Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato:
facciamo festa nel Signore.
(Cfr. 1 Cor 5,7-8)
Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea? Cioè come Dio consacrò Gesù di Nazaret in Spirito Santo e potenza? Come lui passò beneficando e risanando tutti? E come fu ucciso, inchiodato a una croce, dopo aver consegnato se stesso al Padre? E come poi il terzo giorno Dio lo ha risuscitato, e lui Risorto è apparso ai suoi? E come donando il suo stesso Spirito li ha mandati ad annunciare la sua risurrezione, cioè la nostra salvezza?
Sì, noi lo sappiamo! Ognuno di noi cristiani sa esattamente che cosa è successo. Lo sappiamo con la testa, lo ricordiamo, lo celebriamo, lo festeggiamo: ci crediamo! Alla Pasqua siamo arrivati facendo memoria del grande dono che Gesù di Nazaret ha fatto per la nostra salvezza. Nei giorni precedenti la domenica di risurrezione abbiamo contemplato il Dio-con-noi, la totalità e la radicalità disarmante del suo amore.
Ma quanta Pasqua c’è davvero nella nostra vita?
Quanto profumo di risurrezione respira chi vive con noi e accanto a noi?
Celebrare la Pasqua, e farlo con convinzione, significa credere nella verità della risurrezione. Credere cioè che la risurrezione non sia qualcosa di straordinario proprio di un Dio, e riservato solo a lui.
La Pasqua ci dice che abbiamo diritto alla speranza, che non c’è morte che tenga, che il male non ha l’ultima parola.
Siamo in un momento non facile della nostra storia, e penso alla storia umana. Magari qualcuno più fortunato mi penserà un po’ pessimista… Ma mi guardo intorno e non riesco a non pensarci, soprattutto di fronte a un Dio morto, disceso agli inferi e poi risorto; di fronte a una risurrezione che concretamente non ci ha lasciato nulla se non una pietra rimossa, una tomba vuota e dei teli e un sudario.
Non riesco a non pensare a quanto sia difficile credere nella risurrezione quando tutto attorno a noi è attraversato da una violenza che sembra moltiplicarsi ovunque: tra le nazioni, nelle famiglie, tra i conoscenti, sulle strade, nelle scuole.
Non riesco a non pensare a quanto sia difficile credere nei testimoni della risurrezione quando è difficile trovare credenti con il cuore in pace che sappiano diffondere pace, seminare pace e costruire pace quotidianamente.
Non riesco a non pensare a quanto sia difficile credere nel Risorto quando l’impotenza di chi annuncia la vittoria della vita, della tenerezza, del perdono è sotto gli occhi di tutti.
Non riesco a non pensarci, non riesco a non sentirne tutto il disorientamento, non riesco a dire che credere nel Risorto sia facile; spesso non riesco neppure a portare il peso dell’impotenza della risurrezione…
Ma non voglio mollare, non voglio cedere, non voglio evitare di entrare nel sepolcro quando la vita me lo chiede, non voglio accontentarmi di guardare tombe vuote come se nulla mi appartenesse.
La Pasqua ci dice che siamo nel giorno nuovo, che possiamo essere nuovi.
La Pasqua ci consegna le chiavi della speranza determinata e operosa perché non fondata sulla potenza e sull’efficienza, ma sulla fiducia certa in Colui che trova sempre il modo di dare vita al mondo, di spezzare i vincoli di morte, di far germogliare l’insperato.
Gesù di Nazaret risorge per dare a ogni donna e a ogni uomo la possibilità di risorgere; si lascia attraversare dalla morte per dire a te, a me, a noi: «Non mollare, non aver fretta di mollare, non cedere alla notte, all’impotenza, alla sfiducia. Tu puoi risorgere perché io sono risorto. Tu puoi dare spazio alla speranza perché io ho dato tutto per te».
Ci saranno volte in cui la nostra fede nel Risorto ci porterà davanti a sepolcri vuoti: non restiamo fuori a guardare, non permettiamo al nostro cuore di arrendersi alla morte, all’impotenza, allo scoraggiamento. Chiediamo lo Spirito del Risorto per permettere alla speranza di dire l’ultima parola e di insegnarci a coltivarla.
UNA PREGHIERA COME SOSTEGNO
Sei risorto e sei con noi
Alleluia, Signore, sei risorto e sei con noi!
Alleluia, Signore, sei la fonte della nostra gioia,
Alleluia, Signore, sei la vita che non muore.
Davanti ai sepolcri vuoti: donaci il tuo Spirito.
Se la nostra fede cede: donaci il tuo Spirito.
Se il nostro cuore è duro: donaci il tuo Spirito.
Se vediamo ma non crediamo: donaci il tuo Spirito.
Donaci il tuo Spirito, Signore risorto,
e rendi nuovi i nostri occhi, i nostri cuori,
i nostri desideri, le nostre scelte.
Amen, Signore Gesù, alleluia!
DAL VANGELO DELLA DOMENICA
(Gv 20,1-9)
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.
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