“Fino a quando un fratello, condannerà a morte l’altro fratello non ci sarà futuro per l’amore!”
E’ da giorni che questa frase mi rimbalza nel cuore. La interrogo, prego con lei, resto silenziosamente in sua compagnia, ma quando mi imbatto in certe affermazioni, post, link e altro di simile, le sue parole diventano come un ferro rovente… mi fanno male.
Mi fanno male perché mi mettono davanti agli occhi la verità e la durezza di certi assurdi comportamenti che, pur nascendo in nome di Dio, hanno così poco a che fare con il Dio in cui io, suora cristiana cattolica, credo, a cui ho dato la vita e di cui ogni giorno vivo: il Dio rivelato e annunciato da Gesù Cristo… quel Dio reso toccabile e visibile, nei suoi tratti paterni, da Gesù di Nazareth.
Teologi ed esegeti ci dicono che in ogni suo passo, in ogni suo tratto, in ogni sua parola, Gesù, il Signore Risorto, non ha fatto altro se non rendere manifesto a noi il tratto, la voce, l’agire del Dio creatore, nella storia. E io, nella meditazione quotidiana della Parola, contemplo le sue parole e gesti, ma non estorcendole e girandole a mio piacimento. Provo a silenziarmi per ascoltare fino in fondo, non per darmi ragione, ma per comprendere dove le sue parole mi vogliono portare… ogni giorno, perché mai nulla è scontato, mai nulla conquistato, mai nulla afferrato come possesso personale. E così scopro l’eterna novità della sua proposta, ma scopro anche la sconvolgente destabilizzazione che lui propone a chi fa della fede non una spada per uccidere, né un codice per giudicare e condannare, ma un cammino di fiducia e ricerca da vivere.
Dietro queste parole non c’è uno sterile buonismo. Chi scrive non ama spalmare marmellata su fette biscottate, tutt’altro. Sono una persona scomoda e mai soddisfatta: e chi mi conosce lo sa. Ma è lontana da me la concezione di una verità assoluta raggiunta e conquistata da esibire e in nome della quale condannare a morte il fratello e la sorella.
La mia unica verità è Gesù Cristo. Ma Gesù Cristo è un incontro, una persona, il Dio fatto carne, il sempre nuovo che si svela ai miei occhi e mi sorprende.
“Fino a quando un fratello, condannerà a morte l’altro fratello non ci sarà futuro per l’amore!”
E’ questo il fuoco che brucia ogni giorno. E mi chiede di scrivere tutto il disappunto verso chi in questo tempo, con assurda superbia, pretende di insegnare al papa la vera dottrina, appellandosi magari a rivelazioni private che, né la “Chiesa” di Giovanni Paolo II, né quella di Benedetto XVI o di altri, ha mai approvato e riconosciuto. Vi assicuro che non ho mai sentito contro un pontefice, da parte di fratelli atei, tante cattiverie gratuite come le sento, in questi giorni, da fratelli e sorelle della mia stessa fede… e questo dovrebbe farci riflettere, non poco.
Non posso non pensare agli atteggiamenti fondamentalisti di persecuzione che i fratelli musulmani subiscono da parte di islamici fondamentalisti… non posso credere che chi accusa papa Francesco di satanismo stia, forse involontariamente, diventando strumento di quel diavolo che è appunto divisione, fomentando dubbio, rabbia, smarrimento in chi cerca Dio, in chi ha una fede debole.
L’amore e solo l’amore è frutto dello spirito. L’amore e solo l’amore sa convincere e curare le ferite. L’amore, amiche e amici, e solo l’amore sa accarezzare e proteggere, difendere e cambiare. La fede, che è fiducia in Dio, non può nascere se non dall’amore e dal perdono, da viscere di misericordia sempre pronte a partorire e a portare alla luce. L’amore e solo l’amore ha brillato, come lampada luminosa, sulla croce, in quel venerdì di passione.
Quando, nella storia, i pontefici hanno frenato su alcune questioni, quando hanno teso la mano verso situazioni poco chiare e molto ambigue, quando hanno vestito (fuori dalla liturgia) abiti “d’oro”, in molti, pur denunciando, pur in disaccordo, hanno, in forza dell’obbedienza e dell’umiltà, continuato a pregare, a cercare, a studiare, hanno accettato il silenzio, hanno approfondito la loro fede, si sono messi in questione cercando la verità e il suo senso… e facendo così hanno aperto, nel tempo, vie nuove a Dio. Oggi che un pontefice distribuisce parole di bontà, di accoglienza, di tenera maternità, eppure (se le ascoltassimo fino in fondo) parole dure e chiare, che mettono alle strette e sono inequivocabili, come non mai… oggi che la povertà sta diventando il richiamo irriducibile fatto ai credenti… oggi che alla Chiesa (tutti i credenti) si chiede di abbandonare la logica del privilegio… oggi si alzano i toni.
Oggi abbiamo chi sa di poter insegnare a Dio cosa è di Dio. Oggi abbiamo chi dice alla gente di non credere alle parole del Santo Padre, perché sconvenienti e fuori dalla dottrina. Oggi abbiamo chi catechizza il prossimo insegnando ciò che il papa sbaglia e magari servendosi di messaggi estrapolati da questo o quello, da visioni, da mozioni interiori, da apparizioni personali… strumenti questi, di cui gli stessi santi dubitavano, perché sapevano bene che il miglior travestimento di satana è il bene.
Perché tanto zelo di condanna non lo si mette nello studio della Parola? Perché non proviamo umilmente ad ascoltare e a chiedere a Dio di comprendere il senso di ciò che non capiamo? Perché, se crediamo sbagliate la parole del Santo Padre, non proviamo a studiarle in profondità per comprendere tutta la profondità che di fatto contengono? Perché con tanta alterigia, sentiamo di poter pronunciare parole di condanna verso chi è fuori dalle nostre logiche?
La fede che abbiamo scelto, la fede in Gesù Cristo e nel Dio che ci ha rivelato, vuole profumare di vita e non puzzare di morte!
Paradossalmente, chi ha ucciso Dio, non è stato raggiunto da parole di condanna da parte di Dio: “Padre perdona loro…”
Il rigore, la coerenza, il sacrificio, il rispetto dei comandamenti ognuno lo esiga da se stesso in primis. Ricordando che nei comandamenti si dice con chiarezza: NON UCCIDERE!
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Non condannare a morte il fratello che sbaglia, ma amalo e accoglilo, fagli sentire il gusto della vita e della bontà…
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Non condannare a morte il fratello che uccide, ma cercalo e fagli scoprire nell’altro il volto del fratello che vuole vivere…
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Non condannare a morte il fratello che non crede, ma vivi e rendi le tue scelte e le tue azioni una possibilità di incontro con il Dio dell’amore…
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Non condannare a morte il fratello che ti odia, ma per settanta volte sette (praticamente per sempre) amalo di più.
Se vogliamo davvero difendere la fede, difendiamola da noi stessi, dalla nostra stessa presunzione di possedere e di sapere tutto. Alimentiamola con l’umiltà, con la preghiera, con lo studio, con la bontà, con uno sguardo di mitezza e amore gratuito verso tutti coloro che incontriamo e con cui viviamo… così, e solo così, la “nostra” fede, potrà diventare una reale possibilità di vita per tutti, una proposta di salvezza credibile e autentica.
Gesù Cristo è venuto per salvare! Lui, medico mandato non ai sani, ma ai malati; lui, amico dei peccatori; lui, volto di un padre che si è chinato sul peccatore, abbracciandolo.