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Benvenuti in parrocchia – CATECHISTI PARROCCHIALI Settembre/Ottobre 2013

catechisti settembre/ottobre 2013

BENVENUTI IN PARROCCHIA – La famiglia di Dio

di Fabrizio Carletti

Incamminarsi nel percorso d’iniziazione cristiana è inserirsi gradualmente nella «nuova famiglia».
La parrocchia non sempre è percepita come «famiglia di famiglie»; è vista al più come un ente che eroga sacramenti. Sarà, quindi, importante aiutare a riscoprire questo nuovo legame di appartenenza, orientando:
• i fanciulli a riscoprire il battesimo come ingresso nella famiglia di Gesù;
• genitori e fanciulli a percepire la parrocchia come grande famiglia nella quale ognuno può incontrare Dio, nostro Padre.

abbraccio famigliaInserire i fanciulli e i loro genitori in un clima di accoglienza festosa e di conoscenza reciproca. Far cogliere come Gesù che ci ha chiamati, nel battesimo, ad appartenere alla sua famiglia, ora ci invita a conoscerlo di più.
Si sistema la stanza non come un aula fredda e anonima, ma come luogo familiare e bello in cui stare insieme. Il luogo, di per sé, deve parlare e comunicare un festoso «benvenuto» a tutti.
Il percorso è da realizzare, nei diversi incontri, durante il mese.

Materiale: Cartoncini bristol, spille da balia, pennarelli.   Continua a leggere Benvenuti in parrocchia – CATECHISTI PARROCCHIALI Settembre/Ottobre 2013

Buona domenica! – X del Tempo Ordinario – Anno C

consolare cv«Dio ha visitato il suo popolo»

Dal Vangelo di Luca (Lc 7, 11-17)
X DOMENICA del TEMPO ORDINARIO – Anno C

Chiudiamo la lunga parentesi iniziata con la Quaresima e proseguita col Tempo Pasquale. Un tempo straordinario che ci ha visti accogliere il nuovo papa Francesco che ha dato e sta continuando a dare energia e forza alla Chiesa. Abbiamo riflettuto sul mistero di Dio e sul dono dell’Eucaristia e ora riprendiamo con gioia interiore il cammino del tempo ordinario interrotto poco dopo febbraio. Luca ci accompagna, lo scriba della mansuetudine di Cristo. Fantastico! Non fosse per il vangelo che ci aspetta.

NAIN
Veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova. L’inizio del brano di oggi raggela, ci obbliga ad abbassare lo sguardo. Con il sorriso sulle labbra per la buona notizia pasquale ci scontriamo con la drammatica e insostenibile scena di un funerale. Figlio unico di madre vedova. Sembra l’inizio di un film horror. Nain, in ebraico significa la deliziosa. Gesù entra e la folla esce. Esce dalla delizia. Esce dalla festa. E si scontra con la realtà insostenibile. Come la vedova di Sarepta di Sidone della prima lettura che, pure, ha accolto il profeta e ha condiviso le sue misere risorse. Ma, ora, anche lei fa i conti col demone della morte e, quel che è peggio, col suo senso di colpa. Forse è stato Dio a punirla a causa di un non meglio specificato peccato di gioventù. perplessa cvE Dio, vedendo quel profeta santo, ha preso le distanze e le  ha ucciso il figlio. Questo pensa la madre affranta. Quanti, ancora oggi, pensano che la morte sia una punizione divina. Non può accettare questo strazio, Elia, e quasi obbliga Dio ad intervenire. No, la morte non è mai una punizione, non scherziamo.

SIGNORE
Luca parla di Gesù: ha compassione, tocca la salma (contaminandosi), invita il ragazzo ad alzarsi. Cioè a risorgere. Per la prima volta nel suo vangelo Luca chiama Gesù col titolo Signore, Kyrios, il titolo che rimanda a Dio. Gesù dimostra la sua identità donando la vita piena, la vita vera. E il suo sentimento, in greco, è reso da un verbo che Luca riserva a Gesù: una compassione viscerale. No, Dio non è un indifferente, è il misericordioso, il compassionevole. Perché la morte, allora? Non lo dice Luca, né la Bibbia. Ma annuncia una notizia sconcertante: il ragazzo non solo è rianimato, donato alla madre per qualche anno ancora. È risorto, per sempre vivente, come diventiamo noi discepoli quando accogliamo la vita eterna, cioè la vita dell’Eterno in noi. Tutta la pagina è impregnata di fede: la vedova, l’umanità dolente, vede il fanciullo risorgere. immortali cvSiamo immortali. No, certo, questo non allevia lo strazio di chi perde un figlio, non scherziamo. Ma offre un orizzonte infinito, un senso alla vita e alla morte, la vita dell’Eterno che già scorre nelle nostre vene.

