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Ultimi posti. Questione di umiltà? – BUONA DOMENICA! – XXII domenica del Tempo Ordinario – Anno C

Signore Gesù, oggi vengo  
al banchetto che hai preparato,  
ma non voglio restare indietro,  
non voglio riempire i banchi  
di chi si tiene a distanza,  
di chi si sente troppo poco,  
di chi vuole stare tranquillo.  
 
Al tuo banchetto d’amore  
voglio poterti correre incontro,  
a testa alta e con cuore certo;  
voglio essere parte viva  
di un corpo vivo, il tuo.  
So di essere a volte zoppa,  
altre volte cieca, spesso povera.  
Ma so che nel tuo cuore  
un posto ci sarà sempre.  
E sarà unico. Grazie, Signore!

DAL VANGELO DELLA DOMENICA
(Lc 14,1.7-14)

Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

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Un grido che conta – BUONA DOMENICA! – XVII domenica del Tempo Ordinario – Anno C

Padre, Abbà, dacci oggi e in ogni istante
il pane del tuo amore
perché amore sia ciò di cui
possiamo diventare capaci e testimoni.
Padre, Abbà, insegnaci a far spazio
nel mondo al tuo nome, al tuo regno,
ai tuoi sogni di bene per noi.

Padre, Abbà, perdona il male
che generiamo per superficialità
o indolenza, per azione o omissione.
Padre, Abbà, resta con noi
quando tutto si fa oscuro.

Padre, Abbà, riempici di te,
della tua santità, perché in questo mondo
ancora troppo bagnato da lacrime
e indurito da violenze, ancora una volta
possa risorgere la vita.
Amen.

DAL VANGELO DELLA DOMENICA
(Lc 10,38-42)

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
“Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione”».
Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”; e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.
Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.
Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

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Sull’altare delle opere – BUONA DOMENICA! – XVI domenica del Tempo Ordinario – Anno C

Signore Gesù, Maestro di unità,
accompagnaci in un cammino
di armonia ed equilibrio interiore,
perché in noi ci sia spazio per Marta e per Maria,
per un ascolto operoso della tua volontà
e una carità desta nel cogliere le tue vie
e percorrerle.

Come Abramo rendici capaci
di scoprire i tuoi passaggi
nella nostra vita personale ed ecclesiale
e rendici desti ed essenziali
nel rispondere a te,
nel cambiare strada,
nel fermare le inutili corse
che sfiancano tutti
ma non santificano più nessuno.
Amen.

DAL VANGELO DELLA DOMENICA
(Lc 10,38-42)

In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

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Essere o non essere… prossimi – BUONA DOMENICA! – XV domenica del Tempo Ordinario – Anno C

Signore Gesù, divino Samaritano,
in te l’Amore ci raggiunge e traccia sentieri,
si fa concretezza e chiede posizioni:
rispetto al mondo, agli altri, a Dio.
Nelle tue parole l’Amore diventa
gesti da imparare, sguardi da donare,
parole da scegliere.
Insegnaci, Maestro di Amore,
la prossimità che risolleva e fa vivere,
che sceglie di farsi carico
e non vuole mantenere distanze.
Come il Samaritano, possa il nostro sì a te
diventare un sì a favore della prossimità,
della cura, della fraternità.
Amen.

DAL VANGELO DELLA DOMENICA
(Lc 10,25-37)

In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

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Ascoltare, comprendere… – BUONA DOMENICA! XV DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

Il seminatore uscì a seminare.
(Mt 11,28)

Parabola straconosciuta, quella che oggi il Vangelo della XV domenica del Tempo Ordinario ci propone. La parabola del seminatore è forse tra le più ascoltate e raccontate. Spesso è anche un po’ usata come una clava. E non capita poche volte che su di essa, a mo’ di messaggio finale, venga imbastita questa chiusura: «Alcuni tra noi rispondono al Signore al 100%, altri al 60, altri al 30%. Ognuno di noi si chieda: E io quanto riesco a rispondere a Dio? Che terreno sono?»

