La parola di Dio è viva ed efficace,
discerne i sentimenti e i pensieri del cuore.
(Cf. Eb 4,12)
Il cuore delle letture che la XXIX domenica del Tempo Ordinario ci offre è racchiuso nel primo versetto del Vangelo: la preghiera e nello specifico la necessità di pregare sempre. E non certo perché Dio sia come il giudice disonesto: non ha bisogno di essere pregato fino allo sfinimento. Anzi. Dio è sul pezzo. E ci precede nell’amore. Il punto è un altro, e la parabola del giudice disonesto non credo punti i riflettori sul giudice, ma sulla vedova. Una donna tenace, che come Mosè sa di non dover mollare, a costo di farsi aiutare pur di restare nella preghiera, determinati fino all’inverosimile.
Dio non ha bisogno delle nostre parole, ma della nostra presenza.
A questo proposito però mi chiedo se la mia, la nostra preghiera è voce di figli che sanno di potersi fidare e affidare a un padre che accoglie, sostiene, invia… o è voce di figli viziati che pretendono di ottenere quello che ritengono giusto e doveroso da un dispensatore automatico di miracoli.
Credo che ognuno di noi prima o poi nella vita deve avere il coraggio di fare a sé stesso questa domanda.
E, se posso, non accontentatevi di dare risposte in tempo reale, perché potrebbero non essere quelle più vere.
Scrutate, scrutiamo i sentimenti, ascoltiamo quello che si muove nel cuore quando ci sembra di non portare a casa risultati dalla nostra relazione con Dio.
Interroghiamo le parole che gli rivolgiamo.
Poi proviamo a misurare il tempo. So che sembra assurdo. Ma proviamo a misurare il tempo che regaliamo a Dio quando gli parliamo di noi, quando parliamo noi.
E poi proviamo a misurare il tempo che gli “concediamo” per parlare, il tempo in cui proviamo a silenziare le nostre parole, i pensieri, le richieste che popolano mente e cuore per ascoltare le sue parole e i suoi pensieri.
La sua parola è viva, efficace. Ma i suoi pensieri non coincidono con i nostri, le sue vie spesso non sono quelle che ci piacerebbe percorrere. E allora accade che le nostre parole non si incontrino con le sue.
Accade che noi alziamo le mani per chiedere una vittoria, ci facciamo sostenere da un’infinità di persone nel chiedere, ma diversamente da Mosè per noi non c’è vittoria, diversamente dalla vedova è come se per noi ci fosse giustizia.
Ma le cose stanno davvero così?
La sua parola, quando scende nelle profondità della nostra anima, taglia, a volte spezza, divide. Crea varchi, segna vie nuove, non si piega a noi, non ci obbedisce. Va, libera e fedele solo a Dio. Per questo a volte fa male.
E quindi? Cosa fare? Lo chiedete voi e me lo chiedo anche io ogni giorno. Come allinearci con i pensieri di Dio? Come sintonizzarci con il suo cuore? Come consentire che la Parola si faccia strada in noi.
La sua Parola è viva, efficace. Questo è il segreto.
La sua Parola come un seme nella terra può penetrare la profondità di noi stessi: volontà, desideri, affetti, ferite. E come un seme ha la potenza di germogliare e fiorire. E germogliando irrora vita e luce anche nelle parti di noi più oscure, più misteriose, più chiuse, quelle in cui non permettiamo neppure a noi stessi di entrare.
La domanda con cui si chiude il Vangelo brucia: il Signore troverà fede sulla terra?
Troverà in noi la determinata disponibilità a lasciarlo entrare nel cuore della nostra vita?
Ci troverà determinati nella fiducia anche se scoraggiati, colpiti, delusi, feriti dalla vita?
Troverà un cuore che pur tentennando voglia lasciargli porte aperte?
Lui c’è. E continua a esserci. Per noi.
La sua Parola e la sua vita sono a nostra disposizione: possono davvero farci vivere.
Vogliamo credere
Eccoci, Signore,
siamo fragili nel credere
ma abbiamo nel cuore
una profonda sete di te.
Vogliamo fidarci,
vogliamo affidarci.
Vogliamo credere:
anche se è difficile,
anche se non vediamo alba,
anche se non scorgiamo vie,
anche se sei troppo oltre noi.
Vogliamo credere
che la tua Parola in noi
farà germogliare vita,
una vita buona,
una vita autentica. Amen.
DAL VANGELO DELLA DOMENICA
(Lc 18,1-8)
In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».
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