ALLORA
La morte di un figlio. Come possiamo immaginare un dolore più grande? Una madre vedova che seppellisce l’unico figlio. Luca presenta Gesù come l’unico che ridona vita alla nostra quotidianità. Davanti al miracolo della risurrezione del figlio unico della madre vedova a Naim, davanti al volto di un Dio che non punisce ma si commuove e salva, la folla si lascia andare a questo giudizio entusiasta: Dio visita il suo popolo. Sì, davvero il Signore è venuto a visitare il suo popolo.
Non capiamo la ragione ultima della morte, tanto meno della morte di un giovane che, ai nostri occhi, appare ingiusta e orribile. Ma il vangelo ci invita a superare lo sconcerto: nonostante ci siano delle cose che non capiamo, Dio è buono e misericordioso. gesti d'amore cvOgni volta che compiamo un gesto che ridona vita, la folla si accorge che Dio visita il suo popolo. Ogni volta che come credenti compiamo gesti profetici di luce, rendiamo testimonianza all’azione salvifica di Dio. Dare vita nelle piccole cose, nel quotidiano, nell’accoglienza dei ragazzi al catechismo, nella preghiera gioiosa e piena di fede, nell’affrontare la vita con onestà e trasparenza, con fede cristallina… tutto ci porta a testimoniare che siamo pieni di vita perché Dio ci ha ridato vita in Gesù Cristo. Che le nostre comunità, radunate oggi nel proclamare la propria fede, siano continuamente capaci di ridare vita a chi incontrano! Che il fanciullo che c’è in noi, il giovane che sa sognare e credere e che troppo spesso mortifichiamo, si rialzi.

(PAOLO CURTAZ)

Vivere la vita Gen Verde in E’ bello lodarti (Città Nuova 1987)

Buona domenica! – SS. Corpo e Sangue di Cristo – Anno C

eucaristia cv«Questo è il mio corpo, che è per voi;
fate questo in memoria di me»

Dalla Prima Lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (1Cor 11, 23-26)
SS. CORPO E SANGUE DI CRISTO – Anno C

Lo Spirito ci sostiene. Per diventare discepoli che annunciano, per capire chi è veramente Dio, per capire chi è la Chiesa. In questa opera di ri-comprensione di ciò che siamo e facciamo oggi celebriamo la solennità del Corpus Domini: è l’Eucarestia che mettiamo al centro della nostra riflessione. Se ciò accade è per cercare di arginare l’abitudine, per smuovere e risvegliare le nostre stanche e assonnate comunità, per chiederci – infine – cosa ne abbiamo fatto del dono del Risorto ai credenti. Ancora oggi la partecipazione alla Messa domenicale segna l’argine fra “praticanti” e no, fra chi crede e chi, credendo, si raduna in obbedienza al Signore. Ma la messa domenicale rischia, ahimè, di restare l’unico, fragile segno di appartenenza, un obbligo da assolvere, una scipita appartenenza che non converte il nostro cuore. Quando i preti si incontrano in giro per l’Italia le tre domande d’obbligo sono: quante parrocchie hai? Quanti abitanti ci sono? Che percentuale di partecipazione alla messa festiva? E se anche avessimo il 100% della popolazione che partecipa alla Messa? Ciò significa che il Regno di Dio avanza? Non mi importa quanta gente partecipa alla Messa. Mi importa di più quanti escono convertiti e consolati, discepoli capaci di calare nella quotidianità il mistero che hanno appena celebrato.