Intanto potremmo da subito smontare questa finale ad effetto. La parola di Dio non parla di una percentuale, non dice 30%, ma precisamente: «il 100, il 60, il 30 per 1». La moltiplica di Dio, per quanto strana, funziona così: moltiplica incredibilmente tutto ciò che riusciamo a mettere a disposizione, anche una porzione piccola come l’1. Quindi è proprio lui a moltiplicare, e lo fa all’infinito. Per cui se c’è una cosa che è certa è che l’obiettivo della parabola non è mettere in luce il nostro fallimento nella fede, ma il suo offrire a noi continue possibilità. E questo non va mai, e dico mai, dimenticato.

Altra straordinaria certezza: il seminatore è il Signore, che semina in noi la parola del Regno, una parola cioè che porta vita, che rende vita perché è essa stessa vita. Frequentare il seminatore significa quindi attivare possibilità per una semina decisamente fuori dal comune. La parola del Regno non ha nulla a che fare con le nostre parole, è oltre; è una parola creativa e creatrice: mai uguale, mai inefficace, mai silenziabile, mai selezionatrice. Già: la parola del Regno non sceglie il terreno, ma si offre a ogni terreno, a ogni disponibilità, a ogni vita. È questo quello che affermano i primi versetti della parabola. Dio non sceglie a chi dare. Non si preoccupa di non sprecare il seme. Non seleziona. Dio offre al mondo, a tutti indistintamente, il seme che custodisce la vita stessa del mondo. Nello specifico: Dio ha offerto al mondo suo Figlio, Parola vera e viva, perché il mondo vivesse, perché il mondo si sentisse raggiunto dalla pienezza della vita, perché il mondo sapesse che la promessa di salvezza si è davvero realizzata per ognuna, per ognuno. La pioggia e la neve continuano a irrigare ogni terra perché la vita di Dio germogli ovunque, e germogliando generi vita che apre a Dio: questa è l’antica promessa, ma questa in Gesù è la nostra certezza.

Chi di noi può aspirare a tanto? Tutti!
Ce lo dice la parabola, lasciandoci scoprire quanto il seminatore-Dio sia sprecone. Semina ovunque senza badare ai risultati. Semina perché la vita possa avere sempre una nuova possibilità di germogliare. Perché questo significa felicità, pienezza, realizzazione autentica per tutte e tutti noi.

Ma qual è il sentiero da seguire? La via da percorrere?

Lo dico con 4 verbi fondamentali: ascoltare, comprendere, non mollare, lasciarsi stupire. Ascoltare è iniziare ad aprire la porta. Primo, ma necessario passo. Ascoltare è incontrare, aprirsi, lasciarsi raggiungere. Non comprendere ci rende duri, impenetrabili come la strada, come la terra battuta. Comprendere invece ci spinge oltre. C’è una cosa però su cui vigilare: non dobbiamo mollare. Perché difficoltà e paure, delusioni e scoraggiamento sono sempre dietro l’angolo, ma mollare è farsi bruciare, paralizzare dalle difficoltà. E invece noi davanti abbiamo una promessa di vita straordinaria. Lasciamoci allora stupire da Dio, dai suoi sprechi. Il suo Spirito sa sempre come riconsegnarci alla vita, come partorirci sempre di nuovo. [CONTINUA… Di seguito clicca sul numero 2 accanto alla parola pagine]

In noi lo Spirito è vita – BUONA DOMENICA! XIV DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

Venite a me,
voi tutti che siete stanchi e oppressi,
e io vi darò ristoro.
(Mt 11,28)

