La madre di Gesù gli disse:
«Non hanno vino»
(Gv 2,3)
Passato l’Avvento e alle nostre spalle ormai anche il Natale, questa domenica ci rimette dopo un bel po’ nel Tempo Ordinario… in quel normalissimo e non stra-ordinario tempo liturgico che attraversa la normalità dei nostri giorni. Il Vangelo di questa II domenica inizia con un bel «In quel tempo…», e sembra di trovarsi di fronte a un fantastico «C’era una volta…». Io però vi propongo di prendere le distanze da questo modo di iniziare le storie. Recuperiamo invece l’attacco che l’evangelista usa. Nella Bibbia non si dice «In quel tempo…», ma «Il terzo giorno…». Vi starete chiedendo “il terzo giorno” rispetto a cosa? Il capitolo precedente (il 1° del Vangelo di Giovanni) si conclude con la narrazione dell’incontro tra Gesù e Natanaele. Ma il Vangelo, lo sappiamo, non è un diario di bordo e quel «terzo giorno» non sono tre giorni dopo quell’incontro.
Giovanni ci dice che gli eventi di Cana sono eventi da «terzo giorno»… e se il terzo giorno per l’evangelista è il giorno nuovo, il giorno della risurrezione, del sepolcro vuoto… se è il nuovo giorno, allora gli eventi di Cana sono esattamente ciò che accade quando nella nostra vita c’è il Risorto, e con lui lo Spirito.
«Vi fu una festa di nozze»… e pensate a quanta memoria vibra nel cuore dell’evangelista quando dà voce a queste parole: vi fu una cena straordinaria, vi fu una consegna piena di amore e dono, vi fu una storia di riscatto e salvezza, vi furono promesse di riconciliazione tra Dio e il suo popolo che attraversarono i tempi, vi fu l’atteso che finalmente distribuiva vita, pane, salute, luce, perdono. E fu gioia, speranza, entusiasmo. Sì, a tratti anche incomprensione, dubbio. Ma poi c’era lui con le sue risposte, lui con i suoi gesti. Semplicemente lui.
Poi il vino finì. La gioia finì. La festa finì. E fu notte, paura, disorientamento. Sì, la madre di Gesù c’era, ma il vino no, la speranza no, la gioia no, il futuro no.
Quanto è intenso Giovanni!
Quanta memoria in un solo versetto!
Se solo ci fermassimo ad ascoltare quanta vita gli scorre dentro… Non permettiamo alla velocità di falciare la profondità della Parola, di sbarrare le vie che potrebbe aprire per noi!
Ritorniamo a Giovanni e al suo Vangelo, ritorniamo a Cana, e ritorniamo anche a noi. Prima di andare al miracolo, fermiamoci su quei primi versetti e portiamoli nella nostra vita. Cana è anche qui, ora, nel tempo che viviamo, negli spazi che occupiamo. Che fine ha fatto il vino? Che fine ha fatto la gioia, la speranza, l’entusiasmo, la determinazione, la resilienza? Che fine ha fatto ciò che permette a gioia, speranza, entusiasmo, determinazione, resilienza di dare spessore alla nostra vita?
Siamo cristiani e, sì, il vino dovrebbe essere la nostra fiducia certa nel Risorto, la nostra resa al suo amore, la nostra voglia di appartenergli, la nostra più sincera determinazione a fare delle sue vie le nostre vie. Ma anche in noi il vino spesso finisce. Lo consumiamo senza accorgercene, lo diamo per scontato, o permettiamo ad altro, ad altri, ad altre, a noi stessi di prosciugarlo letteralmente: relazioni tossiche, aggressività, depressione, disfattismo, individualismo, autoreferenzialità, pessimismo, egocentrismo… e un Dio (con i suoi progetti sul futuro e per l’umanità) messo alla porta.
Ecco oggi, prima di procedere, prima di farci bastare – come fosse un amarcord – Cana, le sei anfore e quegli sposi (beati loro) destinatari di un miracolo riuscito, fermiamoci e lasciamoci portare da questi primissimi versetti nel cuore e, forse, nel buio della nostra vita: che cosa ci sta bloccando dal chiedere, anzi no, dal credere nel vino?
Dal credere che non finirà… Dal credere che si rinnoverà… Dal credere che non c’è vuoto che tenga?
Siamo e continueremo a essere nel terzo giorno, il giorno della risurrezione, il tempo nuovo dello Spirito che non tramonta.
E quel vino, non siamo noi e i nostri sforzi, ma è lo stesso Spirito del Risorto che può ogni giorno riconsegnarci alla vita, riempiendo le nostre anfore screpolate.
Riempiti di vino nuovo
Gesù, Signore della vita, custode della gioia,
facci entrare con te nel «terzo giorno»,
giorno di risurrezione e vita nuova,
giorno in cui le anfore vuote e screpolate
della nostra vita e della nostra fede
delusa o ferita, consumata o graffiata,
vengono riempite di nuova gioia
e rinnovata speranza.
Insegnaci, Signore del terzo giorno,
a non cedere allo scoraggiamento,
a non arrenderci a noi.
Ti consegniamo le nostre anfore.
Riempile con il vino nuovo della risurrezione:
riempile di te, del tuo Spirito, della tua presenza.
Amen.
DAL VANGELO DELLA DOMENICA
(Gv 2,1-11)
In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
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