MELCHISEDEK
Abramo è uscito da Ur dei Caldei. Lo ha fatto per ascoltare un’intuizione, una voce interiore che gli ha detto leck leckà, sbrigativamente tradotto con “esci dalla tua terra” ma che, in realtà, significa “vai a te stesso” o “và: ti conviene”. Tutti lo prendono per pazzo: suo padre Terach, secondo la tradizione rabbinica costruttore di idoli, i suoi concittadini. cercatori di dio cvAbramo è nel pieno della vita, nell’età in cui si raccolgono i frutti, perché inoltrarsi verso l’ignoto? E invece parte, esce, se ne va, lascia tutto per cercare Tutto. Non lo sa ancora, ma questo gesto gli farà incontrare Dio. Questo gesto lo farà diventare padre di una moltitudine: i cercatori di Dio. Nel suo difficile percorso Abramo ha lasciato a suo nipote Lot le terre migliori, ha affrontato l’ostilità dei re del luogo e, infine, incrocia Melchisedek che offre per lui un sacrificio e lo benedice.
Melchisedek è re di Salem, re della futura Gerusalemme, re di shalom, di pace, come interpreta la lettera agli Ebrei (Eb 6, 20). I Padri cristiani hanno visto in lui una prefigurazione di Cristo, in quel pane offerto l’immagine dell’eucarestia, il pane del cammino. Nel percorso interiore anche noi, come Abramo, come Elia (1 Re 19, 5-6), incontriamo un pane del cammino che ci accompagna alla scoperta del vero volto di Dio alla cui luce scopriamo il nostro vero volto. L’eucarestia è come la manna donata da Dio al popolo in fuga: un cibo che ci permette di camminare verso la pienezza, verso l’altrove.

L’ESSENZIALE
Paolo scrive una delle sue lettere alla comunità di Corinto, città cosmopolita in cui ha annunciato il vangelo. Non sono ancora passati vent’anni dalla resurrezione di Gesù e Paolo raccomanda alla comunità di andare all’essenziale, di distinguere bene le cose importanti dalle cose accessorie per superare le tante incomprensioni e gli sbandamenti morali che stanno straziando la nascente Chiesa. Paolo ripete ai Corinzi, con precisione, le parole del Maestro, il gesto che egli ha compiuto durante quell’ultima, tragica Pasqua. Paolo ha ricevuto il dono dell’eucarestia e chiede alle sue cattolici cinesi cvcomunità di ripetere la Cena del Signore, in obbedienza, in attesa che il Signore Gesù venga per ritrovare il senso di ciò che sono. Il fatto che ogni domenica milioni di comunità cristiane, dal caos delle grandi città europee alle sperdute missioni africane o asiatiche, si radunino per ascoltare la Parola e per ripetere la Cena è, in fondo, una questione di obbedienza. Noi facciamo la Cena in sua memoria, perché egli sia presente, perché riviviamo la sua passione, morte e resurrezione e, da quell’incontro, possiamo camminare durante la settimana.

SINTONIA
Gesù, nel momento più difficile della sua vita, nel momento dell’abbandono e dell’incomprensione, compie un gesto definitivo: si dona, si consegna, non offre pane e vino, come Melchisedek, ma la sua stessa vita sull’altare della croce. Non è il pane che diventa Cristo, ma Cristo che si fa pane, per potere essere assimilato, per nutrire, per indicare un nuovo percorso, una nuova logica, quella del totale dono di sé. La Cena pasquale che egli celebra nell’indifferenza e nella distonia totale con gli apostoli ci dona la misura della solitudine e dell’amore di Dio. catechista cvQuel gesto, gesto d’amore assoluto, è celebrato e ripetuto ogni volta che una comunità di credenti si raduna insieme ad un prete. Ma non può essere un gesto auto-celebrativo, un gesto isolato, un gesto neutro. O l’Eucarestia contagia la nostra vita, la riempie, la modella, la plasma, la informa o resta sterile, morta, inutile. La Messa inizia proprio nel momento in cui usciamo dalla porta della chiesa. E dura un’intera settimana. Quel pane ricevuto ci aiuta a sfamare la folla, ad accorgerci della fame insaziata di chi incontreremo durante la settimana e a mettere a disposizione quel poco che siamo per sfamare ogni uomo, nel corpo e nell’anima.

ALLORA
ragazze cvL’Eucarestia, il pane di Dio, il pane del cammino, è il dono prezioso che ci fa diventare credenti, che ci sostiene e costruisce comunità. Questo è l’essenziale. Il resto: chi celebra, come, quando, chi anima, chi legge, chi canta e cosa, è tutto dopo, per cortesia. I preti sono chiamati a diventare trasparenza, a lasciare che sia la Parola a fluire nelle (brevi) omelie (Quanta poca Parola nelle nostre parole!), che siano eucarestie, cioè ringraziamenti, non luoghi da cui bacchettare le persone o occasioni per far sfoggio della pirotecnica cultura teologica.
Ai discepoli, a coloro che amano il Signore, auguro che l’Eucarestia torni ad essere ciò che è: incontro col Risorto, pane del cammino, farmaco e consolazione, luogo di accoglienza e di conversione, di fraternità e di perdono.

(PAOLO CURTAZ)

Mistero della Fede di F. Massimillo – A. M. Galliano (Paoline 2012)

Canti per l’Eucaristia
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