Proviamo anche noi a iniziare la giornata o, meglio, la settimana con lo stesso atteggiamento suggerito dal Vangelo: rendiamo lode, benediciamo, ringraziamo! E se tanti sono i motivi che ci spingono a non farlo, e certamente tutti motivi validi, proviamo a dare una sterzata alla giornata: benediciamo, rendiamo lode, ringraziamo anche se…
Certamente ci saranno motivi per farlo. Ma se non ve ne venissero in mente, uno ve lo suggerisco io, anzi più di uno.
Il primo lo prendo dalla prima lettura: il tuo re, il tuo Dio è venuto a te. Il profeta Zaccaria non ha dubbi. Lui è venuto a te, a noi, umile e giusto, vittorioso e su un asino. Dite quel che volete ma amo i contrasti di cui il nostro Dio sa caricarsi. Mi affascinano, anzi, di più, riescono continuamente a stravolgermi la vita, a mettere in questione le mie certezze. Questo Dio, il nostro Dio continua a venire a noi, per noi, e ci chiede di sognare con lui la pace, di spezzare con lui gli archi di guerra (di bloccare cioè tutte le occasioni in cui potremmo generare guerra), di farci con lui annuncio di pace per le nazioni (di essere cioè occasione di pace tra le genti, anche tra quelle a noi molto vicine).
Il secondo motivo per cui benedire il Padre ci arriva dal Vangelo: Dio è venuto a noi in Gesù, e in lui e per lui riceviamo costantemente vita autentica, senso vero e pieno. Lui, rivelandoci la bellezza del cuore del Padre, ci ha reso parte di una storia più grande di noi e di progetti di umanità che vanno oltre i nostri sogni. In lui sappiamo di non essere frutto di un caso anonimo e sterile. In lui abbiamo scoperto che la nostra piccolezza, per quanto piccola (scusate il gioco di parole) può contenere Dio. E questa è una novità straordinaria. Dio si rivela in ciò che è piccolo, povero, insignificante… e quindi anche la nostra vita e la nostra storia personale può essere spazio e tempo in cui Lui continua a darsi al mondo. Frequentare Gesù significa entrare sempre di più in questa dinamica. E frequentarlo significa proprio stare, restare, sostare con lui: il nostro passo come il suo, il nostro ritmo come il suo per imparare a liberarci dalle nostre ansie e farci carico dei suoi desideri. E se le nostre ansie stressano, consumano, i suoi desideri caricano, aprono orizzonti, ritemprano. Il giogo è null’altro se non quell’alleanza che Dio ha fatto con i suoi figli e che, se vissuta (portata), salva, riempie, dona vita.
Il terzo motivo per cui benedire lo traggo dalla seconda lettura, e posso proprio affermare che è il punto chiave, ciò in forza del quale tutto quello in cui credo (e che ho scritto) è vero: in noi abita lo Spirito di Dio, quello stesso Spirito che ha risuscitato Gesù, che ha spezzato cioè le catene della morte. È lui che può ridarci sempre vita. È lui che può aiutarci a entrare con convinzione nell’alleanza, è lui a mostrarci, oggi, il volto di Dio. È lui a farci sentire, anche nel deserto più assoluto, la sua presenza rinfrescante. Lo Spirito che vive in noi ci rende molto più di quanto il mondo che ci circonda ci consenta di pensare. E lui non ci illude: ci forma, ci insegna a essere quel di più. Istante dopo istante. [CONTINUA… Di seguito clicca sul numero 2 accanto alla parola pagine]

Credenti davanti a Dio. Autentici davanti al mondo – BUONA DOMENICA! XIII DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

Chi accoglie voi, accoglie me. (Mt 10,40)

