Prendete il mio giogo sopra di voi, dice il Signore,
e imparate da me, che sono mite e umile di cuore.
(Mt 11,29ab)
Tutte le volte che entro in chiesa o in una cappella non posso non notare banchi vuoti verso il presbiterio e affollamento negli ultimi. Non è raro che accada. E non riesco a non pensare a un passaggio che il Vangelo di questa XXII domenica del Tempo Ordinario ci regala: «Quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”».
Per quanto possa sembrare strano questo riferimento evangelico fu proprio la risposta che molti anni fa una persona mi diede quando le chiesi perché si mettesse sempre in fondo. Eppure quando vedo i primi banchi vuoti durante le celebrazioni non riesco proprio a respirare Vangelo, umiltà, nascondimento. Anzi, spesso mi capita di pensare che anche questo sia l’ennesimo accomodante modo di anestetizzare il Vangelo: scegliere atteggiamenti che alla fine ci fanno anche comodo per tenere a bada imperativi più impellenti.
Credo invece che l’asticella della nostra fedeltà al Vangelo vada alzata, credo che a volte, soprattutto di questi tempi, rischiare i primi posti, percorrere in solitudine corridoi, rendersi presenti a banchetti scomodi, invitare chi pur avendone le possibilità non ha la benché minima idea di ricambiare sia un forte e profetico segno di umiltà e mitezza, di assunzione di responsabilità, di rischio. È un gesto che porta con sé tutte le possibilità per costruire comunità.
Umiltà, mitezza e gratuità credo che siano le tre parole chiave del percorso che la liturgia oggi ci chiede di fare. Un percorso essenzialmente interiore che può e deve diventare scelte.
Umiltà, mitezza e gratuità sono tutt’altro che facili, e sono anche tutt’altro che possibili se affrontate da soli. Perché? Perché siamo bravi a raccontarci storie. Siamo bravi a pensarci vittime di situazioni segnate da ingratitudine. Siamo bravi a chiamare umiltà quello che forse potrebbe essere timore, indecisione, insicurezza, se non – nei casi più estremi – anche indifferenza.
Non è semplice scoprire da soli i passi che umiltà, mitezza e gratitudine ci chiedono di compiere. Sono quasi sempre passi interiori, a volte veri e propri salti nel vuoto, e per quanto forti abbiamo bisogno di chi ci aiuti a saltare, di chi ci aiuti a capire, di chi ci aiuti a vedere vie, di chi ci aiuti non a non cadere ma a rialzarci dopo una caduta.
E allora aiutiamoci a crescere in mitezza, a preferirla, a farla diventare la nostra forza interiore.
I miti erediteranno la terra perché scelgono di farne quotidianamente una casa bella per tutte e tutti.
I miti scelgono di deporre le armi e di imparare dalla storia, di ascoltare gli eventi, di aprirsi agli altri: per questo possono scoprire Dio e far proprie le sue logiche.
Lo auguro a voi e lo auguro a me: coltiviamo mitezza, e in ogni evento e situazione chiediamoci come generarla, in noi e attorno a noi; come renderla acqua sui fuochi dell’ira, dell’incomprensione, delle parole fuori misura.
E poi creiamo banchetti, e apriamoli a tutte e tutti. Anche a chi potrebbe ricambiare ma non lo farà. Perché questo ci avrebbe chiesto oggi il Signore.
Costruiamo comunità, creiamo occasioni di dono e non pentiamocene mai, perché la nostra ricompensa è e sarà il cielo.
Al tuo banchetto
Signore Gesù, oggi vengo
al banchetto che hai preparato,
ma non voglio restare indietro,
non voglio riempire i banchi
di chi si tiene a distanza,
di chi si sente troppo poco,
di chi vuole stare tranquillo.
Al tuo banchetto d’amore
voglio poterti correre incontro,
a testa alta e con cuore certo;
voglio essere parte viva
di un corpo vivo, il tuo.
So di essere a volte zoppa,
altre volte cieca, spesso povera.
Ma so che nel tuo cuore
un posto ci sarà sempre.
E sarà unico. Grazie, Signore!
DAL VANGELO DELLA DOMENICA
(Lc 14,1.7-14)
Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
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