«Non temere, soltanto abbi fede!» (Mc 5,36).
Tutte le volte che mi fermo a pregare in compagnia della pagina di Vangelo proposta in questa XIII domenica mi vengono in mente domande per le quali spesso non trovo risposte.
La pagina tratta dal Vangelo di Marco ci mette davanti l’esperienza di Giairo, padre distrutto e disarmato dalla malattia della figlia per la quale chiede la guarigione. E come se non bastasse, l’evangelista, per convincerci ulteriormente, ci racconta anche la guarigione della donna con emorragie di fronte alla quale tutti i medici si erano arresi.
Due storie di malattie incurabili perfettamente guarite. Quale il messaggio? A un primo livello potremmo dire: «Beh, facile! Chi ha fede ottiene!». «Per chi crede Dio spalanca tutte le porte».
Ecco di fronte a queste facili e banali risposte, mi viene una domanda, che puntualmente pongo a chi si accontenta di questi semplicistiche conclusioni: «E gli altri? I non miracolati? Sono tutti miscredenti?».
No, le domande che questo Vangelo mi muove nel cuore non le rivolgo mai a Dio, perché so già cosa lui mi direbbe. Le rivolgo a quei credenti benpensanti che dividono il mondo in giusti e ingiusti, in bianco e nero, in buoni credenti e credenti mediocri.
Per Dio le cose non funzionano così: per lui ogni guarigione di cui il Vangelo racconta non è uno schiaffo in faccia dato a chi ha sperimentato la sconfitta di una malattia e la morte prematura di qualcuno. No. Non lo è. Per lui Giairo e l’emorroissa sono la storia di un uomo e di una donna senza alcuna speranza a cui lui ha teso una mano. La loro guarigione è prima di tutto interiore: l’incontro con Gesù li ha riaperti alla fiducia, alla relazione con l’altro e con Dio. Quel «Abbi fede» altro non significa. Aprirsi! Aprirsi a lui, anche quando tutto sembra ormai perduto. Aprirsi!
UNA PREGHIERA COME SOSTEGNO
Fede Signore!
Se avessimo fede, Signore,
riusciremmo a toccarti.
Se avessimo fede
potremmo vederti.
Se avessimo fede
ci sarebbe semplice credere
alle tue parole.
Se avessimo fede
potremmo contare
sul tuo amore.
Se avessimo fede
oseremmo anche parlarti.
Fede, null’altro che fede:
semplice e disarmata.
Fede: libera e certa
come la fiducia
di un bambino che sa
di essere amato.
Non ti chiediamo altro, Signore:
insegnaci ad avere fiducia in te.
Amen.
DAL VANGELO DELLA DOMENICA (Forma breve Mc 5, 21-24.35b-43)
In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
Dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.
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