Nei suoi giorni fiorisca il giusto
e abbondi la pace,
finché non si spenga la luna.
(Sal 72,7)
Forse è davvero solo questione di conversione.
E lo dico dopo aver meditato le letture di questa II domenica di Avvento. Nel cuore riecheggiano le parole di un’amica: «Dai, Mariangela, come si fa a dire che Gesù ci dona la pace? Come si fa a dirlo e a scriverlo in questo momento?». Già…
Come si fa a credere che la profezia di Isaia possa ancora essere possibile?
Come si fa a non desistere nella speranza che un giorno un’era di pace ci sarà davvero, e sarà qui su questa terra!
Come si fa a credere che la pace abbonderà finché la luna non si spenga! Dai fatti di ogni giorno siamo più propensi a credere che faccia prima la luna a spegnersi che la pace a fiorire. E allora ecco che qualcuno preferisce glissare su questa terra e puntare al cielo; vivere questa terra come un eterno purgatorio (a tratti inferno) e credere fermamente che il bello ce lo dobbiamo conquistare per il dopo.
Poi però che fai davanti alle parole di Paolo che ti dice il senso stesso della venuta di Gesù? Che fai davanti a chi ti dice che l’Onnipotente, il Cristo, «è diventato servitore dei circoncisi per mostrare la fedeltà di Dio nel compiere le promesse dei padri»?
Che fai, non ci credi? O provi a capire da Giovanni il perché il regno dei cieli debba essere abbinato alla conversione?
Non sarebbe stato più facile dirci: «Gioite, il regno dei cieli è vicino»? Sono certa che l’invito alla festa e alla gioia avrebbe sortito maggiori effetti. E poi sarebbe risuonato effettivamente come il giusto compimento delle antiche promesse di pienezza e pace.
E invece sembra decisamente chiaro che l’accadere del Regno ha bisogno di occhi che vedano, di una spiccata capacità di notare gli eventi, di intelligenze che sappiano co-vibrare con quel Regno. È come se il Regno viene nonostante noi, si offre a noi, al mondo, alla storia, allo spazio, ma non accade senza di noi, non realizza la vita se non c’è chi la accolga, non spezza la morte se non c’è chi se ne faccia strumento, non fa germogliare il nuovo se non c’è chi voglia seminarlo.
In una parola: sento che Dio ha una straordinaria voglia di raggiungerci e colmare la nostra vita di pienezza, di bellezza, di vita autentica, ma – perché ciò accada – noi, ognuna, ognuno di noi, deve aprirsi a lui, deve lasciarsi attraversare dalla sua vita, deve consentire al Regno di attraversarlo scardinando ogni chiavistello.
Convertitevi, cambiate, ricentratevi in Dio: è questo il segreto perché la profezia della pace diventi storia, diventi possibilità, diventi scelte quotidiane.
Convertite, cambiate, ricentratevi in quel Dio che pur di farsi capire ha inviato a noi, e per noi, Gesù, il Figlio.
Lo ha reso nostro figlio e fratello.
Lo ha reso carne e pane spezzato.
Lo ha reso uno di noi per mostrare la fedeltà di un Amore che non desiste, ma crede in noi e ci vuole liberi: tutte, tutti!
E allora continuiamo a invocare il Principe della pace, l’Emmanuele che viene per noi:
«Vieni, Principe della pace, nasci tra noi, dona ai popoli la pace.
Vieni, Signore, Maranathà!».
UNA PREGHIERA COME SOSTEGNO
Vieni, Re di giustizia e di pace
Vieni, Signore Gesù,
vieni, e converti a Dio il nostro cuore;
vieni, e rivelaci la fedeltà del Padre buono,
che con noi desidera generare nel mondo
il suo regno di giustizia e di pace.
Vieni, Signore Gesù,
libera occhi e cuore da noi stessi
e dalle nostre personali vedute,
e aprici ad accogliere il mistero dell’Amore fedele,
che si offre a noi e si fa noi.
Vieni, Principe della pace,
nasci tra noi, dona ai popoli la pace.
Vieni, Signore, Maranathà!
DAL VANGELO DELLA DOMENICA
(Mt 3,1-12)
In quei giorni, venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!». Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaìa quando disse: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!».
E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico. Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione, e non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
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