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Che cosa rendere a Dio- BUONA DOMENICA! XXIX DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

Risplendete come astri nel mondo,
tenendo salda la parola di vita. 
(Fil 2,15-16)

UNA PREGHIERA COME SOSTEGNO

DAL VANGELO DELLA DOMENICA
(Mt 22,15-21)

In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi. Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?».
Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare».
Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

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Un banchetto per i popoli – BUONA DOMENICA! XXVIII DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

Il mio Dio colmerà ogni vostro bisogno
secondo la sua ricchezza, in Cristo Gesù. 
(Fil 4,19)

UNA PREGHIERA COME SOSTEGNO

DAL VANGELO DELLA DOMENICA
(Mt 21,33-43)

In quel tempo, Gesù riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse:
«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire.
Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: Dite agli invitati: “Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.
Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.
Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

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La vigna… un dono che va oltre – BUONA DOMENICA! XXVII DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

Una meraviglia
ai nostri occhi. 
(Mt 21,42)

UNA PREGHIERA COME SOSTEGNO

Una meraviglia ai nostri occhi

DAL VANGELO DELLA DOMENICA
(Mt 21,33-43)

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.

Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».

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Continua a leggere La vigna… un dono che va oltre – BUONA DOMENICA! XXVII DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

Nella vigna… – BUONA DOMENICA! XXVI DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

Pentitosi, andò. 
(Mt 21,30)

UNA PREGHIERA COME SOSTEGNO

Andare nella vigna

DAL VANGELO DELLA DOMENICA
(Mt 21,28-32)

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo».
E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».

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I nostri pensieri; e quelli di Dio? – BUONA DOMENICA! XXV DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

Sei invidioso perché io sono buono?
(Mt 20,15)

Quanto sono distanti i miei pensieri dai pensieri di Dio?”. Immagino che molti tra noi, di fronte alla pagina di Isaia, si siano fatta interiormente questa domanda. E forse l’avranno anche trasformata in una esclamazione, una sorta di dato di fatto, soprattutto alla luce di eventi e situazioni di cui si fa fatica a capire il senso. La prima lettura che la XXV domenica del Tempo Ordinario ci propone si conclude di per sé dandoci anche una risposta: quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri. Ed ecco, cosa spesso accade: pur travolti dal non senso di eventi e magari con lacrime strette in gola noi blocchiamo, quasi congeliamo, la nostra relazione con Dio sancendo definitive distanze: lui lì con le sue vie incomprensibili e noi qui con le nostre situazioni da gestire e accettare silenziosamente. Chi accetta di stare su queste differenti lunghezze d’onda avanza sulla via della fede, chi si ribella rompe con tutto e prima di tutto con Dio, un dio che troppo chiuso nel suo cielo potrebbe anche non esistere, o essere il dio dei falliti, o comunque essere di poco aiuto, quindi non così necessario e sostituibile dalle “proprie gambe”.

E invece il senso delle parole di Isaia è tutt’altro, e lo si intuisce nel brano più ampio che ingloba quello che leggiamo oggi: il profeta sta invitando il popolo a cambiare orizzonti, ad abbattere barriere, confini interiori ed esteriori nella relazione con Dio, a fidarsi di Colui che ascolta, non abbandona, offre gratuitamente la vita, e la offre a tutti. La meta ci viene indicata dall’apostolo Paolo: arrivare al «per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno»; che concretamente significa: avere Cristo al centro della vita, pendere dalla bocca di Dio, cioè comprendere la vita, le relazioni, gli eventi bocca a bocca con Dio, respirando la sua aria, puntando ad ascoltare il suo cuore. E no, non è poesia. I tanti Isaia e Paolo della storia ci dicono che è possibile: è possibile imparare chi essere e come vivere direttamente da Dio. Ma bisogna aprirsi, non misurare e uscire dai parametri molto umani del “ti do perché tu mi dia”. E su questo la parabola che il Vangelo ci offre è lapidaria.
Ma per capirne concretamente il senso dobbiamo indietreggiare di qualche versetto.
Un po’ prima, infatti, l’evangelista Matteo fa risuonare una domanda di Pietro: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?» (Mt 19,27). E sembrerebbe che la risposta rassicurante stia tutta in quei versetti subito successivi: «Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto…». Poi uno strano versetto: «Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi» (cfr. Mt 19,30). E quindi la parabola che ascoltiamo oggi con i suoi operai e il loro faticoso lavoro. Faticoso ma a quanto pare non per tutti…
È alla fine della parabola però che sembra arrivare la risposta di Gesù a Pietro: «Io voglio dare anche a quest’ultimo quanto do a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure sei invidioso perché io sono buono? Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».
Ed eccole le vie di Dio lontane dalle nostre anni luce… Dio è pronto a dare le sue cose (la salvezza, il suo cielo, il suo amore) indistintamente a tutti coloro che si aprono, prima o poi a lui. A tutti coloro che gli riservano anche solo un piccolissimo spazio. A tutti coloro che pur negandolo per una vita poi ne percepiscono una scintilla.
Eccolo Dio, sempre pronto a farsi casa dalle prime ore del nostro giorno, fino agli ultimi istanti della notte.
Di questo gioisce Dio. Di questo dovremmo gioire noi.