In queste ultime settimane le letture ci hanno riempito di positività. Il ritorno al Tempo Ordinario è sempre caratterizzato da una full immersion nel ministero pubblico di Gesù, da un camminare accanto a lui, da un sostare con le folle per scoprire la bellezza e la pienezza travolgente dei suoi gesti e delle sue parole. Parole e gesti che risollevano, che nutrono, che sostengono, che guariscono, che chiamano. E se il Tempo Pasquale ci ha fatto sperimentare sulla pelle l’autenticità del suo amore, il Tempo Ordinario ci ha riportato a una quotidianità piena di lui. I brani evangelici accolti nelle ultime domeniche ci hanno lasciato come retrogusto una convinzione: siamo amati, non siamo soli, contiamo per Dio, per lui siamo preziosi. Ed è questo a renderci forti. Questo a strapparci da ogni forma di non-senso, questo a riconsegnarci alla vita tutte le volte che qualcosa prova a strapparcela di mano.
Ma sapete qual è la bellezza della nostra fede? La reciprocità!
Di fronte a noi non c’è il dio che ama ingozzarsi di doni umani. Ma non c’è neppure il dio che degli umani non sa che farsene. Il nostro non è il dio dei superpoteri a cui smettiamo di credere appena la logica ci consente di capire che 2+2 fa 4. Ma non è neppure il dio a cui il mondo poco interessa.
Fin dall’inizio, la storia della salvezza ci ha svelato un Dio sempre in rapporto a qualcuno… e a un qualcuno decisamente molto umano e poco perfetto: Mosè (e Aronne, ma anche Myriam), Giacobbe (con Rachele… ma anche Lia), Abramo (e Sara)… fino ad adam, l’uomo e la donna tratti dalla terra, che Dio stesso aveva fatto vivere della sua stessa vita. Noi, per fede, crediamo in un Dio che non ha salvato il mondo da solo. Per farlo ha assunto, come sua, la fragilità, la finitudine, la mortalità, in una parola: l’umanità… Lui ha scelto di essere Dio – mi perdoni chi la sente come una bestemmia – legandosi a maglie strette a noi.
Questa certezza è ciò che dobbiamo mettere alla base quando i nostri orecchi vengono raggiunti da parole come quelle che il Vangelo oggi ci offre: «Chi ama padre o madre più di me… figlio o figlia più di me… la propria vita, se stesso più di me… non è degno di me…».
Oggi il Vangelo ci tira fuori da noi stessi e ci chiede, con forza da che parte stiamo.
Siamo felici di saperci amati. Siamo immensamente grati di saperci preziosi per Dio. Ma non può bastarci. Da credenti, poiché battezzati, sappiamo che una vita ci attraversa e ci rende nuovi, ci consente di guardare il mondo attorno con occhi e cuore nuovo. È la vita risorta e liberante di Dio.
Ed è di fronte a questa pienezza di vita che con coraggio dobbiamo chiedere a noi stessi che fine gli vogliamo far fare: se ridurla a noi stessi, e al nostro personale gongolamento, o se farcene carico perché questa stessa vita sia tale per chi vive attorno a noi, e con noi, nella stessa porzione di mondo.
Usciamo fuori dai nostri gusci, dai rimpianti, dalla ricerca povera di un benessere solo personale (e intendo anche solo familiare)! Smettiamola di tenere per noi il dono, perché certi beni è nella divisione che si moltiplicano!
Se siamo battezzati, se a Dio ci accostiamo da credenti, allora di fronte al mondo non possiamo che essere autentici. Autentici seminatori di quella stessa vita che ci attraversa, di quella stessa luce che non possiamo trattenere, di quella stessa bellezza che ci fa vivere.
E se a volte per fare questo dovremo pagare qualcosa, non dovremo mollare. Ma chiedere con coraggio a quella Vita di sostenere con noi il braccio di una croce. Lo farà!

Nessuna paura, siamo in una botte di ferro – BUONA DOMENICA! XII DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

Voi valete più di molti passeri (Mt 10,31)

