RAGAZZI & DINTORNI – Gennaio 2015 – Felice chi cerca la giustizia

FA’ SENTIRE LA TUA VOCE, WADJDADossier Gennaio-23 La ragazzina e la bicicletta

di Cecilia Salizzoni

C’è un’ingiustizia nel mondo, che va al di là di singoli atti e soprusi. C’è una negazione dei diritti della persona, contro la quale sembra persino impossibile appellarsi, perché la società la ratifica e la pone a fondamento del proprio sistema di vita. La discriminazione tra uomo e donna è, forse, la forma più radicale di questa ingiustizia, perché a sancirla sembra essere la religione, e questa la presenta come sacrosanta, voluta da Dio. Nel corso della storia lo si è riscontrato in tutte e tre le religioni monoteiste. Lungo i secoli poi, specie negli ultimi due, si sono visti i segni di un cammino di liberazione che è tuttora in atto, segni diversi per ordine di grandezza a seconda del con testo religioso e culturale di appartenenza.   

Segno di tale processo è il film della regista saudita Haifaa Al Mansour, dal la_biclicletta_verdetitolo «Wadjda», che in italiano è diventato «La bicicletta verde». È un segno di particolare importanza, perché si tratta del primo film girato e prodotto in Arabia Saudita, dove la religione impone un veto anche nei confronti delle immagini; perché a dirigerlo è una donna; perché il soggetto del film è appunto l’ingiustizia della condizione femminile nei paesi islamici. Il film è stato presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti del 2012.

SCARPE DA GINNASTICA E BICICLETTA

La storia è quella di una ragazzina di Riyad di circa 11 anni, Wadjda (pronuncia «Uàschda») appunto, che vive in un contesto sociale che imponeWajda1 notevoli restrizioni alla libertà delle donne. Non possono guidare, neppure per recarsi al lavoro; non possono farsi vedere dagli uomini, perfino in casa propria, neppure per servire i pasti agli ospiti; per uscire di casa debbono essere coperte con il velo dalla testa ai piedi…; non possono neppure far udire la propria voce, perché come ricorda la preside della scuola frequentata dalla protagonista, a due ragazze che ridono troppo forte, «la voce della donna è la sua nudità».

Wadjda, tuttavia, a differenza delle donne adulte e delle coetanee che, in parte, hanno accettato il sistema e, in parte, cercano di aggirarlo in modo ipocrita, nonb3a5fe179b si lascia condizionare e insiste a comportarsi liberamente, in conformità a un sentimento naturale di pari dignità. Per questo motivo finisce spesso dalla preside che, dopo gli ammonimenti, arriva alla minaccia di espulsione. Wadjda, poi, al figlio del vicino, Abdullah, che, per strada, sulla bici, le ruba il velo e le chiede: «Credevi davvero di potermi prendere?», controbatte: «Fammi avere una bicicletta e te lo faccio vedere io». È la risposta che regge il film, sia dal punto di vista narrativo sia da quello simbolico-tematico.

Il racconto parte dal dettaglio delle scarpe della giovane protagonista, che calza Converse alte con lacci lilla, al posto delle normali scarpette nere delle compagne, e dal suo allontanamento dall’aula in quanto «non vuole far sentire la propria voce» nella recita del Corano, e approda alla vittoria inattesa di Wadjda nella gara scarpecoranica d’Istituto. Peccato che la piccola «convertita» non sostenga tale sforzo per devozione – come crede la preside –, ma per il premio in denaro che le permetterebbe finalmente di acquistare l’agognata bicicletta verde, con cui gareggiare alla pari con Abdullah. Alle ragazze arabe, però, non è consentito cavalcare una bicicletta, come alle madri è proibito guidare l’automobile. Così la preside, allibita di fronte all’aperta dichiarazione d’intenti di Wadjda, la obbliga a donare il premio ai «fratelli palestinesi».

DOPO LA NOTTE ARRIVA IL GIORNO

La regista conduce il lavoro con mano estremamente felice, evitando i toni recriminatori del film a tesi e smascherando con leggerezza l’ipocrisia che regge il sistema, attraverso lo sguardo diretto della ragazzina. Non è il dato di fede ad essere messo in discussione, ma la strumentalizzazione umana della religione per mantenere uno stato di ingiustizia.

  • L’esperienza di Wadjda trova un riflesso amplificato in quella della madre, esposta biciclettaquotidianamente alla tirannia del tassista che la porta al lavoro e, dentro le mura di casa, alla minaccia di abbandono da parte del marito – che pure la ama – per la mancanza di un figlio maschio. La differenza sostanziale tra le due è l’atteggiamento che hanno verso se stesse: la madre ha accettato di vedersi attraverso gli occhi del marito e sogna un abito rosso per riconquistarlo; la figlia non rinuncia al proprio sguardo e sogna la bicicletta.
  • Sarà la madre, alla fine, a consegnare a Wadjda la bici, mentre nel cielo notturno salgono i fuochi d’artificio per le nuove nozze del marito.

Layout 1

Questo e molti altri suggerimenti per la catechesi dei ragazzi sul numero di Gennaio 2015 dell’inserto Ragazzi & D’intorni, dossier mensile di Catechisti Parrocchiali.

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