UNA PREGHIERA COME SOSTEGNO

Più gioia, meno invidia


Siamo con te, Signore,
nella tua vigna,
pronti a lavorare
dalle prime ore dell’alba,
fino agli ultimi istanti della notte.
Siamo con te,
felici per la tua presenza.

Ma insegnaci a gioire con te, Signore,
per ogni sorella e fratello
che scopre la tua casa.
Facci gustare la tua gioia
quando la tua voce
svuota le piazze della solitudine
e riempie di vite il tuo cielo.
Mostraci dove andare,
quali vie percorrere
perché gli ultimi diventino
davvero i primi.
E possa la gioia della gratuità
sostituirsi in noi all’invidia
per la condivisione.
Amen.

DAL VANGELO DELLA DOMENICA
(Mt 20,1-16)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto.
Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”.
Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”.
Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

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La legge del perdono… – BUONA DOMENICA! XXIV DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
(Mt 18,22)

Oggi non riesco davvero a iniziare senza citare una frase tratta dal libro del Siracide, che la Prima lettura ci dona: «Ricordati della fine e smetti di odiare, della dissoluzione e della morte e resta fedele ai comandamenti. Ricorda i precetti e non odiare il prossimo, l’alleanza dell’Altissimo e dimentica gli errori altrui». Queste parole sono un concentrato di energia! Sono una sberla di Dio alla nostra religiosa saccenteria, sono un Suo scossone nel caso ci sentissimo religiosamente in regola.
«Ricordare l’alleanza dell’Altissimo» è ricordare a noi stessi quanto è grande il divario tra quello che noi possiamo dare e quello che Dio ha dato a noi. È dirci con grande onestà che se lo abbiamo conosciuto è perché siamo dei graziati, dei risollevati, dei perdonati, dei liberati, degli amati.
Continuiamo a credere che lui chieda a noi scelte radicali, passi al limite dell’umano, ma è lui a dare, lui si offre a noi: e lo fa per primo, lo fa sempre, e non chiede un contraccambio. Così Gesù si è dato a noi. Così il Padre ha consegnato il Figlio. Così lo Spirito continua a renderci parte di quel loro amore liberante.
Il Libro dei Siracide continua: «Non odiare il prossimo e dimentica gli errori altrui»… respiro un attimo perché questa sembrerebbe davvero grossa, contraria anche a quella correzione fraterna pur indicata dal Vangelo e sì, usata a volte anche a sproposito. Qui il faro va puntato non tanto sulla correzione “fraterna” appunto, ma sulle intenzioni più profonde che la muovono. «Non odiare» è un verbo chiaro, significa: non permettere che qualcosa, neppure il peccato, diventi ostacolo per accorgerti di tuo fratello, di tua sorella; non coltivare verso colei, colui che ti sta accanto sentimenti avversi, guidati dalle ferite, orientati dalla rivincita. Gli errori ci sono. Il peccato c’è, e nessuno è chiamato a far finta che non esista. Il punto è un altro.
Da queste letture, cogliamo l’invito di Dio: vivere e far vivere! Vivere: scegliendo le logiche di Colui che ci ha amato, e nell’amore ci ha salvato; imparando lo stile di Colui che abbracciandoci ci risolleva ogni giorno anche dalle peggiori scivolate.