Nessuna paura, siamo in una botte di ferro, anzi d’amore!
È la prima cosa che mi viene in mente fermandomi sulle letture di questa dodicesima domenica del Tempo Ordinario.
«Eh…», mi direte, «nessuna paura! Facile a dirsi… ma nella vita di tutti i giorni è ben altra la storia. E quella botte di ferro sembra abbastanza fragile. La fede non ci esime da sofferenze. Dio non ci difende da situazioni di pericolo. E quei passeri di cui parla il Vangelo a volte sembrano passarsela meglio di noi».
Che cosa rispondervi? Quello che pensate è legittimo. Ci sono volte in cui ciò che viviamo è più vicino all’esperienza del maltrattato profeta Geremia che alla rassicurante parola di Gesù. Ci sono volte in cui a farla da padrone sono le esperienze di amarezza, delusione, scoraggiamento. Ci sono volte in cui di rassicurante attorno a noi c’è ben poco: contesti sociali, lavorativi, parrocchiali, politici, a volte familiari sono tutt’altro che rassicuranti. E il futuro che ci si prospetta d’avanti più che una via avvincente da percorrere, sembra essere un muro di gomma contro il quale rimbalziamo e torniamo indietro. Eppure proprio in momenti così dobbiamo dire seriamente a noi stessi chi vogliamo essere. Proprio di fronte alle grandi e profonde contraddizioni, anche personali, dobbiamo mettere in luce le motivazioni che ci fanno dire da che parte stare.
La paura non è antitetica alla fede… Mai! E di fatto il Vangelo non la mette al bando. Ma proprio il fatto che Gesù dica ai suoi: «Non abbiate paura…» significa che la paura esiste, è possibile e naturale.
Ciò che è antitetico alla fede-fiducia è il lasciarsi vivere dalla paura, il fare della paura il criterio delle proprie scelte, consentire alla paura del futuro, degli altri, di noi stessi, di Dio, di scegliere al posto nostro.
Gesù ci affronta così come siamo, nella realtà di ciò che siamo e di ciò che viviamo, e ci fa una proposta: fidarci di Colui a cui stiamo a cuore, di quel Signore e Creatore che non ci ha sganciati nel mondo lasciandoci da soli nel mondo; fidarci di Chi ogni giorno prova a liberarci da noi stessi, da quelle schiavitù in cui ci invischiamo e da chi vorrebbe condizionare vita, scelte e dono.
L’invito del Maestro di Nazaret è alla fiducia piena, perché Colui che sussurra vita al nostro orecchio interiore poi la genera. Colui, la cui parola ci sostiene in tempi aridi e ci illumina nelle notti, non ci trascura, non ci dimentica, non prende le distanze da noi. Ce lo ricorda Geremia che, pur sperimentando solitudine e tradimento, sa con certezza di avere in Dio il fondamento della propria vita e del proprio futuro. Ce lo ricorda Paolo nella lettera ai Romani: noi siamo destinatari di un dono immenso che proprio il Signore Gesù ci ha ottenuto. In lui siamo figli, eredi per sempre della grazia… che è null’altro se non amore gratuito dato non con misura, ma con sovrabbondanza.
E allora, discepole e discepoli di ogni tempo: che cosa temere? Noi siamo al centro del cuore di Dio. Noi siamo tesoro prezioso custodito nel palmo delle sue mani. E seppure la paura fa o farà capolino nella nostra vita, la certezza deve essere una: non potrà allontanarci dal suo amore, non se noi sceglieremo di giocare la carta della fiducia, lasciandoci portare lungo le sue vie che sono vie di Vangelo, di vita, di futuro.

Ascoltare la Voce e custodire l’Alleanza – BUONA DOMENICA! XI DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, li mandò.

