Rimanete in me e io in voi, dice il Signore,
chi rimane in me porta molto frutto.
(Gv 15,4a.5b)
Nella prima lettura di questa XXXIII domenica del tempo ordinario ci troviamo di fronte a una lode per la donna forte, una donna le cui mani come il grembo generano vita, bontà, bellezza. Poi una donna la ritroviamo anche nella seconda lettura, anche se solo citata, più come immagine che come vero e proprio riferimento; anzi, più che una donna in sé a essere richiamate sono le sue doglie, il suo dolore generativo. E il riferimento usato dall’apostolo Paolo sembra più una minaccia per chi sceglie di vivere nelle tenebre, che una promessa. E poi nel Vangelo troviamo i talenti, la cui parabola è più che famosa. Come stanno insieme tutte queste cose? E dove ci vorrebbero portare?
La prossima domenica sarà l’ultima dell’anno liturgico… e il clima in cui le letture di questo tempo ci inseriscono è tipico degli “ultimi tempi”, quelli escatologici, quelli che hanno a che fare non con la fine, ma con un nuovo inizio. Tutti gli anni ci ritorniamo, e dovremmo – come in una sorta di ascesa a spirale – trovarci non allo stesso punto, ma sempre un po’ più in su, un po’ più vicini a Dio, un po’ più parte viva del Regno.
Da donna, lo ammetto: è bello che gli ultimi tempi siano riletti nella prospettiva di una donna forte, una donna il cui valore è ben superiore alle perle. Una donna che sa procurare, generare, proteggere, custodire, mantenere, governare, aprire, donare. Quello che il libro dei Proverbi descrive non è altro che la potenza che ci vive dentro (primo tra i doni, proveniente da quel nostro essere a immagine del Creatore) e che ci rende capaci di contenere ogni singolo dono, per generarlo come dono. La nostra vita, quella di tutte e di tutti noi, non è altro se non contenitore capace di contenere il dono dei doni: la potenza di Dio, la vita di Dio –; contenere però per investire in dono. Siamo chiamati a essere come anfore ricche, colme, traboccanti di dono, perché altri ricevano, perché altri prendano.
I talenti… che meraviglia! Eppure abbiamo impostato la nostra risposta a Dio più nella logica di quel servo condannato che non di quelli premiati. In nome dell’umiltà, o per tenere a bada la superbia, abbiamo preferito costruire stili pastorali, comunitari, congregazionali chiedendo alle persone di vivere esattamente come quel servo che ha seppellito il suo talento… E abbiamo chiesto (e chiediamo) a innumerevoli persone di tacere, di attendere, di custodire, di non manifestare. Abbiamo (e forse ancora lo facciamo) accusato di superbia persone ricche di talenti, idee, creatività, esperienze. Abbiamo (e forse ancora lo facciamo) non ascoltato, chiuso cuore e orecchie a chi aveva e ha idee non allineate, disturbanti, fuori dal coro.
E così facendo abbiamo impoverito Chiese, famiglie, istituti, comunità, carismi, associazioni, movimenti…
Ma ogni talento non è forse dono di Dio?
Ogni talento non è forse dato perché il Regno cresca?
Ogni talento non è forse il seme di ciò che ancora non c’è?
Ogni talento non è forse la fedeltà di Dio alle sue promesse?
Ogni talento non è forse il rischio di un futuro che deve ancora sorgere?
E ogni talento non è forse una persona? In carne e ossa, con le sue parole, le sue ferite, la sua bontà, i suoi errori? Possiamo davvero continuare a preferire le logiche di quel servo che il Vangelo stesso ha condannato? I tempi ultimi possono essere vissuti in molti modi. A noi è chiesto di viverli da figli della luce, che sanno correre il rischio della risposta, come quei servi la cui fedeltà al padrone sta proprio nel rischiare di moltiplicare il dono ricevuto, come quella donna forte che sa cercare, procurare, moltiplicare, donare.
UNA PREGHIERA COME SOSTEGNO
Ogni tuo dono un dono
Signore, Dio ricco di bontà e traboccante di fedeltà,
donaci la forza interiore di aprirci al tuo dono,
la libertà interiore di accogliere quanto ci offri
e la determinazione di non lasciarci bloccare
dalla paura di sbagliare.
Ogni tuo dono è un rischio,
perché apre la nostra vita a una novità.
Ogni tuo dono è un atto d’amore,
perché dona alla nostra vita un oltre immeritato.
Ogni tuo dono è un sentiero,
che chiede alla nostra vita di non ripiegarsi.
Signore Dio, Padre della vita nuova,
possa ogni tuo dono diventare per noi un nuovo sì
da pronunciare verso il mondo.
Amen.
DAL VANGELO DELLA DOMENICA
(Mt 25,14-30)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni.
A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro.
Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.
Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».
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Ringrazio per le ultime parole che, questa settimana, commentano il vangelo. Le reputo una denuncia che restituisce verità ad un mondo che ormai sembrerebbe incantato, immobile, dove lo Spirito soffia ma nessuno lo sente e chi lo sente non può farne Parola.
Grazie, Maria Rosaria! Un ricordo reciproco in Lui