La legge del perdono… – BUONA DOMENICA! XXIV DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
(Mt 18,22)

Oggi non riesco davvero a iniziare senza citare una frase tratta dal libro del Siracide, che la Prima lettura ci dona: «Ricordati della fine e smetti di odiare, della dissoluzione e della morte e resta fedele ai comandamenti. Ricorda i precetti e non odiare il prossimo, l’alleanza dell’Altissimo e dimentica gli errori altrui». Queste parole sono un concentrato di energia! Sono una sberla di Dio alla nostra religiosa saccenteria, sono un Suo scossone nel caso ci sentissimo religiosamente in regola.
«Ricordare l’alleanza dell’Altissimo» è ricordare a noi stessi quanto è grande il divario tra quello che noi possiamo dare e quello che Dio ha dato a noi. È dirci con grande onestà che se lo abbiamo conosciuto è perché siamo dei graziati, dei risollevati, dei perdonati, dei liberati, degli amati.
Continuiamo a credere che lui chieda a noi scelte radicali, passi al limite dell’umano, ma è lui a dare, lui si offre a noi: e lo fa per primo, lo fa sempre, e non chiede un contraccambio. Così Gesù si è dato a noi. Così il Padre ha consegnato il Figlio. Così lo Spirito continua a renderci parte di quel loro amore liberante.
Il Libro dei Siracide continua: «Non odiare il prossimo e dimentica gli errori altrui»… respiro un attimo perché questa sembrerebbe davvero grossa, contraria anche a quella correzione fraterna pur indicata dal Vangelo e sì, usata a volte anche a sproposito. Qui il faro va puntato non tanto sulla correzione “fraterna” appunto, ma sulle intenzioni più profonde che la muovono. «Non odiare» è un verbo chiaro, significa: non permettere che qualcosa, neppure il peccato, diventi ostacolo per accorgerti di tuo fratello, di tua sorella; non coltivare verso colei, colui che ti sta accanto sentimenti avversi, guidati dalle ferite, orientati dalla rivincita. Gli errori ci sono. Il peccato c’è, e nessuno è chiamato a far finta che non esista. Il punto è un altro.
Da queste letture, cogliamo l’invito di Dio: vivere e far vivere! Vivere: scegliendo le logiche di Colui che ci ha amato, e nell’amore ci ha salvato; imparando lo stile di Colui che abbracciandoci ci risolleva ogni giorno anche dalle peggiori scivolate.

In Gesù di Nazaret abbiamo avuto la possibilità di scoprire il volto più bello del Dio che crede alle nostre promesse, non tentenna nel darci seconde, terze e infinite possibilità, e si fida della nostra libertà.
Ogni giorno, in ogni singolo istante, so che non devo lasciarmi scoraggiare dal peccato, perché Colui che mi ama, vuole riscattarmi anche quando tutto sembrerebbe davvero perduto.
Ma ogni giorno, in ogni singolo istante, so che non devo lasciarmi scoraggiare neppure dal peccato di chi mi sta accanto, di chi conosco, di chi mi ha deluso, di chi ha ferito… Perché Colui che a me può perdonare l’imperdonabile, può risollevare anche mia sorella, anche mio fratello, anche la mia spina nel fianco, anche il mio nemico.
È questa forse la più difficile verità da dirsi quando si vuole provare a tenere il passo di Gesù di Nazaret. È questa la porta più stretta da attraversare, la via più irta da percorrere. Comprendere e vivere la legge del perdono, che è la legge dell’amore, è quasi certamente il boccone più amaro da mandar giù… ma non esiste nulla di più autentico e fecondo. Non significa essere buonisti. Perché il perdono non ignora il male, non mette la testa sotto la sabbia davanti al peccato, ma pur vedendo accompagna, pur ferito abbraccia, pur stanco risolleva.

UNA PREGHIERA COME SOSTEGNO

70 VOLTE 7

70 volte 7.
È così che ci chiedi di perdonare, Signore:
un “sempre” moltiplicato all’infinito.
Ma per noi donne e uomini fatti di carne
non avresti potuto mettere un limite?

Perdonare all’infinito a volte ci sfinisce,
ci fa sentire lontani dal Regno
e incapaci di vivere le sue logiche.

Sollevaci, Signore, rafforza
le nostre ginocchia vacillanti,
perché del perdono possiamo
gustarne per primi il sapore;
perché perdonati possiamo perdonare,
graziati regalare grazia.
Maestro di misericordia e pane di vita,
insegnaci ogni giorno a seminare perdono
e a coltivarlo nelle piccole cose.
Amen.

DAL VANGELO DELLA DOMENICA
(Mt 18,21-35)

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

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