Felici o indignati? – Buona domenica! – XXIV Tempo Ordinario – anno C

«Era perduto ed è stato ritrovato».Lc 15,24 

Cosa accomuna le parabole che l’evangelista Luca racconta nel quindicesimo capitolo del suo Vangelo? Magari mi direte: la misericordia. Vero. Lo dicono tutti, ed effettivamente è così. È quanto risuona anche nella prima e seconda lettura. Ma questa volta, pregando la pagina evangelica che la Chiesa ci ripropone in questa XXIV domenica, c’è qualcos’altro che mi continua a risuonare dentro. La parola è una «Rallegratevi». Ripetuta in tuttefelici cv le tre parabole. È come se Luca ci dicesse: Dio perdona, perdona anche ciò che ai nostri occhi è imperdonabile, e di questo dovremmo rallegrarci, gioire, provare una profonda felicità interiore. Il pastore invita a partecipare della sua gioia dopo aver trovato la pecora girovaga. La donna invita a partecipare della sua gioia dopo aver trovato la sua preziosa moneta, che di fatto condividerà con gli altri festeggiando. Il padre invita il figlio a condividere la sua stessa gioia e lo fa con toni decisi, quasi a dirgli: «No, figlio. Se sei davvero fratello non puoi non rallegrarti, non puoi lasciar spazio all’invidia, all’indignazione. Non puoi!». Ritrovare un fratello perduto, vederlo risorgere da una situazione di morte, scoprire sulla sua pelle la sanante carezza del perdono di Dio non può non farti saltare dalla gioia.
Ma, ahimè, con grande verità dobbiamo poterci dire che non sempre siamo capaci di questo. Condividere la stessa gioia che Dio prova per ogni piccolo passo fatto dai suoi figli è il segno tangibile della gratuità che ci abita. È la manifestazione concreta della vita di Dio che attraversa le nostre vene. Provarla con tutto il cuore è prova tangibile del suo libero operare in noi.
Eppure, spesso e volentieri, ci indigniamo. Ci scandalizziamo. Prendiamo le distanze da quel Dio che con troppa facilità perdona. Resta una verità profonda: quel Dio che oggi ci scandalizza, un giorno gioirà anche per il nostro ritorno.

UNA PREGHIERA COME SOSTEGNO   

Rallegriamoci!

Insegnaci, Signore,
a gioire per il tuo perdono.
Insegnaci, Volto di Misericordia,
a rallegrarci per ogni nostro fratello e sorella
che scopre il tuo volto.
Insegnaci, Pastore instancabile,
a condividere la tua stessa gioia
e la tua stessa ansia nel cercare
e riportare a casa ogni fratello lontano.
Insegnaci, Divino Samaritano,
a partecipare della tua gioia ogni volta che
il tuo perdono guarirà, solleverà, ridonerà vita.
Amen.

DAL VANGELO DELLA DOMENICA [Lc 15,1-32]

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.padre-figlio
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

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