra fede).
Questo è il compito dei discepoli di Gesù. Siamo fedeli a questo compito? Purtroppo la risposta è negativa. Scrive papa Francesco: “Tutti noi siamo chiamati a crescere come evangelizzatori. Al tempo stesso ci adoperiamo per una migliore formazione, un approfondimento del nostro amore e una più chiara testimonianza del Vangelo (Evangelii gaudium 121). A noi (noi tutti: preti e laici) mancano sia la convinzione di dover essere evangelizzatori, sia la formazione adeguata per esserlo. Il “Rapporto sull’analfabetismo religioso 2014” (il Mulino), presentato a Roma il 12 maggio 2014 ha messo dolorosamente in evidenza – tra le tante altri sconsolanti notizie! – che il 48,7% dei cattolici praticanti risponde erroneamente alla domanda su chi ha dettato i Dieci Comandamenti (altrettanto fanno il 30,8% dei laureati); il 70% degli italiani ha in casa la Bibbia, ma solo il 29% ammette di leggerne ogni tanto una pagina; solo un italiano su quattro sa i nomi di tutti e quattro evangelisti. La maggior parte confonde la risurrezione dei corpi con la reincarnazione…
E’ possibile, in questa condizione, vedere Gesù per far vedere Dio? Quando parliamo di conversione, smettiamola di intenderla come l’impegno a non dire parolacce e a non perdere la pazienza. La conversione urgente e impegnativa è convertirci a una fede adulta e consapevole.
DON TONINO LASCONI