Dalla nube luminosa, si udì la voce del Padre:
«Questi è il mio Figlio, l’amato: ascoltatelo!».
(Cf. Mc 9,7)
La domenica della Trasfigurazione, seconda di Quaresima, apre per noi due bellissime pagine bibliche: entrambe ci consegnano due figli amati, due padri che amano e un’alleanza che si rinnova, quella di Dio con l’umanità.
Abramo ama. Ama Isacco, il figlio della promessa, figlio della fede: la fede che da quella prima chiamata a lasciare la terra dei padri è cresciuta, come un seme che diventa albero; la fede che si è scontrata con la paura, la fragilità e la menzogna; la fede che ha dovuto imparare a credere nell’impossibile.
Abramo ama, e continua a farlo anche nel non senso di una richiesta che sta per strappargli la vita. Perché questo può accadere quando la Parola parla: ti chiede la vita, la tua non quella degli altri. E dobbiamo dircelo, dobbiamo ricordarcelo se il nome di Dio sta ritornando anche nelle nostre società a essere associato a sacrifici e brutali, disumani e mortali riti di purificazione.
Abramo ama, e Dio non ha bisogno di altro se non di chiarire una volta per tutte che a lui non servono sacrifici, e per farlo sì, in questa pagina biblica, lo scrittore sacro si spinge decisamente oltre. Se in molti – nelle società antiche, e non solo – erano avvezzi a ritenere che per rabbonire le divinità fossero necessari i sacrifici, anche umani, lo scrittore sacro non teme di spingersi fino all’assurdo pur di farci scoprire il cuore del Dio dei nostri padri e di Gesù.
Abramo ama, anche quando tutto diventa assurdo, persino Dio. E la benedizione si rinnova, l’alleanza si rinnova, e ancora una volta la mano di Dio abbraccia le nazioni, i popoli, l’umanità.
C’è poi il secondo dei padri che il Vangelo di questa domenica ci consegna: è il Padre, quello con la P maiuscola, Dio stesso; colui che ci consegna l’Amato, quel Figlio nel quale tutte le nazioni della terra si diranno non solo benedette, ma salvate, riconciliate, perché amate.
Dio ama al punto da donare la sua stessa vita.
Dio ama al punto da donare il suo stesso figlio. È lui, non Abramo a compiere l’unico vero sacrificio, una volta per tutte, e una volta per tutti, per ogni persona che popola la terra, e chissà anche gli universi.
Quando pensiamo a Dio, al Dio dei nostri padri, al Dio di Gesù, al nostro Dio, non dovrebbe venirci in mente altro se non quanto sia stato grande il suo amore, fattosi carne in Gesù di Nazaret, nel suo dono, nella sua croce, nella sua morte e risurrezione.
Quando pensiamo a Dio non dovrebbe venirci in mente la chiamata di Abramo a uccidere, ma la puntualità con cui Dio blocca la sua mano perché non uccida. Le pagine bibliche vanno ascoltate in modo completo, perché il loro messaggio spesso sta alla fine più che all’inizio.
Quando pensiamo a Dio dovrebbero venirci in mente le parole di san Paolo ai Romani, che ascoltiamo nella seconda lettura: «Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa con lui?».
Di questa certezza siamo chiamati a essere testimoni.
Questa certezza può dare ali e radici alla nostra fede.
Questa certezza ci deve aiutare a respingere la tentazione delle tre capanne, delle porte chiuse del cenacolo, delle parrocchie efficienti ma autoreferenziali, delle strutture ecclesiali funzionali ma non inquiete, delle comunità religiose protette ma non aperte.
La voce del Padre continua ad accompagnarci verso la risurrezione, attraverso deserti, palme, cenacoli e calvari. Continua a dirci: «Ascoltatelo, ascoltate la sua parola, ascoltate i suoi gesti. Ascoltate e vivrete, perché amerete».
UNA PREGHIERA COME SOSTEGNO
Signore Gesù, Figlio amato
Signore Gesù, Figlio amato,
in te scopriamo il Padre,
in te ci sentiamo raggiunti dal suo amore,
in te ascoltiamo il suo cuore,
in te impariamo l’amore.
Possa il nostro cuore imparare
ad ascoltare te e seguirti:
nell’aridità dei deserti,
nella serenità dei traguardi raggiunti,
nell’entusiasmo di nuove occasioni,
in ogni situazione che la vita
ci chiederà di affrontare.
Convertici a te! Convertici all’amore!
Convertici al Vangelo!
DAL VANGELO DELLA DOMENICA
(Mc 9,2-10)
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
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