Come vi sentite? Come state? Sì, in questo momento storico, proprio oggi, come ti senti? Che cosa stai vivendo? Quale piega ha preso la tua vita?
Quanto vorrei che avendoti di fronte, o commentando sui social, tu mi potessi dire: «Bene, grazie, sr Mariangela! In questo momento vado alla grande». Mi piacerebbe e te lo auguro di cuore.
Ma se in questo ora, leggendo, i tuoi occhi si sono offuscati e il sorriso appena accennato si è spento; se davanti a queste domande vorresti solo cambiare discorso; se no, le cose non vanno bene come speravi e la tristezza si alterna a quella stanchezza interiore difficile da domare; se sì, sei stanco e vorresti dare un taglio a tutto… allora non farti scappare l’occasione di fermarti, leggere e lasciarti raggiungere da queste straordinarie letture.
L’evangelista Matteo ci porta tra le folle che seguono Gesù. Nei versetti che precedono il brano che questa undicesima domenica del Tempo Ordinario ci dona, l’evangelista ce lo fa vedere all’opera tra case, campi, barche, strade… È instancabile. Non ha freni! Incontra chiunque e sembra che la sua unica preoccupazione sia dare vita, ridare vita, riportare alla vita, liberare la vita. E sembra che per lui questo significhi annunciare il Regno, portare il Regno.
Ma pensate che straordinaria immagine di Gesù l’evangelista ci mostra: vede le folle, le vede! Vede la loro stanchezza. Le sente sfinite! Le guarda negli occhi, le scruta nel cuore, dà peso alle loro fatiche. Per lui contano. Se ne vuole fare carico, e vuole che altri lo facciano. Vuole che il suo modo di farsi carico della vita continui anche dopo di lui. E per questo chiama. Chiama perché altri imparino a vedere, e vedendo imparino a sentire compassione, a farsi carico dei pesi, della tristezza, della fatica altrui; imparino a liberare e dare vita. Sembra che l’unico suo comando sia: guarire, risuscitare, purificare, scacciare demòni e donare.
Questa totalità e gratuità del bene, diffuso a larghe mani da Gesù, riecheggia in modo forte nelle parole di san Paolo che ci raggiungono con la seconda lettura: in Gesù, il Dio creatore ci ha regalato la vita, ci ha riscattati da ogni forma di male, ci ha liberati, ci ha tirati fuori da qualsiasi marcio e ci ha risollevati a lui, ci ha riportati nel suo abbraccio, ci ha riscattati. E non lo ha fatto perché ce lo meritavamo. San Paolo è chiaro: siamo dei riconciliati, siamo dei riscattati, siamo dei liberati solo perché qualcuno ci ha amato e si è preso cura di noi. Stop! Nessun merito, nessun prezzo.
In Gesù l’umanità ha potuto tornare a scoprire il Dio Salvatore che solleva su ali di aquila, dove nessuno può più fare del male; il Signore presente che libera da ogni schiavitù; il Custode che non dimentica la sua alleanza.
In Gesù continuiamo a essere preziosi agli occhi di Dio, suo tesoro, sua terra riscattata. E proprio per questo siamo un regno di sacerdoti, capaci di celebrare la vita, di rinnovarla, di farla risorgere.
Dio a Mosè dice: «Darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza». È a questo che continuiamo a essere chiamati. Perché l’esperienza di salvezza, dono inaudito e totale, ci chiede di diventare salvezza. Chiama me, chiama te, ci chiama per nome e ci chiede: «Vuoi portare vita? Vuoi liberare? Vuoi che altri, attraverso te, si sentano raggiunti dall’amore di Dio?».
La sua voce ci raggiunge. La sua alleanza ci interpella. Custodirla è rispondere.

UNA PREGHIERA COME SOSTEGNO

Ci riconsegni alla vita

Ci capita, Signore:
a volte, ci impantaniamo nello scoraggiamento,
nell’amarezza, nella delusione.
Capita anche a noi
che dovremmo
credere nella risurrezione,
nelle vie nuove che lo Spirito
può sempre aprire,
nella provvidenza.
Siamo stanchi e sfiniti,
disorientati da un andare
che non è una via.

Ma noi oggi vogliamo
guardare te e rinnovare
la nostra più intima certezza:
tu sei per noi, instancabilmente
dalla nostra parte.
Ti fai carico di ogni nostra amarezza
e ci riconsegni alla vita.
Noi ti lodiamo, Signore.
Amen.

DAL VANGELO DELLA DOMENICA
(Mt 9,36-10,8)

In quel tempo, Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe perché mandi operai nella sua messe!».
Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.
I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì.
Questi sono i Dodici che Gesù invò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date».

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Seguirti? Sì, ma… – Buona domenica! – XIII Tempo Ordinario – anno C

 «Seguimi» Lc 9,59

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