In Gesù di Nazaret abbiamo avuto la possibilità di scoprire il volto più bello del Dio che crede alle nostre promesse, non tentenna nel darci seconde, terze e infinite possibilità, e si fida della nostra libertà.
Ogni giorno, in ogni singolo istante, so che non devo lasciarmi scoraggiare dal peccato, perché Colui che mi ama, vuole riscattarmi anche quando tutto sembrerebbe davvero perduto.
Ma ogni giorno, in ogni singolo istante, so che non devo lasciarmi scoraggiare neppure dal peccato di chi mi sta accanto, di chi conosco, di chi mi ha deluso, di chi ha ferito… Perché Colui che a me può perdonare l’imperdonabile, può risollevare anche mia sorella, anche mio fratello, anche la mia spina nel fianco, anche il mio nemico.
È questa forse la più difficile verità da dirsi quando si vuole provare a tenere il passo di Gesù di Nazaret. È questa la porta più stretta da attraversare, la via più irta da percorrere. Comprendere e vivere la legge del perdono, che è la legge dell’amore, è quasi certamente il boccone più amaro da mandar giù… ma non esiste nulla di più autentico e fecondo. Non significa essere buonisti. Perché il perdono non ignora il male, non mette la testa sotto la sabbia davanti al peccato, ma pur vedendo accompagna, pur ferito abbraccia, pur stanco risolleva.

UNA PREGHIERA COME SOSTEGNO

70 VOLTE 7

70 volte 7.
È così che ci chiedi di perdonare, Signore:
un “sempre” moltiplicato all’infinito.
Ma per noi donne e uomini fatti di carne
non avresti potuto mettere un limite?

Perdonare all’infinito a volte ci sfinisce,
ci fa sentire lontani dal Regno
e incapaci di vivere le sue logiche.

Sollevaci, Signore, rafforza
le nostre ginocchia vacillanti,
perché del perdono possiamo
gustarne per primi il sapore;
perché perdonati possiamo perdonare,
graziati regalare grazia.
Maestro di misericordia e pane di vita,
insegnaci ogni giorno a seminare perdono
e a coltivarlo nelle piccole cose.
Amen.

DAL VANGELO DELLA DOMENICA
(Mt 18,21-35)

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

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Lo strano caso dei profeti tra noi… – BUONA DOMENICA! XXIII DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

Dove sono due o tre riuniti nel mio nome,
lì sono io in mezzo a loro
(Mt 18,20)

Chi parla in nome di Dio? Il Signore chi pone come sua sentinella?
Spero di cuore, oggi più di sempre, che ognuno di noi riesca a meditare le tre letture che la XXIII domenica ci propone, perché se tenute insieme ci indicano una chiamata, se isolate potremmo facilmente interpretarle volgendoci verso orizzonti forse lontani dalle logiche evangeliche.
Il brano di Ezechiele sembra una chiamata alle armi: «Cristiani di tutto il mondo unitevi». E forse per qualcuno, sarebbe meglio: «Cattolici di tutto il mondo unitevi!». Leggo questo brano e non riesco a non pensare ai tantissimi, troppi, che sentono di essere come i profeti chiamati costantemente ad ammonire i tanti, troppi, sodomiti, impuri, peccatori, malvagi che sono tra noi. Non riesco a non pensare a quanto sia rischioso isolare e far proprie frasi come questa: «Se tu non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta, ed egli, il malvagio, morirà… della sua morte io domanderò conto a te». È di questo che si fa forte chi sempre più frequentemente organizza squadriglie invece di comunità.

Se il regno di Dio fosse… noi? – BUONA DOMENICA! XVII DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

Vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
(Mt 13,44)

«Il regno dei cieli è come…» Questione di bene, male e convivenze. – BUONA DOMENICA! XVI DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

Lasciate che l’una e l’altro
crescano insieme fino alla mietitura.
(Mt 13,30)

Senza troppo tergiversare dobbiamo ammetterlo: il male esiste, qualcuno lo genera volontariamente, qualcun altro lo subisce suo malgrado e altri ancora trovano il modo per sconfiggerlo… prima o poi. E in fondo seme buono e zizzania ci confermano tutto questo. Il male c’è e non è frutto del caso, esattamente come il bene. La zizzania sembra essere stata seminata proprio come il seme buono. Bene e male sono destinati a convivere.

