«Maria e Giuseppe portarono il bambino Gesù a Gerusalemme per presentarlo al Signore e offrire in sacrificio una coppia di tortore o giovani colombi». Ecco, in questa domenica della Santa Famiglia auguro a tutti noi di perderci in questo bellissimo quadro dipinto dall’evangelista Luca. Non c’è niente di particolare in ciò che accade. Anzi, tutto, anche le offerte, sembra essere ordinario, semplice, molto ma molto normale. Gesù nasce, ma tutto attorno a lui procede secondo quanto la legge richiedeva. Di straordinario ci sono loro: Giuseppe, Maria e la loro fede in un progetto che li supera; e c’è il Bambino, comune nell’aspetto a ogni altro bambino. Eppure la loro presenza, semplice e ordinaria, diventa strumento del rivelarsi di Dio. È grazie a loro che Simeone può vedere il compiersi delle antiche promesse e benedire Dio. È grazie a loro che Anna dà un nome e un volto alle speranze di un popolo che attende e annuncia il manifestarsi di Dio.
Maria e Giuseppe sono il grembo nel quale Gesù cresce, si nutre di sapienza, diventa consapevole della grazia che lo abita. Sono i custodi della Vita che attraverso di loro è germogliata e che traboccherà sul mondo.
Siamo abituati a credere che Gesù sia nato da Dio, che abbia agito da Dio fin dai primi vagiti, che magari abbia distribuito anche qualche miracolo lungo la via. Eppure gli evangelisti, fantastici registi della storia sacra, non ce ne parlano, non ci dicono nulla di queste fantomatiche storie miracolose. Loro ci hanno raccontato una storia fatta di normalità, in cui le uniche due cose davvero straordinarie sono: un Dio che sceglie di diventare uomo e una coppia di giovani sposi che riceve in custodia un bambino la cui vita sarebbe stata decisamente imprevedibile. Ecco oggi noi contempliamo loro. E lo facciamo avendo il coraggio di dirci una cosa: loro sono lo specchio dell’agire di Dio. Anche alle nostre famiglie Dio affida la vita, potenziali doni per l’umanità. A noi, ogni giorno, scegliere se trasformare le nostre case, le nostre famiglie, le nostre comunità, in luoghi di riconoscimento e ringraziamento per i doni ricevuti, luoghi di custodia sapiente e crescita generosa.
Questo l’augurio!
UNA PREGHIERA COME SOSTEGNO
Benedici, Signore, le nostre famiglie
Benedici, Signore, le nostre famiglie,
benedici il grembo in cui la vita
continua a essere generata,
benedici chi di ogni vita si fa custode,
benedici chi aiuta ogni tuo dono
a germogliare e a crescere.
Signore Dio nostro, che nascendo uomo
ti sei affidato alla cura di una famiglia,
benedici ogni nostra famiglia.
Pur fragili e imperfette siano strumenti
del tuo amore e della tua tenerezza.
Amen.
DAL VANGELO DELLA NOTTE (Lc 2,22-40)
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret.
Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.
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