Oltre se stessi – BUONA DOMENICA! – XXVI TEMPO ORDINARIO – ANNO C

«“Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”». Lc 16,31

Il brano del Vangelo di Luca che la liturgia ci offre è chiaro fin dall’inizio: «C’era un uomo ricco… e c’era un povero di nome Lazzaro». Primo indizio per capire come funziona il regno dei cieli: i ricchi sono degli anonimi signori, mentre i poveri hanno un nome. E avere un nome significa contare, avere un’identità, poter essere chiamati da qualcuno… e quindi essere capaci di relazione. 
E già questo indizio basta per capire quanto siano lontani dal Vangelo i nostri criteri: conosciamo vita, morte e miracoli (e quindi anche il nome) dei più ricchi e potenti, ma questo non ci consente una relazione. Loro in alto, noi in basso.
E poi ci sono i poveri, che non degniamo neppure di uno sguardo… figuriamoci conoscerne il nome.
Sia chiaro per Luca, evangelista della misericordia, il punto non è premiare i poveri e punire i ricchi. Non c’è diretta conseguenza tra povertà – bontà, ricchezza – malvagità. Nel modo più assoluto. Il punto è un altro. Quale?
Vi racconto un aneddoto. Un giorno stavo consegnando una busta-regalo, con calze, biscotti e altri effetti personali, a un’anziana signora senza fissa dimora, che dormiva in un angolo della Stazione Termini, a Roma. Lei mi ha guardata, mi ha ringraziato e poi ha detto: «Sorella, questo pacchetto non lo dia a me. Oggi ho già ricevuto qualcosa. Guardi quel sottoscala. Laggiù c’è un’altra signora. Di lei non si è accorto nessuno».
Ecco, questa donna mi ha insegnato il senso del Vangelo. I veri ricchi, quelli che possono realmente cambiare il mondo sono quelle donne e quegli uomini che hanno gli occhi e il cuore limpidi e trasparenti, capaci di accorgersi dell’altro, chiunque esso sia, e di lenirle le ferite.

UNA PREGHIERA COME SOSTEGNO   

Oltre noi…

Signore Gesù, Dio fatto uomo,
insegnaci a uscire da noi stessi,
dal nostro mondo protetto,
dal guscio delle nostre sicurezze.
Insegnaci ad accorgerci degli altri,
delle loro lacrime e dei loro sogni.
Tergi i nostri occhi, perché imparino a vedere oltre.
Allarga lo spazio del nostro cuore,
perché sia casa per molti.
Libera le nostre spalle da inutili zavorre,
per essere liberi di farci carico
di chi non riesce ad avanzare.
Sciogli le sicurezze che legano le nostre mani,
perché possano offrire bontà.
Tu, Dio fatto uomo,
che hai attraversato la morte per amore,
prendici per mano e insegnaci a percorrere
la via dell’amore.
Amen.

DAL VANGELO DELLA DOMENICA [Lc 16,19-31]

In quel tempo, Gesù disse ai farisei:
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

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