Dio ha tanto amato il mondo
da dare il Figlio unigenito, perché chiunque
crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Gv 3,16
Oggi non celebriamo la XXIV domenica del Tempo Ordinario, come potremmo aspettarci. Oggi celebriamo una festa decisamente significativa, e tra cristiani forse anche un po’ divisiva. È la festa dell’Esaltazione della croce. Ma ovviamente non celebriamo l’oggetto croce, la sua ostentazione. Assolutamente no. Celebriamo il suo essere segno: segno di un amore che ci spinge oltre, segno di un dono che nessuno avrebbe mai potuto neppure immaginare, segno di un Dio che si è fatto talmente vicino a noi e al nostro peccato da unire definitivamente terra e cielo. Noi oggi celebriamo l’amore che “dalla croce” abbiamo ricevuto.
E nella croce noi contempliamo Gesù, quale parola definitiva di Dio Padre sul nostro peccato: non una parola di condanna né di morte. Per ben due volte in due versetti l’evangelista Giovanni ripete: «… perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna». La parola di Dio sul nostro peccato è dono, è vita eterna; è ciò che abbiamo ricevuto e possiamo continuare a ricevere in Gesù. Ben più della salvezza, che pure nella Prima lettura il popolo riceve dalle mani di Mosè: in Gesù, nel Gesù crocifisso e risorto, noi abbiamo ricevuto e possiamo ricevere Dio, la vita di Dio, la sua eternità, il suo Spirito, la sua pienezza. Questo è ciò che ci fa vivere, ma è anche ciò attraverso cui possiamo far vivere.
La vita che nel Crocifisso ci ha raggiunti non si esaurisce in noi, ma diventa un’irrefrenabile sorgente d’acqua da cui tutte, tutti, ovunque possono attingere. E non ci sembri eccessiva questa affermazione. Se contempliamo la croce, se scegliamo consapevolmente di dire il nostro sì al Maestro crocifisso allora di quella croce dobbiamo imparare le logiche.
La croce rende visibile un incrocio, che potrebbe essere anche un incastro, o un crocevia: orizzontale e verticale si incontrano, terra e cielo si incontrano, Dio e l’uomo si incontrano. È la croce a renderlo possibile.
Nell’incarnazione Dio si fa uomo, ed è l’evento straordinario che ha scosso la storia: Dio si è fatto uno di noi.
Ma nella croce è accaduto l’impensabile: Dio ha fatto suo il peggio della nostra natura, ciò da cui noi vorremmo essere liberati: la sofferenza, la condanna, l’incomprensione, la solitudine, la morte. E per questo noi oggi possiamo incontrare Dio, o forse anche solo incrociarlo.
Grazie a quella croce che oggi celebriamo, possiamo sentire che la salvezza non disdegna la fragilità, che la pienezza non disdegna la morte, ma la attraversa, esattamente come ha fatto Gesù di Nazaret.
Non so se tutte e tutti noi abbiamo avuto la fortuna di incontrare davvero il Signore, di sentirci raggiunte dalla sua pienezza, salvate, sollevate da suo amore gratuito. Non lo so. Ma se anche ci sentissimo solo incrociate da lui, se sentissimo di averlo percepito quasi per sbaglio… se non sapessimo dare senso o profondità alla sua presenza nella nostra storia…
Beh… tutte, tutti noi, oggi possiamo guardare la croce, qualsiasi croce e dirci che c’è un Dio che per amore, e solo per amore, si è offerto e si offre per noi: non chiede contraccambio, non impone dazi, non ha bisogno di nessuna dimostrazione di fedeltà, né di prove da superare.
Lui è per noi, è dalla nostra parte; tifa per noi, non si scandalizza dei nostri pensieri, ci conosce fin nelle profondità di noi stessi e non vorrebbe altro che riconsegnarci ogni giorno alla vita.
Nella tua croce, vivere
Ti abbiamo innalzato,
Signore Gesù, su una croce,
e tu ci hai attirato a te
sollevandoci dalla nostra morte.
Ti abbiamo consegnato
a un patibolo di morte,
e tu ne hai fatto sgorgare
vita per l’eternità.
Abbiamo inferto mortali ferite
al Dio della vita,
e tu ci hai aperto
all’immensità dell’amore.
In te, Signore Gesù, sentiamo
spezzarsi i legami della morte,
in te, Crocifisso, ci sentiamo
raggiunti dal suo perdono,
in te, Figlio amato, ci sentiamo
riconsegnati alla vita.
Noi ti lodiamo e ti benediciamo!
DAL VANGELO DELLA DOMENICA
(Gv 3,13-17)
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».
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