Ma è questo il senso del mondo? Per quanto sia incoraggiante sapere che alla fine le cose sembrano volgere verso il bene, davvero il brano del Vangelo in questa sedicesima domenica punta a essere solo una pacca sulle spalle per non farci mollare di fronte al male che vediamo accadere sotto i nostri occhi o che sperimentiamo? Davvero possiamo ridurre il senso del mondo a una contrapposizione così netta? In realtà la contrapposizione è solo nella nostra testa, perché anzi il Gesù che racconta parla di un tempo in cui dividere, e forse anche distinguere, non è così facile. Alla fine dei tempi tutto sarà più netto, perché maturare è scegliere a cosa dare forza: se al bene o al male. Ma ora, in questa sorta di tempo intermedio, dove ogni più piccola scelta rafforza un nostro orientamento interiore nulla è ancora maturo e tutto deve essere vagliato, compreso, scelto. [CONTINUA… Di seguito clicca sul numero 2 accanto alla parola pagine]

Ascoltare, comprendere… – BUONA DOMENICA! XV DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

Il seminatore uscì a seminare.
(Mt 11,28)

Parabola straconosciuta, quella che oggi il Vangelo della XV domenica del Tempo Ordinario ci propone. La parabola del seminatore è forse tra le più ascoltate e raccontate. Spesso è anche un po’ usata come una clava. E non capita poche volte che su di essa, a mo’ di messaggio finale, venga imbastita questa chiusura: «Alcuni tra noi rispondono al Signore al 100%, altri al 60, altri al 30%. Ognuno di noi si chieda: E io quanto riesco a rispondere a Dio? Che terreno sono?»

Intanto potremmo da subito smontare questa finale ad effetto. La parola di Dio non parla di una percentuale, non dice 30%, ma precisamente: «il 100, il 60, il 30 per 1». La moltiplica di Dio, per quanto strana, funziona così: moltiplica incredibilmente tutto ciò che riusciamo a mettere a disposizione, anche una porzione piccola come l’1. Quindi è proprio lui a moltiplicare, e lo fa all’infinito. Per cui se c’è una cosa che è certa è che l’obiettivo della parabola non è mettere in luce il nostro fallimento nella fede, ma il suo offrire a noi continue possibilità. E questo non va mai, e dico mai, dimenticato.

Altra straordinaria certezza: il seminatore è il Signore, che semina in noi la parola del Regno, una parola cioè che porta vita, che rende vita perché è essa stessa vita. Frequentare il seminatore significa quindi attivare possibilità per una semina decisamente fuori dal comune. La parola del Regno non ha nulla a che fare con le nostre parole, è oltre; è una parola creativa e creatrice: mai uguale, mai inefficace, mai silenziabile, mai selezionatrice. Già: la parola del Regno non sceglie il terreno, ma si offre a ogni terreno, a ogni disponibilità, a ogni vita. È questo quello che affermano i primi versetti della parabola. Dio non sceglie a chi dare. Non si preoccupa di non sprecare il seme. Non seleziona. Dio offre al mondo, a tutti indistintamente, il seme che custodisce la vita stessa del mondo. Nello specifico: Dio ha offerto al mondo suo Figlio, Parola vera e viva, perché il mondo vivesse, perché il mondo si sentisse raggiunto dalla pienezza della vita, perché il mondo sapesse che la promessa di salvezza si è davvero realizzata per ognuna, per ognuno. La pioggia e la neve continuano a irrigare ogni terra perché la vita di Dio germogli ovunque, e germogliando generi vita che apre a Dio: questa è l’antica promessa, ma questa in Gesù è la nostra certezza.

Chi di noi può aspirare a tanto? Tutti!
Ce lo dice la parabola, lasciandoci scoprire quanto il seminatore-Dio sia sprecone. Semina ovunque senza badare ai risultati. Semina perché la vita possa avere sempre una nuova possibilità di germogliare. Perché questo significa felicità, pienezza, realizzazione autentica per tutte e tutti noi.

Ma qual è il sentiero da seguire? La via da percorrere?

Lo dico con 4 verbi fondamentali: ascoltare, comprendere, non mollare, lasciarsi stupire. Ascoltare è iniziare ad aprire la porta. Primo, ma necessario passo. Ascoltare è incontrare, aprirsi, lasciarsi raggiungere. Non comprendere ci rende duri, impenetrabili come la strada, come la terra battuta. Comprendere invece ci spinge oltre. C’è una cosa però su cui vigilare: non dobbiamo mollare. Perché difficoltà e paure, delusioni e scoraggiamento sono sempre dietro l’angolo, ma mollare è farsi bruciare, paralizzare dalle difficoltà. E invece noi davanti abbiamo una promessa di vita straordinaria. Lasciamoci allora stupire da Dio, dai suoi sprechi. Il suo Spirito sa sempre come riconsegnarci alla vita, come partorirci sempre di nuovo. [CONTINUA… Di seguito clicca sul numero 2 accanto alla parola pagine]